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La Luce di Mizar

 
 

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Le suggestive foto dei Sassi che vedete in questo box sono state scattate da Gerardo Fornataro, che mi onora della possibilità di arricchire e valorizzare il mio blog con i suoi lavori.
Grazie Gerardo.


































































































 
 

 

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Lo specchio degli occhi

Post n°402 pubblicato il 22 Ottobre 2009 da mizar_s_light
 

Un brivido. Il freddo torna a proiettare cieli limpidi su un manto scuro e soffice che attutisce ogni rumore.

Nessun suono. Nessun odore. L'aria è ferma

Non brucia la legna nel forno del panificio poco distante. Forse il vento sta donando la fragranza del pane appena cotto a qualche altro angolo della città. Quel profumo inconfondibile che lega ancora questi tempi moderni ad un passato che sembra lontano, ma in realtà non lo è, se ci sono ancora uomini e donne in vita che possono evocarlo. Due di loro dormono nella stanza alle mie spalle. Hanno chiuso gli occhi chiedendosi che diavolo ci faccia, io, seduto a notte fonda d'avanti a quella macchina infernale che non capiscono e non si sono mai sforzati di capire.
Che Dio li benedica.
Non bruciano i pneumatci nel cementificio, che pur se distante, riesce a spargere una foschia irritante e maleodorante attorno a se per chilometri. Quello si che ricorda quali tempi stiamo vivendo. E non ha un legame con il passato. E non ha un legame con il futuro. E' solo uno stupido, folle, presente irresponsabile del cazzo.

La prima boccata è sempre la migliore. E' appagante.
Forse ho bisogno di un odore, sarà l'assuefazione da nicotina, sarà che irresponsabile lo sono anch'io.
Il fumo grigiastro della sigaretta sfuoca i contorni dei palazzi, dei lampioni e degli alberi, e sale più su ad offuscare le stelle di una notte senza luna, per poi dissolversi.
Vedo, ma quel che vedo è uno sfondo. Le forme si distorcono, i colori si mescolano su una superficie inanimata che riflette vecchie scene, ricordi che sembrano comparire sullo schermo di una tv.
C'è stato un tempo in cui faticavo ad addormentarmi, e quel peso che opprimeva il cuore spingeva fuori pensieri che si spargevano attorno, senza lasciarmi il tempo di tracciarne i contorni su un foglio, perché ce n'erano altri che venivano fuori con un impeto incontrollabile.
C'è stato un tempo in cui la mattina mi svegliavo ma rimanevo nel letto,  e tutto ricominciava come poche ore prima.

Alla fine ci sono riuscito. Sono riuscito ad imprigionare quella parte di me che prima era me. Quella che odiavo profondamente perché mi faceva soffrire. Quella che mi faceva sentire solo in un mondo troppo diverso. Quella che ho chiamato Shasa, quella che ho descritto come se la vedessi dall'esterno. No, non "come se". La vedevo dall'esterno.
Sono riuscito ad adeguarmi al mondo che detestavo. L'ho voluto con tutto me stesso perché ero stanco, stanco di soffrire. Ma ora, così, non vivo neanche più.
E mi manca, Dio se mi manca. I suoi occhi vedono ancora attraverso i miei, le sue orecchie ascoltano ancora attraverso le mie, ma è diventato muto e malfermo. Inerme in una prigione senza muri che ne inchioda il respiro e spegne sul nascere le sue brame di libertà.
Le dita rimangono immobili, che siano sospese su una tastiera o che stringano in pugno una penna, ormai sono appendici sterili di un corpo prigione che non sa dare più voce all'anima.

Si sta spegnendo anche questo riflesso di un tempo senza luogo, generato da uno specchio che diventa cieco ancor prima che mi possa girare verso di lui per cercare tutto ciò che ho perso.
S'è spento, ed al confine tra occhi e bocca lo sguardo si unisce al buio, e si adagia sul suo letto di morte senza il conforto che sia l'ultima volta, perché lo specchio genererà altri riflessi, e la prigione altre morti.

Il tenue bagliore della sigaretta quasi finita mi risveglia, come una timida alba di inverno sull'incubo che era un sogno.
Butto giù l'ultimo sorso, il gusto forte e bruciante dell'amaro mi segna il petto.

Forse non avrei mai dovuto stancarmi di soffrire.

 
 
 
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INFO


Un blog di: mizar_s_light
Data di creazione: 08/12/2007
 

AREA PERSONALE

 

MIZAR

Zeta Ursae Majoris

Dall'arabo Miz'ar (cintura) è la stella centrale del "timone" della costellazione del Grande Carro, porzione dell'Orsa Maggiore e si trova a 60 anni luce dalla terra.
Il suo nome originario era Mirak, fu ribattezzata nel sedicesimo secolo da Giuseppe Scaligero.
Sua compagna inseparabile è Alcor, distante dalla terra 80 anni luce, più difficilmente visibile data la vicinanza ad una stella molto più luminosa, tanto che gli arabi la chiamavano Al-Suha "La trascurata". Nelle notti senza luna e fuori dalle città la si può vedere brillare debolmente, sopratutto se si cerca di non guardare direttamente Mizar. Nell'antichità la capacità di saper individuare nel firmamento le due stelle era considerata segno di buona vista.

I moderni telescopi hanno scoperto che il sistema Mizar-Alcor è tra i più complessi e tra i più affascinanti di quelli conosciuti. Entrambi gli astri infatti si dividono in sistemi multipli, Mizar è in realta una coppia strettissima di due stelle, Mizar A e Mizar B, che sono a loro volta una doppia ed una tripla, Alcor invece è una doppia.

Il motivo per cui Mizar è il mio nick e la luce di Mizar è il nome del mio blog è insito proprio in questa breve descrizione. Il suo sembrare un unica stella alla sola vista essendo in realtà un sistema molto complesso rispecchia la mia personalità ed il mio modo di pormi con gli altri. La prima impressione che trasferisco al mio interlocutore è sempre fuorviante rispetto alla mia vera essenza, la mia personalità è molto variegata e complessa e spesso mi piace "giocare" a far trasparire un lato piuttosto che l'altro. Mi piace essere poliedrico.
La luce di Mizar è una metafora del mio pensiero, perchè come la sua luce è il frutto e la somma delle luci delle stelle che la compongono, così il mio pensiero è il risultato dell'interazione di tutte le componenti della mia personalità.

Ed io non le conosco tutte...

 

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01 Febbraio 2009 - Diga San Giuliano - Matera

 

 

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