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I relativisti assoluti

Post n°175 pubblicato il 23 Maggio 2013 da Mr.Nice.Guy
 

Tutti quanti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto la sfortuna di incontrare un “relativista assoluto”. Caratteristica saliente di questo particolare esemplare di fauna umana, è il suo desiderio di ricordare al mondo che ogni fatto è relativo, e che ciò che è valido in un caso, non si applica assolutamente ad un altro. Il relativista assoluto può essere riconosciuto facilmente dai suoi richiami rituali, primo fra tutti l’inconfondibile grido di battaglia: non puoi generalizzare!

Dopo aver attentamente studiato numerosi esemplari di relativista assoluto, come la Lisa o la Mirty, posso affermare tranquillamente che i richiami tipici di questa specie sono essenzialmente “dipende”, “non siamo tutti uguali”, ”non è sempre così” , insieme al meno gettonato, ma pur sempre valido “non si può parlare per assoluti”. Quando vengono emessi durante una discussione, questi richiami attirano sempre del consenso, in quanto assolutamente incontestabili. Tuttavia, lo slancio relativistico di questi esemplari tralascia un aspetto particolarmente importante. In realtà, tutto si può generalizzare. La statistica serve a quello.

Insomma, già a partire dal grido di battaglia, i relativisti assoluti iniziano sparando una cazzata fotonica. E sono sicuro che quando la sentono, gli statisti di tutto il mondo si fanno delle risate così grasse che nemmeno un branco di iene ridens. Perché contrariamente a quanto si crede, la statistica non è lo studio delle differenze, ma la scienza delle generalizzazioni. Prendete un campione di persone, ricavate migliaia di risultati diversi, dateli in pasto ad un esperto di statistica, e quello vi scodella 3 o 4 generalizzazioni al volo, roba da cotto e mangiato. Alla faccia delle differenze individuali.

La statistica ha infatti trasformato la generalizzazione in una forma d’arte, il cui esempio più fulgido è senza dubbio la distribuzione gaussiana, ossia la buona e vecchia curva a campana. Rappresenta il numero di soggetti in funzione di un valore, nella maggior parte dei casi è alta al centro e sottile ai lati, ed è la rappresentazione grafica, chiara ed inconfutabile, che non siamo tutti uguali. Per tagliarla un po’ con l’accetta, la curva è alta al centro perché ci sono tante persone intorno al valore medio, e sottile agli estremi, perché ci sono sempre meno persone, più ci si allontana dalla maggioranza.

In sostanza, prendete un campione di persone, e avrete la dimostrazione matematica che non siamo tutti uguali. È palese.

Numeri alla mano, è facile capire quanto le argomentazioni del relativista assoluto, lascino assolutamente il tempo che trovano. Sottolineare che qualcosa dipende da qualcos’altro, o che non siamo tutti uguali, è ribadire un’ovvietà clamorosa senza dare nessun contributo alla discussione. Senza contare che si può sempre generalizzare alla grande su tutto, dal raccolto di mele alle preferenze sessuali degli ornitorinchi, passando per la tendenza femminile a smutandarsi al primo appuntamento.

Tuttavia, al relativista assoluto queste cose non importano un granchè, per cui quando non è d’accordo con il suo interlocutore, sentirà il dovere morale di sottolineare che non siamo tutti uguali e che non è sempre così. Non importa se c’è una botta di troiume dilagante o se nel 50% dei casi in una coppia uno dei due porta le corna, il relativista assoluto si sentirà obbligato a ribadire che non si può generalizzare. Eccheccazzo, ma che facciamo, ci scordiamo del 50% di cornuti?

Gestire una conversazione con un relativista assoluto, è quindi molto più complicato di quanto possa sembrare. A parlare di maggioranza, già cominciano a fumargli le orecchie. Persino iniziare una frase premettendo che ci si riferisce solo ad una parte delle persone, e non ovviamente a tutti quanti, potrebbe non placare la sua sete di relativismo. Intanto perché a suo giudizio le minoranze devono essere giustamente rappresentate, e poi perché non gliene frega una ceppa degli statisti e dei loro numerini del cavolo. Che andassero a zappare o a fare qualcosa di produttivo, invece di fare i disegnetti e giocare con la calcolatrice.

L’unica cosa che sembra rabbonire i relativisti, è iniziare ogni frase premettendo che la questione si applica solo ad un numero ridotto di persone, in modo da limitare l’argomentazione a pochi casi isolati, sicuramente insignificanti. Anzi, particolarmente insignificanti. In quel caso, magari si convince che state parlando di una minoranza, e forse non si sente in dovere di ricordarvi che non è sempre così, perché comunque dipende da un sacco di altre cose.

Tuttavia, questo vale soltanto se non volete contraddirlo. A quel punto, passerà al contrattacco, sostenendo che in realtà TUTTI i casi sono come quelli che lui sta per esporvi. L’esempio più classico di questo comportamento, è il caso della stronzaggine maschile. Gli uomini sono tutti stronzi, fine della discussione. Per far valere le sue ragioni, il relativista assoluto comincerà a snocciolare episodi assurdi, tesi a dimostrare inequivocabilmente che per quell’argomento, non dipende proprio un cavolo. 

In quei casi, non resta che una sola cosa da dire: non è sempre così.

Del resto, non siamo mica tutti uguali.

 
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ma vaffanculo...

Inviato da  mr.controcorrente il 18/09/08 @ 13:15 via WEB
... e, aggiungo, da perfetto cattolico quale sei, dovresti sapere che uno dei 7 peccati capitali è la SUPERBIA.

Inviato da vargoli il 01/09/08 @ 16:31 via WEB
Beh, sai, forse hai trovato solo stronze egoiste perché, come si dice, "similes cum similibus congregantur".
 
 

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