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Post n°473 pubblicato il 06 Luglio 2014 da maurydgl7
Conobbi il maestro Otello Ceccato quando venne nel 1978 al Palazzo dei Diamanti con la sua mostra in quella galleria che allora si chiamava “centro attività visive”. Da quel momento si instaurò qualcosa tra i miei genitori, quasi coetanei e tra lui e me avendo in comune l’amore per l’arte della pittura, che ci portò a vederci tantissime volte a Copparo dove visse diversi anni. Da qualche anno residente a Ferrara, aveva già dipinto diverse opere tra cui quelle dedicate al Tasso e all’Ariosto che vennero esposte nella biblioteca Ariostea, e proprio in questo periodo stava comunque lavorando malgrado i suoi problemi di salute, ad un nuovo ciclo dedicato ai suoi compositori preferiti di musica classica. Le sue opere da sempre estremamente curate e con una delicatezza al giorno d’oggi introvabile nella pittura, un tocco di signorilità che ha sempre contrassegnato la persona di Otello. Quando vidi suoi quadri su Venezia, città a cui lui era molto legato rimasi folgorato dai colori con cui riusciva a rendere benissimo ed in maniera vivida il colore dell’acqua della laguna, tanto da rendere persino trasparente la tela. I suoi colori tirati con le dita davano all’opera quel qualcosa in più che i pennelli non potevano dare. Pur avendo fatto anche acquarelli, il suo amore per la pittura lo ha sempre portato verso i colori a olio, che definiva più “caldi e vivi” delle altre pitture. Fu grazie a lui che cominciai il Dosso Dossi e anche se ebbi delle problematiche all’istituto per divergenze d’idee, fu merito suo e di mio padre che me lo fece conoscere, se poi ho continuato a produrre arte e soprattutto la pittura. Ricordo che ogni volta che l’ho incontrato, (negli ultimi anni, troppo poco) mi chiedeva sempre in quest’ordine: “come stai? dipingi ancora vero? Hai fatto qualcosa di nuovo?” Era sempre curioso di sapere se avevo fatto progressi, se avevo creato nuove tele. Ricordo che durante una sua mostra a Codigoro, che riguardava il progetto “salviamo Venezia”, ci volli andare con i miei genitori. Prendemmo il treno e andammo a Codigoro, che celebrò diverse volte il Maestro, con mostre ed ospitate a concorsi di pittura estemporanea, durante l’esposizione dedicata alla città lagunare, attese che osservassi bene le opere, poi mi chiese “quale ti piace ti più?” Io risposi che mi piaceva quella dove c’era una veduta della laguna, solitaria, soltanto acqua, cielo e un fittone d’attracco che sporgeva dall’acqua, di quelli che indicano la profondità in quel punto. Lui ripose “ bene, bene!” poi non disse altro. La giornata proseguì tra chiacchierate, cocomeri, macedonia e panna montata, ed uno specialissimo caffè nel bar del centro. Quando arrivarono le 19, mio padre che era il custode del Palazzo dei Diamanti, doveva rientrare per fare la chiusura e così dovemmo lasciare Ceccato. Una settimana dopo venne a casa nostra con il quadro che avevo scelto in mostra e me lo dedicò. Rimasi ammutolito, poiché non me lo sarei mai aspettato, in quanto allora era valutato parecchi soldi. Dopo qualche tempo poi io contraccambiai con una mia opera che gli regalai e che volle mettere sul camino della sua sala da pranzo. La sua sensibilità e la sua caparbietà sono sempre stati caratteristici nella sua figura, dandogli sempre la forza e anche l’avventatezza di buttarsi sempre e di non lasciarsi mai andare. Il suo “ciclo della canapa” fu uno dei suoi cavalli di battaglia, che lo fece conoscere in tutto il mondo, senza poi dimenticare l’amore sviscerato per Venezia, sua seconda città, che incantava sia gli italiani che gli stranieri che rimanevano colpiti da quei colori così splendidi che spesso costavano anche ore per poter trovare le sfumature adatte. Non accontentandosi mai di semplici colori, ma dei colori che la sua anima pretendeva, è sempre riuscito dare un contributo alla pittura non solo Ferrarese, ma Italiana, d’immenso valore. Troppo poco ricordato e citato, rimarrà sempre nel mio cuore come un grande artista ed amico. Maurizio Ganzaroli
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