Creato da darkside_79 il 07/11/2006

Serendipity

River of life (The DarkSide's window)

 

 

oggi

Post n°148 pubblicato il 14 Giugno 2009 da darkside_79

 
 
 

L'ultimo bacio.

Post n°147 pubblicato il 14 Giugno 2009 da darkside_79

C'è che ieri ho conosciuto la Morte.
'Che l'avevo spesso incontrata di sfuggita, ma non era mai venuta di proposito. Si è presentata poco dopo le nove di sera, danzando leggiadra sul petto di mia zia e accompagnandola sottobraccio altrove. Non è giunta inaspettata, sapevo che il momento era vicino. I soloni in camice bianco non si sbagliano mai e la telefonata mattutina di ieri ci aveva preparato ad un epilogo imminente. 
Nel primo pomeriggio ho baciato mia zia per l'ultima volta, in ospedale, e l'ho baciata sulla fronte. Era l'unico francobollo di viso libero da impedimenti, dove la pelle non era contrita dallo strozzo dei lacci e dalla pressione della maschera per l'ossigeno che le solcava con forza gli zigomi.
Aveva i capelli tirati all’indietro, con alcune velate tracce di bianco miste ad una tinta bionda sbiadita. Il viso era tirato, sofferente allo spasmo, gli occhi socchiusi e assenti, con sporadici movimenti delle pupille. Respirava con pause innaturali, con parentesi di immobilismo lunghissime, mute e vuote, apnee profonde che presagivano la fine ad ogni tocco di lancetta. 
Nella stanza, un po’ sgarruppata e tristemente impersonale, era stata posizionata di proposito una tendina per celare il suo repentino sfiorire dalla vista della sua coinquilina, una signora anziana della quale ho scorto malapena un abbozzo di profilo.
La tendina celava la vista ma amplificava il senso di ineluttabilità e poi faceva freddo, un freddo che non è misurabile col termometro. Mi sono avvicinato alla fronte della zia con pudore e rispetto. L'ho baciata e le ho voluto bene con una carezza che sapeva di commiato. 
Trattenevo a stento le lacrime mentre guadagnavo l'uscita dell'ospedale, sgattaiolando furtivo e invisibile fra decine di persone. Due guardie alla macchinetta del caffè, alcuni portantini che fumavano all'uscita, la donna che puliva le scale; figure scolpite negli occhi, colpevoli, in quel preciso istante, di ovvia inconsapevolezza. Ho odiato il loro chiacchiericcio, senza mai prestare attenzione alle parole, ma solo al loro suono sgradevole. Cercavo silenzio, l’ho trovato dentro.  
Il pomeriggio è stato difficile quanto inutile. Immerso nel ritmo sincopato delle problematiche altrui, cercando di agire sul posto di lavoro con naturalezza e impegno. La maleducazione di un cliente, le confessioni di un amico di famiglia, le telefonate a singhiozzo portatrici di richieste impossibili, offerte stracciate, prezzi pazzi, burocrazie complicatissime, questioni irrisolte. Tutto come al solito, se non fosse che io non c'ero. Agivo per inerzia, ma la testa confluiva all'ora ics. Mi destava solo il trillo degli apparecchi, ma dall'altra parte del filo non si aveva mai la notizia.
Ho puerilmente creduto che la Morte avrebbe tardato, ieri. Invece si è tinta di silenzio, vestendosi d’ombra. Ha agito con la complicità delle tenebre, come un soffio, una brezza lenta e avvolgente. Senza fretta ha atteso paziente che la zia fosse sola, dopo un'intera giornata di via vai fra parenti, infermieri e pure un prete. Si è presentata nel suo abito migliore, puntuale all'appuntamento. Bellissima, 'che non l'ho immaginata in vesti tradizionali. Una bambina, invece, con piccole scarpette bianche e passi veloci e danzanti. In punta di piedi, quasi. Sorridente. Un abito chiaro, ricamato con mestiere. Ed una filastrocca sussurrata con naturalezza, come quando cogli un bimbo giocare in un angolo. Io l’ho voluta immaginare così.
Si è avvicinata al letto della zia e con la sua piccola manina le ha chiuso le palpebre, prendendola poi per mano.
In quel momento io stavo a casa, scambiavo due parole su Msn, quando il telefono è suonato destando d’acchito tutti quanti. Non ho risposto io, ho solo sentito i singhiozzi di mia madre provenire dal salotto. In automatico mi sono vestito, senza chiedere nulla ‘che era tutto lineare, così smaccatamente ovvio che ti veniva male. E’ quel senso di impotenza che ci relativizza in un micron, facendoci sentire minuscoli.
Stelle nane in un universo d’ampiezza indefinibile, troppo esteso per abbracciarlo con i sensi e oltremodo indecifrabile per farsene una ragione, ci muoviamo sospesi. Guidavo verso l’ospedale noncurante del mondo circostante. Le sirene delle autoambulanze, clacson e insegne luminose non mi ferivano né le orecchie né gli occhi.
Semplicemente andavo.
Il parcheggio era desolato, semivuoto. Al contrario del pomeriggio quando il perimetro dell’ospedale era una selva affollatissima di addetti, mezze figure, parcheggiatori e taxisti. Entravo in ospedale da solo, e da solo percorrevo due corridoi e un paio di piani di scale. Non c’era nessuno, il rumore dei miei passi mi appariva smisurato, quasi offensivo. Un rimbombare fra mura vuote, con echi di solitudine percepibili. La mia fragilità messa a nudo dalle lampade al neon. La porta del reparto chiusa, il mio bussare quasi senza disturbare, il viso di mia nonna, solcato da lacrime copiose. Mia cugina, stretta con forza in un abbraccio come mai prima d’ora. E poi mia mamma, indifesa e piangente. E mio fratello, al suo primo appuntamento con la Morte, disorientato con le mani in tasca e le spalle al muro.
Lei era lì, adagiata nel letto. Immobile come una scultura di cera. Gli occhi vitrei socchiusi, le mani semi aperte. Le ho guardato le dita, subito. E mai prima d’ora mi ero accorto di quanto assomigliassero a quelle di mia nonna, le stesse mani, con le medesime venature, con i polpastrelli un po’ rigonfi. La fronte, quella stessa fronte che avevo baciato poche ore prima, era rilassata e lucida. Anche le rughe che le solcavano il viso apparivano meno invasive.
Io la guardavo rapito. Un leggero spostamento d’aria muoveva la tendina divisoria, e a tratti le increspava lievemente il lenzuolo. Al punto che appariva dormiente, io la vedevo respirare, aspettavo che muovesse gli occhi. E invece niente.
Mi sono seduto vicino a lei, mentre gli altri si consolavano fuori dalla stanza. E in quel momento ho conosciuto la Morte, ho potuto coglierla nella sua cruda essenza, senza intermediari, senza lenzuoli coprenti, senza girare la testa dall’altra parte. Ho avvertito il freddo gelido, quel freddo che spira da dentro. Che non c’è coperta.
Il silenzio del reparto, l’oscurità del corridoio e l’intensa luce dei neon nella stanza mi hanno vagamente tramortito i sensi, già messi a dura prova dalla percezione circostante, crepuscolare e carica di sentimento. E’ stato in quel momento che ho cominciato ad avvertire mia zia in maniera difforme. Non la percepivo più con i sensi. Ma la sentivo, la potevo respirare. E’ quello che ho detto a mia cugina, quando mi ha chiesto con gli occhi gonfi come stavo vivendo il momento. Le ho sussurrato in un orecchio: “La sento qui, affianco a noi, è lei a consolarci. Non senti?”.        
Ziotta mi manchi già.
Ti ricordo alla mia laurea, bella come una sposa. Piangevi di felicità, mi sentivo orgoglioso e importante. Ti ricordo quando mi tenevi per mano da cucciolo e mi portavi a guardare i treni che passavano. Ho sempre adorato i treni, sai. Ancora oggi. Mi sovvengono le sere di Natale passate insieme, e le decine di camice a quadretti che mi hai regalato. Non ne ho messe molte a dirla tutta, ma non le ho mai nemmeno riciclate. E il tuo telefonare; esordivi con un “chi è?”, quando di solito è la domanda che pone chiunque risponda.
Mi chiedevi sempre del mio Torino. Ed io te ne ho voluto parlare l’ultima volta che ti ho vista cosciente, giusto un paio di settimane fa. Ti vedevo sofferente e mi si spezzava il cuore, ma cercavo di essere forte in tua presenza. Mi sono chinato vicino al letto, tu hai girato a fatica la testa verso di me, con quegli occhi che ho scolpito nella memoria. Eri sbattuta come un uovo, ma io cercavo di apparire sicuro e fiducioso di una tua pronta guarigione. “Si torna a casa ziotta, tieni duro. E poi ieri, zia, abbiamo vinto una partita!”. Mi hai fatto un sorriso così bello che nemmeno lo sapevi. Forse l’ultimo l’hai davvero riservato a me. Ma ti ha portato via le forze, io l’ho capito.
Chiedevi acqua di continuo, muovevi quelle labbra come un passerotto, suscitando in me un desiderio di protezione misto a struggenti consapevolezze di impotenza. Volevo urlare, ma poi ho sperato in cuor mio che finisse in fretta. Che potessi liberarti da quei lacci e tubi, che il tuo corpo fosse risparmiato e la tua anima libera di vagare oltre le nuvole.
Quando ti hanno portato in una stanzetta vuota con il lenzuolo sul viso, seguivo il portantino senza fiatare. Una stanza di tre metri per tre, con una finestra aperta che sputava freddo, quel freddo notturno tipico delle serate umide di pioggia.
E’ stato lì, nel preciso istante in cui hanno scoperto nuovamente il tuo viso che la luce ti ha avvolta pienamente e ti ho vista per l’ultima volta. Ho potuto accarezzarti dolcemente, illudendomi di trasmettere amore ad una scatola armonica  capace di risuonare in ogni piega dell’infinito, pettinandoti l’anima. Mi sono sforzato di lasciarti con un sorriso, per farti vedere come questo dolore si tramuterà d’incanto in una meravigliosa quanto pulsante voglia di vivere ancora.
Ti sento vicino, ziotta. 

Parlami sempre.

 
 
 

Post N° 146

Post n°146 pubblicato il 12 Marzo 2008 da darkside_79

                                         Va bene, ma poi?  

 
 
 

Post N° 145

Post n°145 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da darkside_79

 
 
 

Post N° 144

Post n°144 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da darkside_79

 
 
 

Post N° 143

Post n°143 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da darkside_79


Vietato alla massa. Per chi invece accetta la sofferenza come modo di vivere l'arte, questo disco è qualcosa che va oltre la musica. Sepolcrale, crepuscolare, un vero grido di dolore, quasi una maledizione, che si insinua fra le note di un onnipresente organo da chiesa, dalle matrici gotiche, noir. E' una perla del progressivo italiano, o almeno, personalmente lo è diventata dopo i primi ascolti, risalenti appena a qualche giorno fa. Un disco fuori dal comune, che porta bene i suoi anni. Tremendamente difficile se non si è disposti ad accettarlo.

 
 
 

Il cielo su Torino

Post n°141 pubblicato il 24 Gennaio 2008 da darkside_79



Contemplo il cielo della mia città. Me ne innamoro specialmente d'inverno, soffrendolo ad ogni sguardo.
Per me la scala di grigio è un modo d'essere. Significa dare dignità ad ogni interstizio della propria interiorità, vivere di sfumature, assorbire e respirare. C'è troppa luce di questi tempi, vedo persone prive del senso del buio interiore, prive di lato oscuro che non sia la paura del domani contabile. Si accompagnano al loro opposto, i sepolcrali, coloro i quali vivono completamente al buio, ombre invisibili nel brulicare metropolitano. Il manicheismo interiore mi inquieta più di quel senso di transitorietà infinita che mi accompagna da sempre, quel senso che fa di me artista e raziocinio, quel dedalo che si nutre di conflitti perenni. Bene e male sfumano.
Io difendo il cielo della mia città.
Chi lo disgusta vive sulle sponde del fiume dell'esistenza.
Io invece, solco le sue correnti su una piccola imbarcazione a remi.   

 
 
 

I 40 anni dei King Crimson: Fripp riforma la band

Post n°140 pubblicato il 22 Novembre 2007 da darkside_79


E' una notizia che ne include tre, una migliore dell'altra. La prima: Robert Fripp ha deciso di riunire i King Crimson in occasione del 40esimo anniversario della carriera di questa band straordinaria. La seconda, da prendere con le molle: si parla di un mini tour, ma voci riportanoi l'ipotesi di un tour molto più esteso. La terza: il batterista scelto da Fripp è Gavin Harrison dei Porcupine Tree, un artista eccezionale. Ammetto che sono felice della notizia perchè si incrociano le strade di due gruppi che amo molto, i Crimson e i Porcupine Tree. 
Da valutare gli sviluppi della notizia. Per ora incrociamo le dita, anche perchè averli in Italia sarebbe davvero un sogno :).
 

 
 
 

Ascolti serali del 25/10/07

Post n°139 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da darkside_79


Le Orme-Collage
Ognuno ha i suoi tesori. Non è la rarità o la valutazione collezionistica. E' un termometro di valore personale. Tenere fra le dita il vinile originale di questa band meravigliosa, metterlo sul piatto e lasciarsi trasportare è impagabile. Questo lavolo è un mio crogiuolo personale di poesia romantica, di riflessione e sofferta emozione. Un pezzo come Cemento Armato è una pugnalata al cuore, un concentrato di tutte le schizofrenie tipiche dell'uomo di città che cerca affannosamente ossigeno fra montagne di edifici annichilenti. Come sopravvive l'uomo fragile oggi? Cosa siamo diventati? sembra il monito che aleggia lungo il percorso di queste piccole gemme della canzone italiana, al punto che trent'anni dopo questo disco sembra ancora più attuale di ieri. Cerco spesso conforto in queste note, rassicuranti quando difendono l'emozione come autentico modus vivendi al di fuori delle tristi logiche contemporanee.

 
 
 

Post N° 138

Post n°138 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da darkside_79


Keith Jarret-The Koln concert
Ci sono dei dischi che definire a parole sarebbe un'offesa, tanto le parole innanzi alle note divengono limitative. Mi piace immaginare questo lavoro come una tavolozza di colori, una tela impressionista se vogliamo. Tanto basta per evidenziare come certi momenti di ascolto possano colorarsi di sfumature sempre diverse, intense, screziate da molteplici guizzi di sentimento, quei rigagnoli di passato che tornano all'improvviso, quei "se" e "ma" che affollano le meningi di uno spirito complesso e si ripropongono con chiavi di lettura sempre difformi. Questo disco è semplicemente impossibile da cogliere con l'uso della ragione, impossibile da fissare entro parametri, improponibile da incorniciare dentro qualsiasi forma. Questo lavoro va sofferto, amato e perlustrato senza sosta. Non c'è un punto d'arrivo. Nè forse ci sarà mai. Leggasi: il vero senso di libertà che cerco nell'arte.

 
 
 

Post N° 136

Post n°136 pubblicato il 18 Ottobre 2007 da darkside_79


 
 
 

Post N° 135

Post n°135 pubblicato il 17 Ottobre 2007 da darkside_79


Spread you wings and fly away...
Sabato fiera del disco a Milano. Il fatto che l'influenza mi abbia colto a tre giorni dall'evento è solo l'ultima delle sfighe titaniche che mi stanno rovinando la vita in quest'ultimo mese. Ci rido sù, che piangere non mi aiuta. Serata a base di Queen e tachipirina. L'effetto, inedito, non mi consente commenti preventivi... 

 
 
 

Un nuovo cofanetto della Premiata Forneria Marconi

Post n°134 pubblicato il 14 Ottobre 2007 da darkside_79


Da pochi giorni è uscito uno sfizioso cofanetto della Premiata. Il lavoro, edito per il 35ennale della loro carriera, contiene tre cd, due dei quali composti da una accurata selezione dei migliori lavori in studi dell'intera carriera della band (selezione composta personalmente da Di Cioccio). Il terzo invece è una raccolta dei loro migliori brani live, con rimandi al passato (vi troverete addirittura una versione di 21 century schizoyd man dei King Crimson, cosa non nuova per i fan che posseggono alcuni loro bootleg) ed estratti dal presente. Un bel lavoro utile a chiunque volesse conoscere o semplicemente ripercorrere la storia di una band straordinaria.

 
 
 

Reunion Led Zeppelin, è ufficiale!

Post n°133 pubblicato il 12 Settembre 2007 da darkside_79

Si vociferava da tempo, fra smentite, pissi pissi e spasmodiche attese. Ma ora è ufficiale: il dirigibile tornerà a volare, per una sera, a Londra. Con una conferenza stampa avvenuta oggi si sono chiariti i contorni della notizia. Il concerto, per beneficenza, si svolgerà Al 02 Arena di Londra il prossimo 26 novembre. I dettagli sulla serata benefica (che vedrà anche la partecipazione di altri illustri ospiti fra cui Pete Townshend degli Who, mentre si vociferà di un possibile impegno anche di Mick Jagger degli Stones) li potete trovare qui:
http://www.nme.com/news/led-zeppelin/31079

Il costo del biglietto (l'impianto ospita circa 20 000 posti) è di 125 Sterline e la possibilità di acquistarli verrà organizzata attraverso una sorta di lotteria con sorteggio alla quale bisogna iscriversi tramite il sito http://www.ahmettribute.com/
Jimi Page, Robert Plant e John Paul Jones suoneranno con il figlio di Bonham.
Il 12 novembre intanto è prevista l'uscita di un nuovo best of, intitolato "Mothership".

 
 
 

Porcupine Tree in Italia!

Post n°132 pubblicato il 23 Agosto 2007 da darkside_79

Dopo tanto agognare sono finalmente spuntate fuori due date dei Porcospini sul suolo italico. Per dovere di cronaca, trattandosi di un anticipazione, devo riferire che alcuni siti non concordano sull'ordine delle date, riportandole invertite rispetto a quelle che vado a postare. Il mio invito è quindi quello di verificare tramite le rivenditorie specializzate.

                         17th November: Alcatraz, Milan ( Italia ) 
                         18th November: Tendastrisce, Rome ( Italia )


 
 
 

Post N° 131

Post n°131 pubblicato il 10 Agosto 2007 da darkside_79

 
 
 

Post N° 130

Post n°130 pubblicato il 06 Agosto 2007 da darkside_79
 




Pretendere di capire una città come Napoli, per chi, come me e Michela, l'ha camminata per un giorno, sarebbe riduttivo e tristemente presuntuoso. Città affascinante, dai molteplici volti, capace di lasciarti dentro sensazioni opposte. Prevale la meraviglia, come spesso accade quando giungi da forestiero e ti lasci conquistare a cuore aperto e mente sgombra.



La chiesa del Gesù a Napoli, una tale magnificenza che ancora stento a crederci. Una facciata assolutamente particolare e poi quell'interno che avvolge l'avventore di meraviglia. Minuti di estasi indimenticabili.


Sant'Angelo d'Ischia, il nostro piccolo e stupefacente nido. Una settimana di pura poesia immersi in un minuscolo villaggio di pescatori, senza auto, senza complicazioni. Una vista splendida dal nostro albergo, a picco sul mare, la cordialità degli abitanti e la semplicità del luogo hanno lasciato un'impronta indelebile nei nostri ricordi.


Amalfi, regale cittadina che profuma di fasti passati, impreziosita da un duomo magnifico che si staglia ieratico e imperioso fra le case colorate. 


Capri, quella che si chiama una visita d'obbligo. Il posto è notoriamente splendido (non parliamo poi delle scoscese alture di Anacapri) ma un caldo africano e lo sgomitare di orde di turisti sbarcati da ogni dove, ha reso la giornata un pò affannosa. Come un  miraggio si è materializzato un chiosco che produceva granite con i limoni del posto. Una bontà e un senso di frescura impagabile in un torrido pomeriggio con il termometro costantemente sopra i 40°.

 
La chiesa di San Michele ad Anacapri, con il suo pavimento lastricato di maioliche raffiguranti la cacciata dal paradiso terrestre. Sono quelle cose che illuminano gli occhi di immenso. Un piccolo francobollo d'arte che vale un'intera gita.

 
 
 

Giorno a Pompei (16 luglio 2007)

Post n°129 pubblicato il 27 Luglio 2007 da darkside_79
 


E' un luogo silente, di rimembranza. Dai contorni crepuscolari e dalle frastagliate figure architettoniche che cingono le strade ciottolate, seguendo il cammino dell'avventore con austerità. Pace e calma, quelle le avverti subito. Ma addentrandosi cambiano le sfumature. Echi. Quasi ovunque. Sussurri, ambigui, una maledetta sensazione di tensione, sferzata da questo silenzio che silenzio non è perchè del silenzio null'ha. Tornano le voci del passato, o forse, in un luogo del genere, passato e presente si sovrappongono. Perchè Pompei appare come un fotogramma, un'istantanea rimasta intatta da duemila anni, prima sepolta, ora urlante sotto le stelle. E là dietro, il Vesuvio. Così vicino, così imponente. All'epoca rigoglioso di vegetazione al punto che nessuno sapeva, nessuno immaginava. Non c'era memoria storica forse, mancava il polso di un pericolo così incombente. Lo vedi dalla postura dei calchi, quelli che incontri in certi interstizi, in qualche casa fra le tante. Gente comune, con il terrore sul viso, le braccia vanamente protese a difendersi, l'evidente stato di impreparazione. Colti nel sonno, alle spalle, all'improvviso.
Non c'è serenità qui. La avverti se la vuoi avvertire, ma è un barare con l'evidenza. Camminare per i viali con Michela, Fabiana e Carolina, un pò estenuati per il caldo, emozionati e sensibilmente colpiti, è stato dolcissimo. E' il senso della storia, il suo peso, la comprensione di ciò che ci circondava, ad aver reso quelle poche ore un qualcosa di difficilmente dimenticabile.

L'arena è stato l'ultimo capitolo del percorso. Perchè sì, la matrice floydiana del viaggio ci poteva anche stare, ma arrivati lì è cambiato qualcosa. La storia... ci ha parlato sottovoce, con effusioni composte quanto oscure, ci ha avvolti di ambiguità, ci ha palesato il senso, ci ha resi inquieti. E non è un caso che ieri sera, ad una settimana di distanza dal mio viaggio, l'urlo di Careful mi sia esploso nelle orecchie con un'intensità mai provata prima, facenomi vibrare forte e accompagnandomi al sonno con una serie di ricordi che se ci penso mi viene paura e nostalgia...


 
 
 

Post N° 128

Post n°128 pubblicato il 25 Luglio 2007 da darkside_79

Io una batteria così non l'avevo mai suonata, che divertimento del diavolo. Piatti, pentole, saliere, coperchi. Tutti seri. La faccia di Max, tutto preso. Arber che si gasa e squote la testa, Vince che suona tutto impegnato. Pure le coriste c'erano. Alla fine l'unico strumento improvvisato era il mio, e che risate pazzesche assemblarlo smontando mezza cucina. Money, Comfortably numb, Time, Any colour... ne abbiamo fatte un sacco...E chi se la scorda più una suonata del genere?

 
 
 

Post N° 127

Post n°127 pubblicato il 15 Luglio 2007 da darkside_79

Aggiornamento mattutino da casa di Simona. Sono le 12.34 di domenica, ci siamo appena svegliati col profumo di caffè tostato sulle note di Echoes che gira sul piatto gracchiando un pò. Questa casa è piena di musica e amore, sulle pareti ci sono tracce di grandezze passate, da Joplin agli Zeppelin, da Hendrix ai Floyd. Di floydianità sono pregni i muri, ma c'è anche vita personale, foto, disegni, sorrisi di ieri e di oggi. E poi una piccola cartolina piena di fiori colorati, con una scritta che riassume quel poco che conosco di Simona: ricominciando tutto fiorisce. Sono accarezzato da queste pareti, che esprimono poesia avvolgendomi con calore. Mentre scrivo Simo è adagiata sul letto in camicione rosso che discute con Arber sul prossimo disco da mettere. Se riesco a intervenire nel tafferuglio di coppia (tipico di loro quando si parla di musica) gli faccio infilare Dark Side. Sul divano il mio amore ride, Vince ascolta in silenzio con la chitarra in mano e Ilaria va e viene dalla cucina. Max è uscito stamane presto (più o meno quando Arber, che ha lavorato tutta la notte, è tornato) e ci aspetterà oggi per pranzo. Dopo il pasto di gruppo ci dirigeremo nella sala prove di Max dove daremo vita ad una jam session anni '70 setacciando i nostri amati percorsi musicali, per fortuna da tutti condivisi. Nei miei occhi risplendono le luci e le emozioni provate ieri sera al circo Massimo. Uno di quei luoghi che chi, come me, arriva da lontano e non conosce, c'è da stare male.
Ho avvertito scariche di adrenalinica euforia quando ho scorto da lontano qulla marea umana pigiata in quel luogo che profuma di storia, lustra lo sguardo con i suoi resti passati e si presta ad alveo naturale per una serata musicale di portata storica. Mezzo milione, un milione di persone. Forse più. Chissà. Io tanta gente così non l'avevo mai vista tutta insieme. Il palco era qualcosa di semplicemente mostruoso, ma io ero così lontano che Collins e compagni non li vedevo mica. O almeno, non di persona. Ci saranno stati una decina di megaschermi sparsi per tutto il Circo Massimo, l'audio era ottimo, la serata fresca. Alla fine io e gli altri eravamo lì per stare insieme e per tributare grandezza al passato di una band che ieri sera si presentava al grande pubblico per tre quinti. Inutile negare che se due musicisti per me rappresentano i Genesis, quelli sono Gabriel e Hackett. Entrambi assenti. E che il corso della band negli anni '80 ha virato verso lidi pop che ad un sentimental prog come me un pò disturbano. Ad ogni modo qualche battito di cuore c'è, forse briciole rispetto al grosso della track list, ma comunque imperdibili. The cinema show, In the cage, Firth of fifht, I know what i Like, Los endos, Ripples. Quando suonavano queste song il grosso del pubblico (che invece su pezzi più commerciali ballava e manifestava apprezzamento) si sedeva palesando spaesamento. E viceversa io, Michi, Max e Arber saltavamo in piedi come molle saltando, muovendoci e cantando a squarciagola. Mi sono accorto che eravamo talmente esagitati che la gente ci faceva le foto. Siamo tornati verso casa di Simo un pò prima della fine dello show, sacrificando Carpet crawlers, ma salvandoci da Invisible touch e i can't dance. E soprattutto dalla marea umana che sarebbe defluita di lì a poco. Nottata a base di birra e musica, e risa e abbracci. Sono entusiasta. E mentre Dark Side gira sul piatto (l'ho spuntata) e Vince accompagna Time con la chitarra, la mia testa comincia a famigliarizzare con l'iter di questa vacanza. Domani si parte per Pompei...


 
 
 
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