Creato da ginomoschella il 20/11/2009

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IL LICENZIAMENTO DI ZIO PIERO..ovvero..SI APPREZZA LA LIBERTA' QUANDO NON LA SI POSSIEDE

Post n°15 pubblicato il 07 Aprile 2010 da ginomoschella

Lo zio Piero arrivò al porto con notevole ritardo, i suoi compagni lo rispettavano, ma con il capo squadra non correva buon sangue perché questi era un fascista della peggiore specie.

“Vi ho detto l’ultima volta che qui ognuno deve adempiere al proprio dovere dall’alba al tramonto e non è consentito arrivare in ritardo. Quindi siete licenziato.”

“Verrà un giorno che non avrete più l’autorità di licenziare così i lavoratori e quel giorno sarà la fine del sopruso e il trionfo della libertà.”

“Voi meritate il confino, siete un disfattista, un traditore adesso ci penso io, traditore, traditore.”

Il caposquadra gridava come un ossesso nei confronti del suo sottoposto che stava per sferrargli un pugno; alcuni compagni presero zio Piero e lo trascinarono lontano, mentre l’altro continuava a gridare minacciando la fine del mondo, passeggiando su e giù e sbattendo il frustino sugli stivali.

Calava la sera, zio Piero era seduto su uno sgabello innanzi alla porta, quando alla spicciolata arrivarono alcuni compagni di lavoro. Poi tutti entrarono nella baracca.

“Su zio Piero siamo venuti e vogliamo cenare con voi ecco perché abbiamo pensato di portare qualcosa e così passare la serata insieme.”

“Ragazzi che c’è? Ditemi subito di che si tratta.”

“Niente zio Piero, questa volta siamo venuti a dirti che puoi tornare al porto. Sì, anche se la tua faccia mostra che non credi a queste parole, il capo ci ha più volte ripetuto che hai la possibilità di riprendere a lavorare.”

“Non  è  che non credo in voi, ma conosco bene quei miserabili e se hanno stabilito così, si vede che sotto ci deve essere qualcosa. Mi fanno tornare al lavoro per tendermi una trappola e poi gettare la colpa, come sempre avviene in questi casi, su qualche innocente. E’ già successo. No, stavolta non permetterò di gloriarsi per una impresa fasulla, come fanno spesso. Resto qui in attesa di tempi migliori. Si guardarono negli occhi e nessuno ebbe più la forza di insistere perché capirono che zio Piero aveva ragione; si alzarono, il più giovane si avvicinò, e gli prese la mano.

“Quando verrà quel giorno che tu aspetti?”

“Verrà, abbi fede! E se quel giorno io non ci sarò, ricordati che i nostri sogni, sono tanto più belli  quanto più è difficile realizzarli. Oggi noi desideriamo ardentemente la libertà perché non la possediamo. Purtroppo, spesso, uno, che  possiede un bene non riesce ad apprezzarlo come dovrebbe e finisce col perderlo.”  

 

 
 
 

IL GIOCO AMBIGUO DI ELEONORA

Post n°14 pubblicato il 02 Aprile 2010 da ginomoschella

Finalmente, il comandante scese, Arturo si affrettò ad aprire lo sportello e, alzando la mano destra, si mise sugli attenti. Nel momento in cui chiuse lo sportello volse la testa verso l’alto. Una figura di donna dietro la finestra fece un rapido cenno di saluto. Zio Piero, non visto, aveva osservato tutto e trasalì, quando capì che quella donna  era Eleonora. Pochi minuti dopo era presso l’appartamento e bussava sommessamente.

“Arrivo” gridò Eleonora la quale si affrettò ad aprire e rimase pietrificata nel vedere zio Piero. Era semi-vestita. Tale stato esasperò l’ira dell’uomo, il quale dopo averla spinta all’interno chiuse la porta alle spalle.

“Vestiti subito e vieni via con me!” “No, non posso, ormai è troppo tardi, non posso, mai, mai, anzi ti prego vattene perché fra non molto arriverà qui……”

“Chi arriverà, quel galantuomo del Comandante, oppure il suo sgherro personale?”

“Non parlare zio Piero, tu non hai il diritto di trattarmi in questo modo, e poi io sono felice così..”

“Non avrei mai immaginato che saresti arrivata così in basso, e che in pochissimo tempo, a causa di questo cannibale, avresti dimenticato tuo marito e tutte le persone  che ti vogliono veramente bene. Sei una sgualdrina, ecco quello che sei. A che ti serve avere vestiti, gioielli ed essere la donna di un ….maledetto?  Maledetta anche tu..” “No, no zio Piero non continuare, ti prego vattene, ti giuro domani verrò a casa tua lì parleremo meglio.”

Egli la guardò a lungo negli occhi, erano dolci e sereni come quelli di una bambina, e gli riportavano alla mente l’immagine  di sua  sorella; girò su se stesso e, pentendosi, provò amarezza per aver pronunciato quella maledizione. Appena uscito, Eleonora  corse a gettarsi sul letto a piangere.

 

 
 
 

I COMPITI OSCURI E TERRIBILI DEL COMANDANTE A DANNO DELLA LIBERTA'

Post n°13 pubblicato il 21 Marzo 2010 da ginomoschella
 

Roma aveva dissipato le angosce del gerarca. Partito con qualche ombra nell’animo, invece, aveva ricevuto da parte del comando supremo ordini per lui gratificanti. Avrebbe dovuto dirigere attività oscure e terribili, certamente  a danno della libertà e degli uomini che per tale libertà  lottavano. Passarono alcuni mesi e questi nuovi compiti spesso lo avevano trattenuto fuori città. Così, tra un’assenza e l’altra, sgravati  dal carattere ossessivo dell’uomo, Arturo ed Eleonora passavano giorni sereni. L’unico gravemente preoccupato era lo Zio Piero. Accanto all’oppressione, prima solo avvertita e che poi il regime gli aveva fatto sperimentare personalmente, viveva una profonda inquietudine per la sorte di Eleonora. Le ricerche erano state difficoltose. Non aveva potuto formulare domande esplicite sul comandante e sulle sue abitudini di vita. In tal caso, avrebbe offerto una buona occasione in più agli sbirri per tenerlo dentro e chissà per quanti anni. Tuttavia, malgrado gli ostacoli, ugualmente era riuscito a risalire all’indirizzo giusto. E periodicamente si  appostava in zona in attesa del momento più opportuno per incontrare la nipote. Arrivò la macchina. Scese l’autista che cominciò a passeggiare su e giù dinanzi al portone.

 
 
 

LA PARTENZA DEL COMANDANTE

Post n°12 pubblicato il 07 Marzo 2010 da ginomoschella

Il momento magico fu interrotto dall’ordine, con cui s’ingiungeva al militare, di recarsi a Roma. La tensione per quella convocazione improvvisa, gli interrogativi angosciosi, temperati da una rapida riconsiderazione del suo comportamento come fedele servitore del regime, erano sopraffatti dal pensiero dominante per Eleonora. Senza dubbio egli era riuscito a persuaderla, ma la minima idea che altri avrebbero potuto condividere i sorrisi, le parole gli sguardi di lei o anche semplicemente godere della vista di quella figura a volte, apparentemente fragile, ma alla lunga irraggiungibile, lo faceva uscire di senno. Per questo chiamò Arturo,  più sgherro fidato che autista.

“Ascolta bene Arturo. Ti affido Eleonora. Attento! Non è come al solito. Tu la porterai al ristorante a mangiare e poi l’accompagnerai nel mio alloggio privato, facendo in modo che non le manchi nulla, e ricordati che è la mia donna.”

“Sì signor comandante, eseguirò i vostri ordini e state tranquillo. Al vostro ritorno la troverete qui ad aspettarvi”.

“Un’altra cosa. Fai in modo che non vada da suo zio e che non abbia contatti con altri. Comunque, lei  vorrà uscire, andare a far compere, svagarsi. In questi giorni se è necessario portala al cinema. Ne hai il permesso, ma fai conto che sia la mia signora, hai capito?” Arturo, spinto dalla netta percezione di trovarsi davanti ad un uomo  innamorato,  se non addirittura accecato da una passione tale che lo avrebbe potuto condurre a qualsiasi azione,  scattò sugli attenti: “Si Signor Comandante!”

“Ebbene adesso vai a preparare la macchina. E.. certamente, ti occorrono dei soldi. Prendi ! Sono mille lire.”

 

 
 
 

LE PROMESSE DEL COMANDANTE

Post n°11 pubblicato il 28 Febbraio 2010 da ginomoschella

 

Eleonora era tornata dal comandante che in tono trionfale aveva  esclamato: “ Sono riuscito ad ottenere il trasferimento di tuo marito all’ospedale militare di Palermo, dove ho molti amici che seguiranno le mie istruzioni”.

Lei sembrò contrariata per la notizia  deludente rispetto all’annuncio: “Ma come potrò fargli sapere che mi sto interessando di lui. Ieri sera non sono riuscita a vederlo e gli ho lasciato un biglietto per avvertirlo che sarei tornata oggi per fargli visita”. “Non fa niente. Presto ne avrai l’occasione. Fra quindici-venti giorni sarà di ritorno”.

“Sì però non posso aspettare qui. Devo tornare a casa.”

Il subdolo individuo usò tale arte che, alla fine, Eleonora, totalmente convinta dei vantaggi prospettati, si trovò alla sua mercè. L’effetto della conversazione solleticò il desiderio finanche dell’uomo che fungeva da autista del gerarca. Degno compare del padrone, aspettava che la preda passasse a lui. Poi, appena si fosse stancato, e a rituale conclusione del gioco, avrebbe saputo come sbarazzarsene.

L’attesa, tuttavia, si prolungava oltre il consueto. Inaspettatamente, non

solo il comandante non mollava, ma addirittura, appariva conquistato

dalla freschezza di quella donna. Era straordinaria.  Dimentica di tutto, si

concedeva a lui come se fosse l’uomo esclusivo della sua vita. O persino

l’unico uomo al mondo.

 
 
 

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......buona notte e buon inizio settimana un sorriso...
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Dunque... un romanzo a puntate? :-)
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