CARMEN AULETTA
I ricordi, certi ricordi, sono come tatuaggi, non vanno più via, sono parte della tua anima, della tua vita.
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Post n°180 pubblicato il 10 Agosto 2009 da carmen46c
“Vorrei sapere perché mi hai sposata!” Più che una domanda era un 'affermazione. Antonella, non riusciva neanche più a pensare con lucidità quella mattina, la rabbia e il rancore offuscavano la limpidezza dei suoi pensieri, di solito era una donna ragionevole e molto paziente, raramente manifestava con veemenza i suoi cattivi stati di animo. Preferiva raffreddare la sua rabbia servendosi del suo speciale “pronto soccorso”, il cibo. Quello che suscitava l’ira di Antonella era l’atteggiamento apatico del marito, si chiedeva la ragione della sua indifferenza per tutto quello che accadeva nella loro casa. Spesso con la mente andava indietro di 20 anni, al tempo in cui si erano conosciuti, si ricordava bene che all’epoca , il marito, un aitante giovanotto di bell’aspetto, con un carattere non proprio facile, aveva però di buono che manifestava con passione, seppur con furibonde litigate tutto quello che aveva dentro. Antonella sentiva la mancanza di quei sani litigi di un tempo, la continua attrazione e repulsione verso quell’uomo, che avrebbe voluto schiaffeggiare un momento prima per poi baciarlo un attimo dopo, rappresentava la linfa vitale del loro rapporto. Ora, la loro relazione era divenuta piatta, senza emozioni, senza sorprese, tutto era monotono e prevedibile . La cosa peggiore era che non si riusciva a litigare per nessun motivo, di certo non era perché non esistevano motivi per litigare, c’erano e per Antonella non erano affatto banali, anzi, erano persino di una certa gravità. “ E’ mai possibile che mi fai una carezza solo quando vuoi fare sesso con me?”. Questo era uno dei motivi “gravi” per cui Antonella avrebbe litigato volentieri con il marito, lui invece preferiva affondare la testa nel giornale che leggeva tutte le sante sere sdraiato su quella poltrona mentre lei sparecchiava la tavola e lavava i piatti. Sapeva già come sarebbe finita la serata, seduti entrambi annoiati e sonnacchiosi davanti al televisore e l’unica frase che lui le avrebbe rivolto sarebbe stata la stessa, identica a quella che ripeteva ogni sera dopo cena: “Fammi una tazza di caffè!” Ora, Antonella, in quella stanza asettica di ospedale, davanti a quel letto su cui giaceva il marito in coma da più di tre mesi, aveva lo sguardo perso nel vuoto, la sua unica occupazione era di ritornare più volte durante il giorno e costringersi a parlare al marito come il medico le suggeriva. Cosa poteva oramai dire a quell’uomo, ora che ella aveva imparato a non fiatare più, a reprimere ogni voglia di gridare, di litigare e di piangere? Pensava di essere stata davvero perfida con il marito quel giorno in cui gli disse che non avrebbe neanche sentito la sua mancanza, qualora lui fosse morto, perché per lei, lui era divenuto “inesistente” . Ora, al contrario, si faceva sempre più grande il vuoto che le aveva lasciato, quella poltrona, la sua preferita, era impossibile da guardare, Antonella avrebbe pagato chissà cosa per rivederlo con la testa affondata nel giornale. Si chiedeva, come sarebbe stata ora la sua esistenza senza l’ombra di suo marito che non le rivolgeva più di tre parole nell’arco della giornata. All’improvviso, comprese che il marito sapeva parlare con quel suo silenzio, era lei che non afferrava il suo linguaggio, e non era vero che non l’amava, non le faceva mancare niente, anche questo era un linguaggio d’amore, ogni giorno, ogni piccolo gesto, seppur identico e ripetitivo le diceva quanto lui continuasse ad amarla. “ Perché solo ora l’ho capito? Potevo godermi i tuoi silenzi invece di combatterli!”, finalmente Antonella riuscì a sbloccare le sue lacrime, prese la mano del marito, la baciò teneramente e l’appoggiò sulle sue guance , ebbe la sensazione che fosse il marito stesso ad asciugarle le lacrime mentre lei gli diceva: “Ora so come voglio trascorrere il resto della mia vita e …… VOGLIO FARLO CON TE”. Carmen Auletta
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