Uno sguardo di amore

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MERCOLEDÌ 30 NOVEMBRE 2022

SANT’ANDREA, APOSTOLO – FESTA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Rm 10,9-18

Salmo: Sal 18 (19)

Vangelo: Mt 4,18-22

“Vide”. Gesù è Colui che ci guarda per primo. Nell’indaffarsi delle nostre azioni è la grazia che posa il Suo sguardo su di noi, per ricordarci che al di là di quello che facciamo, c’è un legame profondo da cui partire.

“Venite dietro a me”. Seguiamo Gesù in questo Avvento pensando a Maria, Colei che dirà: “ha guardato l’umiltà della sua serva”. Ella si troverà dinanzi allo stupore di uno sguardo precedente al suo Si, come quello dei pescatori di oggi.

La nostra risposta è e sarà sempre preceduta da uno sguardo di amore, di pietà, di Misericordia, tanto da rendere una semplice ragazza la Madre di tutte le genti, e dei pescatori, pescatori di uomini.

Sentiamoci guardati così da Dio, da quello sguardo che fa la differenza e vede oltre ciò che siamo adesso e ci riscatta già ora dal nostro peccato, dal nostro errore. L’Amore entra nelle nostre case e ci guarda con gli occhi semplici di un bambino avvolto in fasce. Egli ci invita a posare lo sguardo su di Lui, per renderci conto di come ci vede e lasciarci commuovere da un Dio in grado di guardarci così, con amore, nonostante tutto.

“Signore, mi guardi lo so,

e a volte non capisco cosa vedi,

perché dinanzi a me, vedo solo fatica.

Donami oggi il Tuo sguardo

in grado di andare oltre,

per essere capace di fare di quello sguardo la mia vita.

E poter venire dietro a Te

così come sono e non come vorrei essere,

consapevole che Tu per me hai un progetto migliore del mio

ed io, voglio ascoltarlo”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Una ragione di vita

 

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27 NOVEMBRE 2022

I DOMENICA DI AVVENTO – ANNO A

 LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Is 2,1-5

Salmo: Sal 121 (122)

Seconda lettura: Rm 13,11-14a

Vangelo: Mt 24,37-44

 

In questa prima domenica di avvento la Chiesa ci invita alla vigilanza, ovvero, a porre attenzione che i nostri cuori siano davvero aperti ad accogliere la venuta del Messia. Gesù: un dono d’amore di Dio Padre che ci ama ed è fedele alle Sue promesse.

Avvento non significa in primo luogo attesa, ma presenza, non aspettiamo solo la nascita di Gesù a Betlemme, ma viviamo la tensione a trovare qualcosa di più grande, ciò allude alla capacità del cuore e dell’intelligenza di percepire proprio la “presenza” del Signore Gesù.

L’avvertimento che Gesù fa ai suoi discepoli nel Vangelo di oggi è: “Vegliate dunque”, riguarda la tensione del cuore, come se dicesse: non fate come al tempo di Noè, quando nonostante la gente fosse avvertita, non cambiò il proprio modo di agire, ma cercate la Sua presenza, scopritela, avvertitela, viveteci dentro, fatene la ragione del vostro vivere.

Restare pronti è l’atteggiamento essenziale che dobbiamo avere, per cogliere la manifestazione del Signore nel Suo amore per noi e del nostro amore per i fratelli in ogni circostanza, in ogni dettaglio della vita.

Attendiamo la Sua venuta, perché il Suo regno conquisti il nostro cuore, tutti i cuori e tutta la storia, fino ai confini del mondo.

 “Signore,

dammi la ragione della vita:

imparare come Te ad amare,

senza riserve, a perdita,

affinché mi presenti davanti al tuo altare

ogni giorno a mani vuote,

di quel vuoto che ha dato tutto.

In questo Natale nasci nel mio cuore

così che Tu sia la mia spiegazione di tutto,

la mia ragione di vita”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Alza lo sguardo

 

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Is 45,6b-8.18.21b-25

Salmo: Sal 84 (85)

Vangelo: Lc 7,19-23

 

“Sei tu colui che deve venire?”. Una domanda che sembra strano sia proprio Giovanni a formularla, visto che è egli stesso ad annunciare la venuta di Gesù. Come mai viene raccontato questo episodio? Per rispondere a noi! Quando ci assale l’incertezza e lo sconforto, sappiamo chi è il Signore, ma ci chiediamo se davvero verrà per noi e abbiamo bisogno di un ulteriore conferma, allora ci viene incontro sia il Vangelo che la prima lettura a dirci “Io sono il Signore, non ce n’è altri”.

Da dove viene questa certezza?

È Gesù stesso che la comunica, compiendo azioni che nessun’altro potrebbe fare e invitando i due discepoli di Giovanni a essere dei testimoni di ciò che hanno veduto. È un invito alla fiducia, a rafforzarci e a comprendere che tutto ciò che avviene è perché gli sta a cuore.

E tutti noi che non abbiamo visto azioni straordinarie, come facciamo a credere?

Alza lo sguardo e guardati intorno, tutto ciò che è creato è un miracolo, non hai più bisogno di chiedere, ma di vivere dentro questo miracolo, sei tu stesso un miracolo.

 

 

Una via, una strada, un posto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sof 3,1-2. 9-13

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Mt 21,28-32

 

Due figli, due modi di agire in cui potremmo identificarci, potremmo essere entrambi in base ai periodi della vita, è come avere due strade, ma in verità la strada è una: quella che Gesù chiama la via della giustizia. Chiamandola cosi sembrerebbe la strada di chi fa scelte giuste, buone, corrette, invece è la strada della figliolanza dove si incontrano anche quelli che sbagliano, ma anche quelli che si pentono e credono. Credere in che cosa? Che siamo Figli, che apparteniamo a un Dio che è Padre e non importa cio che facciamo, ma importa riconoscere chi siamo. Ciò che sta a cuore al Padre è che noi ci riconosciamo su questa strada, perché solo attraverso quest’esperienza possiamo sentirci meno peccatori, meno lontani da Dio e più vicini tra noi. Accanto al termine figlio mettiamo il nostro nome, noi fratelli di strada, gioiamo di chi ci passa davanti perché ha riconosciuto dov’è; sentiamoci perdonati per tutte quelle volte in cui è stato più forte non avere voglia e ci siamo sentiti deboli. Ciò che conta è oggi, tu in qualunque condizione ti senta, sei un Figlio, sei colui che ha un posto nel cuore di Dio.

 

 

Oltre la domanda

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Nm 24,2-7. 15-17b

Salmo: Sal 24 (25)

Vangelo: Mt 21,23-27

 

La non risposta a Gesù frutto di una strategia da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani, genera un’altra non risposta da parte di Lui. Perché Gesù non dice da dove veniva la Sua autorità? Perché parla ancora di Giovanni e non di sé stesso? Come mai? Perché a Lui interessa che andiamo all’origine delle cose, poiché Egli sta all’origine. Quello che Gesù fa, è portarci a compiere un passo in più della semplice conoscenza data da un insegnanento, ed è per questo che parla di Giovanni, perché solo dinanzi all’esperienza è possibile conoscere. Gesù desidera far fare ai capi dei sacerdoti, agli anziani e anche a noi, l’esperienza di Dio e utilizza tutto per fare questo, persino delle domande che sanno di accusa per permettere che ciò avvenga. Non importa a che punto siamo della nostra vita: vicini, lontani o persino ostili. Egli fa delle nostre esperienze un luogo di insegnamento, di conoscenza dove potergli chiedere: chi sei? È li nella domanda, che iniziamo anche noi a sentirci nel tempio, un tempio fatto persino dai nostri stessi muri, ma soprattutto fatto di un Volto che ci attende. Gesù entra nel nostro tempio e fa della nostra vita occasione di dialogo, di relazione, un luogo di risposta dove non sentirci più soli, lontani o ostili, ma riappacificati tra i nostri dubbi tanto da divenire noi stessi per altri esperienza, risposta e annuncio.

 

 

Che cosa dobbiamo fare?

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sof 3,14-17

Salmo: Is 12,2-6

Seconda lettura: Fil 4,4-7

Vangelo: Lc 3,10-18

 

La domanda di oggi e a volte la nostra di sempre è: “che cosa dobbiamo fare?”. Giovanni dà delle risposte chiare che ad avercele a volte farebbe comodo, sarebbe più facile fare delle scelte e compiere delle azioni. Poi Giovanni risponde a una domanda non esplicita del popolo, dicendo chi è Gesù e che cosa farà. La sua descrizione ci fa pensare che c’è un dono da ricevere, un dono non richiesto, gratuito. Fermiamo la nostra attenzione sulla non richiesta e su tutto quello che è implicito nel nostro cuore, sui nostri problemi, preoccupazioni e segreti che facciamo fatica a rivelare a noi stessi e agli altri. Sentiamo questo luogo nascosto in noi come un posto abitato da Dio, dove egli ha cura di noi. Allora sarà possibile essere al sicuro nelle mani di Dio, sarà possibile sentire che Egli ha cura del nostro esterno, come dell’interno e nelle profondità del nostro cuore, quella domanda di partenza: “che cosa dobbiamo fare?”, non sarà più solo una domanda ma un’ azione, un volto, un luogo per me, per gli altri.

 

 

La risposta a una promessa

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura:Sir 48,1-4.9-11

Salmo: Sal 79 (80)

Vangelo: Mt 17,10-13

 

In questo testo ascoltiamo i discepoli che fanno una domanda a Gesù, ed Egli risponde con una promessa che non ha uno sviluppo solo nel futuro, ma sta già accadendo. Quando aspettiamo qualcosa da così tanto tempo e ci rimangono solo più delle domande, scopro che ciò attendo è già qui! Ciò che fanno i discepoli non è solo domandare ma spingersi più avanti: riconoscere. Sentiamo il Natale ormai alle porte e cosa lo renderà diverso? Le mie stesse domande piene di dubbio e di paura che non sono fini a se stesse, ma sono un inizio di fecondità; sono il mezzo attraverso cui potrò riconoscere questa promessa e scoprire che Dio è già vicino a me, anche se a volte mi sento così lontano, distratto, o non lo so nemmeno io. Quando sento tutto questo, quando salgono domande, dubbi e viviamo di attese, pensiamo che si sta facendo Natale in noi e tra noi. Sarà come ritornare a casa dopo tanto tempo, spinti da un domanda che ha riconosciuto e diventa annuncio per altri, tanto che sembra quasi che sia compito mio far rinascere Dio tra noi. Che sia così il Natale, un Natale di riconoscenza per noi, per tutti.