Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianzeMessaggi del 17/01/2009
MATERIA EVOLUZIONE SPERANZA
Pensando al Duemila….
(sintesi della relazione tenuta dal Prof. Lucio Lombardo Radice al Convegno tenutosi a Firenze, presso l’Istituto Stensen, in occasione del centenario della nascita di Pierre Teilhard de Chardin s.j. , il 25 aprile 1981)
La planetizzazione di tutti i problemi è motivo fondamentale, continuamente ricorrente, del pensiero di Teilhard de Chardin; si può ben dire per quaranta anni dagli scritti che precedono la prima guerra mondiale, fino agli ultimi. C’è, innanzitutto, la constatazione della “planetizzazione come fatto: il più semplice e modesto contadino, isolato in campagna”, non può ormai più vivere senza “ tenere conto, e preoccuparsi ad ogni istante, di New York, di Mosca o della Cina”. Ma c’è anche la planetizzazione come problema, e come problema nuovo, inedito, di qualità diversa da tutti i precedenti. Infatti, “l’umanità sembra arrivata al suo punto critico di socializzazione”, perché le scelte che fa oggi l’uomo hanno ripercussioni su “miriadi di esseri viventi”.
Di più, Teilhard prende in considerazione tutti i possibili sbocchi del processo di planetizzazione, dal catastrofico “suicidio” al “prodigioso avvenire umano”. Ora, mentre la consapevolezza della “globalità dei problemi” è andata aumentando dopo la morte di Teilhartd, del tutto insufficiente appare l’impegno prospettico, ideale, teorico della cultura nei loro confronti. Ad un catastrofismo ecologico occidentale talvolta oratorio (Roger Garaudy nell’ultimo suo, per molti aspetti valido, “Appello ai viventi”), tra l’altro fondato su calcoli privi di dialettica, si contrappone un perdurante ottimismo tecnologico da parte dei più autorevoli futurologi sovietici (si legga “Identikit del 2000” di Eduard Arab Ogl) . La sinistra marxista non dogmatica tedesca ha compiuto la elaborazione più importante: Robert Havemann, ma specialmente Rudolph Bahro hanno correttamente posto il problema di nuove grandi ipotesi di sviluppo non consumistico della economia, e quello di un nuovo blocco storico capace di creare tale nuovo orientamento (interessante notare che la richiesta di una nuova politica di fronte ai rischi di catastrofi ecologiche viene in Germania anche dal moderato Gruhl).
Tuttavia la crescente incapacità tanto di egemonia quanto di collaborazione costruttiva delle massime potenze mondiali, la riduzione, a livello della coscienza delle masse, degli incombenti problemi planetari a miti, a semplificazioni (energia atomica si o no); la crisi dell’internazionalismo operaio e democratico; il riemergere e l’esplodere di culture oppresse o dimenticate in forme “fanatiche” –tutto questo intreccio di fenomeni impone un salto di qualità dell’interesse degli intellettuali-politici e dei politici-intellettuali nei confronti dei problemi globali, planetari. L’attualità del pensiero di Teilhard. Sulla planetizzazione non è, e non può essere, di contenuti; sta nel suo orientamento generale. Potremmo riassumerlo
così: “ convergenza verso una unità sempre più piena nel perdurante pluralismo delle culture”.
Dopo i tre grandi periodi della evoluzione naturale, della ominizzazione, della umanizzazione, il “processo biologico attualmente in corso consiste nella elaborazione di una coscienza umana collettiva”. Una nuova evoluzione, che è insieme in avanti e verso l’alto: una “marcia verso l’improbabile”, verso il sempre più organizzato, e quindi contro la tendenza del mondo lasciato a se stesso verso un disordine crescente.
Questa idea grandiosa della “convergenza planetaria di diversi” che tali restano, in una “terra che si contrae a vista d’occhio”, ha come retroterra personale il “vissuto” di Teilhard de Chardin in diversi Continenti, a contatto con le diverse grandi religioni e civiltà, la sua esperienza di fede cristiana aperta alle idealità del socialismo e al movimento operaio
Di più, la ispirazione del gesuita scienziato è di fede cristiana, L’avvenire terrestre nei secoli futuri è il compimento di Cristo, del Cristo Evolutore e Redentore insieme.
Il “linguaggio” di Teilhard de Chardin, spesso carico di neologismi di stampo mistico, o di teismo animistico, ha respinto e respinge molti liberi pensatori che pur potrebbero trovare alimento importante alle loro elaborazioni, del tutto “laiche”, nella “sostanza” della visione del mondo del gesuita francese. (Abbastanza tipico l’atteggiamento di Jacques Monod, colpito dalla “mancanza di rigore e di austerità intellettuale” di Teilhard).
Mi pare che si debba invitare i liberi pensatori che rimangono infastiditi da una ispirazione di fede a ricordare le parole di Giovanni XXIII nella “Pacem in Terris che esortava a cercare importanti verità dentro l’involucro di false filosofie.
L’umanista ateo moderno rimane impoverito se esclude i testi di Teilhard dai libri che lo formano, lo orientano, talvolta lo guidano. A tanti atei che si proclamano umanisti,, e che tali si sforzano di essere, possono essere d’esempio i molti, i moltissimi umanisti cristiani che non hanno esitato a far entrare nel loro patrimonio culturale, politico, etico, l’ateo Karl Marx, non certo in quanto ateo, ma, perché, pur partendo da una ispirazione atea, aveva scoperto verità importanti per tutti.
Teilhard de Chardin non deve appartenere solo al pensiero cristiano innovatore e progressista; la sua esperienza di una evoluzione verso l’alto, di una umanità convergente pur nella sua irriducibile diversità, può e deve essere un’idea-forza anche di chi non crede al Regno, al punto Omega.
LUCIO LOMBARDO RADICE
(sintesi pubblicata sull’Unità del 28 aprile 1981)
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)