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« Messaggio #3In viaggio per Orgocrit »

La Foglia del Diavolo

Post n°4 pubblicato il 24 Settembre 2006 da AracnoMania
 

Boom! Booom!
Sbrillo balzò in piedi, l'eco di quel rombo vagava ancora nella sua testa. La mattina era giunta inaspettata, stancamente si trascinò al banco di  lavoro, che nel suo solito disordine ospitava una piantina in vaso dell'altezza di circa 30 cm con dei fiori di un bianco spettrale a forma di calice e le foglie cuoriformi verde smeraldo, la pianta a differenza del fiore emanava un odore muffoso-tossico. Il giovane alchimista era stato ingaggiato da un Mago delle Terre del Nord che non conosceva gli effetti della Foglia del Diavolo, Sbrillo decise di cogliere l'occasione per fare un po di esperimenti, ovviamente trovare cavie umane a quel tempo non era impossibile, ma sapeva che solamente lui e pochi altri avrebbero capito il messaggio della Foglia. Staccò alcune foglie e le pestò come fosse basilico aggiungendo man mano Tequila ed un goccio d'acqua per chiudere. Bevve l'intrugliò e provò la sensazione di essere più veloce e guardandosi attorno tra i mille colori del proprio laboratorio carpiva sfumature alle quali non aveva mai fatto caso prima. Musica, canto e grida provenivano dalla strada diede una sbirciatina dalla finestra c'era molta gente che si divertiva saltavano ballavano erano allegri, in quel momento anche lui si sentiva di poter stare in mezzo a loro. Non si fece molti scrupoli, se l'effeto della Foglia rimaneva tale poteva benissimo reggere, c'era curiosità di vedere cosa succedeva in situazioni non del tutto prevedibili.

Uscì dalla porta di casa e trovò i festeggianti a meno di cinque metri, non era importante per chi festeggiassero, ma che lo facessero e che lui si potesse aggregare. Dalla folla si fece un varco una dama dai ricci capelli e dagli occhi sorridenti, danzando si avvicinò a Sbrillo lo prese per mano e lo portò nel cuore della folla...

 
Rispondi al commento:
Ventudeca
Ventudeca il 26/09/06 alle 17:52 via WEB
presto la sfera avviserà il Mago della sua partenza. deve ritrovarla, deve capire che sta succedento. Forse proprio loro avrebbero potuto portare la pace fra maghi e streghe... forse... Presto bisogna partire, sellato l'amico alato, salutata la casa, con una nuova maturità prende la via...
 
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LE AVVENTURE DI MOTANGA

Il vento soffiava leggermente da Nord. Sbrillo esausto contemplava il cielo strappato di nuvole, mentre sorseggiava quella bevanda denominata Adrenina, dal sapore dolciastro e il colore purpureo, sedeva su una sedia in una terrazza del centro del paese di Faglie. Dal balconcino si affacciò Otto, era sudato con gli occhi spiritati, aveva avuto una litigata con una delle sue donne e poi l'aveva posseduta per due ore abbondanti. 
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Sbrillo aveva capito che Otto voleva la sua pozione magica, magari per concludere in bellezza con la dama o magari per riuscire a dirle che era meglio non vedersi più. Controvoglia preparò l'intruglio, lo assaggiò, e lo mise di fronte alla porta di Otto, bussò e si diresse nuovamente in terrazza. Sapeva che in una decina di minuti sarebbe stato lì accanto a lui e avrebbero deciso finalemente il da farsi.
Erano anni che si frequentavano e si scambiavano opinioni varie, avevano avuto la possibilità di fare alcune traversate insieme, ma adesso si trattava di scegliere se formare una ciurma e rimettere in sesto Motanga o continuare ognuno per la propria strada come sempre.

Passarono altre due ore, l'attesa uccideva Sbrillo che nel frattempo aveva cominciato a mischiare Tequila, Adrenina e il suo personale intruglio a base di Foglia del Diavolo. Decise di muoversi, andò a cercare la Musa dei Cerchi di Fuoco.
Faglie era la città natale di Sbrillo, ma non ci si muoveva a suo agio, preferiva viaggiare e stare continuamente in balia della corrente. Ma si sa: i sogni per realizzarsi hanno bisogno di tempo, vera volontà e fatica.
Per sua fortuna trovare una Musa non era un sogno, sua personale confidente era entrata nella vita del giovane Sbrillo poco tempo prima ed aveva occupato immediatamente un ruolo stabilizzante. Infatti Arachiù, così lo conoscevano in paese, era solito avere momenti di follia incontrollabile che manifestava con un arrossamento del viso (diventava magenta in alcuni casi) e un'insaziabile bisogno di sputare veleno e acido citrico su chiunque fosse alla portata della sua voce. Il compito che la Musa assolveva con tenerezza era quello di portarlo nuovamente nel mondo razionale che solitamente ordinava il giovane marinaio.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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