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La storia siamo noi

Post n°227 pubblicato il 17 Maggio 2013 da lab79
 

Ci sono viaggi che non sono ritorni. Sono risarcimenti per la storia che ci è stata nascosta, prima ancora che dimenticata. Anche se questa non fa parte del nostro personale vissuto, anche se di questa storia non siamo testimoni diretti. La Storia siamo noi, dopotutto. Ed è possibile chiamarla storia soltanto se è memoria condivisa.

Piove una pioggia che sa di autunno, intanto, mentre la primavera rimane nascosta dietro le nuvole. Io sono giorni che non scrivo: non qui, e nemmeno per me. Certo, il quotidiano si è preso una larga fetta del mio tempo, e a malapena ho avuto modo di realizzare quello che ho vissuto in queste settimane. Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare. E allora perché non cominciare da qui? Da quello che non ricordo, oppure che non so. Perché non cominciare a raccontare un viaggio non dai miei ricordi, bensì dall'evento che ha in qualche modo segnato l'inizio della storia della mia vita. L'inizio, in qualche modo, del mio viaggio. La mia personale Riohacha*. 

Che io sia figlio della guerra, l'ho già detto altre volte. Lo siamo tutti, dopotutto. La guerra in fondo non è che l'altra madre, sorella della terra. Le madri gemelle dell'umanità. Ma di questa guerra io mi porto ricordi personali: il silenzio la sera dopo il coprifuoco, e le lucciole che galleggiavano tranquille nel buio del giardino, mentre noi bambini anelavamo la loro libertà. I passi pesanti degli stivali, i pugni battuti contro le porte. La voce dei soldati appena più roca della nostra al di là delle pareti sottili, a casa del vicino, che sussurravano parole che subito dovevamo dimenticare d'aver sentito. E gli aerei come pipistrelli nel cielo a caccia di uomini, che lanciavano verdi saette che il giorno dopo ci divertivamo a raccogliere: vuoti gusci d'ottone, insetti morti grandi come le nostre mani. Una guerra fatta della stessa materia di cui sono fatti i sogni dei bambini. Una guerra lunga un'infanzia. 

Della pace che venne dopo ricordo poco. Un breve periodo d'attesa, che si interruppe quando la mia breve vita fece uno scatto in avanti, portandomi altrove. E non ebbi più modo di ritornare.

E invece scopro ora che quella pace ancora perdura, pur nella difficoltà di accettarne le conseguenze. Perchè il prezzo della pace alla fine è quasi sempre l'impunità dei colpevoli, il silenzio sui delitti, e l'oblio dei morti innocenti. Gli altri morti avranno voci tonanti, che risuoneranno nelle gole degli impuniti. Per gli altri morti cresceranno i monumenti, alberi nati dal seme nero della menzogna.

Ma a volte è la Madre Terra a vomitare l'unica cosa che rimane ai morti dimenticati, i loro resti, e coi loro resti la loro storia. Come un oltraggio alla sorella Guerra per le sue bugie, ecco i morti spalancati in un urlo che non ha voce per mentire, che può soltanto raccontare con le sue ossa rimaste una verità indecifrata, senza più rabbia, e muta.**

E' questa la verità che io scopro soltanto ora. La storia che mi è stata rubata, e che rivendico come mia. La mia Riohacha, l'assalto pirata di Francis Drake che ha messo il vento nelle mie vele. Che mi ha spinto lontano, per rifuggire forse tanto orrore, e che alla fine non ha fatto altro che obbligarmi a circumnavigare il mondo per tornare a rivederlo, e riconoscerlo come mio.

Questa è soltanto una storia.

La mia storia.

Questa storia sono io.

 

*"..Era cosí assortoche non sentì nemmeno il secondo assalto del vento, la cui potenza ciclonica strappò dai cardini le porte e le finestre, svelse il tetto dell'ala orientale e sradicò le fondamenta.
Soltanto allora scoprì che Amaranta Ursula non era sua sorella, ma sua zia, e che Francis Drake aveva assaltato Riohacha soltanto perché loro potessero cercarsi per i labirinti più intricati del sangue, fino a generare l'animale mitologico che avrebbe posto termine alla stirpe..." Da - Cent'anni di Solitudine - di Gabriel Garcia Marquez.

** Il massacro de "El Mozote" è il nome con cui si identifica l'eccidio della popolazione civile dei villaggi di El Mozote, La Joya e Los Toriles, a El Salvador, avvenuto tra il 10 e il 12 dicembre 1981 ed effettuato da parte del battaglione "Atlacatl", nel corso della guerra civile. Il numero delle vittime estimato oscilla tra 800 e 1000, di cui almeno 140 minori di 12 anni.

 
 
 
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