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Anna Karenina

Post n°398 pubblicato il 29 Gennaio 2008 da kiblyn
 

Anna Karenina

In uno spettacolo ideato e realizzato in Italia, interpretato
da una compagnia italiana e prodotto a Modena dall'ERT, il sempre
vivacissimo organismo pubblico regionale emiliano-romagnolo, Eimuntas Nekrosius ha affrontato la densa vicenda di Anna Karenina:
in che modo il regista lituano, che è uno dei talenti più fibrillanti e
visionari del teatro odierno, ha potuto accostarsi alla ramificata
architettura realistica delle pagine di Tolstoj? Lo ha fatto,
ovviamente, alla sua maniera, dilatando, contraendo, ingrandendo a
dismisura certi dettagli insignificanti e ponendo in secondo piano
delle componenti all'apparenza fondamentali.

Come sempre,
Nekrosius segue scrupolosamente l'andamento del racconto, e al tempo
stesso se ne discosta per osservarlo come da lontano. Ne mantiene
l'ossatura narrativa, ma la precipita in un clima onirico, febbrile,
dove tutti i personaggi hanno qualcosa di dolente e di sinistro, dove
ogni gesto assume un che di ripetitivo, di allucinato. Alle figure
tratteggiate dall'autore egli aggiunge una presenza indicata come
Destino, ricalcata sul minaccioso ometto che appare in sogno sia ad
Anna che al suo amante Vronskij, terrorizzando entrambi come un fosco
presagio: un individuo un po' buffo e un po' diabolico, che tesse
attorno a loro oscure trame.

Al solito, il regista prosciuga il
contesto ambientale, una sorta di arena, e punta sulle immagini
metaforiche, sugli oggetti, sulla materia: spiccano i cinque tamburi
che si trasformano, all'inizio, nelle ruote di un invisibile treno, e
svelano sull'altro lato i quadranti di enormi orologi, emblema di una
macabra lotta contro il tempo, e poi i pattini affilati ossessivamente,
o la lavagnetta la cui polvere di gesso solleva una minuscola tormenta
di neve. Il suicidio finale è folgorante: un uomo dall'ampio cappotto
lo apre mostrando i fari accesi di una locomotiva. Anna gli si fa
incontro, lui l'avvolge nel cappotto stringendola in un mortale
abbraccio.

Trasformati in grotteschi fantocci viventi,
marionette tragicamente caricaturali, gli attori sono tutti
imprigionati nelle movenze esagitate di chi cerca invano di sottrarsi
al controllo di un fato ineluttabile. È l'aspetto più delicato del
lavoro di Nekrosius: ai suoi discepoli lituani riesce infatti naturale,
quelli italiani faticano a trovare la misura. Salvo un paio, Paolo Musio, Paolo Pierobon, il silenzioso Alfonso Postiglione, gli altri tendono a esagerare in smorfie, falsetti, strabuzzamenti d'occhi. La stessa Mascia Musy,
che pure è una brava attrice, sembra ostentare qualche eccesso di zelo
nell'adattare la sua Karenina alle richieste del regista.

Lo spettacolo in tournée



di
renato palazzi

 
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TERRA DI CONFINE

Terra di confine
regia Cesare Corrales
con Andrea Cotrone e Luca Milesi

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SI VEDENO FRAMMENTI
DELLO SPETTACOLO
 
Alma ausente

No te conoce el toro ni la higuera,
ni caballos ni hormias de tu casa.
No te conoce el niño ni la tarde
porque te has muerto para siempre.

No te conoce el lomo de la piedra,
ni el raso negro donde te destrozas.
No te conoce tu recuerdo mudo
porque te has muerto para siempre.

El Otoño vendrá con caracolas,
uva de niebla y montes agrupados,
pero nadie querrá mirar tus ojos
porque te has muerto para siempre.

Porque te has muerto para siempre,
como todos los muertos de la Tierra,
como todos los muertos que se olvidan
en un montón de perros apagados.

No te conoce nadie. No. Pero yo te canto.
Yo canto para luego tu perfil y tu gracia.
La madurez insigne de tu conocimiento.
Tu apetencia de muerte y el gusto de su boca.
La tristeza que tuvo tu valiente alegría.

Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace,
un andaluz tan claro, tan rico de aventura.
Yo canto su elegancia con palabras que gimen
y recuerdo una brisa triste por los olivos.

Di

Federico García Lorca
 

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