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Post n°46 pubblicato il 14 Giugno 2007 da rivedelfiume
Tra le varie amarezze di ieri, mi sono tuffato, una volta tanto, sulla tv, e mentre aggiornavo la lista dei canali satellitari, mi è entrata la famigerata “tv della famiglia”. Anche se il termine”famiglia”, visto il clima generale e chi sta dietro l’operazione mi riportava non al significato del dizionario, ma più a quello in auge nei romanzi di Mario Puzo.
Post n°45 pubblicato il 26 Maggio 2007 da rivedelfiume
Stavo pensando ad un piccolo dizionario dell’automobilista moderno. Suona bene, no? Idee poche, ma ben confuse.Teoria poca, ma osservazione tanta: basta fermarsi qualche minuto ad un semaforo. Se ne uscirà abbastanza abbrustoliti, ma sai che osservatorio previliegiato? Alcune definizioni e considerazioni spicciole: AUTOMOBILISTA: è la incarnazione di Dio sulla terra, l’essere Perfettissimo e Supremo. In cielo, in terra, in ogni luogo: soprattutto in ogni luogo. Nei rari cancelli che si affacciano sulle piste ciclabili, Lui c’è. Nelle zone pedonali, quando cammini sicuro, Lui c’è. Nell’unica confluenza da destra nel raggio di chilometri, Lui c’è. Nella strada stretta, soprattutto se hai fretta perché perdi il treno, a fare inversione, Lui c’è. Se sei fermo davanti ad un passo carrabile un minuto, in una strada di grande traffico, Lui appare. BICICLETTE: qui sono come le vacche sacre in India, quelle che fanno i loro comodi lungo le strade obbligando le macchine a numeri di alta acrobazia per scansarle. In base al dogma dell’ “IO sono, e faccio quel che mi pare”, il ciclista estense non tiene in sufficiente considerazione le differenze culturali esistenti fra automobilisti indiani e ferraresi; se per quelli asiatici le vacche che si piazzano a ruminare sulla tangenziale di Bombay rappresentano gli spiriti degli antenati, a questa latitudine i ciclisti che scorrazzano a ridosso della striscia di mezzeria della carreggiata meritano solo di essere sollecitamente aiutati a ricongiungersi agli antenati -tra cui, alcuni sicuramente perversi- di cui trattasi. CARROZZERIA: sempre lucida, pulita, per specchiare compiutamente il proprio ego. Qualora sfregiata da segno di portiera in parcheggio a pettine, sarà equiparata, nel giudizio del suo padrone, ad uno stupro, al quale reagire con la castrazione fisica del reo. DISCIPLINA: cos’è? EDUCAZIONE: vedi alla voce "disciplina". FANALI: simpatico optional a disposizione dell’utente. Accesi quando potrebbero riposare, secondo una nota legge libertaria (es. ore 13 di un ferragosto a Marina di Ragusa), spenti quando una orrida legge liberticida -la sera, ma si vede che, durante la creazione della rotazione della Volta Celeste, Dio era ostaggio della Sinistra radicale- obbligherebbe (condizionale d’obbligo) a tenerli accesi. GAMBE, TETTE, SEDERI: non c’entrano granchè con le dinamiche del traffico, ma quando leggo che gli automobilisti inchiodano per vedere il cartellone pubblicitario con la macelleria di turno, un qualche dubbio sulla maturità complessiva lasciatemelo venire (il dubbio, sottolineo....) PEDONI: inutile ostacolo creato esclusivamente per impedire al motore di raggiungere la massima potenza disponibile. Spesso portatori di sporte del pattume da buttare negli appositi cassonetti, non capiscono, gli imbecilli, che quando uno spende l’equivalente di un monolocale in centro storico per la propria Libertà su quattro ruote, tra loro ed i moscerini l’unica differenza è che è più difficile tirarli via se si stampano sul vetro. VIGILI: spesso il tentativo di stabilire un contatto con loro, o quanto meno una sintonia cerebrale, sembra smentire con una certa solidità la diffusa credenza secondo cui l’uomo è una forma di vita intelligente sulla Terra.
Post n°44 pubblicato il 17 Aprile 2007 da rivedelfiume
"Nella vecchia Montecchìa, iaiaoh/Maso copa anca so zia, iaiaoh" (Cori da stadio degli Ultras del Verona, maggio 1991) ___________ Montecchia di Corsara è un piccolo centro in provincia di Verona. Veneto timorato e ricco, dopo secoli di miseria, di fame, di emigrazione, di fuga dalla terra. In una villetta vivono Antonio Maso, 52 anni, sua moglie Maria Rosa Tessari, 48, agricoltori felici e possidenti. Hanno tre figli, Laura, Nadia e Pietro, 19enne. La classica famiglia che ha tutto, secondo gli stereotipi e le convenzioni: la casa, la terra, "i schei", anche per il futuro. Futuro che corre, quando in vent'anni si è passati dalla vanga ai trattori. Ma anche Pietro corre, con questo mito del tutto il denaro e tutto il tempo per goderselo, subito. Così convince i suoi tre migliori amici ad «un lavoretto» come detterà a verbale, per spazzar via quello che ancora intralcia il loro furente conformismo. Il 17 aprile 1991 Pietro, insieme con Paolo Cavazza, 18 anni, Giorgio Carbognin, 18, e Damiano Burato, 17, dopo aver indossato le maschere del recente carnevale, tende ai danni dei genitori una vera e propria imboscata al rientro da una funzione religiosa. Sono passate da poco le 23.30, si accende la luce, in quella villetta a Montecchia di Crosara, ed è il segnale che dà il via al massacro. I coniugi Maso vengono ripetutamente colpiti con un bloccasterzo e una mazza di ferro. Una mattanza che dura 53 minuti. Il padre, mentre ancora rantola, è soffocato con una coperta schiacciata sul volto con un piede da Cavazza, mentre la madre, che tenta di divincolarsi, viene finita con un colpo alla testa dal figlio. Pietro e i suoi amici pensano, prima e durante, che ammazzare sia facile, come in un film. Che basti un colpo, e tutto è finito. Che domani sarà facile andare in banca e chiudere il conto corrente dei genitori prelevando tutto il denaro disponibile per far la bella vita a base di auto nuove e serate in discoteca. Il film, un bruttissimo film, è andato diversamente. Dopo l'aggressione mortale, i giovani infatti simulano la rapina e poi, tranquillamente, vanno in discoteca. Al ritorno a casa, Pietro finge di scoprire l'accaduto ed è lui a dare l’allarme. A portare i carabinieri sulle tracce degli autori del delitto, qualche giorno dopo, sono proprio le due sorelle di Pietro, le quali scoprono che dal conto della madre sono stati prelevati 25 milioni con un assegno recante la sua firma contraffatta. L'assegno, sosterrà l'accusa, sarebbe servito ai giovani per estinguere un debito contratto da Carbognin con una banca per comprare una Lancia Delta integrale, poi non acquistata per contrasti con i familiari. I soldi, nel frattempo, saranno tutti spesi lo stesso, nel giro di due mesi. Ed è stato proprio per evitare che i genitori se ne accorgano, che Pietro Maso ha deciso di ucciderli. Anzi, il delitto è stato architettato appunto perché Maso potesse ottenere l’eredità così da mantenere quello stile di vita e di consumi che lo ha fatto emergere tra gli amici del paese. In precedenza, si scoprirà durante le indagini, ha già provato a uccidere i genitori, prima con un ordigno rudimentale fatto con due bombole di gas, poi tentando di investire mamma Rosa. Dalle indagini emergerà che Pietro aveva pensato anche di eliminare le sue due sorelle per essere l’erede di tutte le sostanze paterne. L’episodio non sconvolge solo il paese di Montecchia, la località veneta apparentemente tranquilla e dal benessere crescente negli anni in cui si verifica il delitto, ma tutta l’Italia che non sa darsi ragione dell’accaduto. Eppure non sarà un caso isolato. Episodi del genere si ripeteranno, non ultimo quello celebre di Erika e Omar, i due fidanzatini adolescenti che uccideranno, anni dopo, la madre e il fratellino di lei, con predeterminazione e spietatezza. Appena la stampa diffonde la notizia del crimine, esplodono le interpretazioni psicologiche, psichiatriche e sociologiche. Come è possibile arrivare a tali livelli di violenza, a maggior ragione all’interno del nucleo familiare? Quale sistema di valori fa sprigionare questa furia omicida e che ruolo vi gioca il contesto sociale e culturale? La spiegazione è univoca: Pietro Maso come cartina di tornasole del degrado culturale di una regione troppo ricca di soldi e troppo povera di cultura. Elegante, lucido, geometrico come la sua Golf GTI che correva bruciando l'asfalto. Fa scalpore, durante il processo, la perizia affidata dall'accusa al professor Vittorino Andreoli. Lo psichiatra, oltre a escludere che i tre fossero incapaci di intendere e volere, punta il dito contro la società in cui il duplice delitto si inserisce: "Una società improntata all'apparenza, incapace di risolvere nuovi problemi, che tende solo a negare o nascondere" e "una società che è stata riempita di denaro, che è diventato il vero dio di questi luoghi e dove la scuola è diventata una perdita di tempo". Maso viene condannato dai giudici di Verona, il 29 febbraio 1992, a 30 anni di reclusione; 26 anni a Carbognin e Cavazza. Tredici anni, invece, al Burato, minorenne all'epoca dei fatti. Incredibile a dirsi, insieme con la condanna arriva addosso a Pietro una fama fatta di lettere d´amore in carcere, Masoparty nelle discoteche della provincia, i cori da stadio dei neofascisti ultras veronesi citati all'inizio; fama che, come scrive Pino Corrias "illumina proprio una certa Italia già raggelata dalla banalità perpetua del consumo e delle mode consumabili, povera di linguaggio, povera di sguardo e ricca di tutto il resto, cioè il quasi nulla in saldo che abita il Nord. Che poi riverbererà nel flusso perpetuo delle nuove televisioni commerciali accese a raccontarci di una festa benestante sempre in corso, gratuita, di superficie talmente illimitata da inglobare anche un po´ di vita vera, anzi verissima, da cui estrarre un po´ di spavento, tracce di dna e spot." Per anni non se ne parla più, di Maso & co., se non in occasioni di altre efferatezze: ma nel febbraio scorso, Repubblica intervista Pietro che si dice "una persona diversa". "Sedici anni di carcere mi hanno cambiato. Mi ero perso, ho cercato di ritrovarmi, grazie anche alla fede", spiega. "Ai ragazzi che mi scrivono e mi raccontano che vogliono uccidere i genitori, dico di fermarsi, di ragionare, di ricucire i rapporti". "Non ho potuto salvare me stesso, almeno ci provo con gli altri. Perchè quando fra cinque anni uscirò di qui, anche queste cose, forse, mi serviranno per iniziare una nuova vita". Adesso, l’ultimo colpo, da maestro della comunicazione, da chi sa gestire da sempre la propria immagine: l’uscita è stata seguita dalle telecamere Mediaset che hanno documentato l’evento con tanto di intervista a una parente, la zia Rosina, che da Montecchia di Crosara gli ha mandato a dire di averlo perdonato da subito: «Se tornasse non gli chiederei niente, lo abbraccerei e basta». La pubblica ostilità a sconti sui trent’anni di carcere ai quali Maso è stato condannato risale proprio ai tempi del delitto, efferato e mai dimenticato, fino alla ribalta di questi giorni, ancora una volta girata a pietismo da un sistema televisivo del quale non si parlerà mai abbastanza male, se e quando usato ai fini giudiziari. "Tutto narrabile in forma seriale come se davvero lo sguardo del pubblico possa penetrare la superficie del delitto, riconoscere gli indizi, pesare le emozioni, dettare la sentenza in una forma aggiornata del giudizio di dio diventato Auditel numerico. E liberandoci, con lo spettacolo del sangue altrui, dallo specchio che ci respira accanto. Nel quale pulsa il segreto che ci portiamo in perpetuo dai tempi di Eschilo e dell´Antico Testamento. Come una insonnia che non ci spieghiamo, come un cattivo pensiero che ci aspetta." (Pino Corrias)
Post n°43 pubblicato il 19 Febbraio 2007 da rivedelfiume
Una emozione, un poter dire finalmente "io c'ero". C'ero, a sentir risuonare nel soggiorno quel distinto "Amici sportivi italiani in ascolto, qui è Nicolò Carosio che vi parla e vi saluta…” La mente va dove va, chissà... Era proprio un secolo fa, il tipico fruscio di sottofondo della radio in Onde Medie, lontana mille miglia dalla purezza della FM, la voce del cronista a stuzzicare la fantasia e insegnarci l’esercizio dell’immaginazione, costruendo scenari e situazioni che poi la televisione, con la cruda realtà delle immagini, ha distrutto come un ghiacciolo messo in forno. Ero un bambino: e la domenica si aspettava davanti alla vecchia radiolona il fatidico momento in cui i soldatini tornavano nelle scatole delle loro improbabili Waterloo, le macchinine in quelle dove cessavano le sfide, i fumetti nella loro caotica montagna che era la disperazione della casalinga rivestita dalla figura gioviale di mia madre. "Dallo studio centrale, Roberto Bortoluzzi..." I radiocronisti entravano in cronaca per approssimazioni successive, chissà perchè la tua squadra era sempre un attimo dopo, rispetto a quando l'avresti voluta. Ma l' Assoluto era lui, il mitico -mai questo aggettivo fu meno sprecato- Nicolò Carosio, la prima voce del calcio, che in questo 2007 viene finalmente celebrato come si deve. La cronaca, meglio, la storia racconta che era il 24 gennaio 1954, quando la platea dei telespettatori (allora pochi intimi, per lo più concentrati nei bar) potè ascoltare Carosio, insieme con Vittorio Veltroni (responsabile del primo telegiornale, oltre che padre dell'attuale sindaco di Roma) e Carlo Bucarelli (primo “mezzobusto” della Rai) mentre raccontava Italia-Egitto (per la cronaca, finì con "lo schiacciante successo degli azzurri per cinque marcature a uno"). Si è sempre detto che Carosio mettesse insieme le sue radiocronache indipendentemente dagli accadimenti sul prato, col risultato che le partite erano due, quella vera e quella raccontata da lui, che magari senza saperlo aveva inventato la prima cronaca virtuale. Era lontana la televisione a scoprire le sue magagne, a mostrare impietosamente come una immaginata ed immaginaria azione d'attacco "schiacciante e martellante" si risolvesse in una "rete!" realizzata inspiegabilmente dagli avversari; ma Carosio, con il suo calcio raccontato come una battaglia alle Termopili, con o senza il “quasi goal”, rimane irraggiungibile per chi oggi si esibisce in chiacchierate da bar, quando a massacrare lo schermo (e la logica) non basta un solo telecronista, occorre il supporto del commento tecnico (il cronista dice "C'è da soffrire" ; il commento tecnico ribadisce "se continuano a restare nella propria area, prima o poi gli avversari potrebbero segnare, e la rimonta diventerebbe difficile"), ed il collegamento a bordo campo, e quello dal sottopassaggio, e le interviste post partita che hanno, in nome della banalità assoluta, il solo scopo di bombardarci di marchi alle spalle dei due attori. Io, a dirla tutta, preferivo la cronaca poco chiacchierata. Per curiosità, mi sono rivisto tempo fa uno spezzone del dolorosissimo (per noi nerazzurri del tempo) Bologna-Inter, spareggio per lo scudetto 1963-1964: il telecronista dall’Olimpico, manco a dirlo, era proprio Carosio. La sensazione era quella di un difetto all'audio della registrazione, dato che Carosio si limitava a citare il nome dei giocatori, "Perani, Bulgarelli, Haller, Nielsen… rete, rete, ha segnato Nielsen": tutto qua, ma che fascino, che classe. Soprattutto pensando che adesso ogni azione di gioco viene interpretata con un accanimento degno di uno scritto di Hegel. Carosio non era un freddo, anzi: il suo tifo per i nostri colori gli costò l’allontanamento definitivo dai microfoni. Mondiali del 1970 in Messico: durante Italia - Israele (0-0), un guardalinee etiope annulla due reti regolari all'Italia. Carosio, impulsivo come al solito, esclama: «Ma cosa vuole quel negraccio?» ed ancora "L'ineffabile negro" o, con per nulla celato disprezzo, “L’etiope”. Ne viene fuori un caso internazionale: l'ambasciata etiope pubblica una protesta ufficiale, ed i vertici della Rai (i cui successori attuali difendono con orgoglio programmi da nettezza urbana, e neppure riciclabile) lo sospendono all’istante, consegnando(ci) il resto del Mondiale alla voce "politicamente corretta" ma asettica di Nando Martellini. E Carosio resterà sempre Carosio. Nel novembre del 2000 gli hanno dedicato una targa nello stadio di Palermo, e l’allora sindaco Orlando lanciò pure l’idea di innalzare un monumento alla “Prima voce del calcio italiano”. Poi, nulla, fino alla commemorazione odierna. Meritatissima: perchè mentre "il cuoio" rimbalzava sul prato, lui trasformava l’evento sportivo in un evento epico. La voce di Carosio rimarrrà per sempre nella colonna sonora degli anni belli del calcio della memoria, ed il suo personalissimo stile resterà comunque irripetibile. Del resto, con un nome così, non poteva essere diversamente. Anche un suo illustre omonimo, violinista, era solito non ripetersi: e come insegna la filosofia orientale, è impossibile bagnarsi due volte nella stessa acqua.
Post n°42 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da rivedelfiume
"Nessuna legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale. Ancora dal diritto naturale, derivano altri principi che regolano il giudizio etico rispetto alla vita da rispettare dal momento del concepimento alla sua fine naturale, essendo la vita un dono gratuito di Dio del quale l'uomo non può disporre". (Papa Benedetto XVI, 12.2.2007) "La grande maggioranza degli italiani costruisce una famiglia, ma solo un ottuso può dire che non esistono altre realtà: se ci sono diritti o doveri delle persone che non sono tutelati perché fanno parte di un'unione e non di una famiglia, servirà un intervento legislativo per rimuovere la disparità. Anche per i gay, naturalmente. Premesso che il diritto naturale e la Costituzione dicono che l'unica famiglia è quella fondata sul matrimonio, dobbiamo necessariamente prendere atto che nella nostra società ci sono forme di convivenza e di unione non assimilabili alle famiglie. Aspetto di vedere se davvero il governo presenterà questo disegno di legge. Ho molti dubbi che riesca a farlo. Anche per i gay? Naturalmente: quando parlo di persone mi riferisco a tutti". (Gianfranco Fini, L'Espresso, 27 dicembre 2006). Questa mattina, il presidente della Cei, Camillo Ruini, ha annunciato una "nota ufficiale, una parola meditata, che sia impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti".
(Attilio Bertolucci - Viaggio d'inverno - 1971)
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Inviato da: camillasar
il 27/04/2011 alle 13:23
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 09:26
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 08:40
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 07:37
Inviato da: lottersh
il 25/03/2009 alle 06:59