Creato da: rivedelfiume il 26/06/2006
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« Op Op cavallo......Caro amico ti schivo..... »

Post N° 28

Post n°28 pubblicato il 11 Ottobre 2006 da rivedelfiume

O

immagine


Il cd l’ho trovato lì, sulla tastiera del pc.
Una grafia conosciuta, la stessa degli auguri per le feste, dei bigliettini per i regali, degli appunti dimenticati in aula quando ero travestito da docente: solo un po’ più esitante, nella sua eleganza e chiarezza.
“Non so se l’apprezzerai come merita, dato il momento: ma ti piacerà. Con affetto G.”
Masterizzato, non certo per risparmiare (chè G., anzi, fa della sua generosità una nota caratteristica, non l’ho mai vista tirarsi indietro né materialmente né moralmente, in tanti anni), ma di sicuro per la ormai accalarata irreperibilità nei negozi cittadini.

Demian Rice.  O

Ovviamente, mai sentito, io che sono rimasto ai miei ’70, salvo qualche scoperta grazie alla rete di amici ed agli amici di rete. Altrettanto ovviamente, alle 15.32 –potenza della burocrazia, ti determina pure gli orari- finisce nel lettore, la Filippa all’ombra mi regala una confortevole parentesi di fresco.Non così la musica, calda ed avvolgente, un po’ come le parole ricevute in questi giorni.
Un suono lento, nudo e crudo: voce, chitarra, basso, batteria e violoncello. Tanti anni dopo Nick Drake, una nuova mano sulla spalla, ed una carezza per l’anima. Un disco nato tra i cieli d’Irlnda ed un soggiorno in Toscana, ecco da dove nasce il vero calore, quello che fa riassaporare quell’ansia sussurrata che si insinua nelle orecchie e nell’anima.
E l’istinto è quello di lasciare in loop il cd nella disperante  ricerca di una via di fuga dalle mille malinconie, o che permetta di goderne senza soffrire.
Arpeggi lontani di chitarra, una voce che ti prende per mano , ti entra nelle orecchie, sottopelle, ti illumina il cammino verso una strada da tempo dimenticata o abbandonata.
Un vento leggero, come l’aria dal dito di finestrino aperto: “Delicate”, melodia che ti assale alla gola, ma è come un respiro, non una morsa; “Volcano”, violino e  voce di Lisa Hanningan, così scopriro’ che si chiama, dolce ed al tempo stesso distaccata, non chiede l’attenzione dell’ascoltatore, se la prende tutta. Poi “The Blower’s Daughter”: una fusione di chitarra acustica, violoncello, voce, fino al punto in cui la perfezione non è solo un modo di pensare.
Di corsa in casa, nessuno presente, la curiosa voglia di sapere come andrà a finire il disco.
Ammesso che finisca, poi.
Parte “Cannonball”, e si è davvero proiettati in un’altra dimensione, dove si plana con la disarmante  Older Chests”.  Prima ancora che arrivi Lisa  Hanningan, a doppiare la voce di Rice, la canzone ti ha già rapito. Un viaggio di onirica bellezza in balia delle onde degli archi. Ma è a questo punto, quando il viaggiatore è già conquistato, che arriva nuova luce dallo stesso orizzonte. “Amie”, che non può infatti, prescindere dal trasporto di cello (Vyvienne Long) e violino, è un piccolo assaggio, una prova splendida di quanto solo il finale svelerà. Intanto il disco dispensa ancora “Cheers Darlin’ ”, forse danneggiata dalla compagnia delle altre, l’incantevole “Cold Water”,  brano caldo come una tazza di tea appena versato in tazza fumante, a dispetto del titolo, nel quale il connubio vocale Rice-Hanningan raggiunge vette altissime, e “I Remember”, in cui, tangibilmente, l’angoscia entra nella pelle, la spietata semplicità dei testi e la feroce delicatezza della musica raccontano una storia della nostra vita che se ancora non ci è dato di rimpiangere , speriamo di potere vivere.
O vivere ancora.
Occhi lucidi, siamo alla conclusiva “Eskimo”, stando alla copertina. Un ultimo capitolo che svela tutto, che scioglie ogni dubbio, lasciando solo certezze e ovviamente una sorpresa. Quando la voce di Rice si alza altissima, “Eskimo” diventa come d’incanto, senza soluzione di continuità, un’opera splendida.
Corde della chitarra in fibra d’anima.
Ma non è davvero finita: due canzoni nascoste,  Prague” e “Silent Night” che nulla tolgono, anzi aggiungono, nella loro dolcezza espressiva.
Se “O” fosse un libro, non potrebbe avere un finale migliore.
Se fosse una torta, inseguiresti le briciole sin dentro la teglia.
Se fosse un film, sarebbe di quelli che non vuoi uscire dal cinema per non affrontare la luce.
O il reale.
Damien Rice apre, o meglio, riapre quelle ferite che ciascuno crede rimarginate e che invece sono ancora lì, “like a crack in the wall”, non più sotto l’attenzione quotidiana, ma conservate con cura religiosa in un tabernacolo sotto sale.
E’ una catarsi che si avvale di tonalità vocali da brividi, dell’essenzialità di una chitarra acustica che ha visto e sofferto ciò che la voce racconta, di un violoncello che smuove nel fondo ciò che si è messo da parte, conferendo musicalmente il gusto agrodolce che ha la tenerezza di un triste ricordo, che a riviverlo trasmette di continuo forti emozioni.
Una casa per l'anima, un'anima che risuona per casa.
“I remember it well”: l’impressione dopo aver ascoltato il disco è questa, “lo ricordo bene”.
Dimenticarlo, mai più.

 
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Commenti al Post:
fragolarossa1960
fragolarossa1960 il 14/10/06 alle 09:43 via WEB
Benrtornato ...@-;--
(Rispondi)
 
rivedelfiume
rivedelfiume il 14/10/06 alle 12:24 via WEB
Grazie....ti mando una rosa ed un sorriso...
(Rispondi)
 
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