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Un blog creato da NevroticaMente il 25/06/2012

NevroticaMente

Le parole hanno uno strano potere. In mani esperte, manipolate con brio, vi imprigionano. Si avvolgono alle vostre membra come una ragnatela, e quando siete stregati al punto da non poter più fare un gesto, vi attraversano la pelle, si infiltrano nel vostro sangue, paralizzano i vostri pensieri. Dentro di voi, compiono la loro magia.

 
 

AGLI EVENTUALI LETTORI.

Chi scrive, come diceva Cesare Pavese, racconta quello che non ha. Quello che ha non lo racconta, se lo tiene. Per cui, dedico il mio Blog a quello spazio bianco e misterioso tra una lettera e l'altra. La, se osservi bene trovi quel che rimane di me.
 

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AVVISO AI NAVIGANTI.

Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo;infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.

 

 

Fai Che Io Non Muoia Mai. Di Te.

Post n°134 pubblicato il 31 Ottobre 2012 da NevroticaMente
 

Fai Che Io Non Muoia Mai. Di Te.

 

Fai che i miei occhi si ubriachino di te,
ne hanno voglia, lo so, lo sentono che sei vino,
sei liquore che invade la gola, brucia lo stomaco
e per te si possono fare guerre d'amore e di vita.

Fai che le mie dita bevano di te del tuo sapore dolce,
ne hanno voglia come ne ho voglia io che sei miele,
dolcissima fragranza e retrogusto passionale.

Fai che il mio membro possa gustarti e averne
comunque mai abbastanza di ogni tuo sapore, umore,
lasciami entrare dentro, riposare e riprendere
questa faticosa, affannosa e necessaria guerra
d'amore.

Fai che io non possa mai morire di fame,
di sete, di te.

 
 
 

Genova, In Un Giorno Come Noi.

Post n°133 pubblicato il 30 Ottobre 2012 da NevroticaMente
 

Genova, In un Giorno Come Noi.

 

Fu come essere sempre stati amici e ritrovarsi dopo un sacco d'anni per fare il punto sulle nostre vite, invece era la nostra prima volta e aundo i nostri occhi si salutarono le nostre i nostri corpi non poterono far altro che stringersi e le labbra baciare le altrui labbra.

Genova è una città molto strana: occidentale quando vuole, araba o marsigliese nel ventre molle dei suoi vicoli; vetusta nella maestosità di certi palazzi del centro, sensuale nei suoni, nei profumi e nei sapori che sanno esprimere certe locande o pizzerie che s'affacciano per le vie più vecchie.

Bevemmo un thè caldo in un locale arredato simil arabo seduti su cuscini morbidi con la compagnia di un enorme narghilè che rendeva sì esotica ma anche peccaminosa la nostra presenza. Com'é strano che due persone in così poco tempo possano atteggiarsi, dirsi, guardarsi come se tra di loro il tempo fosse stato presente come se la separazione, fino al momento in cui si sono incontrati, in realtà, non fosse mai avvenuta.

Girammo per Genova anche in cerca di noi, senza alcun pensiero nella testa se non quello di rendere la giornata unica e speciale; Andammo a visitare una mostra di quadri fiamminghi, belli, forti e, passatemela, anche sensuali; ridemmo di noi, delle espressioni sui nostri volti e sui volti degli altri visitatori: scattammo foto di nascosto catturando sguardi inebetiti, strani cappelli di uomini o donne, le scarpe o la buffa postura assunta davanti all'opera esposta. Come due bambini riuscimmo a trasformare un evento serio in qualcosa da ridere.

Andammo a cena a Boccadasse, in un ristorantino che s'affaccia sul mare, cenammo con la classica candela accesa al centro tavola e nei cristalli si confondeva la luce della fiamma con quella dei nostri occhi. Deliziosa cena, delizioso posto. Quanta delicatezza e poesia si nasconde nella semplicità delle cose, quanto amore e passione possiamo trovare in un bicchiere di buon vino, in un leggero piatto di ravioli al pesce, o nel branzino al forno con patate, nel brindare a una giornata normalmente speciale.

Ma dov'é il peccato se non si pecca bene? Andammo in un albergo a ore del centro, molto modesto, ma ci eccitava l'idea di immaginare quante altre coppie clandestine fossero passate da lì, quanti gemiti di orgasmi liberatori avessero sentito quelle pareti e quanti umori e amori avessero bagnato quelle lenzuola. Questo è il peccato: essere come tutti gli altri ma consapevoli di quel che si fa. E lo facemmo con la voglia, la precisa volontà di rendere fino in fondo speciale tutta la nostra normalità.

Quando ci sentiamo, ancora adesso, è come se il tempo si fosse fermato un attimo prima di esserci lasciati. Ma sappiamo benissimo che una parte di noi, come una specie di ectoplasma amante, ogni giorno e alla stessa ora percorre le nostre strade, cammina negli stessi vicoli, si prende il thè e va alla mostra finendo poi a cena e a letto nei medesimi luoghi. La nostra anima, in parte, è sempre la. Ogni tanto, come se noi fossimo dei retini per farfalle, sentiamo il bisogno di tornare a catturare quell'anima che là abbiamo lasciato.

 
 
 

Al Vertiginoso Bordo Della Ragione.

Post n°132 pubblicato il 26 Ottobre 2012 da NevroticaMente
 

Ai Bordi Della Ragione.

 

A camminare, quel giorno, rimanemmo in due,
chè gli altri vollero sostare al vertiginoso bordo della ragione.

Sconfinammo noi, invece, oltre il quotidiano pensare,
e c'accorgemmo di come fosse a volte bella e poi uguale,
o diversa tendente al bene oopure al male
l'altrui opinione, e smettemmo di disprezzare.

A camminare, da quel giorno, fummo un poco di più,
altri si fermano al vertiginoso bordo,
perchè non prosegui con noi, anche tu?

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Ci si rivede (e rilegge) martedì.
Passate tutti un buon fine settimana.

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Il Piacere Tra Noi Mai Morto.

Post n°131 pubblicato il 25 Ottobre 2012 da NevroticaMente
 

Il Piacere Tra Noi Mai Morto.

 

Fu un esile luce a braccar ombra alla notte,
per vedere tra sfatte lenzuola
brillare la tua rugiada,
non chiesi e tu silenziosa annuivi,
le mani già sapevano
appena entrate del piacere che sgorgavi,
oh candida rosa, bocciolo fresco
di profumate voglie e desideri
apristi a me le tue gambe,
come il fiore schiude i petali al sole,
non domandai altro,
non domandasti
ma i tuoi occhi altro indicavano
fui rapido ad eseguire
come la prora della nave entra al porto
così m'affondai in te carnalmente
vivo d'un piacere che mai tra noi era morto.

 
 
 

Essere E Non Essere. La Somma Del Sè.

Post n°130 pubblicato il 24 Ottobre 2012 da NevroticaMente
 

Essere E Non Essere.

 

Essere o non Essere,
e non è neppure questo il (vero) problema,
perché tutto è nelle parole che non ti dico,
tutto è nelle cose che non faccio,
tutto è nei luoghi che non ho visto,
tutto è nelle mani che non stringo,
perchè qui è il vero segreto che sconvolge tutto
io sono tutte le parole che ho detto,
sono tutte le mani che ho stretto,
e sono tutti gli sguardi incrociati,
e poi tutti gli amori: in corso e lasciati,
e tutti gli amici e i conoscenti,
quelli morti e quelli vivi e anche i perdenti,
ma sono
soprattutto,
una parte del tutto di te.

 
 
 
 

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MEMORIE DI ADRIANO.

A volte, ho sognato di elaborare un sistema di conoscenza umana basato sull'erotica: una teoria del contatto, nella quale il mistero e la dignità altrui consisterebbero appunto nell'offrire al nostro lo questo punto di riferimento d'un mondo diverso. In questa filosofia, la voluttà rappresenterebbe una forma più completa, ma anche più caratterizzata dei contatti con l'Altro, una tecnica in più messa al servizio della conoscenza del non Io. Anche nei rapporti più alieni dai sensi, l'emozione sorge o si attua proprio nel contatto: la mano ripugnante di quella vecchia che mi sottopone una supplica, la fronte madida di mio padre nei suoi ultimi istanti, la piaga detersa di un ferito, persino i rapporti più intellettuali o più anodini si istituiscono attraverso questo sistema di segnali del corpo: il lampo d'intesa che illumina lo sguardo del tribuno al quale si spieghi una manovra prima della battaglia, il saluto impersonale d'un subalterno che al nostro passaggio s'immobilizza in un atteggiamento di obbedienza, lo sguardo amichevole d'uno schiavo che ringrazio per avermi portato un vassoio, 'espressione da intenditore 'un vecchio amico davanti al dono d'un cammeo greco. Con la maggior parte degli esseri umani, i più lievi, i più superficiali di questi contatti bastano, o persino superano l'attesa; ma se essi si ripetono, si moltiplicano attorno a un unico essere sino ad avvolgerlo interamente; se ogni particella d'un corpo umano si impregna per noi di tanti significati conturbanti quante sono le fattezze del suo volto; se un essere solo, anziché ispirarci tutt'al più irritazione, piacere o noia, ci insegue come una musica e ci tormenta come un problema, se trascorre dagli estremi confini al centro del nostro universo, e infine ci diviene più indispensabile che noi stessi, ecco verificarsi il prodigio sorprendente, nel quale ravviso ben più uno sconfinamento dello spirito nella carne che un mero divertimento di quest'ultima.

Opinioni come queste sull'amore possono indurre a una carriera di seduttore. Se non l'ho seguita, senza dubbio dipende dal fatto che mi son dedicato a cose diverse, se non migliori. Una carriera del genere, in mancanza d'estro richiede una serie di attenzioni, persino di stratagemmi, per i quali non mi sentivo portato. Tendere insidie sempre eguali, percorrere la solita strada, che si limita a perpetui approcci, e alla quale la conquista segna il traguardo, son cose che mi hanno tediato. La tecnica del vero seduttore esige, nel passaggio da un soggetto a un altro, una disinvoltura, un'indifferenza che io non provo e che, comunque perdevo prima di abbandonarle intenzionalmente: non ho mai compreso come si possa essere sazio di un essere umano.

 
 
 
 

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