“E patatì e patatà”

Insomma, poiché i domestici che amiamo di più – e soprattutto se non ci rendono quasi più i servizi e i riguardi della loro mansione – rimangono, ahimè, dei domestici, e sottolineano tanto più nettamente i limiti (che noi vorremmo cancellare) della loro casta quanto più credono di penetrare nella nostra, Françoise aveva spesso nei miei confronti (“per pungolarmi”, avrebbe detto il maggiordomo) certe strane uscite che una persona di mondo non si sarebbe mai permessa: con una gioia dissimulata, ma non meno profonda che se si fosse trattato d’una malattia grave, se avevo caldo e il sudore – non ci facevo caso – mi imperlava la fronte: “Ma siete tutto un bagno”, mi diceva, stupita come davanti a un fenomeno strano, sorridendo un po’ con il disprezzo che si ha per qualcosa di indecente (“state uscendo e vi siete dimenticato di mettere la cravatta”), sempre con quel tono di voce preoccupato a cui si ricorre per mettere qualcuno in allarme sul proprio stato. Si sarebbe detto che io solo in tutto l’universo fossi stato “in un bagno”. Infine, non parlava più bene come un tempo. Nella sua umiltà, nella sua tenera ammirazione per esseri che le erano infinitamente inferiori, adottava infatti il loro brutto modo di esprimersi. Poiché sua figlia, lamentandosi di lei con me, mi aveva detto (non so da chi l’avesse imparato): “Ha sempre qualcosa da ridire, e che chiudo male le porte, e patatì e patatà”, Françoise dovette credere che solo la sua incompleta educazione l’avesse sin qui privata di un così bell’uso. E da quelle labbra dove avevo visto fiorire il francese più puro dovetti sentire parecchie volte al giorno: “E patatì e patatà”.

Marcel Proust, Il Tempo ritrovato

Traduzione di G. Raboni per i Meridiani Mondadori

“E patatì e patatà”ultima modifica: 2023-03-22T12:49:18+01:00da ellen_blue

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