Creato da maria.carrassi il 27/02/2010

Nell'Infinito

... tentai di conoscere me stessa

Messaggi del 01/11/2013

CONSAPEVOLEZZA

Post n°3093 pubblicato il 01 Novembre 2013 da maria.carrassi
 




Foto: L'insoddisfazione è prerogativa di alcune persone che vivono così: senza mai davvero esser contenti, né appagati, anche se magari hanno una vita ricca di avvenimenti e risultati.  Per loro c'è sempre qualcosa che manca: non riescono proprio a essere felici.  Alla radice di questo atteggiamento ci possono essere vari fattori: il perfezionismo, l'abitudine a considerare la felicità come qualcosa che

 

L'insoddisfazione è prerogativa di alcune persone che vivono così: senza mai davvero esser contenti, né appagati, anche se magari hanno una vita ricca di avvenimenti e risultati.
Per loro c'è sempre qualcosa che manca: non riescono proprio a essere felici.
Alla radice di questo atteggiamento ci possono essere vari fattori: il perfezionismo, l'abitudine a considerare la felicità come qualcosa che "deve ancora arrivare", la difficoltà a vivere le emozioni in modo diretto e lineare. Ma c'è un denominatore comune ed è un senso di superiorità implicito, non dichiarato, nascosto.
La persona, nel suo definire inappagante la realtà presente, sembra avere in mente "ben altro" rispetto a quel che c'è adesso, e considera questo "ben altro" proporzionale al proprio "ovvio e scontato altissimo valore".

Chi sta accanto a questi insoddisfatti cronici all'inizio li giudica consapevoli di quello che vogliono, ma poi, poco a poco, inizia a provare un indefinito fastidio, fino a quando si chiede: «Ma chi si crede di essere, per ritenere i risultati degni della sua gioia solo quando solo stratosferici ?».
E in seguito si domanda: "Ma allora di me, che sono contento/a della mia semplice realtà quotidiana, penserà che sono un/a mediocre ?».
In effetti la risposta è: sì.
L'insoddisfatto ha un atteggiamento snobistico, per il quale lui può sentirsi appagato solo da qualcosa di speciale, mentre gli altri, non essendo speciali, possono accontentarsi anche del "poco" che il quotidiano offre.

In realtà questo eterno insoddisfatto non è per nulla sicuro del proprio valore. Non sa se "vale o no" e quell'eterna insoddisfazione è un modo per sfuggire a un incontro reale con la propria traballante autostima.
Tagliare questo intrico di pensieri è il primo e fondamentale passo per chi vuole uscire dal senso di onnipotenza e iniziare a godere della vita come un comune mortale. Limitato, forse, ma felice.

La frase che si cela dietro l'eterna insoddisfazione è: "Se gioisco di piccole cose vuol dire che mi bastano e quindi che anche io potrei essere "piccolo" e limitato". Il dubbio di non valere impedisce di gustarsi la vita.

Prova a vivere in modo diverso un risultato o un evento positivo: invece di darlo per scontato passando a rincorrerne un altro, celebra quanto è successo, da soli o con altri.
Fermati cioè a sancire la bontà di quanto accaduto attraverso un momento rituale, che gli dia valore e dia reale soddisfazione. Soltanto dopo riparti.

L'eterno scontento affronta la realtà in un modo troppo mentale e distorto. Stare di più con i bambini, se possibile giocare con loro e partecipare al loro mondo di fantasia è un grande aiuto per imparare a godersi quello che il presente può offrire, senza ingabbiarlo in continue valutazioni.
Stai di più nella natura.
(di Mary Hoffer)
Pace e Amore ... M. Carrassi

 
 
 

CONSAPEVOLEZZA

Post n°3092 pubblicato il 01 Novembre 2013 da maria.carrassi
 


Foto: NON TRATTENETE I MORTI  Lasciate che i morti partano tranquillamente, non tratteneteli col vostro dolore e la vostra sofferenza. Pregate per loro, inviate loro il vostro amore, pensate che si liberino e si elevino sempre più nella luce. Se li amate veramente, sappiate che sarete un giorno con loro. Questa è la verità. Là dove è il vostro amore, là un giorno sarete anche voi. Per incontrare nuovamente quell'essere là dove si trova ora, l'unico mezzo infallibile consiste nel fare lo sforzo di coltivare le stesse qualità che si sentivano e si apprezzavano in lui quando era in vita. Se volete veramente ritrovare un essere a voi caro, non avete altra soluzione che cercarlo attraverso le sue virtù, perché un tale incontro può verificarsi soltanto per la legge di affinità. Sviluppando le sue stesse qualità, ritroverete il suo spirito, che è realmente quell'essere. O. Mikhaël Aïvanhov

 

NON TRATTENETE I MORTI

Lasciate che i morti partano tranquillamente, non tratteneteli col vostro dolore e la vostra sofferenza. Pregate per loro, inviate loro il vostro amore, pensate che si liberino e si elevino sempre più nella luce. Se li amate veramente, sappiate che sarete un giorno con loro. Questa è la verità. Là dove è il vostro amore, là un giorno sarete anche voi. Per incontrare nuovamente quell'essere là dove si trova ora, l'unico mezzo infallibile consiste nel fare lo sforzo di coltivare le stesse qualità che si sentivano e si apprezzavano in lui quando era in vita. Se volete veramente ritrovare un essere a voi caro, non avete altra soluzione che cercarlo attraverso le sue virtù, perché un tale incontro può verificarsi soltanto per la legge di affinità. Sviluppando le sue stesse qualità, ritroverete il suo spirito, che è realmente quell'essere.
O. Mikhaël Aïvanhov

 
 
 

FESTIVITA'

Post n°3091 pubblicato il 01 Novembre 2013 da maria.carrassi
 

 

FESTA DI OGNISSANTI

La festa della vera libertà dell'uomo.

Al centro della festa di Ognissanti non vi sono solamente i santi riconosciuti come tali dalla Chiesa, ma "tutte le persone che nella loro vita hanno fatto spazio alla grazia di Dio e che ora sono nella beatitudine del cielo". Una festa della libertà , quella dei santi, cioè delle persone che hanno riconosciuto in Cristo il più alto ideale umano. Partiamo dal fatto che la santità e i santi prima che una festa, sono una delle realtà più belle del cristianesimo. Immaginiamo per un istante un cristianesimo senza santi nei quali appunto la santità di Dio si fa visibile. Sarebbe un cristianesimo senza bellezza, senza gioia, un cristianesimo triste. Giovanni Paolo II ha detto che «la santità è¨ il "gusto" specifico della vita cristiana». Come è ¨ facilmente immaginabile l'"attore", l'agente, di ogni santità è da un lato Spirito Santo e dall'altro la libertà dell'uomo. Ricordo a questo proposito una bella definizione di santo data da Paolo VI: i santi sono uomini a cui "lo Spirito Santo consuma il cuore", ha scritto papa Montini nella Gaudete in Domino.

Quando parliamo di santi, noi pensiamo istintivamente ai santi canonizzati, ma le persone sante sono ovviamente molte di più. Al centro della festa di Ognissanti vi sono perciò tutte le persone che nella loro vita hanno fatto spazio in modo più evidente che le altre alla grazia di Dio e che ora sono nella beatitudine del cielo. Ovviamente la stragrande maggioranza di loro non è canonizzata. Le prime testimonianze della festa vera e propria risalgono a dopo la metà del IV secolo ad Antiochia. Qui si celebrava appunto una festa per tutti coloro che erano morti come martiri. San Giovanni Crisostomo ha un'omelia per questa festa.

Ricordiamo che fino all'Editto di Costantino (313) il cristianesimo era perseguitato. In quel tempo ogni chiesa poteva vantare dei martiri nelle proprie origini. La festa però cadeva la prima domenica dopo Pentecoste. A Edessa la festa era celebrata il 13 maggio.

La liturgia bizantina ha conservato la festa nella sua collocazione originaria: la prima domenica dopo Pentecoste detta appunto "Domenica di Tutti i Santi".

Anche a Roma per alcuni secoli si celebrò nella prima domenica dopo Pentecoste.

Agli inizi del VII secolo venne spostata al 13 maggio. In ciò è evidente un influsso greco-orientale. Il 13 maggio si ricordava la traslazione di alcune reliquie di martiri anonimi dalla catacombe romane all'edificio che noi continuiamo a chiamare Pantheon. In quella circostanza il Pantheon, da tempio pagano che era, divenne una chiesa cristiana e fu dedicato a Maria e a tutti i Martiri.

L'ultimo spostamento di collocazione nel calendario liturgico, cioè l'attuale al 1° novembre, avvenne per volontà di papa Gregorio IV nell'835. Le ragioni precise non ci sono note. Sembra che sia dovuto alla necessità di accogliere con adeguato vettovagliamento i molti fedeli che giungevano a Roma per la festa.

Mentre a maggio tutto ciò poteva essere fatto con difficoltà, le cose, ponendo la festa subito dopo il raccolto autunnale, si sarebbero potute fare meglio.

Un'usanza particolare è quella che si viveva a Roma proprio al Pantheon. Durante la messa, dall'apertura posta alla sommità della cupola si faceva scendere una pioggia di rose, da qui la festa delle rose, creando così nella mente di molti una relazione con lo Spirito Santo.

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