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STARK DUST
INVESTIGATIVO NOIR
Di Avvisato&Silenzi
con
Andrea Cotrone


Un cortometraggio in bianco e nero interpretato da me che potete vedere nei miei video. e lasciare commenti e critiche...
 
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Sandokan o la fine

Post n°492 pubblicato il 17 Settembre 2008 da kiblyn

Sandokan o la fine della avventura

Nell'immaginario collettivo di una certa generazione, la scena in cui Kabir Bedi-Sandokan salta e con il coltello kriss taglia la pancia alla tigre di fronte agli occhi incantati della Perla di Labuan è indimenticabile. Così come la sigla firmata dagli Oliver Onions, al secolo Guido e Maurizio De Angelis, rimarrà per sempre nella memoria: basta un piccolo accenno per far scattare il coro entusiasta.

Il fatto è che quello sceneggiato Tv, diretto con mano sicura da Sergio Sollima nel 1974, accese la fantasia di tutti, in particolare di chi, come il sottoscritto, veleggiava fiero verso i dieci anni. La stessa magia che il maestro Emilio Salgari, genio indiscusso delle lettere, sapeva infondere con i suoi romanzi d'avventura , tornava infatti quasi rafforzata nello splendore del colore televisivo e nei volti di Bedi, Carole André, Adolfo Celi (cattivissimo) e Philippe Leroy (indimenticabile Yanez).

Il povero Salgari, è noto, non fece mai viaggi tra i pirati delle Malesia o nei Caraibi del Corsaro nero. Tra Verona, Torino e Genova visse un'esistenza grigia, oppresso da debiti e depressioni fino a che non riuscì a suicidarsi. Ma tra il salotto e la camera da letto, tra la cucina e una passeggiata, inventava, sognava, scriveva alcuni tra i più bei romanzi che in troppi si ostinano a considerare per ragazzi.

Proprio alle suggestioni di Sandokan hanno attinto i pisani Sacchi di Sabbia per dar vita ad uno "spettacolo da camera" di grande ironia. Se Aldo Trionfo, nel 1970, aveva scelto un salottino primi Novecento, tra panni da stirare e numerosa prole da accudire per raccontare gli ardori della Tigre di Mompracem, la "camera" adottata nell'allestimento dei Sacchi di Sabbia è, più o meno, una cucina: attorno ad un tavolo si raccolgono i quattro personaggi che, indossato il grembiule, iniziano a raccontare-vivere le intricate gesta del pirata malese.

Perno dell'azione è l'ortaggio, in tutte le sue declinazioni: carote-soldatini, sedani-foresta, pomodori rosso sangue, patate-bombe, prezzemolo ornamentale. E poi cucchiai di legno come spade, grattugie come cannoni, una bacinella piena d'acqua per il mare del Borneo, scottex per cannocchiali, e ancora sacchetti di carta, coltellini, tritatutto...

Il racconto si affaccia alla mente degli spettatori, per poi esplodere con una frenesia folle che contagia. Il gruppo, che si definisce tosco-napoletano, dal suo esordio gioca impunemente tutte le carte della commedia, e trova in Giovanni Guerrieri uno stralunato alfiere, qui un Sandokan donchisciottesco che forse non crede a quel che fa. Accanto a lui, Giulia Gallo si muta da mesta narratrice in una Perla di Labuan che è un'erinni nevrotica, mentre Gabriele Carli ed Enzo Illiano si alternano nei mille altri personaggi della vicenda.

E allora si ride alle invenzioni continue e surreali, in un gioco che riattiva ricordi e nostalgie. Il problema, semmai - e lo facevano notare alcuni spettatori - e che le "nuove generazioni" hanno dimenticano non solo Salgari, ma anche Kabir Bedi e lo sceneggiato, con buona pace di Sandokan e dei suoi tigrotti. Il rischio, quindi, è che il gioco della memoria funzioni a metà, che la madeleine della Tigre di Mompracem non evochi nulla: in questi anni accelerati, futili e violenti, Salgari è finito in soffitta, insieme - povero lui - a tremori d'amore di Liala.

La questione certo non deve preoccupare gli attori in scena, che per quanto decisamente efficaci, dovranno piuttosto limare gli snodi di narrazione, un po' sottotono e meccanici. Visto nell'ambito di Short Theatr3, al Teatro India di Roma, questo Sandokan o la fine della avventura ha riscosso caloroso successo.

di andrea porcheddu

 
 
 

Glen grant

Post n°491 pubblicato il 16 Settembre 2008 da kiblyn

Cabaret all'African beach

 
 
 

Teatro Festival Italia a Napoli

Post n°489 pubblicato il 08 Giugno 2008 da kiblyn

Teatro Festival Italia a Napoli

Si svolge da venerdì 6 a domenica 29 giugno la prima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la nuova, importante rassegna internazionale voluta dal Ministero dei Beni Culturali e assegnata al capoluogo campano in seguito a un concorso che ha coinvolto alcune delle principali città italiane. Il programma, ideato dal direttore artistico Renato Quaglia e dislocato in una serie di spazi diversi, comprende numerose produzioni realizzate ad hoc, testi appositamente commissionati agli autori, ospitalità di prestigio.

L'apertura del fitto "cartellone" è affidata alla messinscena delle Troianedi Euripide realizzata da Annalisa Bianco e Virginio Liberti - i registi del gruppo Egumteatro - con una neonata Compagnia Teatrale Europea costituita per l'occasione all'interno del festival, e formata da giovani attori italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, sloveni, belgi e rumeni. La sede è il settecentesco Real Albergo dei Poveri, le repliche proseguono fino a domenica 15.

Da segnalare, fra gli spettacoli delle prime sere, anche Englanddi Tim Crouch con la regia di Carlo Cerciello (6, 7, 10-14, 17-21, 24, 25, 27, 28), L'inseguitoredi Tiziano Scarpa nell'allestimento di Arturo Cirillo (7, 8) , la Médée di Max Rouquette con la regia di Jean-Louis Martinelli (8-12), e poi il New Burlesque, sofisticato strip-cabaret diretto dall'americana Kitty Hartl, con la partecipazione di Marisa Laurito nell'inedita veste di estemporanea conduttrice (7, 8, 10-15, 17-20).

Al Festival delle Colline Torinesi, da martedì 10, Valter Malosti presenta in "prima" nazionale Passio Laetitiae et Felicitatis, uno spettacolo ricavato dall'omonimo, scabroso romanzo del '75 di Giovanni Testori, un paradossale ribaltamento dei temi della devozione e dell'ascesi mistica - scritto nella lingua artefatta, barocca dell'Ambleto e del Macbetto - incentrato sulla tragica storia d'amore, in un convento, tra una suora e una ragazzina. La protagonista è Laura Marinoni, accanto a un'attrice giovanissima.

Al Teatro Out Off di Milano si rappresenta fino al 6 luglio La serva amorosa, secondo appuntamento del regista Lorenzo Loris con un'opera goldoniana, dopo L'ultima sera di Carnevale affrontata un paio d'anni fa. Dietro l'apparente leggerezza di un omaggio all'astuzia e all'intraprendenza femminili, il regista si accosta al testo con disincantato sguardo contemporaneo, ponendo soprattutto in risalto le dinamiche di una società avida, attenta solo al denaro e alla conquista dei beni materiali.

di renato palazzi

 
 
 

Post N° 488

Post n°488 pubblicato il 19 Maggio 2008 da kiblyn

Diamo sfogo alle nostre idee

Questo spazio è dedicato allo staff dell'African Beach
Dove lascieremo i nostri pensieri.
Saluti da Andrea (The boss)

 
 
 

Torraccia in festa

Post n°487 pubblicato il 17 Maggio 2008 da kiblyn

Degli amici hanno organizzato questo grande evento e vi aspettano numerosi.
Non mancate.
Info:
scrivimi@act-torraccia.roma.it

 
 
 
 
 

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TERRA DI CONFINE

Terra di confine
regia Cesare Corrales
con Andrea Cotrone e Luca Milesi

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SI VEDENO FRAMMENTI
DELLO SPETTACOLO
 
Alma ausente

No te conoce el toro ni la higuera,
ni caballos ni hormias de tu casa.
No te conoce el niño ni la tarde
porque te has muerto para siempre.

No te conoce el lomo de la piedra,
ni el raso negro donde te destrozas.
No te conoce tu recuerdo mudo
porque te has muerto para siempre.

El Otoño vendrá con caracolas,
uva de niebla y montes agrupados,
pero nadie querrá mirar tus ojos
porque te has muerto para siempre.

Porque te has muerto para siempre,
como todos los muertos de la Tierra,
como todos los muertos que se olvidan
en un montón de perros apagados.

No te conoce nadie. No. Pero yo te canto.
Yo canto para luego tu perfil y tu gracia.
La madurez insigne de tu conocimiento.
Tu apetencia de muerte y el gusto de su boca.
La tristeza que tuvo tu valiente alegría.

Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace,
un andaluz tan claro, tan rico de aventura.
Yo canto su elegancia con palabras que gimen
y recuerdo una brisa triste por los olivos.

Di

Federico García Lorca
 

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EL SILENCIO

Oye, hijo mío, el silencio.
 
Es un silencio ondulado, 
un silencio, 
donde resbalan valles y ecos 
y que inclinan las frentes 
hacia el suelo.

Federico García Lorca
 
 

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