Creato da FEDERALISTACONVINTO il 11/05/2006
VENETO . FEDERALISMO . STORIA DEL POPOLO VENETO. VENETO LIBERO. VENETO STATO AUTONOMO. ANTI COMUNISTA. ANTI FASCISTA . CULTURA VENETA.

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STORIA DEL POPOLO VENETO (PARTE 7)


LA TRUFFA DEL 1866 L'ANNESSIONE DEL VENETO A L'ITALIA

Il plebiscito che sancì l'annessione del Veneto all'Italia (*) viene
liquidato dai nostri libri di storia in poche battute visto che la
storiografia ufficiale sostiene che "tutto si svolse con mirabile ordine e
fra universali manifestazioni di gioia" (1).
Pochi sanno che in realtà fu una colossale truffa, la prima di una serie
infinita di truffe perpetrate da Roma e dall’Italia ai danni dei Veneti.
Il nostro Veneto in realtà era già stato "passato" dalla Francia all’Italia
in una stanza dell’Hotel Europa lungo il Canal Grande, il 19 ottobre. (2)
Il generale francese Leboeuf consegnò il Veneto a tre notabili: il conte
Luigi Michiel, veneziano, Edoardo De Betta, veronese, Achille Emi-Kelder,
mantovano.
Questi, a loro volta, lo "deposero" nelle mani del commissario del Re conte
Genova Thaon di Revel e il giorno dopo sulla "Gazzetta di Venezia" apparve
un anonimo trafiletto:
"Questa mattina in una camera dell’albergo d’Europa si è fatta la cessione
del Veneto" (3)
Riepilogando: un trattato internazionale (fra Austria e Prussia, 23 agosto
a Praga) prevede il passaggio del Veneto alla Francia che poi lo
consegnerà ai Savoja; nel trattato di pace di Vienna fra l'Italia e
l'Austria del 3 ottobre si parla testualmente di "sotto riserva del
consenso delle popolazioni debitamente consultate":un riconoscimento
internazionale al diritto all'autodeterminazione del popolo veneto che in
quel momento ha la sovranità sul suo territorio.
Teniamo anche presente che c'è stata l'ipotesi, come scrisse l'ambasciatore
asburgico a Parigi Metternich al suo ministro degli esteri
Mensdorff-Pouilly il 3.8.1866, di arrivare a "l'indipendenza della Venezia
sotto un governo autonomo com'era la vecchia Repubblica"
Il plebiscito avrebbe dovuto svolgersi sotto il controllo di una
commissione di tre membri che "determinerà, in accordo con le autorità
municipali, il modo e l'epoca del plebiscito, che avrà luogo liberamente,
col suffragio universale e nel più breve tempo possibile". Così era stato
concertato dall'ambasciatore d'Italia a Parigi Costantino Nigra con il
governo francese (4), che sembrava determinato a svolgere fino in fondo il
proprio ruolo di garante internazionale sancito anche dal trattato di pace
fra Prussia e Austria..
Il governo italiano invece, e in particolare il presidente Bettino
Ricasoli interpretava pro domo sua i trattati:
"Quando si tratta del plebiscito si tratta di casa nostra; non è già che si
faccia il plebiscito per obbedienza o per ottemperare al desiderio di
qualche autorità straniera..... La pazienza ha il suo limite. Perbacco!
La cessione del Veneto fu nel Parlamento inglese chiamata un insulto
all'Italia. Concedendo la presenza del generale francese all'effetto delle
fortezze, mi pare di concedere molto" così sosteneva il Barone Ricasoli.(5)
E così uno sconsolato generale Le Boeuf scrive a La Valette il 15
settembre:
"Nutre inquietudini per l'ordine pubblico: le municipalità fanno entrare le
truppe italiane o si intendono col re, che governa una gran parte: egli
deve lasciar fare. Il plebiscito non si potrà fare che col re e col
governo"(6)
Altro che controlli, altro che garanzie internazionali!
Lo stesso generale Le Boeuf annunciava il 18 ottobre a Napoleone III che ha
protestato contro il plebiscito decretato dal re d'Italia: Napoleone gli
dice di lasciar perdere. (7)
La Francia praticamente rinuncia al proprio ruolo di garante
internazionale e consegna il Veneto ai Savoja.
Una quasi unanimità che venne poi rispettata al momento del voto; già, ma
anche i numeri non quadrano.
Il 27 ottobre la Corte d'Appello proclama l'esito della consultazione: "SI
641.758", "NO 69".
Nella lapide del Palazzo Ducale si parla di "Pel SI voti 641.758", "Pel NO
voti 69", "Nulli 273"; Alvise Zorzi in "Venezia austriaca" (pag. 151) parla
di "SI 647.246", "NO 69", Denis Mack Smith "Storia d'Italia 1861-69" parla
di "SI 641.000", "NO 69".
E su questi numeri si impongono almeno due considerazioni: i voti
favorevoli sono attorno al 99,99 %: una percentuale che non fu ottenuta
neppure dai regimi più feroci, da Stalin a Hitler.
Di sicuro il plebiscito venne "preceduto da una vera campagna di stampa
intimidatoria dei fogli cittadini, preoccupatissimi per l'influenza che il
clero manteneva nelle zone rurali dove, aveva scritto in settembre il
"Giornale di Vicenza", -i campagnoli furono lasciati nell'ignoranza o
nell'apatia d'ogni civile concetto, educati all'indifferenza per ogni sorta
di governo" (9)
Si scriveva ad esempio "ricordino essi (i Parroci e i Cooperatori dei ns.
villaggi) che ove in alcuna parrocchia questo voto non fosse sì aperto, sì
pieno quale lo esige l'onore delle Venezie e dell'Italia, sarebbe assai
difficile non farne mallevadrice la suddetta influenza clericale, e
contenere l'offeso sentimento nazionale dal prendere contro i preti di
quelle parrocchie qualche pubblica e dolorosa soddisfazione. (10)
Questa politica intimidatoria tuttavia non ebbe grossi effetti sulla
partecipazione popolare: "A Valdagno, ad esempio nonostante il plebiscito
venisse decantato non come semplice formalità e cerimonia, ma una festa,
una gara, solo circa il 30% sulla complessiva popolazione del Comune si
recò a votare, mentre un buon 70%, per chissà quale motivo, preferì
continuare ad occuparsi dei fatti propri, indifferente all'avvenimento.
Analogamente in tutti i distretti....." (11)
E' la conferma del fatto che il cosiddetto risorgimento fu nel Veneto un
momento al quale la stragrande maggioranza del nostro popolo partecipò con
grande indifferenza, passiva .
E questo ce lo conferma Mack Smith che scrive "Garibaldi si infuriò perchè
i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne
dove sarebbe stato facile farlo".
Sulla libertà del voto e sulla segretezza dello stesso ci illumina la
lettura di "Malo 1866" di Silvio Eupani:
"Le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei biglietti col si
e col no di colore diverso; inoltre, ogni elettore, presentandosi ai
componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il
biglietto al presidente che lo depositava nell'urna".
E Federico Bozzini così descrive nel suo "L'arciprete e il cavaliere"
quanto avvene a Cerea:
"Come già si disse -continua il commissario- vi devono essere due urne
separate, una sopra un tavolo, l'altra sopra l'altro. Se per caso non
avesse urne apposite, potrà adoperare due misure di capacità pei grani,
cioè una quarta od un quartarolo. Sopra una sarà scritto ben chiaro il SI,
sopra l'altra il NO". E più avanti:
"I protocolli sono due, -uno pei votanti che presentano il viglietto del
SI, l'altro dei votanti che presentano il viglietto del NO, per modo che il
numero complessivo dei viglietti che, finita la votazione, si troveranno in
ciascheduna urna, dovrà corrispondere all'ultimo numero progressivo del
protocollo.
Nel protocollo pei viglietti del NO si dirà: votarono negativamente i
seguenti cittadini. La piena pubblicità del voto rende inutile lo spoglio
finale." E alla fine:
"La commissione quindi conclude il presente Protocollo gridando: Viva
l'Italia unita sotto lo scettro della Casa di Savoja".
Di particolare interesse, sempre sul volume del Bozzini, la citazione della
Gazzetta di Verona del 17 ottobre 1866: "Si, vuol dire essere italiano ed
adempire al voto dell'Italia. No, vuol dire restare veneto e contraddire al
voto dell'Italia".
Una sottolineatura di straordinaria importanza: già allora qualcuno aveva
capito che una cosa erano i veneti e un'altra gli italiani e che gli
interessi degli uni raramente coincidevano con gli interessi degli altri.
Cosa che del resto aveva ben capito Napoleone Bonaparte quando consigliava
al figliastro di non ascoltare chi gli suggeriva di dare a Venezia un po’
più di autonomia, invitandolo, invece, a mandare "degli italiani a Venezia
e dei Veneziani in Italia" (12)


(*) Il plebiscito riguardò il Veneto, il Friuli (le attuali province di
Pordenone e Udine) e la provincia di Mantova
(1) A. Saitta - Storia illustrata 06/1966 Mondadori
(2) G. Distefano - G. Paladini - Storia di Venezia 1797-1997 - II Supernova
pag. 274
(3) Thaon di Revel Genova - La cessione del Veneto - Firenze 1906
(4) M.A.E., Corr. pol., Consults Autrische, vol 27, pagg. 225-229
(5) Lettere e documenti del Barone Bettino Ricasoli, a cura di Tabarrini e
Gotti, Firenze 1893
(6) Les Origines, Xii, 297 ss, n. 2596-2597
(7) M.A.E. Corr. pol., Consults Autrische, vol 27, pag. 284
(8) Antonio Roldo Dolomiti O8/93
(9) E. Franzina - Vicenza storia di una città- Neri Pozza editore p. 700
(10) A. Navarotto - Ottocento vicentino Padova 1937
(11) A. Kozlovic - Immagini del risorgimento vicentino - Pasqualotto 1982
(12) A. Zorzi - Venezia Austriaca pag.32 - Laterza

 
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Commenti al Post:
massimo.c58
massimo.c58 il 26/08/08 alle 00:31 via WEB
Se il plebiscito veneto fu una truffa, e c'è da dire che il Veneto ne è uscito bene da questa truffa colossale, quello nel Regno delle Due Sicilie è stato un abominio. Una libera Nazione, prosperosa e attiva, solamente per il tradimento di quattro scellerati e per la volontà della massoneria inglese ed internazionale, si è trovata occupata dai masnadieri garibaldini dal sud e dai piemontesi dal nord, spogliata della sua libertà, autonomia, ricchezza, e con un plebiscito truccato,camuffato, violento, perchè i votanti erano minacciati dalle baionette piemontesi e dai coltelli dei mafiosi, alleati di Garibaldi e del Savoia, essa fu annessa a quello staterello insignificante che era il Piemonte. E dopo il falso e ignominioso plebiscito, ogni forma di ribellione è stata sedata nel sangue e nella violenza, oltre alla calunnia. Migliaia di deportati nei lager piemontesi.Una vera guerra civile, vinta dai violenti piemontesi, perchè l'Europa chiuse gli occhi e ci abbandonò ad un triste destino. E la nostra Nazione è stata davvero depredata, anche della sua memoria storica, che oggi, i nuovi "briganti" stiamo riportando alla luce. Se voi, giustamente, avete il diritto di lamentarvi, noi abbiamo il sacrosanto diritto di chiedere giustizia, perchè quella banda di criminali venga giudicata e condannata dalla storia.... compreso quel famoso sindaco di Milano Negro, che fu tra i criminali dell'eccidio di Pontelandolfo.
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