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Figli di uno stesso Cielo

Post n°38 pubblicato il 03 Settembre 2008 da Zero.elevato.a.Zero
 
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FIGLI DI UNO STESSO CIELO

Leggendo il bellissimo post di lightdew che parla di Monica Bulaj e della sua visione sulla religione attraverso l'obbiettivo magico della sua macchina fotografica, sono rimasto colpito dalla canzone scelta per dare uno sfondo musicale al suo messaggio, così pieno di contenuti. La canzone è della cantante israeliana Sarit Hadad e si intitola: Sh'ma Israel - Ascolta Israele, il testo che segue è la traduzione di questo grido disperato di fede, che implora un segno per vincere il senso di solitudine e di precarietà che abitano nel cuore di ciascuno:

Quando il cuore piange
Solo Dio ascolta
Le pene salgono dall’anima
Un uomo cade a terra prima di disperdersi
Con una piccola preghiera squarcia il silenzio

Ascolta Israele mio Dio
Tu sei l’Onnipotente
Tu mi hai donato la vita
Tu mi hai donato ogni cosa
Nei mie occhi c’è una lacrima
Il cuore piange in silenzio
E quando il cuore si è calmato, l’anima urla

Ascolta Israele mio Dio
Adesso sono solo
Rendimi forte mio Dio
Fallo perché non voglio aver paura
La pena è grande
E adesso non c’è nessuna possibilità di correre via
Fai arrivare la fine perché non ho più energie con me

Quando il cuore piange
Il tempo resiste ancora
Tutto all’improvviso,
l’uomo vede la sua intera vita
Egli non vorrebbe andare verso l’ignoto
Piange verso il suo
Dio proprio prima della grande caduta.

Ascolta Israele mio Dio
Tu sei l’Onnipotente
Tu mi hai donato la vita
Tu mi hai donato ogni cosa
Nei mie occhi c’è una lacrima
Il cuore piange in silenzio
E quando il cuore si è calmato, l’anima urla

Ascolta Israele mio Dio
Adesso sono solo
Rendimi forte mio Dio
Fallo perché non voglio aver paura
La pena è grande
E adesso non c’è nessuna possibilità di correre via
Fai arrivare la fine perché non ho più energie con me

Credo che l’uomo nella sua ricerca del divino possa percorrere strade molto diverse, sono comunque rotte che mirano allo stesso punto all’infinito, e pur interpretate con cerimonie diverse e simboli differenti non possano nascondere il denominatore comune della stessa appartenenza umana.
Rileggere il testo della canzone mi ha fatto tornare alla mente la lettura dei salmi operata da San Francesco, che tocca momenti e sensazioni davvero vicini al pianto disperato appena descritto.


Salmo 280 Signore, ti ho raccontato la mia vita: e tu hai preso le mie lacrime e le hai poste davanti a te (Sal 55, 9).
I miei nemici si sono uniti per perdermi (Sal 70, 10): hanno risposto col male al bene, con l'odio all'amore (Sal 108, 5).
Invece di amarmi, dicevano ogni male di me: ma io pregavo (Sal 108, 1). Mio Padre santo, che sei Re del cielo e della terra, non allontanarti da me: il tempo della tribolazione è prossimo, e non c'è chi mi aiuti (Gv. 17, 11; Mt. 11, 25; S 21, 12).
Ma se io ti avrò invocato fuggiranno i miei nemici: ecco, io so bene che tu sei il mio Dio (Sal 55, l0). Si sono fermati lontano da me anche i miei amici e i miei intimi (Sal 37, 12): tu hai permesso che rimanessero lontani, ed essi si vergognarono di me. Fui consegnato ai miei nemici, né da essi mi liberai (Sal 87, 9).
Padre santo, non allontanare da me il tuo aiuto: Dio mio, guarda e vieni in mio soccorso (Sal 21, 20). Vieni in mio soccorso, Dio della mia salvezza (Sal 37, 23).

Del salmo di Francesco propongo la versione cantata da Branduardi nella sua opera dedicata al Santo intitolata L’infinitamente piccolo.

Questa similitudine si conclude con un pensiero ai fratelli musulmani che proprio in questo mese affrontano con maggiore impegno la preghiera e la tensione verso la comprensione del mistero divino.
Mi resta nel cuore, precisa, la sensazione che siamo davvero tutti figli dello stesso Cielo.
Namasté

 

 
 
 
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