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Dimanche

Post n°165 pubblicato il 14 Febbraio 2009 da driver64
 

Quando presi coscienza era mattina e la sveglia non aveva suonato,dunque era domenica. Quale gusto aveva quel tranquillo rigirarsi fra le coperte sbirciando le sottili righe di luce  dall’avvolgibile. Giada,vicino a me si mosse mugolando,la accarezzai e le diedi un piccolo bacio e lei si destò: “Ma vuoi ancora?”
“erano solo coccole!” protestai. Lei sbuffando cercò di nuovo il sonno e io invece mi alzai,raggiunsi il bagno per le mie cerimonie mattutine,prima di tutto la barba e poi in cucina a preparare un buon caffé. “Su” dissi recando la tazzina fumante in camera. Giada si sollevò puntando i gomiti “ma che ore sono?”
“le nove e mezzo” dissi allungando tazzina e piattino “che senso ha destarsi presto alla domenica? Hai messo il dolcificante? Se è amaro lo rigetto”

 

“sei una donna difficile”scherzai ma lei la prese male “Ma sai che da quando siamo insieme la mia vita non so più quale sia? Uscivo tutte le sere e adesso vado solo a trovare i miei,quando mi lasci,beninteso,quando non dobbiamo sorbirci dibattiti o radiodrammi o prime teatrali;non posso toccare alcol perchè sei astemio..” sobbalzai “non te l’ho mai proibito!”
“ma io non bevo da sola! E poi il caffé amaro: devo comprarmi tutte le volte il dolcificante badando che non sia saccarina,per carità,ma  puro fruttosio, perchè non si trova un milligrammo di zucchero in dispensa”
“e va bene” sospirai conciliante “comprerò il tuo dolcificante preferito”
“e la carne? Mi sembra di vivere in perenne quaresima! Insalata mattina e sera,mi par d’essere un coniglietto!”
“non è del tutto vero,l’altra sera abbiamo cenato a prosciutto e melone” precisai,ma Giada non raccolse e si alzò, deliziosamente spettinata,bellissima, in sottoveste e prese  la salvietta e continuò la filippica “il farro e il riso integrale che non cuociono mai,i cereali al mattino, lo yogurt magro,il latte di soia ogiemme-free!” ormai era lanciata,ma avevo abbastanza esperienza per contenere le sue bordate,poi se ne andò in bagno e io potei rivestirmi. Ed era calma e sorridente poco dopo e mi chiese “dove andiamo?”
“facciamo in tempo per la Messa delle undici”
Giada alzò le spalle  “allora metto il completo beige” Per strada le presi la mano e lei accettò quel gesto di unione; la messa era giusto cominciata e trovammo posto dietro. Vagai con lo sguardo fra i presenti e sussurrai “ci sono anche i tuoi” Lei non parve colpita,ma alla fine della celebrazione li raggiungemmo “che piacere incontrarvi” disse  sincero suo padre “tutto bene?”
“al solito” risposi mentre  Giada e sua madre stavano già parlottando di non so quale abito da tagliare;ci incamminammo assieme alla folla che usciva dalla parrocchia e quando  fummo nella grande piazza suo padre ci propose:“un aperitivo?” andammo a sederci al Caffé Pietra in una saletta che cominciava a riempirsi:
“voi due giovani” disse l’uomo “avete il vostro modo di vedere le cose” sbirciavo Giada sorbire assorta quelle parole semplici e sensate. La madre  interloquì “avete impegni o volete pranzare da noi?” io  sorrisi “lascio decidere sua figlia”
Mentre camminavamo mi persi a guardare i bei polpacci di Giada ben visibili  sotto la gonna al ginocchio; Giada  anche con i suoi tacchi bassi era più alta di me e la cosa mi divertiva. Suo padre mi riscosse dai miei pensieri “e per le vacanze avete già deciso?”
“E’ presto”
“passate qualche giorno con noi, farebbe molto piacere a sua madre che è orgogliosa e non lo chiederebbe mai esplicitamente  a Giada”
“si può fare” sorrisi.
Mi piaceva l’appartamentino dei suoi,la biblioteca di suo padre con libri tecnici,soprattutto e dischi di vinile accuratamente conservati e catalogati che svariavano dalla musica classica a quella moderna sincopata. Sedemmo ad ascoltarne uno,chiamai Giada  che non rispose,andai in cucina e la scopersi a confidarsi,con qualche lacrimuccia, a sua madre, fra le dita fini il lungo calice  di pinot;questa scena mi colpì e preferii tornare  alla rarità discografica che stavamo ascoltando e dissi: “cose di donne,meglio non interromperle”
“ah,certo” concordò il brav’uomo.ci abbandonammo a quella melodia fino all’ora di pranzo. Giada quando ci raggiunse a tavola non presentava traccia di pianto.La tradizione domenicale di quella casa comprendeva lasagne con funghi e besciamella,al solito suo padre mi versò “un dito” di vinello giovane rosso e frizzante ed io  al solito,fra mille complimenti,declinai. Giada sorrise “non riuscirai mai ad indurlo in tentazione”
“poco male,noi beviamo” disse l’uomo. Il pranzo andò avanti con un arrosto di vitello,specialità materna,mai troppo asciutto,mai al sangue,per quello non c’erano complimenti:era buono e ne ebbi più fette,così come per i fagiolini di campagna. Lodai moderatamente la madre:Giada mi sorvegliava,lo sentivo, e ogni plauso poteva essere interpretato come un sarcasmo verso di lei che alla seconda  serata che trascorremmo assieme aveva detto “io non so fare due uova al tegamino,quindi non aspettarti di vedermi spentolare in cucina” la cosa mi fece ridere,perchè per me cucinare e scrivere sono due territori da esplorare,sempre diversi e infiniti. Se non altro lei leggeva criticamente i miei dattiloscritti e il suo punto di vista mi era prezioso; molti affinamenti li devo proprio a Giada e alle sue osservazioni precise ed acute.
Il pranzo  si concluse con un buon caffé di moka e seguii suo padre in balcone ove fumammo  uno dei suoi sigari; malgrado ci fosse un bel sole faceva ancora freddo e non ci sedemmo.Lui esordì “allora le cose non vanno molto bene,vero? inutile negarlo. Rimasi in silenzi e lui continuò “Giada  non ha un  carattere semplice,sin da bambina era indipendente,aveva gusti personali e se pur non era discola,erano  guai a contrariarla. Io avevo un canale di comunicazione  privilegiato con lei e sua madre mi chiamava in caso d’emergenza,quando aveva esaurito le risorse e io riuscivo sempre a ragionare con l’imbronciata Giada. Poi,naturalmente, l’adolescenza ha rimescolato le carte,Giada da sempre sveglia e giudiziosetta non ci diede mai alcuna preoccupazione,però con me la confidenza finì,ma è un fatto naturale,ma se crede potrei tentare di..”
“di?” sorrisi e lui concluse “di capire cosa non va”.
Alzai le spalle,in fondo era una chance. Lui continuò “oggi a tavola continuavate a guardarvi a momenti alterni,come se vi voleste dire qualcosa ma non osaste,ognuno con i propri tempi: sembravate solo fuori  sincronia. Mi è dispiaciuto,davvero,sento che vi volete bene,che vi amate,che vi aspettate ancora moltissimo l’uno dall’altra,ma è come se aveste dimenticato le parole per dirvelo.”
“può essere.” ammisi io. Stemmo un po’ in silenzio poi finimmo il sigaro e rientrammo. La madre rigovernava e Giada era in soggiorno sfogliando una rivista,il paradosso era che io sembravo più a mio agio in quella casa di lei,che pareva invece annoiarsi. Le tesi le mani e lei depose la rivista  e si sollevò per abbracciarmi,ci stringemmo e contemporaneamente cercammo le nostre labbra,dialogammo a lungo calmi finché l’emozione prese a salire allora smettemmo entrambi con il respiro affrettato,lei mi guardava addolcita,almeno finché sua madre apparve sulla soglia “oh,scusate!”
“non c’è di che” sorrise allegra Giada. Sua madre,un po’ imbarazzata disse “noi si esce..voi cosa volete fare?..” Giada allora si rivolse a me:“ tu che dici?”
“non so” sospirai;lei tradusse sempre  allegra “pare che voglia rimanere”.
Così i due genitori uscirono e noi rimanemmo soli,ma  sentimmo che il   momento di comunione era trascorso e la magia sembrava perduta. Tentai con il discorso delle vacanze “ti va di passare qualche dì con loro?” Giada rispose partendo da lontano “tu sei l’unico a trovarti realmente a tuo agio con i miei;ti vedevo prima con mio padre,ascoltavate la stessa musica..tu realmente sembri appartenere alla loro generazione che alla mia,gradite gli stessi cibi,anche il fatto di non bere,che avrebbe scandalizzato mio padre,sembra naturale,lui ti versa due ditanel bicchiere,tu non lo bevi,e siete contenti tutti e due; chiacchierare e fumare  sul balcone poi...non lo faceva mai nessuno dei miei ex fidanzati..”

 

“Allora la risposta è no”
lei rise “se partiste assieme senza di me?”
risi anch’io “e tu?”
“bhò,non so,andrei in piscina tutti i giorni”
“senti,ci penseremo”
“va bene”
rimanemmo in silenzio,lei sospirò “vorresti lasciarmi?”
“no”
“non sono la più adatta per te,lo sento,cerco di entrare nel tuo mondo ma è troppo complicato per me,viviamo su piani diversi”
“mi basta stringerti sul ballatoio”
lei rise e si divincolò “non mi avrai mai!” capii che era un gioco,la inseguii e la raggiunsi in cucina, riprendemmo il bacio e la strada verso il divano,cominciai tentando di sfilarle la gonna e questo fu facile,lei mi aiutò,via la bella gonna,via le calze,via le mutandine e cominciai a baciarle la pelle  intorno al pube fino a scendere nel folto a scandagliare con la lingua zone forse troppo sensibili,difatti Giada che  mi guardava divertita e sorridente e sollevava il bacino verso le mie labbra si ritrasse “oh no,no,ti prego..” non capivo questa riluttanza,la volevo eccitare e far godere: perchè mai si voleva sottrarre? Continuò a implorarmi e a muoversi finché le mie lappate la indebolirono e allora presi a succhiarla là dove il cappuccetto proteggeva la sua gemma sensibile;ora ansimava e mi afferrava per i capelli,si agitava sotto di me,ma non erano più movimenti volontari,alzai gli occhi e la vidi scarmigliata drammaticamente rossa in volto e quasi irriconoscibile nella sua espressione tesa;impavido tornai a succhiarla bevendo dei  secreti che gocciolavano copiosi dalla sua vulva finché gli ansiti divennero grida di albatros e i sussulti quasi mi  buttavano indietro,ma io la sospinsi sul divano penetrandola per recuperare il mio piacere rimandato,mi sfogai rapidissimo grugnendo e quando mi fermai esaurito,mi ritrovai a guardare i suoi occhi placidi e l’ombra di un vago rimprovero di quelli che si danno ad un bimbo amato ma troppo vivace. “Lasciami andare” disse lei quando recuperammo il fiato e la coscienza. Giada prese la sua biancheria e andò in bagno per orinare e sciacquarsi e rivestirsi ed io mi sprofondai in poltrona leggendo la monografia di una potente locomotiva.
“andiamo” disse lei completamente rivestita.
Fu sufficiente riaccostare la porta,ma il senso di sonnolenza post-coitale non mi abbandonava nemmeno con l’aria fredda di tramontana di quella domenica pomeriggio,anzi,volli fermarmi per bere un altro caffé  mentre lei attendeva paziente.
Una volta a casa decisi di mettermi a scrivere,sedetti al mio tavolino,accesi la radio su un programma di musica classica,ma le idee venivano a piccole dosi e tirai pigramente le sette quando smisi e spensi la radio e riposi le mie cartelle. Mi accorsi subito che la casa era deserta e le luci spente e nel quasi buio della prima sera attraversai l’appartamento senza preoccuparmi troppo: Giada poteva essere scesa dalla vicina,conosceva più gente lei di me che abitavo in quel casamento da sette anni; cambiai l’aria aprendo una finestra e osservando parte del cortile acciottolato,parte della strada dietro la casa,parte della distesa dei tetti della città,fra le piccole luci che andavano punteggiandola. Dopo questa visione serenatrice uscii e scesi fino al bar tabacchi all’angolo della via dove si apriva la piazza, presi una birra e   una scatola di sigarette,mi sedetti in un angolo e scambiai due chiacchiere con un anziano bevendo la birra gelata e fumandone una.
La gente rientrava,per le scale si sentiva odore di minestra,ma a casa ancora nessuno. Questo non era da Giada e,sforzandomi di tenere lontano un principio d’ansia,sedetti a leggere in soggiorno;era  tempo del consueto radiodramma festivo,ma proprio non avevo voglia di ascoltarlo. Il tempo trascorreva lentissimo e scoccavano le nove al campanile quando mi decisi a chiamare al telefono i suoi,ma mentre componevo il numero qualcuno tentò la serratura della porta. Schiusi e me la trovai davanti,vagamente sorridente,vagamente in colpa.”E?” le chiesi
“Fammi entrare”
“Scusa” dissi spostandomi. Passandomi vicino cercai di intuire dove potesse essere andata,ma sapeva solo di città e tabacco e non osavo approfondire. Così rimasi in soggiorno e non so descrivere quanto mi sentissi sollevato,la sentii in camera mentre riponeva il tailleur,la sentii mentre apriva i rubinetti per riempire la vasca;solo allora andai per  interrogarla,mentre,nuda,disponeva il pigiama che avrebbe indossato dopo il bagno “ma senti” esordii
“devo fare il bagno”
“lo so” poi,ispirato,dissi “sei bella.” finalmente sollevò il viso sorridente “grazie”
Rimasi con i miei dubbi fino all’ora di andare  a dormire;la vita continuava,dopotutto,e l’indomani,lunedì avrei dovuto come sempre recarmi al lavoro; ci coricammo in silenzio,verificai la sveglia,mi distesi sul fianco  ela cercai,Giada rispose al mio abbraccio e ci addormentammo uniti.

 
 
 
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