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Vedere da lontano
15 FEBBRAIO 2023
MERCOLEDÌ DELLA VI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Gn 8,6-13.20-22
Salmo: Sal 115 (116)
Vangelo: Mc 8,22-26
Il Signore guarisce un cieco, a differenza di altre volte non parla soltanto, ma compie dei gesti di cura che ripete. Egli si presenta proprio come il medico, i due si parlano, c’è una gradualità nella guarigione, a testimonianza di come ogni piccolo passo davvero è sostenuto da Gesù e tali dettagli, ci testimoniano quanto Egli sia venuto per curare ciascuno di noi!
“Vedi qualcosa?”
È la domanda che Gesù fa al cieco.
E noi? Cosa vediamo all’interno della nostra realtà a volte opacizzata dalla fatica? Dobbiamo chiedere al Signore di purificare lo sguardo, di diventare come quell’uomo che guarito, da lontano, vedeva ogni cosa, poiché vedere da lontano è come vedere il futuro, è riuscire a comprendere quanto il futuro è plasmato dalle mani di Dio.
L’occhio diventa l’organo della speranza in grado di cogliere le sfumature del Suo passaggio nella nostra vita, così che il cuore possa risollevarsi e continuare a credere.
“Signore,
fammi vedere il Tuo amore.
Aiutami, poiché a volte, è talmente tutto così buio
che non vedo nulla.
Ti cerco,
fa che possa vedere la Tua presenza nella mia vita.
Prenditi cura di me, proteggimi,
consola il mio cuore,
affinché al di là delle ombre,
veda, di nuovo la Tua luce,
il Tuo sguardo,
il Tuo amore che si posano di me”.
(Shekinaheart Eremo del cuore)
Una pace che resta
MARTEDÌ 18 OTTOBRE 2022
SAN LUCA, EVANGELISTA – FESTA
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: 2Tm 4,10-17b
Salmo: Sal 144 (145)
Vangelo: Lc 10,1-9
“Pace a questa casa”.
Una pace che resta e viene donata, è la pace dei figli di Dio, che come agnelli in mezzo a lupi vivono il Vangelo. Il Signore non parla di difesa, ma di pace, una parola che soprattutto in questo periodo sentiamo di aver bisogno. Bisogna pregare per la pace a partire dalle nostre case, solo cosi si diffonderà nel mondo intero.
La pace di Cristo non esclude la fatica, ma da un forza in più: quella di essere amati. L’agnello, allora, non è un debole, ma è condividere con Cristo, l’Agnus Dei, la sua vita fatta di offerta e sacrificio per tutti. Se Cristo attingeva la sua forza dal Padre, noi possiamo affidarci a Lui e stringere il cuore a Dio che ci chiama a portare pace: un nuovo Volto in risposta alla violenza e al dolore, nella semplicità del nostro quotidiano.
“È vicino a voi il regno di Dio”. Si, in ognuno di noi è già presente quel regno di pace che il Signore è venuto a portare nelle nostre case, nel nostro cuore. Sia da noi accolto e testimoniato, amato e diffuso come un dono santo.
“Signore,
dona pace al mio cuore,
e sostegno alla fatica.
A te chiedo la forza per affrontare le mie battaglie,
non con la durezza del cuore,
ma con la determinazione del Tuo amore.
Insegnami a camminare sulla strada che ci hai lasciato,
cosi che la pace non sia più una cosa da chiedere,
ma un dono da vivere e far vivere”.
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
Una fede grande
12 SETTEMBRE 2022
LUNEDÌ DELLA XXIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: 1Cor 11,17-26.33
Salmo: Sal 39 (40)
Vangelo: Lc 7,1-10
Leggendo il Vangelo di oggi viene da chiedersi: cos’ha quel centurione da addirittura suscitare l’ammirazione di Gesù?
Una fede grande!
Il Signore gli riconosce una fede grande, data dalle parole stesse del centurione: “di’ una parola e il mio servo sarà guarito”. Quell’uomo anzitutto aveva a cuore il suo servo, al punto che nell’occasione di incontrare Gesù non ha pensato a sé stesso, ma ha chiesto aiuto per qualcun’altro e credeva nel Signore. Cosa abbia portato alla fede il centurione non lo sappiamo, eppure si dice che amava il suo popolo e aveva costruito una sinagoga: questi sono gesti di fede!
Nel silenzio, nel nascondimento, il centurione ha dimostrato la sua fede e l’ha concretizzata come ha potuto. È bello vedere come le opere del Signore, col tempo si fanno più chiare e si presentano dinanzi attraverso volti, gesti di persone che ci parlano di Gesù e ci testimoniano una fede grande.
Anche la nostra vita ha udito del Signore e la via che ci ha portato a Lui è personale per ciascuno, ma quello che ci unisce è il credere in Dio.
Dobbiamo solo affidarci e confidare senza sosta, senza timore, perché la strada si vede solo andando avanti ed Egli sarà sempre con noi di svolta in svolta, con tutta la Sua forza.
“Signore,
ravviva la mia fede
che seppur tra alti e bassi,
mi ha portato qui da Te.
Di una cosa sono certo,
l’ho sperimentato negli anni,
la Tua Parola è fedeltà.
Rendimi fedele a ciò che ascolto
che il mio cuore,
nonostante la fatica non si allontani da Te
e sappia confidare nel quotidiano,
in un Padre sceso sulla terra
per farmi sedere accanto a Lui,
nel regno dei cieli”.
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
Cosa vuol dire arricchirsi presso Dio?
DOMENICA 31 LUGLIO 2022
XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: Qo 1,2; 2,21-23
Salmo: Sal 89 (90)
Seconda lettura: Col 3,1-5.9-11
Vangelo: Lc 12,13-21
Cosa vuol dire arricchirsi presso Dio?
Paradossalmente essere poveri non s’intende una povertà materiale, perché il Signore non vuole per noi una vita misera, anzi nei Vangeli leggiamo come cerca sempre di sanare e sfamare chi incontra.
Possiamo parlare più di una condizione, che Gesù nel discorso della montagna, chiamerà beata: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. (Mt 5,3). I poveri in spirito sono persone semplici, il cui cuore ha trovato pace presso Dio. Siamo noi quando nonostante gli affanni della vita, sappiamo alzare gli occhi e credere che non dobbiamo contare sulle nostre forze, ma su un Dio che è Padre.
La nostra vita è un dono di Dio e lungo il corso della storia, sperimentiamo fatiche, fragilità, inciampi, tutte cose che vorremmo evitare per camminare bene. Spesso viviamo dei vuoti che ci fanno compiere azioni correttive, ma alla fine quello che conta non è quanto abbiamo guadagnato, ma quanto abbiamo perso. Si, perché a volte bisogna perdere per trovare, e nella perdita forse c’è lo spazio per vedere che in quella ricchezza tanto sperata vi è un vuoto, ed in quella povertà una ricchezza, un di più proveniente dalle mani del Padre.
Beati noi, quando il nostro cuore si commuove dinanzi alle meraviglie di Dio. Esse non sono solo bei tramonti o paesaggi scintillanti, ma gesti quotidiani: il sorriso di un bambino, la carezza di un nonno, la mano di un padre, l’abbraccio di un figlio, il saluto di un passante, una telefonata o un messaggio per noi caro e soprattutto la luce di un tabernacolo accesa, perché Lui è lì in Chiesa che ti aspetta, affinché tu possa portarLo nella tua casa, nel Tuo cuore giorno dopo giorno.
“Signore,
desidero ringraziarti,
perché mi hai donato la vita
e per quanto abbia sofferto
non c’è lacrima che tu non abbia consolato,
non c’è dolore che tu non abbia vissuto.
Oggi affido a te, me stesso,
perché il vero tesoro è averti incontrato
e conoscere che tu hai cura di me.
Aiutami a donare quello che ho ricevuto,
affinché possa aiutare chi mi è accanto a dirti:
per il tuo amore, per il tuo amore soltanto,
ti porto a casa con me,
faccio del mio cuore
la tua dimora, o Dio”.
(Shekinaheart Eremo del Cuore)
La ricompensa
15 GIUGNO 2022
MERCOLEDÌ DELLA XI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)
LITURGIA DELLA PAROLA (clicca qui)
Prima lettura: 2Re 2,1.6-14
Salmo: Sal 30 (31)
Vangelo: Mt 6,1-6.16-18
Di fronte all’elemosina, al digiuno e alla preghiera, c’è da scegliere quale sia la nostra ricompensa. Decidere tra la gente e il Padre. Sembra quasi scontato, ma in fondo non lo è, perché umanamente abbiamo bisogno di sentirci riconosciuti. Il Signore lo sa ed è proprio per questo, che la Sua ricompensa è l’amore!
Egli ci ama ancora prima di quell’elemosina, di quel digiuno, di quella preghiera, Lui è qui, nel segreto del nostro cuore, quando l’azione dev’essere ancora compiuta, in quell’istante siamo soli con Dio.
Il Signore ha già scelto di stare con noi, di abitare nel nostro cuore, nella nostra quotidianità, affinché quel legame “del segreto”, diventi manifesto e sia di testimonianza per chi incontriamo.
La ricompensa è renderci conto di essere amati ancora prima di ogni gesto. La ricompensa è quello stesso “segreto”, in cui dinanzi a Dio, siamo noi stessi e ci scopriamo legati a Lui, non perché abbiamo fatto delle cose, ma perché siamo nel Suo cuore. Ogni nostra azione scaturirà dal cuore, un cuore amato, voluto, che ha conosciuto un Volto “segreto” ma presente, in cui poter vedere fiorire la propria vita, tale da compiere gesti di amore e di fedeltà.