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Ho un dolore vivo all’orecchio. Colpa dello scooter, mi ripeto.
“Ho un dolore all’orecchio”.
“Colpa dello scooter!” mi dice mia madre “Devi farti visitare dal dottor V., dicono doni i sensi pure alle campane”.
Le dico di farmi fissare un appuntamento per il mercoledì, martedì ho una causa importante e non posso permettermi un dottore che mi dica di rinunciare per un po’ al mio prezioso mezzo di trasporto. La mia coscienza è già abbastanza appesantita.
Mi apre un segretario, chiedo dell’asso del condotto uditivo.
Mi dice che il luminare non c’è, riceve solo il martedì. Come posso non saperlo?!? Il mercoledì riceve la dottoressa V., stesso cognome. Resto lì titubante, mi tocco l’orecchio, mi convinco che il mio caso merita un parere autorevole. Cerco le parole da evocare per coprirmi la fuga appellandomi all’incomprensione e lì, proprio in quel mentre in cui la prima sillaba sta per vedere la luce, si spalanca una porta ed esce un camice bianco che incornicia la perfetta anatomicità della dottoressa V. che accompagna alla porta una vecchietta che non smette di elogiarla.
“Lei è il prossimo?”
“Sono il prossimo!”
Mi accomodo, mi guarda, mi sorride; ecco, penso, sono scoperto!
“Mi dica”.
“…Mia madre mi ha fissato l’appuntamento, io non sapevo che ci fossero due dottor V. e il martedì…”.
“E questo cosa c’entra con i sintomi?”
“I miei sintomi… …Dunque. C’entra … Ho un dolore all’orecchio destro, terribile… Pensavo che mia madre avesse confuso l’uno con l’altra. Io, invece, cercavo proprio di lei, della dottoressa V.. Si dice un gran bene sul suo conto, sa?”
“…E il martedì?”
“E il martedì… …e il martedì mi viene il dolore anche al sinistro!”
Mi afferra le guance, come ad un bambino, e in questo modo mi tiene fermo mentre procede all’osservazione delle cavità alla ricerca dell’origine del dolore.
Fa sibilare alcuni suoni metallici, prima acuti e poi gravi e poi bassi.
Mi dice che ho una banale otite, ma che proprio non riesce a spiegarsi l’affare del martedì!
Si allontana un attimo dalla stanza, la mia curiosità si dirige verso una colonna di cd, nascosti tra una pila di libri scientifici. Ne sfilo uno, lo guardo con incanto.
“Le piace il jazz?”, prende il disco dalla custodia e finalmente nella stanza vibrano note buone a sanare l’anima piuttosto che la carne.
“Yusef Lateef, you’ve changed, la mia preferita”.
La buona musica funziona con me come un siero della verità: “Le devo confessare una cosa, ero venuto per il dottor V., non sapevo neanche che ci fosse una dottoressa V. e l’affare del martedì, ecco… mi sono profuso in una penosa arrampicata sugli specchi“.
Evidentemente funzionava anche con lei: “Le devo confessare una cosa: Sono la figlia del dottor V., mi ero accorta del fraintendimento, non è la prima volta che mi succede. Non ho osato confessarglielo prima perché lei mi divertiva troppo. Per farmi perdonare non le farò pagare la visita”.
“Facciamo così, la visita gliela pago e lei per farsi perdonare mi offrirà un caffè…”
“D’accordo, martedì!”
Proprio il giorno in cui ho il dolore anche al sinistro!
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