Tutto scomparso, tutto cambiato mentre ritorno da un mio passato tutto è uguale, irreale sono Ulisse coperto di sale! È vero la vita è sempre un lungo, lungo ritorno. (Ulisse coperto di sale - Roberto Roversi e Lucio Dalla)
Ulysses Deriding Polyphemus - Joseph Mallord William Turner - 1829
Il viaggio a Itaca e dintorni mi ha portato spesso a ripensare nelle pigre ore di navigazione all’eroe celebrato da Omero e ripercorso da tanti autori fondamentali da Dante fino al picaresco Joyce, senza dimenticare il prezioso Bardotti che invoco come sottofondo musicale. A questo pensavo nelle ore dedicate a navigare, che per me è una forma di meditazione niente affatto diversa dallo Zazen; mi piace tenere il timone e governare la rotta, non mi stanca ed è il momento atteso della vacanza, più della lettura di un libro cartaceo pratica cui si dedica volentieri il mio Kohai; più dei bagni di sole e di mare che sono l’occupazione preferita delle signore, assieme a quelle conversazioni lontane a prua che non rivestono per me curiosità, ma fanno parte dello sciabordio assieme alle onde e al suono del vento. Molte volte nella mia vita ho immaginato Itaca, che ho scoperto assai meno pianeggiante rispetto alla descrizione Omerica, piuttosto petrosa invece, come la canta Foscolo che davvero poco lontano ha avuto i natali senza conoscerne il Nostos, il ritorno raccontato con lo stesso titolo da Franco Piavoli, in quel poema audiovisivo astratto e silente che a me ha lasciato traccia profonda. Odisseo sarebbe un eroe quindi, per le leggendarie imprese dal cavallo di Troia, che poi forse invece era una barca secondo il pensiero valente di Francesco Tiboni, e delle altre astuzie che seguirono. Un eroe dotato di acume superiore e anche di quella Ubris di chi vuole superare gli dei e qualsiasi limite della conoscenza. Il fatto che dovrebbe farmi amare Odisseo sui tanti eroi greci è proprio il fatto di nascere umano, senza l’intervento di gameti divini come il prode Achille o il possente Eracle, che non nasce divino ma lo diventa; Odisseo è uomo comune ancorché re della sua piccola patria, dalla quale però si assenta per oltre vent’anni di peregrinazioni belliche e non solo, con scarsa preoccupazione verso il proprio popolo. Pur stimando il racconto leggendario e le trovate geniali, non sono mai riuscito ad amarlo, forse perché distante dai miei valori. Quando partecipo a regate d’altura assumo spesso il ruolo di navigatore: mi piace cercare di interpretare la danza dei venti e delle correnti, mi piace quando avvisto il desiderato punto di riferimento a proravia della barca, dritto come una linea immaginaria e immaginata. Fatico a concepire un marinaio che si perde in continuazione, che sfugge al richiamo delle onde per quelle molto più carnali dell’avventura, mentre il suo vero amore distante amministra il regno e cerca di tenere a bada i pretendenti. Allo stesso modo non capisco il moto di vendetta contro di loro, rei di aver cercato di colmare il vuoto che lui ha procurato. Odisseo è forse l’incarnazione dell’avventuriero e dell’uomo che vuol vedere oltre il confine, ma spesso nel fare questo dimentica per un tempo più o meno importante le proprie radici; un albero senza radici è una chioma di foglie che il vento porta via con sé, proprio come succede al nostro. Non sono riuscito ad apprezzare questa icona, nemmeno con la moderazione che proviene dall’età che avanza: Odisseo non crea il proprio destino, semmai lo distrugge; nonostante la protezione di Minerva riesce a inimicarsi l’intero Pantheon e questo io lo leggo come la disarmonia con le forze della natura che gli dei rappresentano. Mi sono chiesto spesso come mai abbia voluto ascoltare il canto delle sirene, forse per poi rimpiangerlo, quando il mare ammonisce alla prudenza ed invita a valutare i propri limiti con coscienza. Nell’esortazione che per bocca di Dante rivolge ai suoi compagni, peraltro incauti a scegliere un simile capitano dice: Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Fa appello quindi alle radici che lui ha tranciato, alla voglia di conoscenza che però non filtra attraverso alcuna virtù, ed alla fine a quella brutalità che aborre a parole, ma che rivolge cruda e spietata contro i suoi nemici. Dante è riuscito ad amarlo, io non riesco, mi spiego così come mai l’eroe di nome Ὀδυσσεύς - Odisseus si presenti al ciclope con suoni quasi simili οὐδείς" - oudeís, che significa nessuno, una freudiana autocritica inconscia, che spiega molto del personaggio. Tutti questi pensieri il mare dondola lenti e la brezza confonde con il passare dei giorni in attesa delle prime tempeste d’Autunno: buon Vento!
Ulisse coperto di sale - Anidride Solforosa 1975 - Roberto Roversi e Lucio Dalla
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