NetiquetteNei limiti del possibile cerco una sana convivenza con chi intrattengo rapporti in questa area virtuale, non sempre è possibile ... Non sono in cerca dell'anima gemella o di avventure ma mi fa piacere scambiare opinioni sui più svariati argomenti con persone aperte di qualsiasi razza, sesso, religione o credo politico che non nutrano pregiudizi di sorta. Are you with meSilbermond: Das BesteLana del ReyTagCerca in questo BlogDove vado in reteMenuI miei Blog Amici -
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Fiumi di parole
Post n°208 pubblicato il 14 Dicembre 2014 da Led_61
Ho commentato un blog interessante che leggo ogni tanto usando forse un verbo non appropriato e sono stato dolcemente redarguito, ma era proprio quel verbo che faceva trapelare un mio atteggiamento verso quel post o una serie di post correlati. Si parlava di ricordi di vita ed io ho fatto presente che nel metaforico sentiero della nostra vita spesso perdiamo pezzi di noi stessi che poi in fase matura cerchiamo di "raccattare" ed era questo il verbo incriminato. Mi è stato proposto il verbo ricordare ma ciò non esprime bene il fatto che io nutra una certa resistenza verso questo tipo di atteggiamento melanconico che in genere i ricordi portano. Si potrebbe obiettare che io non abbia molta considerazione per il mio passato, il che corrisponde al vero. Sono interessato ai metodi e alle strutture che posso dare alla mia composizione al fine di raggiungere meglio il lettore.
(non)un corso di scrittura e narrazione Leggo questi appunti di Giulio Mozzi con interesse mentre sto scrivendo un racconto e ne traggo molti spunti: è un perfezionista Giulio, ma anche un uomo concreto e che va diretto al sodo. Fa molta attenzione al lettore, al contesto in cui si svolge la narrazione ed in fondo ci fa capire che la scrittura, se svolta in modo professionale richiede dedizione, tempo, ricerca, rilettura, rielaborazione e soprattutto spirito critico nell'esaminare quanto abbiamo scritto prima che, come da lui detto, possiede il difetto dell'incrostazione, in quanto essendo fissata crea dei limiti alla nostra immaginazione futura riguardo agli eventi da narrare. Mi segno quando puntualizza la differenza tra scrivere per se stessi (quindi in maniera dilettantistica) e scrivere per il lettore o immedesimandosi nella sua immaginazione (in maniera professionale) perché solo in questo caso riusciremmo a produrre qualcosa che abbia un positivo feed-back con chi ci legge. Qui sul blog raramente ho scritto in maniera professionale, perché lo vedo più come un luogo di svago in cui spazio tra i miei vari interessi, talvolta utilizzandolo come diario sui generis. Parla di incipit citando le prime frasi di alcuni libri che lo hanno preso e dice "Generalizzando si potrebbe dire: un buon inizio di narrazione presenta velocemente uno o più personaggi determinati, in una situazione determinata, posto o posti in conflitto e/o di fronte a un avvenimento improvviso e/o misterioso." Sottolinea alcuni elementi per un incipit efficace: la sorpresa, il conflitto, il destino, l'azione. "Quando il fatto che irrompe è veramente inspiegabile, o almeno straordinario, è necessario provvedere rapidamente a un ricucimento della realtà. Se il fatto che irrompe è sostanzialmente spiegabile, è necessario provvedere a instillare nel lettore il dubbio che così spiegabile in effetti non sia. ... la presentazione di una realtà che è parzialmente spiegabile ( e che quindi il lettore si spiega da sé) e parzialmente inspiegabile (e che quindi il lettore si aspetta che noi gli spieghiamo)." , quindi una promessa di narrazione. "Si può dire, secondo me, che trovare l'incipit di una storia, cioè un paragrafo nel quale si sente la voce di chi racconta (un narratore esterno, un personaggio, ecc.) e si percepisca l'esistenza di un conflitto (non necessariamente si capisca che conflitto è, quali sono i suoi esatti termini, ecc.) significa veramente essere a metà dell'opera." Trama: "la situazione che si produce alla fine deve essere in qualche relazione (narrativa, simbolica, allegorica, morale ... )con la situazione dalla quale il racconto è partito." "... i romanzi inventano un mondo e, pur senza uscire da questo mondo, alludono, da dentro quel mondo, a qualcosa che c'è là fuori; e in questo dirigere i nostri occhi verso il là fuori c'è, forse, quella che si chiama la verità della letteratura." Le regole di un buon dialogo "La narrazione del film, che diversamente dalla narrazione scritta è per così dire tutta imitativa, è una narrazione-imitazione molto ellittica, elusiva, allusiva. Osservate quante domande, nei dialoghi dei film, restano senza risposta. A quante domande viene risposto con un gesto. Quanti dialoghi sono incompleti, quante azioni stesse sono incomplete. 16 criteri per un buon dialogo 1.Un buon dialogo è fatto di tante parole piene e di pochissime parole vuote. 2. Le parole vuote possono essere talvolta fondamentali quando aiutano a mettere in luce le relazioni tra i personaggi: l'ossequiosità o la reticenza vengono mostrate dall'uso a dall'abuso di parole vuote. 3.Il primo nemico di un buon dialogo è la ridondanza. 4.Un dialogo avviene tra almeno due personaggi in uno spazio: è costituito anche dai movimenti dei personaggi, soprattutto dagli avvicinamenti e dagli allontanamenti, dai contatti di corpo, dagli incroci di sguardi. Immaginare bene lo spazio e gestire i personaggi come se fossimo dei registri di teatro alle prese con degli attori. 5.I movimenti possono anche essere una antipunteggiatura, per far dire con il corpo o con il moto, cose diverse da quanto dicono con le parole. 6.Il lettore ha bisogno di cose da vedere, e un gesto sarà sempre più visibile della più azzeccata delle battute. 7. Il dialogo ideale è quello in cui si usa il più semplice dei verbi, 'dice' e 'disse'; e l'intonazione della voce non ha bisogno di essere indicata ma si capisce dalle parole stesse e dal contesto. 8. un buon dialogo si scrive e si rilegge e nel farlo si toglie almeno un venti per cento. 9. le cose non devono accadere durante il dialogo ma nel dialogo: serve a far progredire l'azione e non ad informare il lettore di quello che è accaduto fuori scena o in precedenza. 10.Se un personaggio usa espressioni dell'italiano regionale, stare attenti che siano dell'italiani regionale suo. 11.E' giusto inserire punti e virgole tenendo conto più di un ipotetico parlato che della sintassi e della logica. 12. Nei dialoghi in cui uno parla molto è bene che talvolta il soliloquio di uno sia interrotto da gesti e movimenti dell'altro. 13. Nelle liti, il lettore deve avere ben chiaro quale sia l'oggetto del contendere. 14.Negli equivoci, il lettore deve capire subito chi sta equivocando e su che cosa si equivoca. 15. Nelle scene d'affetto lasciate parlare il corpo. 16.Se in una stanza ci sono otto personaggi, che parlino tutti: o, se qualcuno non parla, che almeno faccia qualcosa. Scrivere un buon dialogo interno ad una narrazione è diverso da scrivere una scena per il teatro: e questo non perché nel teatro bisogna far passare quasi tutto nella parola detta dai personaggi; ma perché, appunto, nel teatro il tempo e la focalizzazione funzionano in modo completamente diverso. Giulio poi affronta diversi dialoghi con allievi dei suoi corsi o amici in cui mette in pratica quanto detto sui criteri per un buon dialogo.
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