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Eclisse Totale di Sole del 2012 11 13

Post n°263 pubblicato il 14 Novembre 2012 da leonardo377
 

Grafico Eclisse Totale del 2012 11 13

Ieri era possibile assistere ad un Eclisse Totale di Sole. Peccato che fosse visibile nell’Oceano Pacifico vicino all’Australia. Il massimo oscuramento si è verificato nel Sud del Pacifico alle 23:11:48 (ora italiana).  La durata massima della totalità è stata di 4 minuti e 2 secondi, con un’altezza del sole di 68°, mentre la larghezza del cono d’ombra è stata di 179 chilometri. La linea di osservazione dell’eclisse è avvenuta lungo la linea del cambiamento di data e pertanto l’evento si è compiuto contemporaneamente in due giorni differenti, il 13 e il 14 di Novembre. Dato che l’evento è già avvenuto, per chi non volesse perdere la prossima occasione prepari i bagagli per il 20 Marzo del 2015 per il Mar del Nord al largo delle isole Fær Øer.


Eclisse del 2012 11 13/14:

Grafico Eclisse Totale 2012 11 13/14

Immagine Eclisse Totale di Sole 2012 11 13

Immagine Eclisse Totale di Sole 2012 11 13/14

Informazioni sull’eclisse:

Nasa:

http://eclipse.gsfc.nasa.gov/SEmono/TSE2012/TSE2012.html

http://eclipse.gsfc.nasa.gov/OH/OH2012.html#SE2012Nov13T

Foto:

http://www.astroperinaldo.it/blog/2012/le-foto-delleclisse-totale-di-sole-del-13-novembre-2012/

Video Eclisse:

Fascia di visibilità:

 
 
 

Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 7 di 11

Post n°262 pubblicato il 13 Novembre 2012 da leonardo377
 

Buchi Neri

Il 27 novembre 1783, in una lettera a Henry Cavendish, basandosi sulla legge di gravità universale newtoniana, e sulla teoria corpuscolare, prevede matematicamente l’esistenza di “Stelle Buie” che chiamò “Dark Star”. Scrive una formula e trova che stelle di stessa densità ma con diametro 500 volte il Sole riescono a fermare la Luce. John Michell non ama comunicare con il resto della comunità scientifica e sarà l’amico Cavendish che nel 1784 fece pubblicare la teoria sulla rivista «Philosophical Transactions of the Royal Society». Per la prima volta il Buco Nero entra in scena nella storia ed essendo utilizzate teorie classiche lo possiamo definire come “Buco Nero Classico”. Per poter capire il principio di funzionamento viene utilizzato banalmente il concetto di velocità di fuga che è stato introdotto dalla gravità.

Lancio di Proiettili

La velocità di fuga è un parametro caratteristico della massa di un qualsiasi corpo, ed è la velocità necessaria che dobbiamo imprimere a un altro oggetto per poter fuggire dall’influenza del suo campo gravitazionale. Prendendo ad esempio la Terra, se lanciamo un sasso verticalmente inevitabilmente ricade poco dopo a causa della forte attrazione gravitazionale. L’energia necessaria perché il sasso non ricada più sulla Terra e non risenta della sua influenza è fuori portata dalle capacità umane in quanto occorre imprimere una velocità iniziale di 11,2 Km/sec. Ed è per tale motivo, positivo, che siamo ben saldi sulla superficie della Terra e non dobbiamo temere alcun problema di perdersi nello spazio, ma che, come contropartita, ci complica la vita se vogliamo far partire un razzo. Per capire in altro modo il concetto possiamo sfruttare la balistica militare, se spariamo con un cannone con poca polvere da sparo, la palla ricade vicino a noi, ma se progressivamente aumentiamo la polvere e imprimiamo alla palla una velocità sempre più elevata, si ottiene distanze di ricaduta sempre più lontane. Aumentando la polvere da sparo ad un certo punto la palla di cannone avrà sufficiente velocità per girare attorno alla terra, entrando in orbita, superato di poco questo valore, la palla potrà scappare dall’influenza gravitazionale del corpo centrale. Questo limite è la velocità di fuga.

Velocità Di Fuga

Ogni corpo è dotato di questa caratteristica e dipende dalla sua massa e dalla distanza a cui un oggetto si trova dal centro del corpo. Nella meccanica classica, matematicamente, si esprime con la formula Vf = SQR (2GM/R). Per la Luna, essendo di piccola massa, è necessaria una velocità di fuga inferiore a quella della Terra, equivalente a 2,38 Km/s, invece per Giove il problema si fa decisamente più grave in quanto occorre una velocità di 59,5 Km/sec. Inesorabilmente per corpi ancora più grandi questo limite sale, per il Sole abbiamo 617,3 Km/sec e per una stella di neutroni, dato il suo raggio molto piccolo, si possono raggiungere velocità di fuga dell’ordine di 100.000 Km/s. John Mitchell si rende conto che una stella con la stessa densità del Sole, ma con un raggio di 500 volte maggiore, raccoglierebbe un’enorme massa tale da avere una velocità di fuga superiore alla velocità della Luce.

Missile che vince la forza di gravità

 
 
 

Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 6 di 11

Misura della Velocità della Luce di Roemer

Ole Rømer si accorse che le osservazioni non erano in accordo con le previsioni delle effemeridi, ovvero in alcuni periodi erano in anticipo ed in altri in ritardo. Riuscì a mettere in evidenza che tali anomalie erano in fase con il moto della terra ed in particolar modo con la posizione della Terra con Giove che durante l’anno fa variare la distanza reciproca. La differenza massima tra le effemeridi di previsione e l’osservazione si presenta quando la Terra e Giove si trovano in congiunzione. Nella congiunzione inferiore i due pianeti si trovano alla minima distanza, ma alla successiva, quella superiore, dopo circa sei mesi, vede la terra allontanarsi da Giove per la distanza pari al diametro della sua orbita. Tra le due congiunzioni, la differenza della distanza Terra-Giove è di circa 300 Milioni di Km, una differenza astronomica che anche per la velocità della Luce comincia ad essere rilevante, a tal punto che è misurabile come una variazione di 16 minuti. Ole Rømer ricavò una velocità per la Luce di 210.800 Km/s, ed anche se l’errore è stato elevato, l’ordine di grandezza è stato individuato.

Teoria Corpuscolare della Luce

Il risultato più grande non è stata la misura ma è stato l’aver dimostrato che la velocità della Luce non è infinita ed esisteva un valore limite.  Questo è uno dei passi fondamentali che porta alla necessità di introdurre una teoria che richiede l’ingresso in scena di oggetti come i Buchi Neri, ma ancora non sufficiente in quanto manca un altro tassello di concetti necessari molto importante. Il puzzle viene completato dalla nuova teoria sulla Luce di Newton. Isaac Newton, fra i suoi vari tanti studi, si occupò anche di ottica, e fu il primo a scomporre la Luce solare in tutti i colori dell’arcobaleno con un prisma. Questo ed altri esperimenti lo portarono ad avanzare l’ipotesi della “Teoria Corpuscolare della Luce” esposta nel trattato di “Ottica” pubblicato nel 1704. La Luce, veniva vista come composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Per spiegare i colori aveva introdotto il peso per le palline.

Scomposizione della Luce con il Prisma di Newton

Ad ogni colore era associato una massa differente che interagiva con la forza gravitazionale in proporzione alla sua grandezza: i corpuscoli più pesanti si traducevano in una sensazione del rosso e quelli più leggeri del violetto. Dato che nella teoria corpuscolare la Luce era dotata di un peso sarebbe attratta dalla gravità, e nel suo trattato Newton ipotizzò che un corpo dotato di massa possa deflettere la Luce. Nel 1801, Johann Georg von Soldner, calcola, in base alla teoria di Newton, l’angolo di deflessione subito da un raggio di Luce che passi in prossimità di una stella come il Sole. Ricava che la deflessione è pari a circa 0,87 secondi d’arco, la metà di quello oggi osservato, ma che allora non era possibile verificare in quanto la tecnologia dei telescopi non era ancora progredita sufficientemente. A questo punto il dado è tratto, gli elementi teorici sono tutti a disposizione per ipotizzare un Buco Nero: la legge di gravitazione universale, il limite alla velocità della Luce, la teoria corpuscolare, e la dimostrazione che vi sono oggetti più massivi della terra. Occorre che qualche studioso prenda atto di questi dati e li metta insieme, il primo a farlo è il prete John Michell.

Deflessione della Luce per Gravità

 
 
 

Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 5 di 11

Velocità della Luce

Sono in molti gli scienziati che assecondavano la teoria dell’infinità della velocità della luce e persino l’innovatore Keplero non si era spostato da questa affermazione. Ma qualcuno andava controcorrente e in particolar modo la rivoluzione in questo settore parte dagli arabi che riprendono gli studi greci di ottica e li rielaborano. In particolar modo si distingue Alhazen (965-1038) che ritiene la velocità della Luce essere finita. In Italia trova un seguace in Leonardo da Vinci che nel manoscritto F del 1508 trascrive la sua opinione sulla velocità finita della Luce. Andò oltre affermando che la Luce e il Suono potevano viaggiare attraverso un mezzo, mediante quel che descrisse come tremito o una vibrazione, un processo che una volta innescato si ripete trasmettendo un segnale da un punto a un altro, attraverso la propagazione. Con questa descrizione anticipò, di circa due secoli, la “Teoria Ondulatoria della Luce” formulata da Christiaan Huygens nel 1678.

Esperimento Lanterna di Galileo

All’inizio del XVII° secolo, erano già molti gli scienziati convinti dell’esistenza di un limite alla velocità della Luce e Galileo nel 1581 fu il primo a cercare di misurarla realizzando  un esperimento semplice, ma fallì in quanto il metodo non era idoneo per alte velocità. Dotato di lanterne, insieme ad un collaboratore si pose tra due colline opposte fuori Firenze. Scoprendo una lanterna la Luce si sarebbe propagata all’altra collina, uno dei due collaboratori appena vista la Luce avrebbe scoperto a sua volta la sua lanterna, la cui Luce sarebbe ritornata e osservata alla collina di partenza.  Il tempo di ritardo nell’osservazione della Luce, scorporato del tempo di reazione della persona, fornisce l’indicazione della velocità della Luce. Purtroppo il tempo di reazione delle persone è ben notevolmente superiore a quello della Luce e con un simile esperimento non venne evidenziato nulla sennonché la deduzione che la velocità era altissima.

Esperimento Borelli Velocità della Luce

E nemmeno l’esperimento di pochi anni dopo di Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), riuscì ad evidenziare qualcosa benché la distanza di misura fosse più elevata. Intraprese la misura sulla distanza di 35 Km tra Firenze e Pistoia ed utilizzando specchi riflettenti moltiplicò il percorso ma non riuscì a notare delle differenze apprezzabili. Questo metodo ispirò il francese Armand Hippolyte Fizeau che, nel 1849, riuscì a valutare una velocità di 283.000 km/s, molto vicino alla misura esatta. Ma prima di lui riuscì nell’impresa l’astronomo danese Ole Rømer che nel 1676 riuscì a misurare la velocità della Luce, notando delle anomalie nei tempi delle eclissi dei satelliti di Giove. Dopo la grande scoperta di Galileo che Giove era a sua volta un mini sistema planetario composto di varie Lune, l’osservazione aveva evidenziato le loro orbite attorno al pianeta gassoso ed erano state redatte molte effemeridi che prevedevano il loro moto.  I transiti sul bordo del pianeta, ovvero le eclissi delle lune dietro il pianeta e i transiti sulla superficie dello stesso erano le osservazioni che maggiormente erano ricercati.

Esperimento Di Roemer Velocità della Luce

 
 
 

Buchi Neri, evoluzione storica delle Teorie - Parte 4 di 11

Sistema Copernicano

Il primo che ha aperto la nuova strada è stato l’astronomo Polacco Niccolò Copernico che riscopre il sistema eliocentrico, già ipotizzato dal greco Aristarco di Samo nel III secolo a.C. Qualcosa non andava lassù nel cielo, nei calcoli astrologici per costruire delle effemeridi, alcuni moti dei pianeti non erano coerenti con il modello delle sfere di Aristotele e poteva semplificarsi solo se si accettava che tutti i pianeti giravano attorno al Sole e non alla Terra.

Sistema Copernicano - Centro Orbita terra

Può apparire solo una rivoluzione dei moti ma è un terremoto concettuale in quanto cambia anche lo status della terra, tutt’un tratto diventa un pianeta come un altro e peggio ancora teologicamente non siamo più al centro dell’universo. Il passaggio ovviamente non è indolore, la nuova teoria viene pubblicata nel 1543 solo dopo la morte dell’autore, pertanto senza conseguenze nefaste immediate. Il libro “De revolutionibus orbium coelestium” (Delle rivoluzioni dei corpi celesti), l’autore lo dedicò al Papa Paolo III e probabilmente per non considerarlo eretico, nella prefazione, si sosteneva che il modello era semplicemente uno strumento matematico che non voleva rappresentare la realtà. Forse, grazie anche a questo trucco, si concesse uno spazio temporale di circa 60 anni perché la nuova teoria si diffondesse in tutta Europa e minasse le fondamenta dell’imposizione delle idee teologiche dell’universo della chiesa.

Legge di Keplero

La mano passa a Giovanni Keplero, quando nel 1608 scopre che le “stelle erranti” (le divinità dei pianeti) non si muovono di moto circolare ma ellittico intorno al Sole, dimostrando che gli dei non sono poi così perfetti ma anche loro stessi corruttibili. Ma se il loro moto non era più naturale, cosa poteva indurre gli dei a muoversi attorno al Sole? Pensava che il movimento dei pianeti fosse causato da qualche forza proveniente dal Sole, ma non citò la stessa forza gravitazionale della Terra, forse era già troppo aver distrutto la perfezione assoluta e il paragone poteva essere troppo pericoloso. Il modello di Aristotele subisce un altro colpo quando nel 1638 Galileo fa pubblicare a Leida i “Discorsi e Dimostrazioni matematiche attorno a due nuove scienze attinenti alla Meccanica e i Movimenti Locali” dove dimostra che la caduta dei corpi avviene alla stessa velocità indipendentemente dal loro peso. 

Esperimento di Galileo - Caduta dei Gravi

Il colpo finale al sistema Aristotelico venne assestato da Newton nel 1687 quando enunciò nei “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” la legge di “Gravitazione Universale”.    Il termine universale non è inserito a caso ma evidenzia l’estensione della Gravità dalla terra al cielo e tutt’un tratto anche le stelle hanno una massa. Con quest’affermazione opera la prima grande unificazione delle forze della natura e la gravità è considerata una forza che si applica a distanza istantaneamente. Questo è un primo passo verso la teorizzazione del Buco Nero ma per arrivare a concepirne l’idea occorre un altro attore, ovvero identificare una velocità per la propagazione della Luce. Anche per questo concetto la scienza occidentale subisce l’influenza del modello di Aristotele che riteneva la propagazione della Luce essere istantanea e quindi a velocità infinita.

Forza di Gravità

 
 
 
 
 

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