Lazzaro: Dio mi ha aiutato

Lazzaro: Dio mi ha aiutato

 

29 FEBBRAIO 2024

GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

“C’era un uomo ricco”. Così inizia il Vangelo di oggi, un uomo che viene descritto per le ricchezze che ha e per il suo tenore di vita, ma è un uomo che non ha nome, tra tutti i suoi beni gli manca la cosa più essenziale la sua identità, la sua essenza di vita. Dare un nome è come chiamare all’esistenza, avere vita, entrare nelle relazioni. Quest’uomo come tiene chiusa la porta della sua casa, cosi ha chiuso la porta del suo cuore, non si accorge degli altri, non si accorge del povero Lazzaro, che bussa alla sua porta e rimane fuori.

Lazzaro rappresenta bene il grido dei poveri di tutti i tempi, poveri che diventano invisibili agli occhi di chi è troppo preso dalla propria autosufficienza.

Chiediamo allora, l’aiuto al Signore perché la parola ascoltata ci faccia aprire gli occhi e il cuore, per riconoscere quel Gesù che si identifica in ogni povero. “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40), dice Gesù. Sono i poveri a guidarci all’incontro con il Signore; in loro si “nasconde” il mistero della nostra salvezza, dove Cristo unisce la povertà alla misericordia, perché la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo. Aprire la porta del cuore al povero, è aprire la porta del cuore a Dio, è ritrovare quella fonte della vita, che ci spinga a donarci, ad essere generativi cosi da accorgerci che ciò che abbiamo è un dono da condividere col fratello. Nessun uomo in questo modo rimarrà più senza nome, ma si chiamerà come Lazzaro che dall’ebraico significa: Dio ha aiutato.

“Signore,

abbi cura della mia vita,

risanala dal profondo del mio peccato

e fa che l’unico nome che senta è il Tuo,

sei grande, sei l’Altissimo

il Tuo nome io non oso pronunciare, ma Tu parla al mio cuore,

chiamami,

così che senta la Tua voce

e riconosca in Te la mia dignità

perduta tra le piaghe della mia storia

e possa dire a tutti i Lazzaro del mondo:

fratello, Dio mi ha aiutato

e lo farà anche con Te.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Beati i poveri

Beati i poveri

 

Beati voi, poveri, sono parole sconvolgenti quelle che pronuncia Gesù. Parole che cambiano la logica ci obbligano a guardare la storia con occhi diversi.

Beati voi, poveri! Non beata la povertà.

I poveri hanno il cuore al di là delle cose. Povero sono io quando comprendo che non basto a me stesso, che ho bisogno degli altri per vivere, che la mia vita è legata a quella dei fratelli, allora mi affido, chiedo perdono e vi­vo la comunione.

Beati voi, poveri, vo­stro è il Regno, già adesso, perché Dio regala gioia a chi produce amore: quando uno si fa carico della felicità d’altro, il Padre si fa ca­rico della sua felicità.

Con i poveri Dio cambierà la storia, quei poveri liberi dalla smania di possedere, con la pace nel cuore per tutto cio che potrebbe dargli potere, perché la vera ricchezza sta nella beatitudine che ti cambia il cuo­re a misura di quello di Dio.

Chi meglio di Maria può essere proclamata beata da tutte le generazioni, perché ha creduto a quella Parola che il Signore le ha annunciato. Lasciamoci guidare da Lei nel cammino per essere liberati dall’illusione dell’autosufficienza, riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, della sua misericordia, ed entrare così nel suo Regno di giustizia, di amore e di pace, ed essere anche noi chiamati beati.

“Signore,

mi sento povero, ma non beato,

mi sento solo e non gaio.

Aiutami, guarisci il mio cuore,

perché i poveri sono coloro

che saranno con Te per sempre.

Allora, non sono povero

ho in me una povertà

che mi tiene lontano da tanti,

ma non da Te.

Allora sono ricco di un amore che fiorisce,

sono ricco, perché il tuo amore

mi ha rivestito di una veste di gioia,

ed il mio peccato

non ti ha tenuto lontano.

Sia il mio cuore lieto

perché il tuo è la mia ricchezza più bella.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Con la ferma decisione

con la ferma decisione

 

MARTEDÌ 27 SETTEMBRE 2022

SAN VINCENZO DE’ PAOLI, PRESBITERO – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gb 3,1-3.11-17.20-23

Salmo: Sal 87 (88)

Vangelo: Lc 9,51-56

Di villaggio in villaggio, il Signore passa con la ferma decisione di andare verso Gerusalemme. La meta del Suo viaggio non è nascosta, a Gerusalemme avverrà la Sua passione e nonostante ciò, Gesù prosegue senza indugio, affinché il dono del Suo amore raggiunga ciascuno di noi

Egli cammina anche per le nostre strade, dove a volte noi perdiamo quella determinazione e coraggio.

Quando siamo stanchi e la fatica, la fragilità, ci sembrano più grandi delle nostre forze, lasciamo sia Lui a dimostrarci la via. La Sua ferma decisione è di non lasciarci soli, e di continuare ad amarci, persino offrendo la Sua vita.

Non tornerà indietro, prenderà quella croce e sarà la forza di tanti crocifissi, e quell’amore ricevuto toccherà tanti cuori.

Un uomo che ha diffuso il Suo amore servendo tanti crocifissi, fu proprio San Vincenzo de Paoli, di cui oggi la liturgia ne fa memoria. Egli spese la sua vita per i poveri e costituì delle donne e uomini capaci di perpetuare la sua opera.

Chissà quante volte servendo i poveri ha percepito nelle sue mani la carne di Cristo crocifisso, si sarà sentito a Gerusalemme a guardare negli occhi un Gesù da amare, con la stessa ferma decisione con cui lui stesso è stato amato da Dio.

Nell’amore ricevuto scaturisce la nostra forza, e quella forza diventa un dono per altri e una solida testimonianza.

“Signore,

non ti sei tirato indietro,

hai percorso quella strada,

affinché io potessi fare esperienza di te.

Vorrei fermarti, ma Gerusalemme non è solo un luogo,

è un punto di partenza

dove porre fine a tanto dolore con determinazione

e lungo la strada raccogliere tutti i crocifissi che come me,

non avrebbero speranza,

ma che il Tuo amore soltanto ha perdonato”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

L’ultimo posto

 

l'ultimo posto

 

 

DOMENICA 28 AGOSTO 2022

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Sir 3,19-21.30.31 (NV) [gr. 3,17-20.28-29]

Salmo: Sal 67 (68)

Seconda lettura: Eb 12,18-19.22-24a 

Vangelo: Lc 14,1.7-14

 

Un consiglio pratico quello di Gesù nel Vangelo di oggi, che dopo aver ascoltato può sembrare quasi naturale scegliere l’ultimo posto, per evitare di sbagliare e soprattutto per sentirsi dalla parte giusta.

L’umiltà non si ferma agli ultimi posti, è la condizione di chi si riconosce per quello che è: creatura nelle mani del creatore e allora mi metto all’ultimo posto perché riconosco la grandezza di Dio, non ho bisogno di essere glorificato dalla gente in quanto la mia vita è nel Signore, Colui che ha fatto di quell’ultimo posto il trono della Sua Misericordia.

Egli ha lasciato che tutti i poveri, i malati, potessero venire da Lui così da riconciliare la loro vita in Dio, avrebbe potuto farlo anche a distanza, ma ha scelto la modalità del contatto, della casa, perché fosse un’esperienza indimenticabile.

Siamo noi quei poveri che abbiamo il dono di far parte della casa di Dio, beato quell’ultimo posto o il penultimo, quello che conta è essere qui dinanzi a Lui e sentire la vita ripartire.

Essere poveri non è strettamente legato al denaro, vi sono numerose povertà come diverse malattie, ma quello che ci accomuna è comprendere che il povero ha la sua ricchezza in Dio. Il Signore non ci abbandonerà, non lascerà i suoi figli, se ne prenderà cura con la semplicità di un Pane che ci nutrirà in qualsiasi posto saremo.

Dinanzi alla grandezza del cuore di Dio possiamo solo esclamare:

“Hai preparato per me una casa o Dio,

affinché io abbia un luogo dove stare.

L’amore di un Padre per i suoi figli,

il dolore di un figlio che non sa come tornare,

trovano nel Tuo cuore una dimora.

Seduto in fondo, Ti guardo da lontano,

i miei occhi hanno paura di incrociare il tuo sguardo.

“Padre perdonami perché ho peccato”,

ma in quell’attimo mi sento amato,

l’Amore viene da dentro di me

come se mi dicessi: “tranquillo figlio, ora sei a casa”

ed è subito pace”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Cosa vuol dire arricchirsi presso Dio?

 

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DOMENICA 31 LUGLIO 2022

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

LITURGIA DELLA PAROLA      (clicca qui)

Prima lettura: Qo 1,2; 2,21-23

Salmo: Sal 89 (90)

Seconda lettura: Col 3,1-5.9-11

Vangelo: Lc 12,13-21

 

Cosa vuol dire arricchirsi presso Dio?

Paradossalmente essere poveri non s’intende una povertà materiale, perché il Signore non vuole per noi una vita misera, anzi nei Vangeli leggiamo come cerca sempre di sanare e sfamare chi incontra.

Possiamo parlare più di una condizione, che Gesù nel discorso della montagna, chiamerà beata: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. (Mt 5,3). I poveri in spirito sono persone semplici, il cui cuore ha trovato pace presso Dio. Siamo noi quando nonostante gli affanni della vita, sappiamo alzare gli occhi e credere che non dobbiamo contare sulle nostre forze, ma su un Dio che è Padre.

La nostra vita è un dono di Dio e lungo il corso della storia, sperimentiamo fatiche, fragilità, inciampi, tutte cose che vorremmo evitare per camminare bene. Spesso viviamo dei vuoti che ci fanno compiere azioni correttive, ma alla fine quello che conta non è quanto abbiamo guadagnato, ma quanto abbiamo perso. Si, perché a volte bisogna perdere per trovare, e nella perdita forse c’è lo spazio per vedere che in quella ricchezza tanto sperata vi è un vuoto, ed in quella povertà una ricchezza, un di più proveniente dalle mani del Padre.

Beati noi, quando il nostro cuore si commuove dinanzi alle meraviglie di Dio. Esse non sono solo bei tramonti o paesaggi scintillanti, ma gesti quotidiani: il sorriso di un bambino, la carezza di un nonno, la mano di un padre, l’abbraccio di un figlio, il saluto di un passante, una telefonata o un messaggio per noi caro e soprattutto la luce di un tabernacolo accesa, perché Lui è lì in Chiesa che ti aspetta, affinché tu possa portarLo nella tua casa, nel Tuo cuore giorno dopo giorno.

 “Signore,

desidero ringraziarti,

perché mi hai donato la vita

e per quanto abbia sofferto

non c’è lacrima che tu non abbia consolato,

non c’è dolore che tu non abbia vissuto.

Oggi affido a te, me stesso,

perché il vero tesoro è averti incontrato

e conoscere che tu hai cura di me.

Aiutami a donare quello che ho ricevuto,

affinché possa aiutare chi mi è accanto a dirti:

per il tuo amore, per il tuo amore soltanto,

ti porto a casa con me,

faccio del mio cuore

la tua dimora, o Dio”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Sulla roccia

 

 

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LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Is 26,1-6
Salmo: Sal 117 (118)
Vangelo: Mt 7,21.24-27

 

Di fronte all’invito del Vangelo ad ascoltare e a mettere in pratica, sembra un cammino difficile. Ci sentiamo incapaci, lontani dalla strada giusta, senza sapere dove cominciare: poveri. Ed è proprio la povertà la condizione necessaria: per costruire una casa c’è bisogno di un terreno, di un luogo vuoto. E solo nel vuoto, in ciò che “manca” che è possibile costruire, scorgere ciò che c’è. Nella prima lettura, viene descritto che i piedi dei poveri camminano nella terra dove il Signore: “ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo”. Devo crederci: c’è un strada, un posto, un luogo dove fiorire, dove poter camminare sapendo che le mie fondamenta sono innestate nella roccia.