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L’altra faccia della crisi
Post n°206 pubblicato il 14 Aprile 2013 da pantouffle2011
Un paio di colleghi improvvisamente troppo disinvolti con i soldi della cassa aziendale, ma con “distrazioni” troppo vicine alla fine del mese per lasciarti del tutto indifferente nel denunciare il fatto ai tuoi superiori, anche perché sai quanto prendono in busta paga, e più ancora perché sai per certo che una busta paga non ce l’avranno per molto ancora.
Un capufficio troppo preso a far vedere quanto è bravo ad usare programmi e formule di excel per rendersi conto che non si tratta di un problema di negligenza, quanto piuttosto dell’affitto da pagare. E troppo primadonna per accettare che tu abbia colto quello che lui non è stato in grado di rilevare. Sai che te la farebbe pagare a vita, perché deve essere sempre lui la stella che brilla più alta nel cielo.
E alla fine, siamo onesti, non hai nemmeno voglia di complicarti la vita con moralismi, etica ed etichette: è bastato un anno di disoccupazione per farti vedere un mondo decisamente meno in bianco e nero. Anzi, adesso è talmente tutto sfumato che non sai neanche più chi abbia ragione e chi abbia torto. E di giudici pronti a puntare il dito è già pieno il mondo.
E poi, vigliacchissimamente, siccome ti hanno appena confermato il contratto, di metter le corna in croce con colleghi disperati e capetti reucci ti attira tanto quanto un attacco di cervicale.
Troppa fatica, troppo sbattimento e troppo ardua la ricerca di una vera motivazione. Perché il senso di lealtà verso l’azienda che ti paga non è sufficiente a farti mettere la gente in strada senza provare rimorso alcuno. Non dopo che l’azienda ne ha fatte di cotte e di crude in nome della crisi.
E allora ti limiti a qualche mezza frase, qualche parola buttata qua e là, tanto per vedere se anche il capufficio ha capito. Ma è evidente che non coglie. Non capisce. Nella sua supponenza di “nato imparato” possono essere solo l’incapacità e la pigrizia tipici dei dipendenti a non far quadrare così spesso la cassa. A far sparire fatture e materie prime. Spazio per dubbi d’altro genere non ce n’è.
E allora accetti di sobbarcarti un lavoro che non è il tuo, in un posto che non è il tuo. E di passare per scema. Ma che importa, alla fine tutti son felici: i colleghi che raggranellano 2 euro in più, il capufficio che si fa bello sui presunti errori altrui e anche te, che non prendi sassate né da una parte né dall’altra.
Lavorare dovrebbe essere altro, è vero; in un mondo più giusto uno stipendio dovrebbe permetterti di vivere con dignità, un capufficio dovrebbe avere realmente meriti maggiori rispetto ai suoi subalterni e chi sbaglia dovrebbe essere punito.
Ma noi non viviamo in un mondo giusto, non lo è mai stato, e bisogna arrangiarsi come si può.
Soprattutto quando non è altro che l’altra faccia della crisi.
Ciao guys.
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