Creato da ciacii il 17/10/2007

La Ciaci

Le storie della Ciaci

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ANGELO

 

RESPIRO

Respiro la vita attraverso i tuoi occhi.
Bacio il tuo  cuore sulle tue labbra.
Vedo i colori del cielo con le tue mani.
Riposo sereno sul tuo seno.
Sento il mio amore con i tuoi occhi.
Amo la forza della tua vita
che mi fa vivere.
Dentro te.

(Guidopardo1)

 

TRUCCO

 
 

STUPIDA

Che stupida che sei
tu non impari mai
il tuo equilibrio è un posto
che tu passi e te ne vai
e più stupida di te
sappi non ne troverai

quelle tue paure inutili
non finiranno…
Ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
che parli ad uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
tu non farai mai niente
sei una persona tra la gente ma
la gente mente sempre
imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei.
Che stupida che sei
che non ti sprechi mai
le tue poesie sono coriandoli
che non seminerai.
Se poi per ironia
prendessi quota
partendo da un palazzo punteresti in alto
ma che stupida che sei
stupida un’altra volta
nuda di fronte a uno specchio
e mai alla persona giusta
e da stupida che sei
fai pure finta di niente
lui si riveste soddisfatto
e intanto sai che mente
sempre imparare da sempre
camminare da sempre
e non capirai niente
hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei
stupida
stupida…
Hai sbagliato da sempre
ed è inutile adesso
che ti guardi a uno specchio che non sa chi sei
a uno specchio che non sa chi sei…
una stupida.

 

COMMENTI

Post nr. 33: l'ultimo incontro

E' veramente notevole e viva la tua capacità di raccontare per sensazioni. Sicuramente tra le migliori cose che ho letto in giro per blog negli ultimi mesi

il_ramo_rubato

 

QUANTI SIAMO?

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...

Ogni medaglia ha sempre due facce, quella principale con il decoro e quant'altro e quella con la semplice scritta dell'evento. Noi ogni volta che guardiamo la medaglia ci fermiamo solo su quello che ci piace, ovvero solo sul decoro o solo sulla scritta. Spesso dimentichiamo che quella medaglia va oltre il decoro e l'evento. Quella medaglia quando ci è stata consegnata ci ha dato gioia. 

(Santiago2008)

 

ATTRICE DI IERI

camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti

"tu muori se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori"

ma non una parola chiarì i miei pensieri

continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri

(Battisti)

 

OHHH

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Messaggi di Gennaio 2008

L'obitorio o l'archivio nel mio cuore

Post n°38 pubblicato il 25 Gennaio 2008 da ciacii

 
Il passato è passato e tutto ciò che è tremenda sofferenza, viene archiviato... va in obitorio nel mio cuore.
Tutto schedato, per poter ritrovare chiunque.
Ma alcune persone, alle quali sono legate le sofferenze maggiori, sono state sepolte.
Non una lacrima ai loro funerali.
Anche i ricordi piacevoli, nelle loro belle cartellette, sono stati sepolti.
A disposizione, sono stati lasciati solo alcuni ricordi brutti, ricordi che fanno male. Ricordi che non voglio di proposito ricordare.
Ma che a volte mi servono per andare avanti.
Li lascio, di proposito, in archivio....
Ma ieri, conversando con un amico, questi ha nominato, tra le tante sofferenze, una malattia. Ahimè diffusa.
Questa malattia, nel mio cuore, nella mia testa, è associata ad una persona ed è associata ad un periodo particolare della mia vita.
La fine della spensieratezza. L'inizio della consapevolezza del dolore, della sofferenza e della crudeltà... La voglia di fuga dalla realtà.
La mia reale fuga durata mesi (ma questa è un'altra storia).
E soprattutto la nascita del metodo di archiviazione nel mio cuore.
 
Credo che si chiamasse Laura.
Pazzesco... anche qui i ricordi fanno cilecca: non riesco a ricordarmi il suo nome....
L'ho conosciuta in seconda media.
Ero appena entrata in quella classe, con quei compagni e quelle compagne.
Tutto e tutti nuovi. Tutti odiosi.
Non era bella, ma piaceva, perchè era forte. Marchigiana di origine.
Una ragazzina che sprizzava energia da tutti i pori: nel modo di parlare, di muoversi, di camminare.
Di una simpatia spiazzante.
Di un'intelligenza pazzesca.
Sempre in movimento, sempre con la voglia smodata di conoscere, di sapere.
Mi sentivo niente confronto a lei.
Io non avevo niente. Nè intelligenza, nè forza, nè doti.
Non ero neppure simpatica, visto che parlavo poco.
La ammiravo e mi sono anche ritrovata ad invidiarla alcune volte.
Invidiavo la sua capacità di saper fare tutto, apparentemente senza il minimo sforzo.
Non eravamo amiche.
O meglio, lei era la mia amica, ma io non ero la sua amica. La sua amica era la Raffaella.
Io ero arrivata dopo. Questa cosa mi dava enorme dispiacere. Sapevo che non avrei mai conquistato il posto di Raffaella, nel suo cuore.
 
Era gennaio.
Mi aveva detto di non essere stata bene durante le vacanze di Natale.
Eh le malattie di stagione.
Siamo in classe. La Raffaella è a casa con l'influenza. Ero contenta perchè potevo starle seduta nel banco vicino.
Siedevamo sulla destra, nei banchi in fondo.
La professoressa parla. Io scarabocchio sul quaderno, prestando attenzione con mezzo orecchio. Tanto c'è lei, che poi mi aiuta a preparare la lezione.
D'improvviso sento la sua mano stringermi la coscia.
Sembrava volesse spappolarmela.
Mi giro la guardo e con gli occhi le chiedo che c'è.
Mi dice fra i denti: "Ho un mal di pancia pazzaesco! Devo andare in bagno, mi sa che mi son venute le mie cose".
Le faccio cenno di andare... Chiede alla proff. ed esce dall'aula.
Rientra dopo qualche minuto.
Dalla faccia che ha, ho pensato subito che avesse azzeccato la sua previsione.
Mentre si siede, aggiustandosi la gonna, mi farfuglia un "niente di fatto".
Meglio.
Non passano neanche dieci minuti che la sua mano agguanta la mia coscia nuovamente.
Mi giro, la guardo, con l'altra mano e l'avambraccio si schiaccia il ventre.
Le sue labbra si schiudono. Una smorfia di dolore le appare in viso.
Sgrano gli occhi. Le chiedo: "Che c'è???"
Mi risponde che ha dei dolori lancinanti al ventre.
Le dico di andare ancora in bagno. Di andare a bere un pò d'acqua.
Mi dice di aspettare ancora un attimo, magari passa.
E' successo tutto in un secondo, forse due.
Non pensavo che potesse succedere una cosa di una violenza tale.
Una violenza inaudita. Una crudeltà inspiegabile su quel corpicino di ragazzina di 13 anni.
Cosa si prova a sentir dolore?
Cosa si prova a non voler più sentir il dolore?
Sento ancora l'odore. Sento ancora il rumore. Sento ancora la paura.
Sento ancora il mio cuore imapzzito che mi ha paralizzata.
Toglie la mano dalla mia coscia e mi afferra la mano.
Ho sentito tutta la forza dirompente del suo dolore scaricarsi attraverso la
sua mano nella mia.
Un'ultima, fatale fitta di dolore.
Ho sentito le carni lacerarsi nel suo ventre.
Ripensandoci mi sembra di averne sentito anche il rumore.
Dopo la scarica di dolore, la sua mano si è fatta inaspettatamente debole, molle.
Priva di forze. Non sono riuscita a trattenerla.
E' successo tutto troppo in fretta.
Il tonfo.
E' caduta dalla sedia, lasciandomi impietrita.
Con il cuore che mi esplodeva nel petto, le orecchie che mi rimbombavano e l'aria che mi macava.
E' caduta dalla sedia, lasciando sotto di sè una pozza di sangue.
Sento ancora l'odore del suo sangue.
In un attimo gli sono stati tutti attorno.
E io sono rimasta in piedi, con il palmo della mano aperto, rivolto verso l'alto.
Guardavo la mia mano, lì c'era la sua mano, qualche secondo fa.
Solo qualche secondo fa, lì c'era la vita.
Lì c'era la mia amica, la mia maestra, la mia sorella, la mia mamma.
C'era lei, che tante volte mi aveva preso per mano.
E nel momento della massima sofferenza e dolore, lei ha cercato la mia mano.
Ma è durato solo un secondo, forse due.
Da quel giorno ho cominciato a archiviare.

 
 
 

Il desiderio di te

Post n°37 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii

Mi ricordo di quel giorno che ti ho aspettato.
Non avevamo modo di comunicare. Non avevamo il cellulare.
Non esisteva ancora.
Desideravamo vederci. Assolutamente e appena possibile.
Così tu mi hai detto che saresti venuto a trovarmi e io ti aspettavo.
Ti ho aspettato, desiderandoti come non mai.
Strano come il desiderio ci mandi in confusione.
Nebbia nella testa. I pensieri che si fondono con i sogni, le aspettative, l'amore immaginato, le immagini dell'amore.
Ti sto aspettando.
Passano le ore, i minuti e il mio desiderio di averti vicino, cresce in modo esponenziale.
Sto percorrendo la strada di casa con passi veloci.
Devo fare presto. Tu stai per arrivare.
La fantasia corre, veloce, la passione cresce, il desiderio arde, il cuore batte forte e la testa gira. Gira così forte che ti ho visto.
Ti vedo.
Eccoti finalmente. Ti nascondi dietro l'angolo di quel palazzo.
Sei dietro gli angoli di ogni palazzo.
Cammino e ti riconosco in tutti gli uomini che incontro.
Ma io non ti ho mai visto.
Eppure ti vedo. Ora sei il ragazzo che esce da scuola, con lo zaino sulle spalle. Faccio fatica e convincermi che non puoi essere lui, avrà 15 anni, invece tu sei un uomo, un giovane uomo.
Eccoti finalmente. Sto arrivando. Ti raggiungo.
Mi stai aspettando tu. Sugli scalini, davanti al portone di casa mia.
Giro l'angolo, guardo gli scalini. Vuoti. Il vuoto. Eppure...
Ma eccoti, ti sento.
Apro il portone, percorro il corridoio. Guardo dietro il muro. Sei lì seduto sulle scale. Jeans, anfibi, felpa grigia. Tieni le mani nel tascone davanti e il cappuccio in testa, che ti copre quasi anche gli occhi. Mi fermo. Ti guardo. Alzi la testa, mi guardi e sorridi. Il tuo è un sorriso dolce, tenero e compiaciuto per essere riuscito a sorprendermi.
Ora resti immobile.
Sembra tu voglia fermare il tempo, per fare entrare in tutta me stessa quell'immagine di te seduto sugli scalini, che mi guardi.
Ti alzi lentamente, mi accarezzi il viso col dorso della mano. Tieni lo sguardo abbassato.
Chiudo gli occhi per qualche secondo. Mi gusto il calore della tua mano. Ti desidero intensamente.
Improvvisamente torno in me e riapro gli occhi.
Sei svanito. Eppure c'eri. Eri lì.
Salgo le scale di corsa. Tre piani sono tanti da fare di corsa.
Arrivo al pianerottolo. Mi fermo, non giro l'angolo per avvicinarmi alla mia porta.
Percepisco la tua presenza. Eccoti di nuovo. Sei al piano di sopra, davanti alla porta del solaio. Alzo la testa di scatto e salgo le scale con affanno.
Ma a metà rampa mi accorgo che non sei lì.
Scendo con foga, giro l'angolo.
Eccoti, sei davanti alla porta. Allora sei qui!
Ah, birbante. Mi hai fatto uno scherzo! Ti guardo e ti sorrido. Mi sorridi.
Apro la porta. Entro. Entri.
Non una parola tra di noi. Mi tolgo la giacca, appoggio la borsa sul tavolino in corridoio.
I miei gesti sono i soliti di sempre, di tutti i giorni.
I tuoi? Che gesti fai tu di solito, tutti i giorni?
I tuoi gesti non li conosco. Li posso solo immaginare. No, forse neanche questo.
Ti togli il cappuccio dalla testa. Vai diritto verso la sala.
Ti sdrai sul divano a riposare. Io resto in cucina.
Non hai niente da dirmi? Ti desidero tanto, io.
Mi desideri, tu? Ma sì, aspettiamo. So aspettare. Sai aspettare.
Non si può normalizzare il non normale.
Ma adesso sono stanca. Voglio andare a letto. E' stata una giornata pesante.
Il traffico, il lavoro, le arrabbiature. Le attese, le aspettative, le corse.
Appena mi infilo sotto le coperte, sento il sangue scorrere nelle mie vene e un formicolio percorrere il mio corpo.
Lentamente, mi sto rilassando. Tutto è buio e tutto è silenzio intorno a me.
Improvvisamente ecco che ti sento.
Stai entrando nella mia stanza. Non fai rumore.
Anche se tu facessi rumore, non lo sentirei. Il mio cuore ora sta battendo così forte che le orecchie non sentono altro suono.
Le lenzuola si muovono. Stai entrano nel mio letto.
Sono immobile. Ho paura.Tremo.
Apro gli occhi, mi giro di scatto. Dove sei?
Ti sto cercando con le mani a tentoni, nel buio. Ti trovo. No tu trovi me, la mia mano.
La prendi, la porti verso la tua bocca e le tue labbra sfiorano le mie dita.
La tua mano scivola lentamente sul mio braccio fino ad arrivare alla spalla.
La stringi come per massaggiarla.
Sono impietrita. Gelida. Il cuore batte forte da rimbombare nelle orecchie. Ti sento.
Mi avvicini a te. Dolcemente. Le tua mani infondono calore al mio corpo gelido, rigido.
Non una parola. Mi stai riscaldando, mi stai massaggiando dolcemente la schiena.
Mi rilasso, mi sciolgo pian piano. Sto smettendo di tremare.
Non ho paura, sai?
Il tuo corpo è sempre più vicino al mio. Lo sento. Ti sento.
Mi stringi a te. Restiamo immobili a lungo, abbracciati.
Non una parola.
Dalle fessure delle persiane improvvisamente entra un bagliore.
Ti vedo. Vedo i tuoi occhi a pochi centimetri dai miei. I tuoi occhi verdi, di ghiaccio.
Ma non agghiaccianti. I tuoi occhi parlano. Mi fissi. Ti avvicini ulteriormente.
Sento il tuo respiro. Respiro il tuo respiro. Ansimo.
Tu no. Sento le tue labbra sfiorare le mie.
Labbra asciutte. Non una parola.
Sento le tue labbra schiudersi e un brivido mi corre lungo la schiena.
Stai per baciarmi. Riprendo a tremare. Sento il tuo abbraccio stringermi con vigore.
Trattengo il respiro. Sei così vicino a me. I nostri corpi si toccano.
Tutto di noi è in contatto.
Ti accarezzo il volto, passo la mano tra i tuoi capelli e in un attimo, un secondo, la passione ci travolge come un fiume in piena.
Il tempo riprende a scorrere, ora sembra quasi che stia correndo.
Tutto corre e scorre, tra di noi.
Non una parola.
Siamo due corpi che si sono cercati, hanno aspettato a lungo, si sono desiderati intensamente, si sono trovati... e si stanno parlando, con un linguaggio delizioso, sublime.
Siamo due cuori che non si amano. Siamo due cuori che si desiderano, ma sanno,
senza parlare, che in qualche modo si appartengono. L'hanno sempre saputo.
Siamo due anime vagabonde. Due anime sempre in movimento. Due anime che cercano anime simili.
Due anime profonde che vedono e leggono anime.
Non ci servono le parole.
Ci fondiamo. Non siamo più io e te, siamo noi.
Un corpo, un anima e un cuore.
Pronti, consapevoli che questa unione rimarrà indissolubilmente
dentro di noi. Incancellabile. Unica.
Unica passione, unico desiderio, unico giorno, in cui il tempo, in modo surreale, si è fermato.
Ci ha aspettato.
Ci ha concesso solo un giorno.
Un giorno per soddisfare il desiderio...
Mi sono svegliata. Non ti vedo, sei svanito.
Ti sei svegliato. Non mi vedi, sono svanita.
Il nostro desiderio ci ha fatto aspettare, rincorrerci, trovarci, amarci, unirci per sempre e mai.

 
 
 

Davor

Post n°36 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Davor


Agosto 1985. Novaljia, Isola di Pag, ex Jugoslavia (ora Croazia)




Ci siamo trovati una sera dove abbiamo noi le nostre tende, in campeggio.
siamo in 10-12 ragazzi e ragazze seduti intorno ai nostri tavoliniSiamo tutti in vacanza.
Noi 5 ragazze italiane.
Loro 5-7 ragazzi jugoslavi, di Zagabria.
Si ride e si scherza. Beviamo mangiamo e fumiamo.
L'allegria regna tra di noi. Abbiamo tutti tra i 18 e i 22 anni.
Siamo uguali. A Zagabria si vive bene. Davor aveva persino uno stereo ultimo grido... e io no, avevo ancora la radio, col mangicassette pero'.
Siamo uguali. La vita e' nelle nostre mani. Abbiamo tutto:
siamo giovani, stiamo studiando tutti, e soprattutto abbiamo tutti, tanti ma tanti sogni.
Ora non ricordo bene chi e' saltato fuori con questa domanda, ma e' saltata fuori, tra una sigaretta e l'altra e tra un bicchiere di vino e l'altro.
"Tu cosa farai da grande?".
Il primo a rispondere e' Tomica (da leggersi Tomiza).
Parla con la bocca aperta e gli occhi sgranati, ha sul volto la soddisfazione infantile di aver preso la parola per primo, come se avesse vinto una gara: "voglio venire a lavorare in Italia!!! Li' siete capitalisti. Qui fa tutto schifo. Ma da voi no. E poi adoro le ragazze italiane!
Siete bellissime, more, occhi belli, grandi!!" Quasi si alza dalla sedia, tanto che e' preso dall'entusiasmo di decantare l'Italia. Gesticola vistosamente. A sorpresa aggiunge, avvicinandosi e guardandomi con dolcezza: "Proprio come te!!!".
Rimango di stucco. Eh, il timido Tomica, guarda un po' con cosa se ne esce.
Scoppiamo a ridere! Ora e' inevitabile prenderlo in giro. Aveva mimato Casanova...
Prende la parola Paco: "Io voglio rimanere nel mio paese, perche' amo il mio paese.
Voglio pero' trovare una brava moglie, fare tanti figli e avere un lavoro onesto. Credo che faro' il commercialista. Prima devo finire l'universita'!".
Jon, il Brad Pitt jugoslavo, prende parola. Stava quasi sdraiato sulla sedia. Con le gambe tese e i piedi incrociati. Lui e' splendido. Dice, con aria da bello-impossibile: "Io di sicuro vado in Italia a fare il fotomodello... Ho gia' fatto dei provini a Zagabria. Mi han detto che ho futuro".
Damir ride sempre. Sembra lui il capetto della combricola. Con aria da scazzato, dice: "Eh io sono gia' fotografo. Lavoro nel negozio di mio zio e gia' guadagno bene. Il mio sogno e' aprirmi un negozio tutto mio e fare servizi fotografici".
Noi siamo donne. E le donne parlano per ultime. Orribile sta cosa, ma a noi piace comunque sentire prima cosa dicono loro.
Parla il maiale. Non ricordo il suo nome. So che da subito l'abbiamo chiamato il maiale.
Va con tutte le ragazze in vacanza, mentre i suoi amici passano le serate a bere e a fare a botte, se capita.
Il maiale dice: "Voglio fare l'attore porno!!!" Risata gigantesca con tanto di sfotto' lungo 10 minuti!
Parla Damir2: "Gioco a basket. E sono in una liga buona. Voglio diventare un campione di basket".
Mi guardo intorno. Uno dei ragazzi e' troppo silenzioso. Abbozza sorrisi, ma sembra restio a parlare, interviene solo quando i suoi amici hanno difficolta' con la lingua inglese.
Io, da brava rompi-scatole, gli chiedo, guardandolo negli occhi: "E tu, Davor, cosa vuoi fare da grande?"
Alza lo sguardo, con aria schifata mi dice: "Niente, mi sparo un colpo in testa".
Silenzio.
Lo guardo con gli occhi di ghiaccio, come me li ha definiti proprio lui un giorno: "Perche' dici cosi'????? Sei giovane, hai tutta la vita davanti!!! Ma smettila!".
"Tu non puoi capire. Qui o emergi nello sport, o gli altri sono lavori di merda. Cosa pensi che guadagneranno loro, eh? E io per lo sport sono FINITO!"
"come finito?" gli chiedo timidamente.
"Ero una promessa dello sci... a 15 anni mi sono rotto tutte e due le ginocchia. hai presente? Sono stato fermo un anno. E  ora, basta sono tagliato fuori. Non ho sogni, non ho desideri, non sono e non saro' niente. Finito".
Non ho piu' avuto parole. Nessuna di noi.
Paco, con la sua freschezza, ci guarda e dice: "Ehhhh lui e' sempre cosi' pessimista, ma non e' un cattivo ragazzo... Scusatelo".
Davor si alza, chiede scusa piu' volte, dice di essere stanco... e se ne va.
Il cuore mi batte a mille. Non puo' un ragazzo cosi' bello, educato e colto non avere piu' neanche un motivo per vivere. Sicuramente ha esagerato a dire che si spara. Ma non ha senso. Deve trovare fiducia in se stesso.
La vita e' bella, lunga, siamo giovani, abbiamo il futuro a disposizione.
Possiamo avere il mondo nelle nostre mani. Possiamo ancora decidere tutto della nostra vita.
Davor, piccolo, perche' dici cosi'?
Ecco che e' scattata la molla dentro di me. Quel ragazzo mi piace da morire.
E mi piace proprio perche' a lui non piace nulla.

 
 
 

Andrea

Post n°35 pubblicato il 20 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Andrea

L'ho rivisto che avevo 25 o forse 26 anni. Erano almeno dieci anni che non lo vedevo.
Mia mamma e sua mamma si sono incontrate il giorno prima in centro a Monza.
Che caso. Il destino, forse.
Erano molto amiche, poi io e lui, i figli, abbiamo frequentato scuole diverse e cosi', si sono perse di vista. Ci siamo persi di vista.
Andrea ha la mia età. Lo conosco dalla prima elementare.
Un bambino sempre allegro, chiacchierone, sveglio, sempre in movimento, curioso.
Gli mancano 2 falangi del dito indice della mano destra.
A due anni sua mamma è andata a rispondere al telefono e ha lasciato lui e il tritacarne incustoditi. Da bravo bambino curioso ha imitato la mamma e cosi' ha voluto provare a tritare la carne. Ma non era carne di animale quella che ha tritato lui.
Voleva fare l'aviatore. Scartato. Per via delle 2 falangi che gli mancano, ma la sua passione per il volo era cosi' grande che si è comprato un deltaplano a motore.
Ci sono salita anch'io. Io odio volare. Eppure mi ritrovo frequentemente su aerei.
Ho volato piu' volte su elicotteri, una volta sul dirigibile della Goodyear e poi  anche sul deltaplano di Andrea. Tremavo. Lui, sadicamente, godeva.
E' stato il suo modo, innocente, per farmela pagare.
In quarta elementare si è rotto la gamba destra. 40 giorni di gesso.
Suo papà veniva a prenderlo una decina di minuti
prima che suonasse la campanella, cosi' lo portava fuori dalla scuola in braccio senza trovarsi centinaia di bambini urlanti in mezzo ai piedi.
Andrea si aggrappava alla porta con tutte e due le mani e gridava a squarciagola che non voleva uscire. Non voleva uscire se io non gli davo un bacino.
La maestra, quella stronza, per toglierselo dai piedi in fretta, mi chiamava con severità e mi obbligava, come fosse un compito da svolgere, ad andare da lui a dargli il bacino sulla guancia.
Cosi' lui, sempre urlando, ma di gioia, poteva cordialmente abbandonare l'aula.
Mi ricordo il senso di frustrazione, che mi pervadeva.
Mi sentivo usata e sfruttata. Non era giusto! Io non volevo baciare l'Andrea!
Ma dovevo farlo.
L'anno successivo, in quinta, si è rotto la gamba sinistra, altri 40 giorni di gesso e altri 40
giorni di torture per me.
La maestra mi aveva preso da parte e fatto capire che la mia era una specie di missione.
Io, cosi' facendo, dando il bacino sulla guancia all'Andrea, avrei salvato la classe, la scuola, Monza, il mondo intero.
E cosi' mi sono sentita importante, speciale.
E cosi' io e lui siamo diventati amici per la pelle.
Le nostre mamme sono diventate amiche per la pelle.
Ci si vedeva quasi tutti i pomeriggi. Giocavamo. Stavamo bene, andavamo d'accordo.
Alle medie non eravamo piu' in classe insieme e neppure frequentavamo la stessa scuola.
Io nel frattempo avevo cambiato casa.Veniva a trovarmi lo stesso 3 pomeriggi a settimana.
Ho cominciato a stufarmi in seconda media. Non avevo piu' molto da dirgli. Non sapevo piu' che giochi fare. Era tutto cosi' noioso. Lui pendeva dalle mie labbra. E io ero stufa di dover sempre decidere che gioco fare, dove andare, cosa studiare. Insomma, era un peso.
Ho cominciato a non volerlo piu' vedere con frequenza.
Cosi' hanno fatto anche le nostre mamme.
Una volta, o forse due, all'anno capitava che loro si sentissero o si incontrassero casualmente e cosi' riuscivo ad essere sempre aggiornata sulla sua vita.
Voleva fare il dentista e invece è diventato odontotecnico. Si è aperto uno studio.
E' un ragazzo in gamba.
"Ma ce l'ha la fidanzata?" chiedevo, da brava comare, a mia mamma. "No, sua mamma dice di no" mi rispondeva mia mamma.
A 24 anni, la Chiaretta decide di fare una cena riunendo i compagni di classe delle elementari.
Lo rivedo. Alto, non bello, non è cambiato molto. Con qualche capello in meno.
Ma è sempre squisito nei modi, è sempre allegro, è sempre vivace.
Mi sembra sempre uguale, come alle elementari.
Ci ritroviamo seduti vicini al tavolo e lui mi fa il terzo grado.
Con tutte le esperienze di vita che ho fatto, mi sentivo come una donna navigata.
Eh già, io ho vissuto all'estero, ho viaggiato, mica come voi monzesi che al massimo andate fino a milano a fare shopping.
Io e lui chiacchieriamo di tutto, discutiamo, ci prendiamo in giro, ridiamo come matti, ci divertiamo, insomma stiamo bene insieme, andiamo d'accordo.
Siamo amici.
E cosi' cominciamo ad uscire qualche sera. Mi viene a prendere e poi andiamo a raggiungere il resto della compagnia dei suoi amici. Gente per bene, benestanti, cattolici, colti, impegnati nel sociale. Gente a posto. Gente normale.
Mi guardo attorno. Non mi interessa nessun ragazzo della compagnia. Troppo regolari.
Non dico niente all'Andrea, di questa mia osservazione, e sinceramente non so neanche il perchè. Forse perche' anche lui, in fin dei conti, era uno di loro, uno come loro.
Andrea mi invita fuori a cena, andiamo nei locali a bere qualcosa, andiamo al cinema, alle mostre, a giocare a tennis, a pattinare. Insomma. Andiamo d'accordo e mi diverto un sacco.
Una sera siamo a cena a casa di Silvia.
Marco le chiede se Fabio è rientrato dal lago.
E chi è Fabio, mi chiedo...
"Torna sabato" risponde Silvia.
"Chi è Fabio, lo conosco?" chiedo io stupita.
"No, non credo che tu l'abbia mai visto. Sta studiando un casino per la tesi e cosi' non esce spesso, oltre al fatto che trascorre molto tempo alla casa che ha al lago" mi risponde Marco.
"Cosa sta studiando?" chiedo con interesse.
"E' quasi geologo. Ed è un pazzo scatenato. Fuori di testa proprio" aggiunge Marco con sarcasmo.
A me bastano a volte 2 parole per farmi accendere le lampadine dell'interesse.
Pazzo scatenato.
Sono stata con Fabio per quasi 3 anni. Ma di pazzo scatenato aveva ben poco.
Direi piuttosto che era un matto incosciente e infantile.
Quando ho cominciato ad uscire con Fabio, ho smesso di uscire con Andrea.
Non capiva. Non diceva niente. Si disperava e basta. E io non lo sapevo.
Soffriva in silenzio a casa, la notte, il giorno.
Il dolore per questo mio tradimento era immenso. Aveva persino smesso di mangiare, di uscire.
Non lo vedevamo piu' in compagnia. Ci chiedevamo perche' il nostro amico Andrea non uscisse piu'. Ho provato anche a chiamarlo. Sua mamma con scuse, di svariato tipo, me lo negava sempre.
Perchè il mio amico sta male?
Mi son chiesta se per caso fossi io il motivo, ma mi rispondevo sempre che non era possibile. Io e lui eravamo solo amici.
Purtroppo ci si abitua a tutto e cosi' ci siamo abituati, anche noi della campagnia, a non vederlo.
Dopo 2 anni, veniamo a sapere che si e' fidanzato!
Sono contentissima.
Cosi' in occasione di una cena a casa di Lorenzo, invitiamo anche Andrea e la sua fidanzata.
Carina.. davvero carina.
Il calore col quale ci salutiamo e abbracciamo, deve aver dato fastidio alla sua fidanzata.
Non ha piu' voluto deliziarci della sua presenza e pertanto neanche di quella di Andrea.
Il suo cuore traboccava di amore, un amore grande, la sua anima gridava il suo amore, gridava, ma come se non avesse la voce. E quell'amore non era per lei.
Quell'amore era per me. Ma io ero sorda. Non era lui muto.
Io e Fabio non andiamo piu' d'accordo.
Anzi no, voglio essere sincera. Mi sono stufata. Non lo amavo piu'.
Non mi aveva fatto niente. Ma era forse quella normalita', anzi peggio, direi banalita' che aveva assunto il nostro rapporto a farmi sentire prigioniera del nulla.
Prigioniera di un amore piccolo, di un futuro senza sogni, senza grandi ambizioni, di un presente fatto di routine noiose, di un fare l'amore squallido e colpevole.
Era giugno quando ci siamo lasciati.
A settembre compio gli anni. Decido di organizzare una festa a casa mia (dei miei) e cosi' invito gli amici e le amiche. Invito anche Andrea e Valentina.
Un giorno di settembre all'ora di pranzo dall'ufficio, chiamo Andrea al numero dello studio. Non c'e'. Gli lascio un messaggio in segreteria: SIETE invitati.
Rientro a casa alla sera. Mia mamma mi chiede agitata di dare un'occhiata alla nostra segreteria telefonica.
Ci sono 37 messaggi, non parlati.
37?? e chi è sto pazzo psicopatico??
Improvvisamente suona il telefono. Una voce femminile, che, con tono agitato e un'ansia fastidiosa, comincia a parlare senza prendere mai fiato: "Grazie dell'invito, ma io e Andrea non possiamo venire al tuo compleanno e mai ci verremo piu' dove ci sei tu!". Riattacca.
Rimango con la cornetta in mano e a bocca aperta.
Ecco il dettaglio. Ecco che qualche parola, di una donna ferita, che non ne puo' piu', ma che per amore resta fedele al suo uomo... vittima, non per scelta, di un amore impossibile, mi presenta la soluzione su un piatto d'argento.
Ecco il dettaglio illuminante.
All'improvviso mi è stato tutto chiaro.
Mi sento male. Mi mancano le forze. Quest'uomo mi ama.
Mi ama alla follia. Mi ama di un amore grande, puro e senza voce. Un amore che mai ho sentito.
Mai ho voluto sentire. Io ero sorda per la voce del suo cuore.
Invece mi è capitato di ascoltare spesso le voci di cuori che gridavano amore, non per me.
L'Ariosto diceva: sempre creduto fu, che'l miser suole, dar facile credenza a quel che vuole.
Già, me misera, me stupida. Ma come ho potuto non accorgermi di nulla.
In un momento ho ripercorso tutti gli anni, fin dalle elementari.
Io non dovevo salvare il mondo con i miei bacini. Io dovevo solo rendere felice l'Andrea.
Che strano che un bambino gia' a quell'eta' prova un amore grande, un amore fedele, appassionato,
pieno... che resta invariato, anzi che cresce cogli anni... un amore di una vita, un amore infinito.
Come ho potuto essere cosi' sorda?
Il suo amore mi ha sempre rispettata, non è mai stato invadente, insistente, a parte alle elementari.
Il suo amore mi aspetta da sempre.
Devo vederlo. Il giorno dopo mi presento in studio da lui.
Cosa cerco? Non lo so neanche io.
In realta' io non lo amo. Ma davanti ad un amore come il suo, val bene la pena di tentare.
Col tempo, magari, posso imparare ad amarlo.
Parliamo del piu' e del meno. Mi lucida un anello d'oro e finalmente mi chiede
perche' sono li'.
Gli chiedo come sta Valentina, e gli chiedo scusa.
"Non immaginavo" gli dico.
Si avvicina, mi prende le spalle, le stringe. Mi fissa negli occhi.
Mi viene da piangere. Balbettando riesco a dirgli che sono una sciocca, che mi dispiace da morire, ma io non mi ero accorta che lui si era innamorato di me quando abbiamo cominciato ad uscire insieme.
Mi dispiace che lui non abbia mai avuto il coraggio di dichiararsi apertamente, e che se l'avesse fatto, sicuramente le cose sarebbero andate diversamente.
Continua a fissarmi.
Lentamente, con un filo di voce, come se a parlare fosse direttamente e finalmente il suo cuore, mi dice:
"Vedi, io ti amo da quando sono nato. Il mio cuore ti appartiene. Io ti amo da sempre. E ti amo ancora. Purtroppo adesso è tardi. Ho fatto una scelta. E non voglio tornare sui miei passi. Mi dispiace. Ma, ricorda che
ti amero' per sempre. Per tutta la vita".
Mi ha stretto forte a sè. Un abbraccio lunghissimo, ma non sufficiente per placare il mio pianto.
Non ero io a piangere, non erano mie quelle lacrime. Io ero solo il corpo dal quale uscivano.
A piangere era il suo cuore. Il suo cuore che è nato, vive e vivra' per sempre dentro di me.

 
 
 

L'ultimo incontro

Post n°33 pubblicato il 10 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Jörg

Era fine maggio.
Non mi ricordo piu' se nell'anno 1990 o 1991.
Ma credo piu' che fosse il 1990. Quindi qualche mese dopo il mio rientro in Italia.
Strano vero?
Ho rimosso. Ho archiviato. Ho riposto l'incontro nell'obitorio del mio cuore.
E pensare che era la cosa che piu' desideravo.
Prima di andare ad Amburgo, lavoravo come standista nelle fiere.
Un lavoro saltuario, ma remunerativo. Mi ricordo che si veniva pagati a "lingue conosciute".
50.000 lire a lingua al giorno. Io ne conosco 3. Direi non era male.
Torno da Amburgo e riprendo a fare fiere.
Un tizio che vende lampade, mi aveva gia' chiamato per la Fiera dell'Illuminazione di Milano (6 giorni pesantissimi!), ecco che mi ricontatta. Vuole andare alla Fiera di Hannover, ma non sa il tedesco e tantomeno l'inglese. Gli serve un'interprete.
E' un bell'uomo, pieno di soldi e molto affascinante. L'unica pecca è che sa di esserlo e se ne approfitta spudoratamente per rimorchiare.
Accettando di andare con lui ad Hannover, so che devo aspettarmi di tutto...
apettarmi, ma non che debba capitare di tutto. Ci aveva gia' provato durante la Fiera di Milano.
La butto li'.
"Sai che da Hannover ad Amburgo ci sono 150 km. Ti va se andiamo a fare un salto un paio di giorni ad Amburgo dopo la fiera?".
Stupido uomo, pensando che soddisfacendo il mio capriccio, poi io avrei a mia volta di certo soddisfatto qualche suo capriccio.
Due giorni di fiera sono un incubo. In primis per trovare da dormire. Siamo capitati in ville di privati che davano stanze in affitto. Troviamo una stanza con 2 lettini separati. "Ok" dice lui.
"Non se ne parla neanche" dico io. Cosi' io dormo li' e lui dai vicini di casa.
Passa la fiera. Partiamo per Amburgo.
Avevo sentito Jörg la sera prima di partire per Hannover.
"Non vedo l'ora che mi vieni a trovare!!! Mi sei mancata... Sai che ho la casa grande... Ti va di dormire qui a casa mia?" mi dice con l'entusiasmo di un bambino al pensiero di andare alle giostre.
Mi batte il cuore a mille. Vuole vedermi e vuole stare con me!
Stupida, sono una stupida. Cosa mi illudo a fare? Sono tornata in Italia, sto lavorando, sto cercando di costruirmi un futuro, cosa mi passa per la testa ora di vedere Jörg, a casa sua... e magari passare la notte con lui?
...passare la notte con lui...
Mi ripeto queste parole al rallentatore, come per metabolizzarle bene.
Ad ogni parola, ad ogni lettera corrisponde un immagine. Un sogno. Un desiderio.
Mi immagino l'incontro, gli abbracci, i baci.
...passare la notte con lui...
Come si svolgera' la scena? Io non faccio il primo passo! Non l'ho mai fatto e non lo faro' mai.
Ma sarà lui a farlo, di sicuro. Ha sempre fatto lui il primo passo.
Me lo immagino nudo.
Non l'ho mai visto nudo. E adesso il suo corpo e' martoriato.
Non mi importa. La prima cosa che faro' sara' di baciargli la grossa cicatrice che ha sul collo.
Non devo aver paura. Il corpo e' solo un involucro. L'involucro. Io amo lui.
Ma poi lo amo? Lo amo ancora?
La mia decisione di rientrare in Italia a marzo e' stato come una chiusura.
La chiusura di un periodo, la chiusura di un amore.
Non voglio nascondermi dietro un dito. Forse non sapro' amare, ma non si puo' amare con tutte le proprie forze, se dall'altra parte non si sono input.
L'amore non ricambiato esiste e si autoalimenta, ma piu' che altro e' alimentato dalla speranza, anche piccolissima, di poter un giorno venire ricambiati.
Finchè io speravo di incontrarlo, di amarlo e di essere amata, lui era la mia unica vera ragione di vita.
Adesso no. Mi ha detto chiaramente prima di partire, che lui ora deve pensare a se stesso e basta.
Non può e non vuole amarmi. Ma anche nessun altra donna.
Insomma, ho quasi 24 anni, sono giovane e ho voglia di dare un senso alla mia vita, alla mia esistenza.
Desidero metter su famiglia. Avere dei figli. Desidero serenità. Sicurezze. Un lavoro fisso.
Una vita normale, insomma.
Dieci anno dopo l'uomo piu' importante della mia vita mi avrebbe detto:
"Noi siamo tutto e niente, possiamo avere tutto e niente, ma non dobbiamo mai cercare di normalizzarci. Ricordati: non si puo' normalizzare il non normale".
Lì per lì gli ho dato del mostro "IO non sono così, io sono normalissima, semplice e  banale!!!!".
Mi ha risposto con sarcasmo: "Amo', ma chi vuoi prendere per il culo?".
Eppure io ci ho sempre provato e ci ho provato di recente e forse ci provero' ancora.
Io desidero con tutte le mie forze di essere normale.
E cosi' questi pensieri ma hanno convinto che Jörg doveva e deve essere un capitolo chiuso.
Ma il cuore e soprattutto la passione ci porta a fare cose apparentemente senza senso ed illogiche.
Ho un qualcosa in sospeso con Jörg. Non abbiamo mai fuso i nostri corpi.
E' come una flebile fiammella di una candela.
E' forse per l'ennesima volta la speranza, che amandoci anche fisicamente, forse mi puo' ritrovare nel suo cuore e io posso ritrovare lui nel mio.
Arriviamo ad Amburgo. Facciamo i turisti per un paio di ore. Mi faccio portare a casa di Jörg.
Ci dobbiamo poi ritrovare per cena. Dopotutto mi paga per averlo accompagnato in Germania e non me la sento di fare i miei comodi, quindi accetto di uscire a cena, con la promessa che entro le 22 sono di ritorno a casa di Jörg. Lui, quello delle lampade, dorme in un hotel, non molto distante.
Sono molto emozionata, ma Amburgo mi sembra strana. Quasi una sconosciuta.
Non la sento di certo casa mia. Non piu'.
Eccomi, Jörg. Sono qui da te, ma non sola.
Ci abbracciamo, e ci baciamo, sulle guance. Quello delle lampade non deve sapere nulla.
"Passo a prenderti alle 19, ok?"
Restiamo soli. Si avvicina lentamente a me. Mi avvolge col suo braccio sinistro e mi stringe a sè.
Mi accarezza la schiena con dolcezza.
Ci guardiamo e teneramente le nostre labbra si incontrano...
E' un'altra volta un bacio al rallentatore. Di passione ce n'è poca. O forse è una passione diversa, delicata.
Non è la passione dei primi baci. Jörg non è piu' il Jörg dei primi baci.
E io tantomeno.
Sentiamo aprire la porta. E' sua madre. Ci salutiamo con calore.
E' passata a lasciarmi le salviette. Chiacchiera. Chiacchiera.
Sono le 18 oramai e devo prepararmi per uscire. Glielo dico con gentilezza, educazione.
Si defila. Jörg si trattiene ancora un attimo.
"Schatz, io alle 22 sono qui che ti aspetto in sala, ok? Buona cena e a dopo!".
La cena è nervosa. Io sono nervosa. Non vorrei essere li', ma da Jörg.
Mi riaccompagna alle 22,30. Entro a casa e Jörg è li'.
Per mezz'ora ho temuto che non mi aspettasse. E invece è li'.
Vado in camera ad appendere il cappotto. Mi giro per uscire dalla camera e lui è dietro di me.
Immobili, il cuore batte forte e il respiro affannoso. Mi stringe la spalla e mi accompagna lentamente e dolcemente verso il letto. Non parliamo.
Sappiamo già.
Mi siedo sul letto, lui si siede accanto a me.
Mi sta sbottonando la camicetta.
Perche' rimandare? Abbiamo aspettato tanto a luglio... e inutilmente.
Ora no. La vita insegna che bisogna vivere ogni momento come fosse l'ultimo.
Ansimo. Il cuore va all'impazzata. Io a quest'uomo lo amo!!!! Penso con convinzione.
L'ho amato cosi' tanto, l'ho desiderato cosi' tanto, da impazzire.
E ora non mi sembra quasi vero che è qui con me, che siamo qui insieme, che
stiamo per fare l'amore, per fondere i nostri corpi, le nostre anime e i nostri cuori.
Pensa solo a me. Fa fatica, il braccio destro ancora è un'appendice quasi immobile.
Quel suo corpo martoriato riesce a creare piacere meglio di un corpo sano.
E che piacere. Ma questo è possibile perche' è il frutto, scontato, ovvio, di un amore grande.
E' fuori dubbio che il nostro amarci coi corpi sia sublime... sembra di essere in paradiso.
Ci amiamo per due ore. Ci guardiamo tanto, ci parliamo tanto... e la passione ci travolge.
Sempre questa strana passione senza foga. Come per il buon cibo... siamo da gustare lentamente.
Mi guarda, mi schiocca una serie infinita di baci sulla bocca e ad ogni bacio aggiunge:
"Ich liebe Dich". Ti amo.
Non gli dico ti amo né anch'io.
Queste parole non mi escono. Ti ho dato tutto di me. E' da luglio, che mi dono a te e vivo per te.
Mi voglio tenere il ti amo. Non te lo posso dire. Non rimarrebbe piu' niente di me, per me.
Neanche la dignita'. E un briciolo di dignita' mi serve. Mi serve per andare avanti...
Mi guardi, e dopo l'ennesimo ti amo e mi dici: "Io vado a dormire..."
Non rimani qui? Ti vorrei chiedere, ma non lo faccio. Abbasso lo sguardo.
Mi dice: "Hei, sai che sono contento di essere qui con te? E mia mamma che diceva che era troppo presto fare l'amore.....".
Sciocca ragazzina italiana. "Ma Jörg noi ci conosciamo da tanti mesi... non è presto!".
Mi guarda con tenerezza  mi dice: "Beh, è vero anche questo...".
Il tedesco è una lingua ostica. Il perche' dell'"anche" l'ho capito piu' tardi.
Stupida ragazzina italiana.
"Dormi bene, tesoro, fai dei bei sogni... e buon rientro in Italia".
Come buon rientro in Italia????
"Jörg  ma domani sera non ci vediamo?" chiedo con la voce tremolante.... anche il corpo comincia a tremare... e non riesco a controllarmi.
"No, Schatz (tesoro), domani sera devo andare ad un party di compleanno di un amico. Una serata programmata da tempo e purtroppo non posso rimandare..." mi dice quasi con orgoglio. Orgoglio per avere una festa a cui partecipare. Orgoglio per poter fare cose normali, come prima.
"Ma forse, quando torni, puoi passare a salutarmi... no-no-non possiamo non vederci piu'... senza salutarci...??" dico io, e mentre parlo sento l'eco delle mie parole e mi sento sempre piu' ridicola.
"Schatz, tornerò molto tardi, ma se non è troppo tardi, passo, ok?"
"Ora vado e volevo ringraziarti tanto, è stato importante per me avere queste conferme..."
Conferme che mi ami? Che ti amo? stupida!
"...conferme che funziono ancora... non hai idea di quanto son felice che in me funziona tutto! ti amo! Ti telefonerò comunque".
Zoppicando e ciondolando si incammina ed esce dalla camera, e dall'appartamento.
Non lo avrei piu' visto.
La notte successiva l'ho aspettato sveglia tutta la notte fino all'ora della mia partenza.
Fino alle 5. Occhi spalancati.
Mi ha telefonato altre volte, una volta al mese circa. Fino a Natale. E ogni volta mi diceva, che mi sentiva piu' su di morale di ieri. Ieri????? Ma se era il mese scorso!! Non è piu' riuscito a riacquistare l'uso della memoria, neanche quella recente.
E io ho cominciato a perderla, la memoria.
Voglio solo dimenticare.
Non lui, neanche il mio amore per lui e il suo breve amore, durato una settimana.
Voglio dimenticare questa ultima notte.
Gli ho dato tutta me stessa, ho dato tutta me stessa.... come mai prima, mai cosi'.
E ora mi sento stupida, tanto stupida.
Non voleva me, voleva vedere se lui funzionava ancora.
Fine

 
 
 

Bernd, un anno dopo

Post n°32 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Jörg

Avevo mantenuto buoni rapporti con Claudius, che tentava di ocuparsi con Joerg e un indonesiano, di import-export.
Si era messo in mente di vendere olio di palmito proveniente dall'indonesia,
in Italia. Pertanto aveva fatto un viaggio di lavoro in Italia , accompagnato dall'indonesiano, e aveva contattato col mio supporto, dei grossi supermercati.
Era, credo, marzo del 1991. Mi chiamano dalla Stazione Centrale di  Milano che c'è un pacco da ritirare.
"Sarà lo scatolone con l'olio di palmito da consegnare come fornitura di prova,
da parte dell'indonesiano" penso.
Il pacco è stato manomesso. Trafile burocratiche lunghissime per il benestare per il ritiro.
Finalmente posso portarmelo via. Lo carico in macchina e me lo porto a casa.
E' stato spedito per ferrovia, ma tramite un corriere. Un corriere internazionale.
Apro il cartone per vedere se per caso anche le bottiglie (di plastica) di fossero rotte.
Tutto a posto.
Tra le bottiglie trovo una busta. Penso alla bolla.
Ma no, la bolla era attaccata fuori. "Sarà una lettera accompagnatoria di Claudius e l'indonesiano".
Sulla busta non c'è scritto niente. Mah, vediamo cosa c'è dentro.
Vi trovo due fogli ripiegati. Li apro. E comincio a leggere.
E' una lettera scritta a mano, con una calligrafia grande, regolare, decisa.
E' scritta in tedesco.
"Cara Ciaci,
sono Bernd. Sarai stupita di ricevere mie notizie così, in questo modo e in questo contesto. Ma forse è il destino che l'ha voluto. E' il destino che mi ha dato questa opportunità, non per chiedere il tuo perdono, ma almeno per chiederti io scusa.
Lavoro per uno spedizioniere e mi occupo di organizzare le spedizioni per l'europa del sud. Mi arriva sulla scrivania la questa pratica. Il mittente è un nome straniero, ma il nome del destinatario per me era inequivocabile! Non credevo ai miei occhi!!! Pazzesco, non credi?
Cosa non ci riserva il destino. E' passato quasi un anno da quando sei andata via da Amburgo e in un modo così assurdo, mi trovo qui a scriverti.
Mi sono sposato, sai? Mia moglie è incinta.
Ho trovato questo lavoro onesto.
E.... sono cambiato, Ciaci, sono davvero cambiato.
Allora ero completamente accecato dai soldi, dal loro fascino e dal fatto che io non ne
avevo. Ma Joerg sì. E così non mi occupavo di vivere la mia vita, ma mi preoccupavo di vivere il più possibile la sua. E cosi' ho commesso una marea di errori. Ho commesso innumerevoli cattiverie. Ma credo che una delle più grosse sia nei tuoi confronti.
Ti ho abbandonata ad Amburgo da sola.
La mamma di Joerg, di te non ha mai saputo niente. Avevo pianificato con Antje di dirti di non avvicinarti perchè lei e la mamma non volevano. Lei aveva paura che magari la mamma volesse che fossi tu a stare al suo fianco. 
Quando Joerg mi ha chiesto di raccontargli di te, perchè ti ha vista in fotografia, ho raccontato che tu eri innamorata di lui, ma che lui a me aveva detto che voleva avere un'avventura con te e basta.
Sarai sbalordita... ci credo. Mi starai, odiando, ne sono certo.
Ma voglio solo dirti il motivo vero.
Io mi sono da subito innamorato di te. Forse mi piacevi di più di quanto piacevi a Joerg.
Davvero. Per una volta che mi piaceva una ragazza veramente. Ecco che il destino vuole che piaci a lui e lui piace a te. Quella sera che ti ho chiesto chi ti piace di più di noi due. Beh, era per vedere se potevo avere qualche speranza.
Quando lui mi ha telefonato la mattina dell'incidente, ho capito che oramai ti avevo persa. Ma la mia cattiveria non ha avuto limiti. Dopo che lui ha avuto l'incidente, anzichè cercare di conquistarti, ho preferito farti del male.
Aggiungere sofferenza alla tua sofferenza per Joerg.
Non sarai mai mia, ma neanche sua.
Sono un essere ignobile.
Ti chiedo scusa per tutto e ti capisco se non mi vorrai mai perdonare.
L'anno scorso ho raccontato tutto anche a Joerg e mi ha sbattuto fuori da casa sua.
E' stato giusto giusto così.
Scusa ancora.
Addio, Bernd"
Ho pianto tanto, il puzzle si stava completando.
Il quadro ora mi è più chiaro.
Mi sento meglio, nonostante la botta!
Mi sento meglio, perchè allora non capivo il perchè tutte queste persone mi volessero tenere lontane da Joerg. Non ne capivo il motivo.
E ora lo so.
Anche se ora non serve più a niente.
Le cose dovevano andare così.
Ti perdono, Bernd, anche se non te lo dico, e non te lo dirò mai.

 
 
 

Marzo 1990, il rientro

Post n°31 pubblicato il 04 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Jörg

Dal nostro incontro ci siamo visti ancora un paio di volte. Senza che Claudius lo sapesse.
Sono andata a casa sua a trovarlo e lui ha voluto che io gli parlassi ancora di noi.
Gli sto ricostruendo l'ultima settimana di memoria prima dell'incidente.
Mi sento come un esercizio. Mi sento come il cestino di vimini che Joerg sta costruendo.
Non potevo aspettarmi altro.
Il giorno in cui sono andata a salutarlo, comunicandogli che sarei ritornata a casa mia, a Monza, in Italia, mi ha messo la mano sinistra sulla spalla, mi ha guardato con gli occhi da pulcino triste e mi ha detto:
"Tu non hai idea di quanto io sia dispiaciuto che tu torni a casa. Ma la cosa che mi fa ancora di più soffrire è il fatto che io non provo i sentimenti che ho provato prima dell'incidente. Ci vorrà del tempo, sai? Ma poi tutto si sistemerà e forse, dico forse, anche i sentimenti riaffioreranno...".
Ho abbassato lo sguardo e ho chiuso gli occhi, sto per piangere.
Mi solleva il mento, mi guarda negli occhi e mi dice: "Hei, non devi essere triste. Quando starò meglio, potremo magari provarci ancora... Ma ora, vedi, ora, devo pensare solo a me stesso. Ho fatto un errore a permettere ad Antje di aiutarmi. Adesso lo so che devo stare bene, devo guarire solo con le mie forze. Devo, appunto, e posso solo pensare a me stesso. Mi dispiace... Ti telefonerò. Non voglio perderti...  Tu mi hai amato così tanto, l'ho capito, sai?".
Certo, Joerg. Ci sentiremo.
Non dubitare. Mi farà piacere sapere come stai.
Forse quando starai meglio, ecco, potremo riprovarci.
Forse.
Lo so, una volta in Italia, il tempo e la distanza mi aiuteranno a dimenticare.
Come ho potuto non pensarci prima?
Come ho potuto essere così sciocca da sfidare il fato... sfidare l'impossibile?
Ma se non ci avessi provato, sarei rimasta a vita col rimpianto di non averci provato.
Oramai con la mamma di Tanja, Carmen, sono ai ferri corti.
Mi ha detto che potevo trovare con calma un altro appartamento e dopo neanche una settimana, comincia a dirmi che ogni week-end ha bisogno della stanza, in quanto il suo compagno viene da Hannover a trovarla e si porta anche il figlio.
Passo ogni week-end fino a metà marzo, da Claudius.
Grazie Claudius, per starmi vicino per l'ennesima volta.
Per tollerare tutto ciò, in silenzio.
Non ne abbiamo mai più parlato. Non ci siamo più neanche sfiorati.
Solo la sera prima che lui mi accompagnasse in stazione per partire, abbiamo voluto fare l'amore.
Ma non siamo riusciti ad amarci per piu' di qualche minuto.
Poi, senza parlare, ci siamo accucciati ognuno nel proprio angolo del letto e ci siamo addormentati.
Sonja è tristissima. Le sere durante la settimana, le trascorro tutte con lei.
Le mancherò. Mi mancherà.
La Manu sta per partorire. Il bambino nascerà il giorno dopo che sono rientrata in Italia.
Ecco che lascio Amburgo.
Ecco che lascio questa città che mi ha dato tanti sogni.
Sogni che si sono quasi realizzati.
Sogni grandi, forse troppo grandi per una ragazzetta italiana, di provincia.
Ma i sogni sono sogni. Non possono svanire così.
Forse ora è giusto che io mi rifaccia una vita in Italia... ma forse ha ragione Joerg.
Ho aspettato tutto questo tempo.
Cosa mi costa aspettare ancora?
Ma questa volta sarà diverso.
Non aspetterò di realizzare il mio sogno. Non mi aspetterò nulla. E se il destino vorrà farci incontrare di nuovo, bene, ne sarò contenta.
Ma devo vivere la mia vita, non posso vivere la sua ancora, per altro tempo.
E il destino ha voluto farci incontrare di nuovo... un anno dopo.

 
 
 

l'incontro con Joerg

Post n°30 pubblicato il 02 Gennaio 2008 da ciacii
 
Tag: Jörg

Sono agitata come una scolaretta al primo giorno di scuola.
Per andare a casa di Joerg, da casa di Claudius ci vogliono 20 minuti.
Dai muoviti Claudius, io sono pronta! Non è possibile come mi sento, non ci credo ancora che sto andando a incontrare l'unica ragione della mia vita.
Devo stare calma, c'è Claudius, non posso essere così evidentemente agitata.
Chissà cosa mi dirà quando mi vede?
Gli butterò le braccia al collo e gli dirò: "Eccomi, amore mio, sono qui da te e ora non ti lascerò mai più!!".
Ma no, c'è sempre Claudius e poi ci sarà sicuramente sua mamma e quindi, niente, devo vedere come si comporta lui. Cosa mi dice, cosa mi diranno i suoi occhi.
Quando  mi vedrà, si ricorderà inevitabilmente di me, del nostro amore grande.
Sarà lui a prendermi tra le sue braccia e a dirmi di restare con lui per sempre.
Mi dispiace Claudius, ma la vita è questa. E' crudele, ma davanti all'Amore, all'Amore vero, puro, sincero, grande, non ci si puo' fare nulla. Se si prova a combatterlo, si è perdenti in partenza. Se si prova ad ostacolarlo si commette un grave reato. L'Amore è l'Amore.
E' una forza che nasce da dentro. Quando si ha la fortuna di conoscerlo, non lo si dimentica più, neanche con la perdita della memoria.
Sì, mi vedrà e io sarò di nuovo sua.
Parcheggiamo davanti a casa si Joerg.
Che strano, conosco ogni mattone di questa palazzina e nonostante tutto mi sembra di essere lì per la prima volta.
Entriamo e ci fermiamo al primo piano. A casa di Joerg. A casa nostra...
Ci apre la porta la mamma di Joerg. Mi guarda con gli occhi lucidi.
Mi stringe la mano con forza e continua a sorridere, sta per piangere, me ne accorgo. Sto per piangere anch'io, ma mi trattengo. Mi fa accomodare. Saluta Claudius baciandolo sulle guance.
Mi guardo intorno e faccio i complimenti per la casa. L'entrata dà direttamente sul salotto. Grande, ampio e luminoso. Arredato con gusto.
Mi guardo intorno, lui non c'è. Non chiedo niente.
Guardo la mamma di Joerg e le sorrido. Non so cosa dire.
Comincia lei. Si strofina le mani nervosamente, le spalle le si stringono e la voce è rotta.
E' visibilmente agitata. L'ansia mi sale. Ho il cervello nel pallone, non ho idea di cosa accadrà ora.
Mi odia? Vuole insultarmi? Ha saputo della notte prima dell'incidente?
Dice, scandendo le parole, per farmi comprendere bene il significato:
"Non hai idea di quanto mi fa piacere che tu sia qua, finalmente..".
Mi gira la testa, un vortice, mi sento quasi svenire, oddio che confusione...
Prosegue: "Non hai idea di quanto mi sento stupida per aver creduto in quella ragazza, Antje, che per l'ennesima volta ci ha dimostrato quanto è idiota e superficiale... Ha manovrato mio figlio prima dell'incidente e ha manovrato lui e me, dopo l'incidente.. Non so perchè l'abbia fatto. Ma so quanto male ci ha fatto. Lei e Bernd. Ci hanno nascosto della tua esistenza, e.."
COSA???????
Sto crollando, le ginocchia... non mi reggono, noooo devo restare in piedi, non posso cadere così, da stupida. "Stai in piedi, resisti e calmati, per favore, calmati" mi ripeto mentalmente...
Io non sono mai esistita?
Si accorge che non sto in piedi, mi chiede di accomodarmi sul divano.
Chiede a Claudius di andare a vedere a che punto sta Joerg, in bagno "si sta facendo bello, è molto emozionato.." mi dice.
Ci sediamo sul divano, io mi stringo le mani tra le ginocchia... devo mascherare che sto tremando.
"Sai, non so quale fossero i reali intenti di Antje, e di Bernd, ma hanno isolato mio figlio, non hanno permesso a nessuno di avvicinarsi e così ce lo avevano in pugno. Forse miravano ai soldi, non lo so, ma sta di fatto che Antje non si è presa cura di Joerg in modo adeguato. Lui non è piu' quello di una volta. Lui ha bisogno di assistenza, di cure, di amore. Lei faceva la principessa, come se nulla fosse. Bernd invece forse mirava ad entrare in società con mio figlio e Claudius, ma visto come ha gestito certe situazioni, d'accordo con Antje, non me la son sentita di credere nella sua buona fede. Ecco che li ho sbattuti fuori di casa.
Prima di andarsene Bernd, ha detto a Joerg, che tu aspettavi di vederlo. Mi ha detto che la settimana prima dell'incidente, voi eravati usciti insieme qualche volta."
Noi ci eravamo amati alla follia, e la sera prima dell'incidente, LUI era con me.. ma non potevo dirglielo, era troppo rischioso. Non potevo rischiare di sentirmi incolpare per l'eventuale stanchezza di Joerg.
Subito penso anche a Bernd, a che razza di stronzo si fosse rivelato!
Lei prosegue: "Ecco, vedi, ti ha detto Claudius che Joerg ha riacquistato la memoria, ma non del tutto. E così abbiamo pensato che magari, rivedendo le persone che ha frequentato gli ultimi giorni, che non fossero Bernd e Claudius, magari, ecco, insomma, magari gli serve da stimolo per riacquistare del tutto la memoria..."
Certo, non poteva essere che mi chiamassero qui, per un atto di amore... o almeno non verso di me.
Chiaro, la madre le prova tutte per far star meglio il figlio.
In ogni caso, se Joerg vedendomi, dovesse riacquistare la memoria, sarebbe buona cosa anche per me!
Sento una voce dietro la schiena. Una mano mi stringe la spalla sinistra.
Il mio cuore smette di battere. Mi alzo lentamente e il cuore di botto riprende a picchiare fortissimo.
Mi giro e incrocio immediatamente i suoi occhi. Blu, lucidi, pieni di speranza.
Sento che sto per piangere. Mi dice: "Vieni qua che ti voglio baciare..".
Con le ginocchia tremolanti, faccio il giro del divano, gli vado vicino, mi prende la mano sinistra con la sua mano sinistra e mi dà due baci sulle guance.
"Allora, come va? E' da tanto che non ci vediamo!!!!" mi dice sorridendo.
Respiro affannosamente. Cosa gli dico? Cosa gli chiedo? Cosa faccio???
Mi precede: "Hei, sei tesa... non sarai mica rimasta choccata per come son conciato??"
Mi prende la mano e me la porta vicino all'orribile cicatrice che ha sul collo... Quasi fosse stato decapitato e poi ricucito.
"E' orribile, vero? Ma più avanti, fra qualche anno, magari farò una plastica..."
Sono paralizzata. Ma non per l'orrore. Per lui. Il mio amore è forse ancora più grande!
Il mio cuore sta scoppiando. Vorrei stringerlo tra le mie braccia.
Lui mi distrae subito.
Mi prende per mano e mi porta vicino al tavolo. Zoppica vistosamente e il braccio destro è penzoloni lungo il fianco.
Prende in mano un cestino di vimini, me lo mostra e mi dice: "Ecco, questo l'ho fatto io. La terapia di riabilitazione che sto facendo, prevede che io faccia esercizi solo col braccio che non muovo bene. Il destro. E per me è ancora più difficile fare i cestini, perchè sono mancino!! Però sono soddisfatte le infermiere, ne ho già fatti 3 di cestini! Se vuoi, ne faccio uno anche a te!".
Mi guarda con gli occhioni da cerbiatto. Com'è magro. sembra un pulcino... di un metro e novanta e passa.
Non parlo. Non so cosa dire. Sono imbarazzata come non mai.
La mamma di Joerg chiede a Claudius di seguirla.
Siamo soli.
Mi chiede di sederci sul divano. Accende la tv.
Mi prende la mano, la appoggia sul suo ginocchio e comincia ad accarezzarmela.
Ora guardo la mano, ora guardo i suoi occhi. Non riesco a dire niente.
Ho il cuore in gola e il pianto pronto.
Oh, quante cose vorrei dire. Ma non ci riesco.
Mi guarda e mi dice: "Oggi ho saputo che guidavo io"
Mi si ferma il cuore. Oddio mio e adesso?
Prosegue: "Ma sai, non è stata colpa mia. Io non mi ricordo niente, ma l'altro era ubriaco marcio.. La mamma dice che non ho colpe. E io non mi sento in colpa. Però sai, mio papà è morto...".
Lo so, conosco questa sensazione: tutti ti dicono che non è colpa tua, ma tu ti senti comunque in colpa.
Aggiunge: "Bernd mi ha detto che io e te siamo usciti un pò di volte, e guarda...!!" estrae una fotografia dalla tasca della giacchetta.
Sono io, sdraiata sul telo mare, il giorno prima dell'incidente. Quando abbiamo fatto la gita al mare.
"Bernd me l'ha data. E' molto bella. Sei molto bella... Ma sai, io devo dirti una cosa...".
Oramai sembro una statua di gesso. Immobile. Stringo gli occhi come per chiedergli: "Cosa devi dirmi, parla, ti prego..!".
"Sai, mi dispiace molto. Perchè Bernd mi ha detto quanto hai sofferto per me... Ma purtroppo io non mi ricordo di te. Non mi ricordo nulla. E neanche vedendo questa foto mi son ricordato... Sinceramente, anche vedendoti qui ora, non mi ricordo nulla. Cosa c'è stato veramente tra di noi?".
Mi si è aperta la bocca. Gli occhi sono immobili, fissi nei suoi.
Niente. Non sono niente. L'Amore non è niente.
Non esiste nulla. Tutte fantasie di una sciocca ragazzina.
Tutte illusioni, sogni inutili e assurdi.
Come ho potuto essere cosi' sciocca?
Come ho potuto credere in un sentimento che va al la' della coscienza, della memoria, della realtà?
"Solo il miser suole, dar facile credenza a quel che vuole"
Ma sì ha ragione l'Ariosto.
Ci pensa Joerg a farmi tornare coi piedi per terra.
"Hei, mi sembri incantata, come in trance...!! Che hai, non stai bene?" mi chiede con dolcezza.
Comincio a parlare veloce come un treno. Le parole mi escono dalla bocca, quasi piu' veloci dei pensieri. Gli sto raccontando tutto. Tutto quello che ho dentro, tutto quello che abbiamo vissuto insieme, tutti gli ultimi giorni, me ultime ore e gli ultimi minuti, prima della sua partenza per la Svizzera e quindi del suo incidente.
Fiumi di parole, lui mi ascolta con attenzione, quasi con stupore.
Non si aspettava che le cose fossero andate così...
Finisco di parlare, ansimo, lo fisso e gli dico: "Ecco, tutto qui...".
E' visibilmente scosso e agitato. Mi accarezza i capelli e mi dice con una tenerezza tale da farmi sciogliere:
"Oh mein plüscher Kopf!".
Proprio come quel sabato sera... Chiudo gli occhi, appoggio la mia guancia sulla sua mano e mi scende una lacrima.
Me la asciuga e mi dice: "Non piangere, io sono qui. E tu sei bellissima, come nella foto. La tua bocca è splendida e invitante. Vorrei baciarla... "
Lo guardo negli occhi.
Strano... ma io non ho voglia di baciarlo.
Certe cose si sentono. E io lo sto sentendo chiaro e forte.
Lui vuole baciarmi per vedere se dentro di lui, nel suo cuore, nella sua memoria, si smuove qualcosa.
Mi vuole baciare per verificare se il suo cuore batte.
Non mi vuole baciare perchè gli batte il cuore per me.
Chiudo gli occhi, mi avvicino a lui e ci baciamo.
Un bacio leggero, tenero, poco passionale. Un bacio asettico.
Mi stringe a sè e accarezzandomi la testa, i capelli mi dice:
"Eh certo che adesso capisco perchè volevo frequentarti... Mi piaci, sai?"
Le sue parole entrano nelle mie orecchie, ma escono subito.. non vanno e non arrivano da nessuna parte.
Prosegue: "Però purtroppo non mi ricordo di te. Peccato."
Si alza di scatto e mi dice: "Ora vado a riposare. Sono stanco. E' stata una giornata stancante.
Verrai ancora a trovarmi, vero? Mi farebbe piacere... "
Mi bacia sulle labbra, sfiorandomele.
Mi saluta, esce.
Rimango da sola, in piedi, davanti la porta.
Dopo qualche minuto, entrano Claudius e la mamma di Joerg.
Mi guardano. Abbozzo un sorriso e dico a Claudius, che è meglio andare, che devo passare da casa.
Salutiamo la mamma e ce ne andiamo.
Claudius mi chiede come è andata.
Gli mento per l'ennesima volta e gli dico che abbiamo parlato dell'incidente e della gita al mare.
"Niente di che!" gli dico.
Non ho fame, ma usciamo a mangiare lo stesso.
Sono completamente svuotata.
Gioco con la forchetta nel piatto, come per trovarvi tra i tortellini la soluzione alla mia vita.
E in qualche modo la trovo... Credo che tornerò a casa, in Italia. Presto.
Andiamo a casa.
Senza parlare mi infilo a letto.
Lui si intrattiene a guardare la tv e a fumare.
Dopo un'ora lo sento entrare tra le coperte.
Non dormo. Sono raggomitolata su un fianco.
Si avvicina e mi abbraccia.
Così, come a comando, appena sento il suo braccio forte avvolgermi, scoppio a piangere.
Piango un pianto forte, da far mancare l'aria, coi lacrimoni giganti che scendono copiosi sul mio viso.
Singulti, urla sorde, strozzate in gola.
Sento il braccio di Claudius ritrarsi.
Non sto piangendo per te, Claudius.
Mi spiace, ma tu non mi puoi aiutare.
Lui lo sa, lo ha capito e forse lo sa da subito, da sempre, forse.
Non è lui che amavo in tutte queste notti passate insieme.
Non è lui con cui volevo stare tutte queste settimane, giorni, ore.
Ho pianto tutta la notte e lui non mi ha piu' sfiorata con un dito.
Il giorno dopo non abbiamo avuto il coraggio di guardarci in faccia.
Ho avuto tutto in una settimana.
Ho conosciuto il Paradiso, poi il Limbo e ora l'illusione di poter risalire in Paradiso, e invece sono scesa giù all'Inferno e li' ci rimango... e ci rimarrò a vita.

 
 
 

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...

Ti guardo con il mio desiderio
mentre dormi serena.
Senza svegliarti vorrei

odorare il profumo dei tuoi capelli,
lambire il candore dei tuoi seni,

passare la mia mano

nel tepore tra le tue gambe.

No, non svegliarti, ti prego!

Come potrei altrimenti,

confessarti che mi perdo

nella voglia di te?

Come potrei osare,

con le mie labbra sulle tue,

dirti che ti amo?

(Guidopardo1)

 

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Sulla tua pelle morbida
scivolano le mie parole
e come gocce stillano sul tuo seno.
La mie labbra vogliose
lambiscono il tuo ventre.

Le mie dita come ali

sfiorano le tue fragranti cosce.

Riveli a me ogni tuo mistero
finalmente aperta e indulgente.
Ti osservo intimorito:
tanta disponibilità

potrei ferirla con l’egoismo.
Ed io non voglio.

(Guidopardo1)

 

PICCOLA STELLA SENZA CIELO

Cosa ci fai
in mezzo a tutta
questa gente?
Sei tu che vuoi o
in fin dei conti non
ti frega niente?
Tanti ti cercano
spiazzati da una luce
senza futuro
altri si allungano
vorrebbero tenerti
nel loro buio.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

Tieniti su,
le altre stelle
son disposte
solo che tu a volte
credi che non basti
forse capiterà
che ti si chiuderanno
gli occhi ancora
o soltanto sarà
una parentesi
di una mezz'ora.

Ti brucerai
piccola stella
senza cielo
ti mostrerai,
ci incanteremo mentre
scoppi in volo
ti scioglierai
dietro una scia,
un soffio, un velo
ti staccherai perché
ti tiene su
soltanto un filo, sai?

(Liga)

 
 
 

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