Fioritura

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DOMENICA 19 NOVEMBRE 2023

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

Siamo figli di un Dio che dona, perché vuole che partecipiamo alla sua gioia. Egli ci affida i suoi beni, ovvero tutto di se stesso a partire dal Figlio. In Lui abbiamo la testimonianza più grande dell’amore del Padre per ogni uomo, e l’esempio di come vivere di quell’amore, che ha posto in ciascuno mediante la potenza dello Spirito Santo.

I talenti sono diversi, perché ciascuno fa esperienza differente di quell’amore donato e di come si misura con esso. La vita del discepolo si gioca sull’apertura a questo amore, sulla capacità di accoglierlo per lasciarsi trasformare nell’umanità e nella fede.

Dio non si preoccupa del poco che siamo riusciti a realizzare, importante è che ciascuno possa dare ciò che ha, ovvero se stesso, come ha fatto Lui con noi. Il contrario sarebbe soffocare il dono di Dio, chiudere a Dio la possibilità di mostrarsi, e questo ci allontanerebbe dalla gioia che il Padre vuole dare ai suoi figli.

Dio non ci chiede cose impossibili, ci chiede quel poco che possiamo fare; Lui moltiplicherà tutto il resto e lodando la nostra fedeltà, darà a tutti la stessa ricompensa di prendere parte alla sua gioia, che è la gioia e la bellezza dell’amore che non verrà mai meno.

“Signore,

rendi il mio cuore capace di donare,

di non lasciare che il dolore o la fatica lo sotterri.

Fa che il Tuo amore mi faccia rinascere ogni giorno,

come una fioritura negli inverni più freddi,

poiché non c’è ghiaccio, neve o freddo,

che il Tuo amore non possa scaldare,

che non possa far risorgere.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Scia di luce, scia di fede

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18 NOVEMBRE 2023

SABATO DELLA XXXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

C’era un padre del deserto che scriveva: una volta Dio ha ascoltato la mia preghiera, ma da allora non gli ho chiesto più nulla, ho sempre detto “sia fatta la tua volontà”.

Gesù ci chiede di pregare sempre, ma non sempre quella preghiera segue le strade che desideriamo. Qui ci viene il pensiero di non avere abbastanza fede da essere esauditi, invece è proprio la nostra fede a dirci, che quella preghiera è nelle mani di Dio e sa Lui cosa farne. Dio promette di restarci sempre accanto, di guidarci e di custodirci, allora, pregare è respirare l’amore di un Padre per il figlio amato.

Se il Padre continuasse a darci cose, noi continueremmo a desiderare cose e non l’amore, e non Lui stesso che desidera donarsi totalmente a noi. Siamo desiderio di infinito, di felicità, e solo Lui lo può colmare perché la sua volontà è più grande di tutti i nostri pensieri e desideri, solo Lui che ha creato e conosce il nostro cuore sa di cosa abbiamo veramente bisogno.

“Signore,

Tu hai creato il mio cuore

e vi hai messo dentro il desiderio di Te.

Tu, fedele alle Tue promesse,

ascoltatore dei miei sogni,

illumina la mia mente ed il mio cuore,

affinché possa riconoscerti e vivere di fede.

Fai del mio cuore quel luogo dove possa incontrarti,

così che quando la mia fede stanca vacillerà,

sappia tornare a casa

per vedere nel cielo una scia di luce

una scia di Te in pieno giorno, in piena luce.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

Vita quotidiana

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VENERDÌ 17 NOVEMBRE 2023

SANTA ELISABETTA DI UNGHERIA, RELIGIOSA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Il testo del Vangelo di oggi sembra alquanto strano in realtà ci narra vita quotidiana e su cosa “accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà”, non è per scoprire un futuro, ma per comprendere come vivere oggi il presente.

Noè ha fatto le cose che fanno tutti gli esseri umani: mangiava beveva si è sposato. La differenza sta nel come si fanno le cose. Noè ha costruito un arca per la salvezza, ovvero ha lavorato ogni giorno con amore a quel progetto che Dio aveva pensato per lui e a beneficio degli altri. Quando un uomo lascia entrare Dio nella sua vita quell’attimo diventa il punto di inserimento di un amore sconfinato e attraverso di lui passa nella vita del mondo. Lì si costruisce la salvezza.

Ora noi possiamo vivere nell’indifferenza, oppure nella solidarietà, nella condivisione, nella fraternità, in tutti quei gesti che dicono amore, in modo da costruire la salvezza già in questo mondo, non in un altro, perché la tentazione è sempre di pensare che avverrà tutto in un futuro.

La salvezza si compie a partire da ogni istante che vivo, dal presente che è presenza di Dio. L’uomo si perde quando è mosso dall’egoismo, quando trattiene l’amore per paura di perderlo. Ma Dio moltiplica tutto e lo rende vita per tutti.

“Signore, insegnami a vivere.

Se il presente è l’unica cosa che dispongo,

aiutami a ricordare il passato e le sue saggezze

per vivere oggi quel presente, futuro di ogni domani.

Aiutami a non perdermi per incontrarti,

Tu vita unica e vera

ti prego scendi nel mio cuore,

liberalo dal torpore dell’egoismo,

dall’inciampo invadente del mio orgoglio,

così che nel mio presente

non possa che scorgere Te,

tessitore del tempo,

mio unico passato, presente e futuro,”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Cercatori del regno

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16 NOVEMBRE 2023

GIOVEDÌ DELLA XXXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Siamo cercatori di Dio, desiderosi di vedere il regno di Dio nella sua grandezza, magari con dei segni precisi, veloci, chiari e non ci accorgiamo che ne siamo già immersi. Egli è l’eterno presente che guida l’universo, la storia, le nostre vite; fa germogliare il grano e sbocciare il fiore, si mostra attraverso lo sguardo fragile dei cuori che abita. Non fa rumore, il suo Spirito penetra e illumina quanti lo cercano.

Chi cerca segni di Dio nella grandezza viene confuso, perché Lui si mostra nella piccolezza. Chi lo cerca nella potenza viene sorpreso attraverso l’amore.

Il regno di Dio non é al di fuori di noi, è presenza viva in noi, è Lui stesso che vive in quella interiorità di quanti lo accolgono e cercano ogni giorno di amare la vita, scoprendo di essere un miracolo di grazia e di valori.

Il Signore si manifesta con la velocità di un lampo, non lo possiamo trattenere, ma l’energia che sprigiona ricarica la vita di quell’amore che non invade, non possiede, dona la sua presenza nei piccoli gesti quotidiani.

Chiediamo oggi al Signore di riconoscerlo in quella piccolezza, in quel silenzio che parla al nostro cuore. Siamo cercatori di un Dio che ci ha già trovati. Siamo cercatori di qualcuno che è già presente, e nello scorrere del tempo la vita vive eterni attimi di presenza, vuoi riconoscerlo? Alza lo sguardo, Egli è veloce come un lampo e stabile più del tempo, creatore del lampo e del tempo trova dimora in ogni cuore, affinché il Suo regno sia stabile per sempre.

“Signore, dove sei?

Dimmi dove alzare lo sguardo.

Nel cielo o sulla terra,

il Tuo nome ode il mio cuore.

Dove sei?

Veloce come un lampo entri nel tempo

e la Tua luce non è solo un ricordo,

è presenza,

la presenza di quella stella che indica la via,

la presenza di quel bambino che grida: “Abba”,

la presenza di quel povero dalla mano tesa

ed il mio cuore sento il Tuo calore.

Ecco il regno di Dio:

Tu qui, presente in me!”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Tornare indietro

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15 NOVEMBRE 2023

MERCOLEDÌ DELLA XXXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Sap 6,1-11

Salmo: Dal Sal 81 (82)

Vangelo: Lc 17,11-19

Nel cammino avviene l’incontro tra Dio e l’uomo. Gesù va verso Gerusalemme, luogo dove darà la sua vita totalmente, ma il suo passare è sempre incontrare l’uomo nel suo villaggio, con le sue malattie, le sue ferite e cicatrici. Anche gli uomini desiderosi di essere guariti si fanno incontro a Gesù, invocando pietà, con la confidenza e la fede che quanti chiedono pietà, entrano dritti nel cuore di Dio. E cosi avviene, tutti si mettono in cammino sulla Parola di Gesù e vengono purificati, guariti.

Dieci sono i guariti, un numero simbolico, ma solo uno da guarito diventa salvato, la guarigione non riguarda soltanto la malattia, l’uomo è ben più del suo corpo fisico, ha bisogno di pienezza di vita, di entrare in relazione con quel Donatore che sana il cuore, lo colma di amore e di misericordia: dà la salvezza. Questo è il vero miracolo.

Quell’unico torna indietro per lodare Dio con tutta la sua forza, pieno di gratitudine per il dono ricevuto. Una vita salvata non per aver eseguito il comando di Gesù, ed essersi mostrato al sacerdote, ma per aver incontrato la Parola che salva, sana il cuore, lo mette in comunione di vita piena, non sarà più straniero, ma figlio. Ha invertito il suo cammino e ora vive restituito al mondo in quella relazione nuova che da lebbroso non poteva avere, vive nella gioia e nella speranza che il Signore gli ha donato.

A Gesù però, rimane una nota di rammarico per gli altri nove, che pur essendo gia amati sono rimasti ancora lontani. Non gli basta che sia venuto uno solo a ringraziare, non gli basta perché la guarigione è solo a metà, e Lui desidera la nostra pienezza. Quella nota di rammarico è segno di quello spazio di libertà che Lui ci lascia di poterlo ringraziare, seguire ed amare oppure no, Lui non si impone, dispone. Quella nota di rammarico è l’amore di un Padre che vuol per il figlio il meglio, che aspetta il suo ritorno e fa di quella mancanza, preghiera.

“Signore,

aiutami a non perdere le forze,

a non disperdermi nel tempo e nella fatica.

Fa che abbia la forza di tornare a ringraziare per tutto il bene,

l’amore e la vita che mi hai donato.

Conduci piedi e cuore da Te

per ritornare indietro, vederti e ringraziarti

per il mio cuore ferito che hai guarito,

e che ora può andare avanti

sui passi del Tuo amore.”

(Shekinaheart eremo cuore)

Servi o schiavi?

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14 NOVEMBRE 2023

MARTEDÌ DELLA XXXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Sap 2,23-3,9

Salmo: Dal Sal 33 (34)

Vangelo: Lc 17,7-10

Siamo servi non schiavi. Vi è una netta distinzione tra queste due parole, e per chiarire il Signore ci manda suo Figlio venuto a servire e non a farsi servire.

Essere servo fa crescere il cuore nella libertà, nella certezza che ogni gesto o azione è fatta per amore, è fatta per Dio. Ecco cosa ci insegna Gesù! Essere schiavo, invece, è rimanere legato, imbrigiliato e il cuore non è libero. Il servo non ha il peso perché il suo giogo è dolce, lo schiavo porta il peso persino di sé stesso. Ora, dovremmo chiederci quando siamo stati schiavi? Quando siamo stati servi?

Vi sono molte forme di servizio e purtroppo anche di schiavitù. La risposta la troviamo nella misura in cui il cuore sperimenta la libertà. Una libertà tale da dire: “siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Quasi un distacco da ciò che facciamo e siamo. Sii! Perché la vera libertà che Gesù è venuto a donarci è proprio questa: non siamo quello che facciamo, ma siamo anzitutto tutto noi stessi, umanità liberata in grado di fare tutto ciò che dobbiamo fare.

Allora oggi, portando a Lui tutte le nostre schiavitù chiediamo di liberarci da quel dolore che imprigiona, così che il cuore sappia trovare la strada della libertà, la strada del Suo amore.

“Signore,

libera il mio cuore.

Liberalo da quel dolore che mi rende schiavo,

da quella fatica il cui peso mi schiaccia.

Chi non fa fatica?

Chi non ha nulla da chiederti?Nessuno.

Ecco perché sono qui:

per dare voce al mio dolore,

per incontrare l’amore,

per diventare servo e non più schiavo,

per liberare il mio cuore,

e non soffrire più.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Accresci in noi la fede

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13 NOVEMBRE 2023

LUNEDÌ DELLA XXXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Sap 1,1-7

Salmo: Dal Sal 138 (139)

Vangelo: Lc 17,1-6

“Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».”

Anche noi molte volte di fronte al peccato, all’errore, agli scandali, ci siamo trovati a chiede al Signore di aumentare la nostra povera fede.

La fede è credere nel dono infinito dell’amore che Dio ha per ciascuno di noi, fino a darci tutto se stesso, dove il cuore della questione è accettare l’amore di un Dio che ha una fede tale in me peccatore, tanto da morire per me.

Prendere coscienza di questo dono infinito d’amore che Dio ha già versato, che sovrasta il mistero del male, mi permette di perdonare l’altro e tollerare lo scandalo dell’altro.

L’amore è dono e dove c’è il male, Dio lo trasforma in perdono. Qui si mostra la grandezza e l’essenza di Dio: l’amore più grande che si erge dal peccato. S. Paolo nella lettera ai romani scrive: “laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”(Rm 5,20).

Noi siamo figli di  questo Padre ricco di amore, di misericordia di perdono, ed è proprio il perdono che ci ha resi suoi figli. Perdonare allora diventa il “miracolo” di riportare alla vita un figlio “morto”, di dare la possibilità all’altro di diventare figlio di Dio.

Un dono incommensurabile: pensare che proprio che nel peccato c’è il più grande dono di Dio, il perdono.

“Signore,

accresci in me la fede,

abbi cura di me,

di tutto cio che mi blocca

e non mi fa andare avanti.

Parla al mio cuore,

liberalo dall’incertezza,

così che possa vivere del tuo amore

e sappia donare agli altri la speranza

che tu o Dio in cui confido

non mi hai deluso.

Sei Colui nel quale ogni speranza trova soccorso

ed ogni lacrima conforto”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

La ricchezza dell’eternità

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VENERDÌ 10 NOVEMBRE 2023

SAN LEONE MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

Giovanni Crisostomo scrive: “potreste voi dimostrare che la ricchezza è giusta? No, perché la sua origine è quasi sempre avvelenata da qualche frode”. Parole tanto antiche quanto attuali, eppure Gesù in questa parabola elogia un amministratore disonesto. Questo lo fa non per insegnarci ad essere ladri, ma per indicarci un comportamento audace, astuto. L’amministratore di fronte alla minaccia del padrone con la prospettiva di togliergli il lavoro, inizia a pensare al suo futuro e inverte la rotta.

L’amministratore disonesto fa dipendere la sua vita dai beni che ha, quello fedele e saggio da ciò che dà.

Gesù ci insegna a mettere al primo posto le persone, la vita, la cura delle creature, invece dei beni materiali; questa è la ricchezza dell’eternità, del nostro futuro che si costruisce sull’amore.

L’amministratore disonesto, mette in atto una tattica nuova, ha il coraggio di rischiare e di investire non più sui beni, ma sulle amicizie.

La parabola inverte la legge della ricchezza, non più impostata sulla frode, ma sulla condivisione di ciò che fa bene alla vita, olio, grano, amicizia, amore.

Un comportamento esemplare per chi vuole collaborare al piano di Dio, dove la vera furbizia non è più accumulare, bensì donare, perché solo il dono ci salva il futuro, ci disvela la ricchezza dell’eternità che è l’amore.

“Signore,

fai della mia vita un dono

così che gli altri possano vedere

il Tuo riflesso di amore in me.

Figlio della luce è il mio nome,

una nome che ha la paternità in Te.

Concedimi la grazia

di poter vivere di questa luce,

affinché possa illuminare

tutto ciò che di buio è in me,

per fare entrare il Tuo cielo

nella mia stanza.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Nostra casa

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Oggi ricorre la festa della Basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma dedicata a Cristo Salvatore. Si festeggia in tutta la Chiesa di rito latino in onore e in unità con il Papa.

Questa basilica è la madre di tutte le chiese, in quanto simbolo della fede dei primi cristiani.

La chiesa come edificio, è il luogo privilegiato dove si compiono le celebrazioni liturgiche, dove si attualizza il mistero della salvezza, dove il corpo di Cristo viene spezzato e condiviso con tutti i fratelli.

In senso spirituale, la Chiesa è il corpo di Cristo e noi le menbra. Lui è il nuovo e definitivo tempio dove adorare Dio in Spirito e verità. Gesu risorto è quel tempio che non verrà mai più distrutto perché ha i contorni dell’eternità.

Gesù è il luogo dell’incontro con Dio, e Dio non sta nel mercato, nelle belle pietre, nel potere, nello sfruttamento degli altri. Dio sta nel corpo di Cristo, nel corpo dei poveri.

La Chiesa siamo tutti, e tutti abbiamo la responsabilità di prenderci cura gli uni degli altri. L’amore non si compra è un dono gratuito scaturito dall’unico sacrificio di Cristo. Dio è amore, con Lui non si può fare mercantilismo, non vuole essere comprato con le preghiere o con i sacrifici, desidera solo essere amato in chi ha più bisogno, per questo si identifica nel povero, nell’indigente, in chi vive nella sofferenza.

Celebrare questa festa per noi oggi, diventa una occasione per ripulire il cuore, buttare ciò che ancora ci impedisce di accogliere la verità di Dio, che è amore, perdono, tenerezza, per riportare al suo splendore anche quel tempio di Dio che siamo noi.

 “Signore,

aiutami a fare casa con Te.

Sii Tu il mio rifugio,

la mia forza,

il luogo dove io possa trovare pace.

Entro nella tua casa,

e mi fermo ad osservare la storia,

i volti che si sono fermati a pregarti qui.

Aiutaci a comprendere

che la nostra casa sei Tu

e che ti avremo sempre con noi.

Sii Tu il nostro conforto,

portaci nel tuo cuore

ora e sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

A partire da Te

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08 NOVEMBRE 2023

MERCOLEDÌ DELLA XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

Prima lettura: Rm 13,8-10

Salmo: Sal 111 (112)

Vangelo: Lc 14,25-33

 

Gesù pone qui delle condizioni per essere suoi discepoli che ci suonano un po’ difficili, e ci viene da chiedere: chi può veramente essere suo discepolo?

Al discepolo viene chiesto di amare Dio al di sopra di tutto, anche degli affetti più cari e persino della propria vita. Ma chi può essere capace di tanto?

La condizione per essere discepolo è quella di sapere che nessuno lo diventa per bravura, anche quando si prega, si osservano i comandamenti; ma tutti si diventa discepoli inella misura in cui comprendiamo l’amore gratuito del Signore, che ci fa vivere di Grazia.

Si diventa discepoli non perché abbiamo delle croci da portare, ma accettando di portarle, a partire dai nostri limiti, difetti, dalle nostre preoccupazioni.

Il buon discernimento è quello che mi aiuta a capire i miei limiti e le mie possibilità nella verità di me stesso.

Tutti i nostri mali vengono dalla presunzione di riuscire a farci da noi. In realtà siamo fatti dagli altri, dalle circostanze; viviamo di grazia, dell’accoglienza che gli altri ci danno. La salvezza è questa: viviamo perché amati e restituiti sempre a vita nuova, da un Dio che ha già amato tutto di noi e ha dato tutto se stesso per noi.

Allora, diventiamo discepoli quando comprendiamo che la nostra forza è la povertà di noi stessi, perché quando si possiede qualcosa si cerca sempre di difenderla, invece il Signore ci dice di arrenderci all’Amore, perché lì è tutta la forza del discepolo, da lì si può imparare ad amare Dio e tutti in Lui con un amore più grande.

“Signore,

aiutami affinché il mio cuore

impari ad amare a partire da Te,

sappia trovare in Te

il centro e la partenza.

Che sappia amare non per avere,

ma per amare con Te,

che tutto il mio cuore

abbia il riflesso del Tuo amore

e risplenda in tanti colori

ed in tanti cuori,

ma a partire da Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)