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Il senso della Vite

Post n°490 pubblicato il 17 Febbraio 2015 da Zero.elevato.a.Zero
 

Meccano

Ceppo spezzato
che al vento d'Inverno
non vuol piegarsi

Ormai è passato più di un mese e forse adesso riesco a raccontarlo, la rabbia non sfuma e nemmeno il senso della fatica, non passano le domande sul senso della vita e della sua fragilità, ma il sorriso di Siddharta e l’esortazione delle tue parole verso la ricerca di quello che c’è di buono in ogni occasione della giornata portano sollievo.
In fondo è bastato un gradino, l’ultimo di una scala normale, un gradino e un attimo di disattenzione per incontrare molte cose mai sperimentate prima nella mia esistenza: una frattura scomposta, un ricovero d’urgenza girando tre ospedali, una operazione ad occhi aperti ed un mese intero in casa senza potere appoggiare il piede, senza potere uscire, senza capire sulla pelle come il sole, la pioggia, il freddo o la neve stessero intonando il canto dell’Inverno.
Adesso il piede ricomincio ad appoggiarlo, imparo per la seconda volta a camminare, come se fosse una cosa nuova, cercando il limite del possibile, affidandomi ai ricordi di una conoscenza già percorsa, cercando di non dipendere più per un numero inesauribile di cose dalla presenza di qualcuno che possa prestarmi la gamba ed i movimenti che mi sono impediti.

Cosa resterà di questi giorni lunghi e di queste notti vigili prima sconosciute? Credo non solo le cicatrici di quell’intervento al quale ho assistito in diretta grazie ai progressi della epidurale, durante il quale il chirurgo ha conversato con me sulla forma delle placche e delle viti che andava inserendo, per niente diverse da quelle del Meccano con il quale ho tanto giocato da piccolo o da quelle che uso nel cantiere, se non per il fatto che sono in titanio e non suoneranno entrando in banca o in un aeroporto, perfino in caso di risonanza magnetica, preoccupazione davvero tipica di un medico.
Resteranno sotto al tatto dei polpastrelli le protuberanze delle teste di queste viti appena separate dalla pelle, che ora mi accompagneranno per il resto dei giorni, con il desiderio non garantito che possa tornare in mare, dove mi aiuteranno a sentire i cambiamenti del tempo.
Resterà ancora il senso fragile del tempo che passa, ogni volta che mi figuro forte e guerriero ed invece sperimento la difficoltà di muovermi con “ridotta o impedita capacità motoria” eppure ricco di una fatica in più per ottenere le cose più semplici, troppo semplici prima per essere compiutamente apprezzate.
Resterà da ultimo sapere che anche a me la vita o le viti di titanio hanno regalato una voce amica presente, vicina al cuore con la parola o con il silenzio, capace di accettarmi ogni volta che ero triste o che non capivo il senso di questa vicenda, perché forse un senso non ce l’ha.

Resterà, sì, questo senso di gratitudine, ogni volta che …

Ogni Volta - Vasco Rossi

 

 
 
 
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