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Delle orchidee, ossia del perché non scrivo mai di politica

Post n°467 pubblicato il 13 Dicembre 2016 da lab79

Non ho intenzione di suonare polemico o sarcastico. Soltanto vorrei riassumere quel che sento dire, quello che so, e con questo in qualche modo spiegare perché raramente mi sentirete parlare di politica. Dato che vi voglio bene, ve lo riassumo subito in poche, succinte parole: [SPOILER ALERT ON] Non parlo quasi mai di politica perché, come ogni volta in cui parlo di cose serie, divento lungo, noioso, e dico cose che non avete voglia di sentirvi dire. [SPOILER ALERT OFF] Siete stati avvertiti: da qui in poi potete non leggere.

Alla luce dei risultati del passato referendum, si è aperta l’ennesima crisi di governo formalizzata dalla presentazione delle dimissioni del Presidente del Consiglio nelle mani del Presidente della Repubblica. Se ne dica quel che vuole, da un punto di vista procedurale queste dimissioni non erano un atto dovuto, per il semplice fatto che il voto del referendum non era riferito alla fiducia al governo in carica (atto di cui è responsabile il parlamento). Che da un punto di vista politico le dimissioni fossero raccomandabili è un giudizio appunto politico: vuoi per una questione di opportunità, di machiavellico calcolo o responsabile costatazione della mancanza di condizioni per governare. Esigere la testa del “Re” era politicamente legittimo. Ma non per questo dovuto.

La nomina di un nuovo governo da parte del Presidente della Repubblica non è un inciucio. E’ la normalissima procedura prevista in caso di crisi di governo. Ed è strano che non lo sappiate: questo è il 64° governo dal 1946 fino a qui. Cambiamo più spesso governo che gomme della macchina. A proposito, avete già messo le gomme invernali, vero?

“E’ l’ennesimo Presidente del Consiglio non eletto!” e anche la versione più popolare “E’ l’ennesimo governo non eletto!” sono frasi stupide. Non perché siano false. Ma perché è sempre stato così: in Italia il governo (Il consiglio dei ministri) e il suo relativo presidente non sono eletti, bensì nominati. Dal Presidente della Repubblica, su indicazione della maggioranza relativa in parlamento.

“Mattarella non è il mio Presidente!” Si, lo è. Così come vostra mamma resta vostra mamma anche quando rompe perché non avete fatto il letto anche se avete fatto i trenta da un pezzo. (Fatelo, il letto. Davvero. Che i selfie con il letto sfatto come sfondo non si possono vedere). “Io non l’ho votato!” A meno che non vi chiamino “Onorevole” (e gli amici avvinazzati al bar non valgono), non lo avrete votato. Perché il Presidente della Repubblica non viene eletto con suffragio universale, bensì dalle camere del parlamento in seduta comune.

Tutto questo ha un nome. No, non è “COMPLOTTO”. E’ “Democrazia Parlamentare”. Noi votiamo per il parlamento, la cui legislatura dura 5 anni. Se ce la fa. In caso contrario, e solo in quel caso, si torna alle urne. Questo parlamento esprime un governo, con i suoi bei ministri e un Presidente del Consiglio dei Ministri. Se il governo cade, lo stesso parlamento ci rimugina un po’ su, e vomita fuori un altro governo. Che può avere un altro presidente del Consiglio. Ma anche lo stesso. Persino gli stessi ministri. Fa un po’ schifo a vedersi, ma insomma: questa è la natura del nostro sistema politico attuale: Benvenuti su Discovery Channel.
E’ un po’ come quando comprate le orchidee: voi scegliete una piantina con un bel fiorellino in cima, che vi piace tanto con quei petalucci tanto petalosi, bianchi e screziati di lillà. Se siete fortunati, il fiorellino dura a lungo. Ma di solito, ad un certo punto il fiorellino crepa. Ma non la piantina. E allora la piantina vede di farvi un altro fiorellino, magari uguale al primo, magari diverso. Voi la tenete lo stesso: magari il fiorellino è meno bello, e un po’ vi lamentate. Ma insomma, un fiorellino è pur sempre un fiorellino, e ve lo tenete. Se anche questo fiorellino ci lascia i petali, voi aspettati che ne nasca un altro. Ma se questo non nasce, allora buttate la piantina e andate al vivaio a sceglierne una nuova.

Sempre lo stesso parlamento, ogni tanto, sceglie un Presidente della Repubblica. Che è tipo il vicino al piano terra del vostro condominio, che un po’ fa il portinaio e che alle riunioni di condominio fa, appunto, il presidente. Solitamente è un vecchietto arzillo e qualche volta un tantino rompicoglioni, che si ricorda di tutto quello che è capitato dal cortile fino al settimo piano negli ultimi settanta anni, e che continua a ricordarvi di chiudere il portone che entra lo spiffero di vento, e di pulirvi i piedi prima di fare le scale. Quando lo dice a voi, sbuffate. Quando lo dice agli altri, gli date ragione.

Questa architettura semplice come lo schema di funzionamento di un motore diesel V8 Turbo Commonrail, ha una caratteristica molto particolare: ha la stabilità di un castello di carte in una giornata di vento. Le ragioni sono storiche, e non starò qui a spulciarle. La curiosità è che questo sistema, dato un certo numero di anni, produce un dato numero di legislature, che non corrisponde al numero di governi e tantomeno al numero di Presidenti del Consiglio. In numeri semplici: in 70 anni, abbiamo avuto 17 legislature, 64 governi e 28 Presidenti del Consiglio. Il nesso tra questi numeri è talmente labile che potreste giocarli al lotto e condividere l’eventuale vincita col sottoscritto. Così, tanto per arrotondare.

Ora, io vi capisco se non vi piace. Se è così, mettetevi d’accordo, e cambiatelo. Il referendum scorso aveva quello scopo: i cambiamenti proposti potevano piacere, oppure no. Ed è per questo che abbiamo votato. Tutto quello che ha seguito è la normale conseguenza della nostra scelta.

 
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