Teilhard de Chardin
Incontro con Teilhard de Chardin attraverso varie testimonianzeMessaggi del 26/01/2009
…E PENSANDO AL RISCHIO DI UN NUOVO MEDIO EVO
La più grande sintesi romantica tentata dopo Hegel non può trovarsi di casa in un paesaggio culturale come il nostro, dominato dallo scompaginamento delle competenze, dal gusto micrologico e dall’imperialismo del pensiero negativo . Penso, allora, che ci vorrà un forte contro movimento perché si possa ristabilire il valore del pensiero teilhardiano.
Sulla soglia di “Comment je crois” Teilhard ha esposto un paradosso che esprime la posizione iniziale del suo cammino teorico. E lo ha fatto con parole volutamente agghiaccianti per un credente, tanto che, falsamente bloccato sul frammento, un anonimo commentatore del Monitum del 1962 si augurava offeso e sdegnato che parole come queste non fossero state mai scritte. Parole come queste:” Se in seguito ad uno sconvolgimento interiore, venissi a perdere successivamente la mia fede a Cristo, la mia fede in un Dio personale, la mia fede nello Spirito, mi sembra che continuerei invincibilmente a “credere nel Mondo””.
Eppure, sono parole oneste per chi ha richiamato la cultura dalle false alture spiritualistiche alle fertili pianure della terra, o, fuori della metafora kantiana, ha sfatato l’equazione ideologica che considerazione della materia è uguale a materialismo meccanicistico; e sono parole oneste per chi, in forza della assunzione bergsoniana della durata, ben altrimenti infinita dello spazio, che tanto impressionava Pascal ha potuto mettere in atto un pensiero che gli ha permesso di conciliare questo senso e questa fedeltà all’uomo e alla terra con altrettanto acceso, e non solo biograficamente, senso del divino.
Il termine della evoluzione è detto da Teilhard con l’espressione Cristo universale. Cristo universale, non solo perché tale da poter esser capito da tutti e tutti abbracciare, visto che si pone a quel vertice del mondo, cui tutti possono consentire, anche se ha individualità storica e carnale, come quella testimoniata dai vangeli, ma è detto Cristo universale perché capace di assorbire le istanze centrali delle varie religioni, comprese quelle degli umanesimi occidentali, a cominciare dal marxismo, cui Teilhard dedica attenzioni particolari:
Cristo non è posto come segno critico come segno di divisione tra uomini e no, tra religione e religione, ma, pur rispettando la dignità e la specificità delle culture, si pone per tutti come segno di progressiva fraternità e di reciproca comprensione. Si, perché l’errore, il male, l’incompiutezza, lo smarrimento non sono per Teilhard un mero fatto di volontà che si nega alla luce, ma sono il penoso frutto della incompiutezza evolutiva, che non ha ancora tracimato compiutamente quello che, solo alla fine, avrà la nettezza della luce.
Ci resta da dire del segno pratico, che pone in termini di dovere la visione teoretica. E’ un appello alla ragione vero termine medio e illuminato della comunicazione umana e vero strumento del camminare eretti, entrambe cose in cui si configura l’apparizione sostanziale della moralità. E’ anche un messaggio molto attuale, ora che lo scialo di morte sembra aver imbarbarito l’uomo e la chiusura del millennio sembra avvenire tra bagliori irrazionalistici o dei carismatici esaltati o degli idolatri consumati nelle pieghe tutto senso della privatezza. Anche questo va scritto nel capitolo ormai ampio di Teilhard “vivant”
Lo dico questo messaggio con le parole stesse di Teilhard, che mi paiono belle e forti. “L’uomo possiede un regola biologica e morale assolutamente sicura, quella di dirigere costantemente se stesso verso “la più grande coscienza””. In altri termini un criterio assoluto di valutazione nei nostri giudizi dev’essere questo: “E’ meglio, qualunque ne sia il prezzo, essere più coscienti che meno coscienti. Questo principio mi sembra la condizione stessa dell’esistenza del mondo. E tuttavia, di fatto, molta gente lo contesta, esplicitamente o implicitamente, senza dubitare dell’enormità della loro negazione” Una enormità che ben conoscono, come fu per Pierre Teilhard de Chardin, tutti coloro che lavorano insonnemente per far arretrare le barriere della immediatezza naturale, per allargare i campi della ragionevolezza e della riserva critica, e soprattutto lavorano per il confronto e per la crescita delle culture, convinti che il mondo non è diviso in due parti.
Don ITALO MANCINI
(da L’Unità 28 aprile 1981)
(N.d.r. E’ il sunto pubblicato dal quotidiano L’Unità della relazione introduttiva di Don Italo Mancini: Teilhard vivant al Convegno tenuto a Firenze il 25 aprile 1981.
Gli atti del Convegno sono stati pubblicati da Borla, il volumetto è oggi pressoché introvabile,. Giovanni Fois)
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" La verità non è asltro che las coerenza totale dell'Universo in rapporto ad ogni suo punto. Perchè dovremmo mai avere in sospetto o sottovalutare tale coerenza, per il solo fatto che siamo noi stessi gli osservatori? Si continua ad opporre una certa illusione antropocentrica a una certa realtà obiettiva. E' una distinzione illusoria. La verità dell'Uomo è la verità dell'Universo per l'Uomo, cioè sempliceemente, la Verità "
"...Si potrebbe dire che oggi, come ai tempi di Galileo, ciò che più occorre per percepire la Convergenza dell'Universo, non è tanto la scoperta di fatti nuovi (ne siamo accerchiati, da restarne accecati) quanto un modo nuovo di guardare e accettare i fatti.
Un nuovo modo di vedere, connesso con un nuovo modo di agire: ecco ciò di cui abbiamo bisogno... Dobbiamo prendere posizione e metterci all'opera, presto-subito " (La Convergence de l'Univers,23 luglio 1951)
" ...Sento, come chiunque altro, quanto sia grave per l'Umanità il momento che stiamo attraversando... E tuttavia un istinto, che si è sviluppato al contatto con il grande Passato della Vita, mi dice che la salvezza per noi è nella direzione stessa del pericolo che ci spaventa tanto... Come viaggiatori presi nel flusso di una corrente, vorremmo tornare indietro. Manovra impossibile e fatale. La nostra salvezza è più in là, oltre le rapide. Nessun ripiegamento. Ma una mano sicura al timone, e una buona bussola..." ( Esquisse d'un Universe personnel, 4 maggio 1936)
Di colui che pronuncerà queste parole nell'Aeropago, ci si burlerà come d'un sognatore e lo si condannerà. "Il senso comune lo vede, e la scienza lo verifica: nulla si muove", dirà un primo Saggio. "La filosofia lo decide: nulla può muoversi", dirà un secondo Saggio. "La religione lo proibisce: nulla si muova", dirà un terzo Saggio. Trascurando questo triplice verdetto, "colui che ha visto" lascerà la piazza pubblica, e tornerà nel seno della Natura ferma e profonda. Là, immergendo lo sguardo nell'immensa ramificazione che lo sorregge e i cui rami si perdono molto lontano al di sotto di lui, in mezzo all'oscuro Passato, egli colmerà ancora una volta la sua anima della contemplazione e del sentimento d'un moto unanime e ostinato, inscritto nella successione degli strati morti e nella distribuzione attuale di tutti i viventi. -Volgendo allora lo sguardo al di sopra di lui, verso gli spazi preparati per le nuove creazioni, egli si consacreà corpo e ed anima, con fede rinsaldata, a un Progresso che trascina e spazza via persino coloro che non ne vogliono sapere. E, con tutto il suo essre fremente di ardonre religioso, lascerà salire alle proprie labbra, verso il Cristo già risorto ma ancora imprevedibilmente grande, questa invocazione, sommo omaggio di fede e d'adorazione: "Deo ignoto" [Al Dio ignoto] (L'avenir de l'homme, note sur le Progrès, 10 agosto 1920, Le Seuil, pp. 35-37)
" Adesso che, attraverso tutte le vie dell'esperienza, l'Universo comincia a crescere fantasticamente ai nostri occhi è ceramente giunta l'ora per il Cristianesimo di destarsi ad una consapevolezza precisa di ciò che il dogma dell'Universalità di Cristo, trasposto in quelle nuove dimensioni, suscita di speranze pur sollevando al tempo stesso certe difficoltà.
Speranze, certo, poichè, se il Mondo diventa così formidabilemte vasto e potente, vuol dire che il Cristo è ancor ben più grande di quanto noi pensassimo.
Ma le difficoltà, poichè, alla fin fine, come concepire che il Cristo s'"immensifichi" secondo le esigenze del nostro nuovo Spazio-Tempo senza simultaneamente, perdere la sua personalità adorabile e, in qualche modo, volatilizzarsi?
Ed è qui che risplende la stupenda e liberatrice armonia tra una religione di tipo cristico e un'Evoluzione di tipo convergente (Le Cristique, 1955)
" Nel Cuore della Materia.
Un Cuore del Mondo,
Il Cuore d' un Dio"
(da Le Coeur de laMatiere, 30 ottobre 1950)