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Il Dolce Stil Novo...

Post n°109 pubblicato il 10 Ottobre 2010 da rigel2_rm

Il Dolce Stil Novo,  affascinante corrente della nostra letteratura italiana,  fa seguito all'Amor cortese precedentemente trattato...

Il dolce stil novo, detto anche stilnovismo, è un importante movimento poetico italiano che si è sviluppato nel tredicesimo secolo. Corrente che segna l'inizio del secolo, il dolce stil novo influenzerà parte della poesia italiana fino a Petrarca: diviene guida infatti di una profonda ricerca verso un'espressione raffinata e nobile dei propri pensieri, staccando la lingua dal volgare, portando la tradizione letteraria italiana verso l'ideale di un gesto ricercato e aulico. Nascono le rime nuove, una poesia che non ha più al centro la sofferenza dell'amante, ma le celebrazioni delle doti spirituali dell'amante. A confronto con le tendenze precedenti, come la scuola guittoniana o più in generale la lirica toscana, la poetica stilnovista acquista un carattere qualitativo e intellettuale più elevato: il regolare uso di metafore e simbolismi, così come i duplici significati delle parole.

Il nome della "scuola" deriva da un passo del Purgatorio di Dante Alighieri. Nel XXIV canto del Purgatorio Dante incontra Bonagiunta Orbicciani, il quale gli chiede la differenza fra i siculo-toscani e gli stilnovisti. Dante risponde che loro scrivono seguendo la diretta ispirazione d’Amore, e dopo di che Bonagiunta dice di aver capito la differenza fra i toscani e "questo vostro dolce stil novo": di qui il nome alla "scuola".

Con questa risposta Dante non vuol dire che loro sono più sentimentali dei siculo-toscani, ma che sono capaci di descrivere i cambiamenti psicologici che l’Amore produce nella persona che ama e che esprimono tali sentimenti in forma dolce, atta cioè alla dolcezza del sentimento amoroso.

 

"...Ma dì s'i' veggio qui colui che fore

trasse le nove rime, cominciando

Donne ch'avete intelletto d'amore."

E io a lui: "I'mi son un che, quando

Amor mi spira, noto, e a quel modo

ch'è ditta dentro vo significando."

"O frate, issa vegg'io", diss'elli, "il nodo

che 'l Notaro e Guittone e me ritenne

di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!..."

(Purg. XXIV, vv. 49-57)

Il movimento Nasce a Bologna, e poi si sviluppa a Firenze, città d'origine di quasi tutti i componenti del movimento stilnovistico, tra il 1280 ed il 1310 escludendo Cino da Pistoia e lo stesso Guinizelli. Il manifesto di questa nuova corrente poetica è la canzone di Guinizelli "Al cor gentil rempaira sempre amore"; in questo componimento egli esplicita le caratteristiche della donna intesa dagli stilnovisti che poi sarà il cardine della poesia stilnovista. La figura femminile evolve verso la figura donna-angelo, intermediaria tra uomo e Dio, capace di sublimare il desiderio maschile purché l'uomo possegga un cuore gentile, cioè nobile d'animo; amore e cuore gentile finiscono così con l'identificarsi totalmente. Questa teoria, avvalorata nel componimento da molteplici sillogismi, rimarrà la base della poesia di Dante e di coloro che fecero parte dello Stil Novo, di generazione successiva, che vedranno in Guinizelli e Alighieri i loro maestri. La corrente del "Dolce Stil Novo" segue e contrasta, grazie ad un approccio e ad una visione dell'amore del tutto innovativi, la precedente corrente letteraria dell'"amor cortese". Contro quest'ultima, infatti, introduceva nei testi riferimenti filosofici o morali o religiosi, tanto che autori contemporanei (Bonagiunta Orbicciani, ad esempio, in un noto sonetto indirizzato a Guido Guinizelli, "Voi che avete mutata la mainera") si lamentarono dell'oscurità e della 'sottigliansa' delle poesie; la critica era quella di aver unito la filosofia alla poesia. Guinizzelli risponderà a Bonaggiunta nel sonetto "Omo che è saggio non corre leggero", in cui replica la propria opinione: come i talenti naturali sono diversi per volontà divina, così è legittimo che ci siano modi ed atteggiamenti diversi di poetare.

 

 

Al cor gentil rempaira sempre amore
come l’ausello in selva a la verdura;
né fe’ amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch’amor, natura:

ch’adesso con’ fu ’l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti ’l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente
come calore in clarità di foco.

Foco d’amore in gentil cor s’aprende
come vertute in petra prezïosa,
che da la stella valor no i discende
anti che ’l sol la faccia gentil cosa;

poi che n’ha tratto fòre
per sua forza lo sol ciò che li è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch’è fatto da natura
asletto, pur, gentile,
donna a guisa di stella lo ’nnamora.

Amor per tal ragion sta ’n cor gentile
per qual lo foco in cima del doplero:
splendeli al su’ diletto, clar, sottile;
no li stari’ altra guisa, tant’è fero.

Così prava natura
recontra amor come fa l’aigua il foco
caldo, per la freddura.
Amore in gentil cor prende rivera
per suo consimel loco
com’ adamàs del ferro in la minera.

Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno:
vile reman, né ’l sol perde calore;
dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»;
lui semblo al fango, al sol gentil valore:

ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio
in degnità d’ere’
sed a vertute non ha gentil core,
com’aigua porta raggio
e ’l ciel riten le stelle e lo splendore.

Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole:
ella intende suo fattor oltra ’l cielo,
e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
45 e con’ segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende
del suo gentil, talento

che mai di lei obedir non si disprende.

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l’alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza. (Guido Guinizelli)

 

 

Si afferma un nuovo concetto di amore, e quindi un nuovo concetto di donna, concepita adesso come donna angelo, donna angelicata: la donna, nella visione stilnovistica, ha la straordinaria virtù di nobilitare l'animo dell'uomo e di operare da tramite fra questo e Dio, che inizia attraverso lo scambio d'un'occhiata fugace. Per questo nella canzone Al cor gentil rempaira sempre amore, Guido Guinizelli immagina di doversi giustificare di fronte al Sommo Fattore che lo interroga sul motivo per cui indirizzò ad un essere umano le lodi e l'amore che a Lui solo convengono; a tali domande egli risponde con le seguenti parole: "Tenne d'angel sembianza / che fosse del tuo regno; / non me fu fallo, s'in lei posi amanza" (vv. 57-60). Questi ultimi tre versi esprimono il seguente concetto: "aveva l'aspetto (semblanza) di un angelo che appartenesse al tuo regno, non feci peccato (non me fu fallo) se posi in lei il mio amore (amanza)". La figura della donna viene concepita in maniera diversa poiché viene considerata un essere ultraterreno intermediario tra Dio e l'uomo.

 

Novità dell'esperienza poetica dello "Stil Novo" risiede nella contestazione della poesia precedente, nell'affermazione di una nuova concezione dell'amore e della donna, soprattutto, in una nuova concezione stilistica. In particolare, gli stilnovisti si distinguono per un atteggiamento decisamente polemico nei confronti della poesia di Guittone d'Arezzo. Rispetto ai canoni guittoniani di un raffinatissimo e difficile trobar clus, caratterizzato da oscurità e da ardue sperimentazioni stilistiche, lo Stilnovo rinnova il concetto di trobar leu, fondando uno stile poetico caratterizzato da rime dolci e piane, segnate da una profonda cantabilità del verso.

Principali esponenti di questa corrente letteraria sono quasi tutti toscani, e sono: Dante Alighieri, Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Cino da Pistoia, Dino Frescobaldi e infine Guido Guinizzelli, considerato il precursore del movimento. Di questi Dante e Cavalcanti hanno dato il maggior contributo, mentre Cino da Pistoia svolse l'importante ruolo di mediatore tra lo Stil Novo ed il primo Umanesimo, tanto che nelle sue poesie si notano i primi tratti dell'antropocentrismo. Questi poeti appartenevano ad una cerchia ristretta di intellettuali, che di fatto costituivano un'aristocrazia, non di sangue, ma di nobiltà d'animo: essi erano contraddistinti da un'aristocrazia culturale e spirituale. Erano tutti molto eruditi, e appartenevano all'alta borghesia universitaria. Il pubblico a cui si rivolgono è una stretta cerchia di eletti, capaci di comprendere le loro produzioni: l'istruzione retorica, infatti, non era più sufficiente a comprendere appieno tali poesie. Fortemente radicata in questi autori è la concezione che per produrre poesie d'amore siano necessarie conoscenze scientifiche e teologiche: da qui il disprezzo verso i guittoniani, non sempre dotati di tali conoscenze.

 

 

De gli occhi de la mia donna si move
un lume sì gentil che, dove appare,
si veggion cose ch'uom non pò ritrare
per loro altezza e per lor esser nove:
e de' suoi razzi sovra 'l meo cor piove
tanta paura, che mi fa tremare
e dicer: "Qui non voglio mai tornare";
ma poscia perdo tutte le mie prove:
e tornomi colà dov'io son vinto,
riconfortando gli occhi paurusi,
che sentier prima questo gran valore.
Quando son giunto, lasso!, ed e' son chiusi;
lo disio che li mena quivi è stinto:
però proveggia a lo mio stato Amore. (Dante Alighieri)

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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