Napoli

Zi' Teresa.

Mi ritrovavo a passeggiare per il lungomare Caracciolo, baciato dal caldo sole di Napoli durante una splendida mattinata di primavera. Mi avvicinavo a via Partenope per iniziare a percorrerla e, di lì, poi, raggiungere Castel dell'Ovo sulla cui parete vanno ad infrangersi, fragorose, le onde del golfo.

Il maniero dell'isolotto di Megaride è per me una delle mete più deliziose che offre questa città e, godermelo alla fine di una passeggiata mi appaga. Mi sono sempre chiesto dell’inevitabile emozione che provarono i greci quando comparve loro davanti questa apertura luminosa, frastagliata e ricca di isole, dove si poteva trovare un facile riparo e la terra sembrava potesse risultare fertile come poi si dimostrò.

Arrivato sul ponte di collegamento fra l’isolotto e la terraferma, cominciai a seguire con lo sguardo il profilo del castello, l’ingresso, le rampe che portano sulle terrazze e poi, le casette del borgo marinaro costruite per i “luciani” sfrattati durante i lavori del risanamento, gli approdi del porticciolo dove trovavano riparo anche i motoscafi blu dei contrabbandieri di sigarette. Affacciandomi di più al parapetto, cominciai a scorgere la sequenza di tavolini, sedie e insegne dei tanti ristoranti presenti e fra questi, colpì la mia immaginazione quella del ristorante “Zi’ Teresa”, dal nome di quella che forse divenne la più famosa ostessa al mondo, il cui locale fu meta per gente di tutti gli angoli del globo, dove si mangiava seguendo le ricette della tipica cucina napoletana.

La sua storia inizia proprio con l’Unità d’Italia. Siamo nel 1860, Giuseppe Garibaldi arriva a Napoli e, di fatto, i Borbone vengono detronizzati. A bordo di una delle navi della flotta borbonica, faceva il marinaio un certo Antonio Fusco il quale, si ritrovò improvvisamente senza lavoro e, quindi senza paga, tutto ciò proprio il giorno in cui sua moglie dava alla luce una bambina, Teresa, alla quale ovviamente, il povero Gennaro avrebbe voluto provvedere adeguatamente.

Dopo qualche tempo, l’ex marinaio decise di darsi alla pesca e così, partiva la mattina presto con una delle tante imbarcazioni che prendevano il largo dal porticciolo di Santa Lucia, per poi rientrare la sera tardi per cercare di vendere il frutto del suo lavoro e portare a casa qualcosa. Ad aiutarlo, c’era proprio Teresa che, fin da piccola, accompagnava il padre sulla spiaggia prima che partisse e lo aspettava al tramonto portandogli da mangiare.

Una sera, Antonio non tornò, era rimasto vittima delle onde durante un naufragio e Teresa si ritrovò d’improvviso responsabilizzata oltre misura nonostante non fosse ancora diciassettenne.

Ma la ragazza non si abbattè e continuò ad alzarsi presto e a recarsi la mattina sulla spiaggia di Santa Lucia portando con sé un grosso portavivande di cui vendeva tutto il contenuto ai pescatori che stavano per prendere il mare.

Poi, col tempo, il guizzo imprenditoriale di cui era dotata naturalmente Teresa, venne fuori in maniera proprompente: cominciò ad andare in giro per le locande della zona con un grosso sacco chiedendo ai proprietari di consegnarle il pane raffermo che non avevano venduto durante il giorno, tanto, comunque avrebbero dovuto buttarlo via.

Quel pane, elaborato durante la notte, veniva trasformato in prelibati taralli per il giorno successivo, che venivano regolarmente venduti tutti. Teresa, non impiegò molto tempo per riuscire a sconfiggere tutta la concorrenza e a piazzarsi con una bancarella tutta sua proprio davanti alla spiaggetta di Santa Lucia.

E fra i tantissimi clienti che amavano andare a mangiare i taralli da Teresa, ci fu un ufficiale della Guardia di Finanza, Giuseppe Giordani, che da lì a poco divenne suo marito. Teresa ebbe quattro figli ma non fu molto fortunata nella sua vita di mamma perché la sorte, come glie li aveva dati, così glie li tolse in quanto uno dopo l'altro, morirono tutti. Finanche Giuseppe, il marito, morì, e lasciò Teresa già vedova in un'età ancora giovanile.

Ma, abituata com'era a non piangersi addosso, nonostante tutto ciò, questa incredibile donna tornò ancora una volta a fare di necessità virtù, a rimboccarsi le maniche e a promettere a se stessa che avrebbe finalmente fatto il salto di qualità che desiderava fare: un ristorante tutto suo.

Fu così, che affittò una parte della spiaggia di Santa Lucia e vi piazzò una specie di capannone con sedie e tavolini assicurando a tutti che sarebbe diventato per Napoli il ristorante d'"'e sette meraviglie". In città, all'epoca, andavano per la maggiore locali tipo "Lo scoglio di Frisio" a Posillipo o "'A Fenestella" a Marechiaro. Il locale di Teresa, li battè tutti.

Sulla denominazione fu molto chiara, disse: "Ho perso tutti i miei figli ma ho molti nipoti che mi chiamano come chiamerò il mio ristorante, "Zi' Teresa".

Tutti i turisti che sbarcavano a Napoli negli anni Venti, volevano essere condotti al ristorante di Teresa per assaggiare i vermicelli alle vongole, la parmigiana di melanzane, i polpi affogati e i meravigliosi frutti di mare. Arrivarono a sedersi ai suoi tavolini finanche teste coronate d'Europa e lei, che indossava il suo classico scialle e i suoi gioielli, senza mai montarsi la testa, continuava ad andare in cucina a controllare che tutto funzionasse secondo i suoi ordini e in giro per i tavoli a dispensare sorrisi e a chiedere pareri.

Nel 1950, ormai novatenne, i nipoti, riuscirono a convincerla a trasferirsi a casa, nei pressi del locale, dal balcone della quale, con l'ausilio di un cannocchiale, riusciva a seguire ciò che avveniva nel ristorante e, se qualcosa non le andava, scendeva e dava indicazioni per apportare le dovute correzioni.

Il 24 maggio 1953, Teresa morì e, per l'evento dei suoi funerali, arrivarono a Napoli giornalisti e inviati di tutte le testate del mondo.

I nipoti, portarono avanti il ristorante fino al 1970, prima di venderlo ad una bionda altoatesina che, però non ebbe molto successo e fu costretta a chiuderlo nel 1976.

Ma oggi, il ristorante è tornato a vivere e ad avere ottimi risultati come un tempo anche se con nuovi proprietari e, chi come me, si affaccia sul parapetto del ponte di Castel dell'Ovo, potrà ancora leggerne l'insegna "Zi' Teresa", in ricordo di una donna che ha contribuito a portare alto il nome di Napoli nel mondo.