FRATTAGLIE

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che ancora resiste,
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Elucubrazione sui fratelli

Post n°72 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da allievadelgabbiano
 

Ci sono parecchi eventi che possono influenzare l’esistenza delle persone.

Per quanto mi riguarda, a parte le corna regalatemi con generosità dal mio ex marito e che sono state la miglior occasione che la vita mi abbia offerto per saltare in corsa da quello scomodissimo treno locale nel quale viaggiavo in apnea su un binario unico al meraviglioso e panoramico supermezzo con il quale sto al momento peregrinando, la cosa che mi ha maggiormente influenzato dal punto di vista caratteriale è stato il rapporto con i miei fratelli.

Siamo in quattro: una sorella “grande”, classe ’64, io e mio fratello gemello, classe ’66, ed una sorella “piccola”, classe ’68. Cosa si può volere di più dalla vita, se non il solito lucano che aspetto da un po’ (possibilmente lo preferirei moro con un accenno di brizzolatura, pizzetto ed con occhi verdi) ma che ancora non ha fatto capolino da nessuna parte?

Se vi fanno tenerezza i miei genitori non preoccupatevi…non siamo stati errori, ma la nostra venuta al mondo è stata stabilita con una tempistica assoluta che riesce solo a quelle persone che, come mia madre, non si scompongono davanti a nulla e raggiungono sempre l’obiettivo prefissato. Due anni esatti, tra un parto e l’altro, periodo delle nascite dal 20 agosto al 20 settembre, la perfezione, come quasi tutto quello che fa lei, a parte noi, si intende.

A chi le chiede stupito “ma come hai fatto in quegli anni?” lei, con quella sua solita calma infinita risponde “ho sfruttato l’economia della produzione in serie ed è stato il periodo più bello della mia vita”. E pensare che le avevano detto che, causa il bacino stretto, avrebbe avuto difficoltà a procreare! Poi un giorno si imbatté in un ginecologo dalle vedute più ampie che le disse: “signora, l’unica cosa che deve fare è stare tranquilla, comprare delle belle bottiglie di spumante e divertirsi tanto con suo marito”. Omino intelligente! E mia madre non è certo donna da non rispettare una prescrizione medica, a quanto pare.

S., mia sorella maggiore, nacque sotto il segno del leone di cui manifesta ancora oggi tutte le caratteristiche zodiacali, il gusto raffinato, una certa forma di snobismo, la grandissima generosità nascosta sotto un’apparente tendenza alla prevaricazione…era una “creaturina” di quasi 4,5 chilogrammi, dal vagito prepotente, narrano, che dimostrava già il rapporto che avrebbe avuto con quei fastidiosissimi esseri che sarebbero arrivati, da li a poco, a rovinare per sempre il suo idilliaco stato di figlia unica e nipote adorata.

 Approdammo per primi io ed A. e penso che lei, poveretta, ci odiò con tutte le forze. Dal suo punto di vista è comprensibile: già deve essere scocciante l’arrivo di un fratellino ma di due, in un colpo, forse è davvero troppo per qualsiasi bambino e certo lo fu per lei. Diciamocelo….non fu amore a prima vista e, senza rendersene conto, tentò di eliminarne uno a caso (chi sa chi scelse tra i due) scaraventandolo fuori dalla culla e facendolo planare lungo un lucido corridoio, per fortuna ben incerato, fino alle soglie della porta della cucina. Non mi ricordo di questo evento, naturalmente, anche se raccontano che non smisi di piangere se non dopo circa quattro ore, ma i risultati del trauma persistono ancora oggi, e tutto sommato, sono quelli che mi rendono maggiormente simpatica…una botta in testa da piccola ti prepara bene alle mazzate, non certo fisiche ma altrettanto fastidiose, che prenderai poi in tutti gli anni a venire.

A. ed io mettemmo anche a dura prova il fisico della mamma; 7 chili totali di prole, senza prendere in considerazione sacche, placente e acque varie che sul peso complessivo incidono decisamente facendo la loro bella differenza. Beh, che dire…lui fu il primo grande amore della mia vita, una parte di me, inseparabile, che guardavo con occhi adoranti e che seguivo in ogni nuova esperienza con la cieca fiducia di chi sa di avere sempre qualcuno su cui contare davvero. Un bimbo dall’intelligenza sveglia, sorridente, tranquillo (per crescere con tre sorelle o le uccidi o impari da subito l’arte zen della calma e della riflessione), eppure capace di stare con tutti, suo malgrado spesso al centro dell’attenzione. Solo crescendo realizzai che, mentre per me lui continuava a rappresentare un’ancora di salvezza, io stavo diventando al contrario una pesante zavorra, o forse una cozza appiccicata in modo fastidioso, e decisi di “scollarmi”, ma questa è un’altra storia.

E poi arrivò la piccola, L. Anche di questo non mi ricordo, ma so di non essere mai stata gelosa di lei e che anzi, dall’età della ragione, ho sempre avuto, nei suoi confronti, una sorta di amore materno e protettivo come se, tra i miei compiti, ci fosse anche quello, mai assegnatomi, di vegliare sulla sua sicurezza ed incolumità. Com’era è rimasta: due grandi occhi con ciglia lunghissime, la più indipendente di tutti, volitiva e testarda era stata da noi soprannominata Bostic per la sua capacità di attaccarsi alle persone e di sfinirle fine ad ottenere quello che desiderava.

E’ con loro che ebbe inizio la mia vita, con loro  vissi i miei primi giorni, le gioie, le scaramucce, con loro imparai l’arte della condivisione e della sopportazione, con loro imparai l’arte di amare e di soffrire per gli altri e vissi le mie prime competizioni e fu in quegli anni che mi posi la prima grande domanda che fu poi il motore di molte delle mie insicurezze e delle scelte, consce o inconsce, che feci nel divenire adulta: “ma se io non sono la maggiore, non sono la minore, non sono il maschio, chi sono?”. E che cavolo…non mi aspetterà mica una vita da mediano…

 
 
 
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