Spesa per le pensioni, entro il 2035 l’Italia arriverà al 17,9% del PIL
Quest’anno in Italia la spesa per le pensioni dovrebbe raggiungere un livello record. Secondo Report Pensions at a glance pubblicato dall’Ocse, giungerà infatti a 340 miliardi di euro, pari al 16% del Prodotto Interno Lordo nazionale.
La media Ocse nelle previsioni per il 2025 è al 9,3% mentre per l’Ue a 27 sarà all’8,5%. Quindi noi siamo quasi al doppio rispetto al resto della UE.
La corsa della spesa
Secondo l’analisi, nel biennio 2022-2023 la spesa pensionistica ha raggiunto prima 297 miliardi e poi 317 miliardi di euro, ma la corsa dovrebbe proseguire oltre che quest’anno (arriverà a 340) anche il prossimo, fino a raggiungere i 350 miliardi e 361 miliardi rispettivamente nei prossimi due anni.
Ciò significa che in soli 5 anni (dal 2022 al 2026) l’aumento in termini assoluti della spesa assoluto sarà di oltre 64 miliardi di euro.
Ma lo scenario è destinato a peggiorare ulteriormente. Secondo le previsioni dell’Ocse, infatti, la spesa in percentuale del Pil in Italia salirà fino al 17,9% nel 2035 per poi ripiegare.
Altri problemi
L’Italia ha, inoltre, la quota obbligatoria più alta. Infatti l’aliquota media di contribuzione effettiva per le pensioni in Italia raggiunge il 33%, mentre nei paesi Ocse è del 18,2% del livello salariale medio.
Oltre al problema della spesa complessiva, il tema delle prestazioni previdenziali presenta altre criticità.
Secondo i dati dell’Inps relativi al primo trimestre., la media degli assegni è stata di 973 euro. Ma il 70% delle lavoratrici in congedo non arriva a 750 euro lordi, dunque sotto la soglia di povertà.
Il problema dell’invecchiamento demografico
La corsa della spesa per le pensioni è innescata dal progressivo invecchiamento demografico del Paese, nonché dai guasti di interventi clientelari effettuati nei decenni scorsi. L’intero sistema andrebbe rivisto profondamente, ma nessuno ci vuole davvero mettere le mani perché (politicamente) potrebbe portare solo un calo dei consensi.
Tuttavia è essenziale farlo, perché dare un quadro più chiaro sia a coloro che lavorano e pianificano il proprio futuro previdenziale, sia alle imprese che devono gestire la loro occupazione.