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Messaggi del 13/12/2015

Guittone d'Arezzo

Quanto più mi distrugge il mio pensiero

Quanto più mi distrugge il mio pensiero,
Che la durezza altrui produsse al mondo,
Tanto ognor, lasso, in lui più mi profondo,
E, col fuggir della speranza, spero.

Io parlo meco, e riconosco in vero,
Che mancherò sotto si grave pondo:
Ma il mio fermo desio tant' è giocondo,
Ch'io bramo e seguo la cagion ch' io pero.

Ben forse alcun Terrà dopo qualch' anno,
Il qual leggendo i miei sospiri in rima,
Si doterà della mia dura sorte.

E chi sa che colei ch' or non mi stima,
Visto con il mio mal giunto il suo danno,
Non deggia lagrimar della mia morte?

Guittone D'Arezzo.

Nel presentare a' nostri lettori una scelta, in ordine cronologico, delle migliori poesie italiane, crediamo dover cominciare da quegli scrittori che primi fecero epoca nell' uso del volgare italiano per la poesia. Varj saggj in formi, e fatti soltanto per interessare gli eruditi antiquarj, precedettero le composizioni poetitiche più piacevoli e regolari ; ma queste sol tanto ci parve dover indicare in un' opera in cui l' erudizione deve accoppiarsi all' utile e piacevole studio della lingua e della letteratura italiana.
Uno de' primi, e direi quasi il primo pel gusto e la scelta delle espressioni, fù Guittone d' Arezzo, così denominato dalla città ove nacque verso la metà del 13mo. secolo, ignoto essendo il cognome della sua famiglia.
Fù anche scrittore in prosa, ed abbiamo di lui una raccolta di lettere, stampate nel 1745 da  monsignor Bottari, in Roma, di cui faceva gran conto il celebre Francesco Redi, fino a registrare nel nuovo vocabolario della Crusca alcune delle sue espressioni e modi di dire.
Queste lettere contengono varie notizie sull' Ordine religioso e militare de Gaudenti, di cui era membro; ordine che degenerato e corrotto fu soppresso a questa ragione, e rinacque poi nobilmente in quello de' Cavalieri detti di Malta, che ne fece rivivere gli statuti, e meritò T illustrazione che l' altro non aveva ottenuta giammai. FraGuittone (così chiamavansi gl'individui dell' ordine, e nei loro atti pubblici tal uso erasi conservato, anche fra Cavalieri di Malta ) fù un zelante propagatore e sostenitore della sua religione. La pietà cristiana l'indusse ancora alla fondazione del monastero degli Angioli dell'ordine Camaldolense in Firenze, ove divisava di ritirarsi, per terminare i suoi giorni nella solitudine e nella santificazione. Ma, colto da morte, l'anno 1294 non potè vederne compiuto il lavoro.
Molte delle sue poesie si leggono in più raccolte d' antichi poeti. Dante e il Petrarca non ne fecer gran conto. Ciò nondimeno, quest' ultimo tolse da Guittone un intero verso, il quale è passato, si può dire, in proverbio:
Come d'asse sì trae chiodo con chiodo.
Il sonetto di Fra Guittone, che qui presentiamo a' lettori, può gareggiare in bellezza con quelli del mentovato primo lirico, benché, pel raffinamento de' pensieri ingegnosi, possa sembrare più nel carattere de' sonetti del Zappi e del Filicaja.
Uno de' meriti del nostro autore è quello di aver ridotto il sonetto a quella leggiadra forma in cui conservasi ancora a' di nostri, e di avere inoltre, con fino gusto, insegnato che la bellezza di questo breve componimento consister deve nel rinchiuder felicemente un pensier solo in un dato numero di versi corrispondenti fra loro (1).

(1) Algarotti, Saggio sopra la Rima.

Nuova scelta di poesie italiane, tratte da' più celebri autori antichi e moderni, con brevi notizie sopra la vita e gli scritti di ciascheduno. Da P. L. Costantini. Parte Prima. In Parigi, Presso Bossange Père, Libraire de S.A.S. Msr. le Duc D'Orléans, Rue de Richelieu, N. 60. E in Londra, Presso Martin Bossange e C°., l4 Great Marlborough Street, and at 124 Regent-Street. 1823.

 
 
 

Ragazza sòla

Post n°2363 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Stefano Rosso - Ragazza Sola

Ragazza sòla

Quante storie di ragazzi innamorati pazzi
avrete già ascoltato.
La mia però è diversa:
Amo una ragazza bionda alta magra
e con la verginità persa!

Me l'ha detto un pomeriggio passeggiando
mano in mano lungo il fiume,
Che fu di un capellone,
Uno originale non uno banale
un anarchico totale!

E io mi mangiavo il fegato perché,
Di originale avevo solo il mio gilet
Trovato in un vecchio cassetto.
E imprecavo contro i miei capelli a spazzola,
Giurando a me di non tagliarli più,
Per farmi amare ma non fu così!

Con casacca indiana con collana
ciondolletti baffi e con stivali,
Lei mi rispose: "No!
Se sei un hippy originale
Devi darmi marijuana da fumare!"

Ed io mi mangiavo il fegato perché
Io che potevo darle da fumare
Tutt'al più una nazionale.
Finalmente un giorno ne trovai un bel po',
da un tale a sole dieci mila lire.
E in un prato la portai!

Fece una boccata poi una faccia strana,
Dissi "Che ti senti male?"
"No - disse - questo è the!
Non è marjuana e chi te l'ha data
è un gran figlio di puttana!"

Ed io mi mangio il fegato perché,
Da quella volta non l'ho vista più,
Da quella volta non so più dov'è!
Ed io mi mangio il fegato così,
Ed impreco contro il mio destino,
E mi son buttato al vino!

Quante storie di ragazzi innamorati pazzi
avrete già ascoltato.
La mia però è diversa:
Amo una ragazza bionda alta magra
e con la verginità persa!

Da "Bioradiofotografie", 1979

Stefano Rosso: Roma, 7 dicembre 1948 - Roma, 15 settembre 2008

 
 
 

Cecco Angiolieri

Post n°2362 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Cecco Angiolieri
(1260-1312)

S'i' fosse fuoco

S'i' fosse fuoco, ardere' il mondo;
s'i' fosse vento, lo tempestarei;
s'i' fosse acqua, i'l'annegherei;
s'i' fosse Dio, mandereil'en profondo;

s'i' fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristïani imbrigarei;
s'i' fosse 'mperator, sa' che farei?
a tutti taglierei lo capo a tondo.

S'i' fosse morte, andarei a mi'padre;
s'i' fosse vita, non starei con lui:
similmente faria da mi'madre.

S'i' fosse Cecco, com'i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.

Cecco Angiolieri

Note: esistono varie altre versioni del sonetto. Limitandosi a due soli esempi, il verso numero uno è a volte trascritto "S'i' fosse fuoco, ardereï'l mondo;"; il verso numero sette, invece, "s'i' fosse 'mperator, ben lo farei:".



Li buon' parenti

Li buon' parenti, dica chi dir vòle,
a chi ne pò aver, sono i fiorini:
que' son fratei carnali e ver' cugini,
padre, madre, figliuoli e figliuole.
 
Que' son parenti che nessun se'n dole:
bei vestimenti, cavalli e ronzini:
per cui t'inchinan franceschi e latini,
baroni e cavalier', dottor' de scole.

Que' te fanno star chiaro e pien d'ardire,
e venir fatti tutti i tuo' talenti,
che se pòn far nel mondo né seguire.

Però non dica l'omo: "E' ho parenti";
che s'e' non ha dinari, e' pò ben dire:
"E nacqui come fungo a ombre e venti".

Cecco Angiolieri

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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