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Dio in me
GIOVEDÌ 11 LUGLIO 2024
SAN BENEDETTO, ABATE, PATRONO D’EUROPA – FESTA
Festeggiamo oggi S. Benedetto patrono d’Europa che ha fatto dell’ascolto il luogo dove apprendere la vera sapienza divina.
Egli infatti, inizia la sua regola con la parola: “Ascolta, figlio, gli insegnamenti del maestro e tendi l’orecchio del tuo cuore…” Ai monaci raccomanda più di una volta: “Nulla assolutamente anteporre all’amore di Cristo”. Vivere l’unità con Cristo è un costante cammino di ritorno al suo amore sorretti dalla sua grazia.
Il Vangelo di oggi ci ricorda che: chi segue Gesù “riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”, ma per compiere questo cammino è necessario lasciare tutto. Cos’è questo tutto? Se nulla ci potrà mai separare dall’amore di Cristo, come afferma S. Paolo (Rm 8,35-39), cosa dobbiamo realmente lasciare? Dobbiamo lasciare il superfluo, quanto veramente non giova alla nostra vita.
Gesù conosce bene il nostro cuore, e perché esso sia libero, ci chiede di staccarci da ciò che ci crea dipendenza, affanno, frustrazione o addirittura infelicità. Distinguere i bisogni veri da quelli apparenti. Se non sempre è possibile fare uma stima delle rinunce, il guadagno invece ha un peso incalcolabile e prezioso nel cuore, perché è la vita eterna, ovvero non qualcosa che succederà, ma quanto da senso al mio vivere quotidiano: la vita stessa di Dio in me.
“Tu, mio Dio
colma il mio cuore
con il Tuo amore.
Tu sei il mio centuplo,
una Parola irrevocabile,
un amore inarrestabile.
Tu sei pienezza,
alba, tramonto,
possa risplendere la Tua vita su di me,
affinché io possa portare
un po’ nel mondo,
il cielo di Te.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Chiamata
10 LUGLIO 2024
MERCOLEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Gesù chiama i discepoli, li chiama per nome, segno di una relazione con ciascuno. Ogni persona chiamata per nome è chiamata alla vita, a vivere nella sua unicità e originalità. Nessuno è un essere nel mondo gettato per caso, ognuno ha un valore in ordine a se stesso e agli altri.
Per Gesù nessuno di noi è anonimo, mi chiama con il mio nome, gli sto a cuore, non mi confonde con nessun’altro. Ciascuno risponde alla chiamata quando vede nella persona di Cristo la causa, il senso e l’orizzonte ultimo dove può affidare la propria vita e farla fiorire.
Gesù è il nome della forza che fa partire. La vocazione non parte da sacrifici o rinunce, è una scelta che porta innanzitutto ad un incremento d’umano.
Ai Dodici, Gesù chiede di essere testimoni che “il regno dei cieli è vicino”, annunciando, predicando, ma soprattutto strada facendo, ovvero camminando insieme tra loro e con tutti i fratelli, condividendo, affidandosi l’un l’altro, accogliendo le persone incontrate, donando quel potere dell’amore che hanno ricevuto e che li rende portatori di vita.
Colui che è la vita pronuncia il nostro nome, ci chiama innanzitutto ad essere noi stessi, a riempire di significato e di bellezza il nostro nome, la nostra vita, cosi possiamo prenderci cura anche di quel pezzetto di mondo nel quale viviamo, gioendo della bellezza di vita che sboccia e cresce in noi e negli altri.
“Signore,
il mio nome
ha un senso nel Tuo cuore,
perché proprio lì
vi è per me un posto.
Fa che la Tua voce
non si confonda tra le altre,
così che udita io risponda: eccomi.
Eccomi qui davanti a Te mio Dio,
Tu sei di fronte a me.
Sei il cielo nella mia stanza.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Messe
09 LUGLIO 2024
MARTEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Gesù percorre città e villaggi insegnando e guarendo malattie, mosso da quella compassione che gli è propria, per riportare ogni uomo alla vita piena, dove nessuno si senta escluso, abbandonato, rifiutato, ma tutti possano sperimentare l’amore del Padre trasmesso dal Figlio. Alla reazione di scetticismo e di malizia dei farisei, sono le stesse opere che danno testimonianza, perché quando la malizia è evidente, la verità e la bontà brillano da sole.
La compassione di Dio è quell’amore infinito per ogni uomo, chiunque esso sia, e qualunque cosa abbia commesso. Dio ha tanto amato il mondo da sacrificare il Figlio: ha donato la vita a tutti, perché tutti possano sentirsi figli e fratelli. Allora noi siamo la messe di Dio, ma nel contempo, ogni credente è quell’operaio mandato a custodire ogni fratello.
Ogni figlio ha le proprie qualità, limiti, difetti, vive e si realizza nella relazione con l’altro, quando vediamo l’altro come concorrente o nemico, perdiamo la condizione di fratello e anche di figlio. Nell’escludere qualcuno, escludiamo il Signore che si è fatto ultimo di tutti, che si è identificato in quel povero, in quel fratello difficile, in quel figlio già amato dal Padre.
Preghiamo il Signore che ci aiuti a capire questa compassione, che è il suo amore infinito per tutta l’umanità, nella ferialità di tutti i giorni; e che il nostro sguardo abbia la tenerezza del cuore di Dio.
“Signore,
aiutami a sentire la Tua tenerezza,
perché il Tuo cuore non esclude,
perdona, ama.
Insegnami a riconoscerti
nella ferialità dei giorni,
in cui nella stanchezza
temo possa dimenticarti di me.
Libera il mio cuore dal timore
di essere solo,
perché Tu sei con me.
Non sono solo,
e neanche Tu, mio Dio, lo sei,
sono parte della Tua messe. “
(Shekinaheart eremo del cuore)
Parola che salva
08 LUGLIO 2024
LUNEDÌ DELLA XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Nel Vangelo di oggi, si delinea la figura di due donne che perdono la vita. La prima, è la figlia di uno dei capi della sinagoga che gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». La seconda, è una donna che perdeva sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù, non solo guarisce questa donna, ma ridona vita nuova facendo risorgere la bambina.
Di fronte alla nostra malattia, alla nostra miseria, alla nostra morte, si scuote la misericordia di Dio, così per donarci la sua salvezza, anch’egli si sveglierà dalla sua morte, proprio perché noi potessimo risorgere con Lui.
La fede ha fatto rifiorire la vita, nel momento presente in cui è avvenuto l’incontro con Gesù. Non dobbiamo attendere la salvezza, siamo già salvati, dobbiamo solo aprirci all’incontro e continuare a riporre fiducia in Lui, Dio non ci abbandona. Quando ci fidiamo di Lui, possiamo
sperimentiare che Lui è con noi, e possiamo portarlo con noi in ogni istante, in tutto quello che viviamo, anche nella malattia e nella morte, perché “Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo” (2Tim 1,10), parola che salva.
“Signore,
guarisci Tu il mio cuore.
Mi fido di Te.
Tu sei Colui che può guarirmi
ed io desidero che ciò avvenga.
Possa il Tuo amore
colmare il mio cuore,
possa credere sempre
con tutta me stessa in Te;
fa che non mi separi mai da Te
e sappia riconoscerti
come Parola che mi salva.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Immagine
07 LUGLIO 2024
XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO -ANNO B
Il Vangelo di oggi, termina con Gesù che si meraviglia per l’incredulità dei suoi interlocutori. I suoi concittadini non lo comprendono, lo rifiutano, ma questa meraviglia di Gesù non si tramuta in ostilità. Egli continuerà a percorrere nuove vie, insegnando l’amore che salva, affinché i cuori si aprano all’amore del Padre.
Anche a noi può capitare di vivere un’incredulità, che tuttavia non significa mancanza di fede, quanto piuttosto un’ erronea idea di Dio. Abbiamo delle riserve mentali, delle idee che ci siamo fatti e non corrispondono alla verità di Dio, cosi rimaniamo diffidenti.
È consolante sapere che Dio non si arrende alla nostra diffidenza e attende la nostra crescita. Per credere il nostro cuore ha bisogno di tempo, deve sciogliere paure, resistenze, ambiguità, ma l’importante è non lasciare mai il Signore, lasciarsi sempre riaccostare da Lui, da quell’amore fedele in grado di stupirci.
Gregorio di Nissa affermava: “I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce”. Chiediamo al Signore che ci aiuti a liberarci da una falsa immagine di Lui, per imparare a riconoscerlo a partire da quello stupore dell’amore che ci prende il cuore, perché si dona sempre senza condizioni.
“Signore,
fa che ti riconosca
come Signore della mia storia,
come quella mano che non è indifferente,
anzi, tiene la mia.
Insegnami a posare il cuore in Te,
ad aver fiducia
che con Te sono al sicuro
e lo sono da sempre.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Rattoppo
06 LUGLIO 2024
SABATO DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Il rischio che a volte corriamo di vivere, è mettere dei “rattoppi” per cercare di riparare ferite, fatiche, offese. Esse sono il segno di un passato che riaffiora, quando nel corso del tempo avvengono degli “strappi”, ovvero dei momenti in cui quelle ferite riemergono e fanno più male.
In questi momenti Gesù ci invita a guardare a Lui a quello sposo che ci ama tanto da prendere su di sé quello strappo, così che la sposa non senta dolore.
Gesù è la novità della vita. È Colui che rende nuova la nostra vita ogni giorno, affinché ognuno possa fare esperienza del suo amore, più forte di quello strappo.
“Signore,
aiutami Tu
a guardare oltre quella fatica,
a vedere la Tua mano che mi sostiene,
non solo in quell’istante ma sempre.
Aiutami Tu
a non cucire il dolore,
ma a farlo uscire,
così che prendendolo Tu,
io senta il Tuo amore darmi forza.
Amami sempre, tienimi accanto,
parla al mio cuore,
consolaci Tu.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Amore che salva
05 LUGLIO 2024
VENERDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Sono venuto mangiare con te, a nutrirti della mia misericordia, per questo ci dice come a Matteo: “Seguimi”. Non c’è nulla che lo può impedire.
Gesù ci conosce, vede nel profondo, sa quali sono i nostri timori, non c’è bisogno di raccontargli la propria storia, è un incontro di sguardi. Gesù infatti, non vede in Matteo un esattore delle tasse, vede un uomo. L’uomo vale per quello che è nell’interiorità del suo cuore e nella qualità del suo amore, S. Agostino afferma che: “ogni uomo è ciò che ama”.
Quello sguardo disarmante, pieno di amore di Gesù, ha reso Matteo un discepolo, un amante. Allora bisogna fare festa, perché il dono della misericordia è motivo di gioia, guarisce la vita, rassicura che il principio della salvezza non consiste nei sacrifici, bensì nel partecipare a questo dono.
Il Signore vuole mangiare con noi, nutrirci della sua misericordia, è venuto a sanare i nostri cuori inquieti, dubbiosi, impauriti, perché la nostra vita sia perdonata, liberata, rinata nell’amore.
Sediamoci a tavola con Gesù, siamo tutti invitati al banchetto della sua misericordia, dove mediante il suo perdono ciascuno può conoscere l’essenza di Dio: solo amore che salva.
“Signore,
aiutami a non sprecare la vita
lontano da Te.
Insegnami a riconoscerti,
a osservare il Tuo sguardo
posarsi su di me
e camminare senza posa
per quella via di misericordia
che hai tracciato,
e che mi guarisce
per sempre.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati
04 LUGLIO 2024
GIOVEDÌ DELLA XIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
Prima ancora di guarire il corpo dell’uomo paralitico, Gesù ne guarisce il cuore perdonando i suoi peccati e questo lo fa, grazie alla fede di coloro che l’hanno portato da Lui.
Il peccato paralizza il cuore, toglie la libertà di sentirsi figlio amato, perché crea una distanza tra la creatura e il suo creatore. Talvolta la paralisi è cosi grande da non riuscire nemmeno a parlare, come quest’uomo disteso sul letto che non dice nulla.
Sono gli altri, chi gli sta vicino a farsene carico, a prendersi la responsabilità di portarlo a Gesù.
“Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Ora quest’uomo viene chiamato “figlio”. Si, perché ogni figlio viene sempre amato e perdonato, guarito nel profondo del cuore, restituito ad una vita che ha ancora entusiasmi, desideri, che cammina sulle sue gambe.
Il Signore ci chiama al coraggio, ossia il contrario della paura. Coraggio perché non siamo da soli ad affrontare le fatiche della vita. La fede dei credenti è proprio questa: portare a Dio chi non ce la fa da solo. Portarlo nella preghiera davanti al Signore Gesù, che perdona e guarisce senza condizioni tutta la persona umana, cuore e corpo; cosi l’uomo unificato, può alzarsi e incamminarsi verso casa sua, verso quel ritorno in se stesso. Afferma S. Agostino: “Torna, torna al cuore”, un cuore ora libero, capace di ardere di intensa passione per il Bene, per la Bellezza, per la ricerca della felicità, per volgersi a Colui che ne è la sorgente.
“Signore,
aiutami a tornare da Te
con tutte le mie paralisi.
Tu sei Colui che scoperchia il tetto,
sei Colui che mi guarisce
e sei quel lettuccio che mi sostiene,
Tu che sei tutto,
libera il mio cuore
da tutto ciò che mi impedisce di vederti,
per guarire il cuore
ed ogni parte di me.”
(Shekinaheart eremo del cuore)
Mio Signore e mio Dio
MERCOLEDÌ 03 LUGLIO 2024
SAN TOMMASO, APOSTOLO – FESTA
Quel dito tocca le ferite di Cristo: come possibile che Dio si faccia ferire così tanto per me? Chi sono io per essere riversato da tanto amore? Meraviglioso mistero d’amore! Il mio dito nel cuore di Cristo.
La fede risorge dalla delusione che la morte abbia distrutto tutto, abbia portato via l’amato del cuore, invece ci troviamo ad entrare nel cuore dell’amato.
Cosi esclama Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Un meraviglioso atto di fede che trova la sorgente in un cuore ferito, che si offre per sempre alla contemplazione di ogni creatura, perché la croce non è stata la sconfitta, ma la gloria di un amore manifestato in pienezza. Proprio quelle ferite sono il dono per la mia fede; lì pongo i miei dubbi e tocco la grandezza di un amore che mi ridona vita, di un amore che risorge ogni giorno dal solco della fatica, della paura e dell’incredulità.
Il Signore ci invita a toccare, a guardare ad entrare in quelle piaghe: “Metti qui il tuo dito e guarda”, perché solo l’amore può sanare il cuore. Dalle sue ferite escono gocce di vita, di pace, di luce.
La nostra fede si gioca su quelle ferite, trova lì il suo inizio e il suo compimento. Scriveva S. Ignazio di Loyola nella preghiera-poesia “Anima di Cristo”: “Dentro le tue piaghe nascondimi”, ovvero mettimi dentro quelle ferite, concedimi di abitare dentro di Te, perché ho compreso un po’ del tuo amore e credo che sei il Signore della mia vita. Allora: “Beati quelli che hanno posto la loro tenda nel cuore di Gesù” (S. Bonaventura).
“Signore,
la tua ferita sanguina,
sei vivo, sei vero.
Eccoti qui per me,
io incredulo come pochi,
desideroso di uno spazio con Te.
Mio Signore e mio Dio,
e lo dico solo a Te,
perché nel mio cuore ci sei solo Tu.
Tocco la tua ferita e Tu,
ti prego, tocca la mia
così guarirà.”
(Shekinaheart eremo del cuore)