Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Agosto 2014

Oikeiosis (2)

Post n°321 pubblicato il 12 Agosto 2014 da lab79
 

Il suo riflesso era un uomo che viveva la sua prigionìa con mitezza, curandosi solanto di non farsi troppo male. Non tanto per paura del dolore, forse, quanto per non dover rimediare ai danni provocati. Un uomo profondamente razionale, metodico e calcolatore. Un "homo oeconomicus", a tutti gli effetti.

Dall'altro lato dello specchio intanto la notte scendeva sul mondo, ma all'interno del labirinto quasi nulla cambiava. Non c'erano ombre che cambiassero angolazione, ruotando intorno alla loro origine a cadenzare il passare del tempo, come fanno le lancette intorno al centro dell'orologio. Così il buio restava confinato fuori dal labirinto dalla luce fredda, incapace di influire sugli avvenimenti. E così passarono le ore, e poi le notti intere si depositarono le une sulle altre, pagine di un libro che non veniva scritto perché intanto il suo protagonista, inconsapevole del mondo, guardava ammirato la vita ordinata e timida del suo riflesso.

 


 
 
 

Oikeiosis (1)

Post n°320 pubblicato il 07 Agosto 2014 da lab79
 

Oikeiosis: Secondo gli stoici è la conoscenza del proprio io, tramite la synaesthesis, ovvero la percezione interna. Grazie a questa conoscenza di sé, nasce l'istinto di conservazione che consente lo sviluppo del proprio essere.

(Da Wikipedia)

Guardando fisso davanti a sé, per qualche momento non riconobbe sé stesso nel riflesso sfocato che gli si parava davanti. Ingannato forse dallo sguardo sfuggente negli occhi dell'altro, anche se proprio quello avrebbe dovuto essere il dettaglio rivelatore del fatto che, quell'altro, non fosse altri che sé stesso. Fece un passo indietro, nell'orrore del riconoscersi diverso da come si era desiderato, per poi cedere al fascino di poter guardare il proprio riflesso che, credendosi inosservato, viveva di vita propria.

Il lungo corridoio di vetro che lo aveva portato fino a lì era ben illuminato, e non vi trovava dimora nessuna ombra. Ogni suo angolo, per quanto recòndito, era illuminato dai fasci di luce dei neon che ronzavano nel silenzio. Ai vetri trasparenti si alternavano degli specchi, quasi indistiguibili gli uni dagli altri, finché non ci si finiva con lo sbattere il naso contro il proprio riflesso offeso e indolenzito. Era un labirinto, in effetti, ma un labirinto piuttosto elementare nella sua forma. Soltanto, ingannevole nella propria trasparenza, nella quale nascondeva i suoi vicoli ciechi. 

Ma ora il riflesso davanti al quale si era fermato era diverso dagli altri. Troppo simile a lui per poterlo liquidare come un inganno dell'ottica, troppo vivo per immaginarlo un gioco di specchi. Quel riflesso era lui stesso, quello vero. E viveva la sua vita credendosi inosservato, intanto che lui, in piedi a qualche passo dallo specchio, tratteneva il fiato. E osservava.

E vide un uomo che viveva una vita semplice: un passo dopo l'altro anche lui aveva percorso molti metri nel suo labirinto, senza mai mostrare di avere la fretta di chi cerca l'uscita. Si limitava a camminare a passi misurati, la testa china e le mani leggermente in avanti, come a prevenire un impatto spiacevole contro gli specchi che chiudevano i vicoli ciechi.  E quando si ritrovava in uno di quei passaggi, reagiva di riflesso. Lentamente si voltava, sfiorando le pareti con le mani, e cautamente tornava sui suoi passi.

[continua...]

 

 

 
 
 

Mammifero notturno

Post n°319 pubblicato il 02 Agosto 2014 da lab79
 

Acquattato sul fondo della notte, un pipistrello preso alla sprovvista aspetta la fine del temporale. Quieto si appallottola tra le foglie tremanti, mentre il vento scuote i rami e l'arbusto si piega e quasi si rovescia, sotto il peso della pioggia.

L'aria è carica di elettricità.

I fulmini si staccano da terra e in un lampo raggiungono le nuvole basse, e vibra il vetro della calotta che sovrasta le scale, quando le basse frequenze dei tuoni arrivano fino a qui. 

Io sono in piedi davanti alla porta, una sigaretta tra le dita e in bocca il gusto amaro di un caffé cattivo, a contare le pozzanghere che si uniscono e si separano man mano che la pioggia le riempie, e bagna le mie scarpe.

A me non importa. 

Intanto le luci della strada si spengono e si riaccendono, il sistema operativo del mondo si riavvia in modalità provvisoria alternando l'alimentazione elettrica della rete a quella dei gruppi di continuità. Ma nessuna di queste operazioni richiede la mia presenza. Io sorveglio la loro corretta riuscita, alla stessa maniera in cui sorveglio la pioggia che cade.

Sono ininfluente.

Ma non sono solo. Illuminato da un lampo più intenso degli altri, il mio sguardo incrocia quello del mammifero notturno che ha trovato rifugio nel cespuglio bagnato, a pochi metri da me. E seppur tra le foglie riesco a vedere i suoi occhi minuscoli scrutarmi, con tutta la sua consapevole fragilità nei confronti del mondo, che è anche la mia. 

E per un momento né io né lui sappiamo più chi è l'uno, e chi l'altro: entrambi acquattati sul fondo della notte, ad aspettare la fine del temporale. 

Alla fine uno dei due spiega le ali in silenzio, e con un salto nel buio se ne va.

 

Black Milk - Massive Attack (Mezzanine, 1998)

 
 
 

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