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Post n°27 pubblicato il 24 Settembre 2006 da rivedelfiume
«Non temo agguati, la mia volontà è di rimanere in Rai fino a quando il Padre Eterno mi permetterà di starci ma, se le condizioni di fiducia dell'azienda e l'ambiente di lavoro diventeranno meno confortevoli, metterò un annuncio economico e mi cercherò un altro posto». Qualche giorno fa, un Bruno Vespa molto irritato perché qualcuno avrebbe solo ipotizzato che le puntate del suo "Porta a porta" debbano scendere da quattro a tre (o meglio, di fargli fare solo le 100 previste dal suo contratto; l'anno scorso, tra elezioni di pontefici e politici, furono 139...), ha cominciato ad alzare la cresta. O, secondo alcuni, a presentare il conto. Aggiungendo: "da quanti mesi si dice che bisogna togliere una serata di Porta a porta? pensate che faccia piacere? Se bisogna cominciare su Raiuno il pluralismo togliendo un puntata a Porta a porta perché no, poi magari andiamo a vedere cosa accade su Raidue e Raitre". Poi: "Nessuna formula è perfetta, sui giornali il giorno dopo mi aspetto sempre le domande che non ho fatto", ha continuato; per poi aggiungere, a chi faceva notare le critiche ricevute per la sua sudditanza nei confronti di alcuni politici, che "se questa formula non va bene imparerò da Ballarò che invita Fisichella che non ha mai votato per la maggioranza. Quello che mi chiedo è la strada giusta è quella di invitare persone rappresentative, come faccio io, o invitare la minoranza della minoranza? Qual' è la strada giusta? Probabilmente è seguire quella della trasmissione che vince, visto che Ballarò è molto ben fatta e nessuno di voi ha detto mai qualcosa contro. Che devo fare? Devo essere equivicino ad un tipo di giornalismo che non è il mio?". Già, il suo "giornalismo", con il presepe di Cogne, il fortino di Nassirya, i parenti del dittatore "dolce", il risotto di D'Alema, il tennis di Bertinotti, le finte improvvisate di Apicella a Berlusconi, l'intervista in ginocchio davanti a San Bettino esule, l'intervista al capezzale di De Lorenzo con la flebo, il suo chiamare Maestà un vecchio puttaniere con la passione delle armi. Scene indimenticabili. Poco importa se destra o sinistra: la par condicio vera per lui è che l'interlocutore abbia un minimo di potere. Se non conta niente, lo massacra. Tra i processi a Previti e quelli a Wanna Marchi la scelta di campo è evidente, magari condita tra un salotto sulle cure dimagranti ed il significato dei sogni nel gioco del lotto. E quel termine , "equivicino": sarà l'assonanza ippica, ma a me ne ricorda un altro, "galoppino".
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