Nicola D'Agostinoa che servono le parole ? |
BACIAMI ANCORA - THRILLER D'AMORE E MUSICA
Questo romanzo è la mia seconda pubblicazione nel campo della narrativa. Dovrebbe piacervi. Alcune cose, comunque, posso ritenerle certe, sulla base delle impressioni di chi lo ha letto e che devo ritenere genuine perché provenienti da chi non mi conosce e non me le ha riferite direttamente. E così, tra le pieghe di un thriller dalla suspence crescente, troverà spazio in chiunque la passione per Puccini, amerete Athor Zicowsky, affascinante artista di strada-tenore, e Caterina Vinci, bellissima impiegata della Sempresorrisi s.r.l.. Odierete Mario Tosches, proverete pena ed orrore per Remo Costa, resterete intrigati dalle vicissitudini interiori del Sostituto Procuratore Conte. Giallo sensuale. Scritto in modo impeccabile, come sempre, dal Vostro affezionato (e modesto) NICOLA D'AGOSTINO.
E' POSSIBILE ACQUISTARLO CLICCANDO IL LINK INDICATO QUI SOTTO E SEGUENDO LE ISTRUZIONI CHE COMPARIRANNO SUL SITO DELL'EDITORE, OPPURE PRESSO LA LIBRERIA DEL TEATRO A BITONTO (essendo un bel libro. è difficile trovarlo dappertutto...)
http://www.boopen.it/acquista/ricercaopera.aspx?m=2&s=Baciami%20ancora
La prefazione mi è stata regalata da Giorgio Saponaro, mio casuale “fan”, che ringrazierò per sempre. Per motivi di spazio ve la riporto in un post.
Pubblicherò sul blog tutti i commenti che vorrete proporre dopo averlo letto. Anche quelli più duri. (No parolacce gratuite et similia).
Vi inserisco un link per consentirvi di scaricare la 1^ Scena del primo atto in formato pdf, come "aperitivo".
http://www.scribd.com/share/upload/9812228/f9kepltxqkz9xgm7n9l
Buona lettura.
IN UN POST VI SEGNALO LA PROSSIMA PRESENTAZIONE DI SABATO 20/03/2010 A BITONTO
Alle volte, da un'esperienza negativa nasce un lavoro intellettuale positivo, così come è nato questo breve ma intenso romanzo, dalla stesura snella nel narrare, che raccoglie la testimonianza di un tempo oramai passato come la naja (il servizio di leva è stato soppresso nel 2005).
Seguendo il tracciato del romanzo, ad una prima parte ove si descrivono situazioni e sentimenti ben noti a chi ha svolto il servizio obbligatorio di leva, segue una seconda dove l'attenzione di chi legge è come sospinta da una forte accelerazione, quando l'Autore parla del suicidio di Antonio. Quì il romanzo, da autobiografico, prende quasi le distanza dal vissuto personale per addentrarsi in una situazione tragica, misteriosa, dal profilo di un giallo denso di suspence, diventa all'improvviso un pezzo forte, drammatico, che attanaglia il lettore e lo costringe a proseguire ininterrottamente nella lettura per conoscere il seguito, il finale, un finale imprevedibile e inatteso che accerta la possibilità di questo Nostro scrittore di proseguire nel campo della narrativa. MARIO EMARI
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Bentrovati. Non so a quanti potrà interessare, ma ve lo dico lo stesso: ho smesso di fumare. Forse vi interesserà di più sapere che in Italia ci sono ottantamila morti all'anno per cause legate al fumo di sigarette. Ottantamila, ragazzi. Ah, per distrarmi e non pensare al fumo decido di farmi un bel giro sul mio capriccio: una Mercedes Cabrio. Bella, tutta nera. La guido, la tiro un po', giusto per. E non penso al fumo. Ma mi metto a pensare agli incidenti d'auto. In Italia muoiono 3.500 persone all'anno per gli incidenti stradali, i più dovuti alla velocità. I feriti sono 103.000, fra gravi e non. Mi passa la voglia di guidare. Lascio la macchina e torno a casa. Mi immagino di farmi una bevuta di qualcosa, almeno, così mi dimentico del fumo e non rischio di ammaccare la mia bella Mercedes. Ma penso che in Italia muoiono 30.000 persone all'anno per cause legate al consumo di alcol. Dunque dunque: per stare solo alle dipartite, tra fumo, auto e bere ci sono 113.500- morti ogni anno. Già. CENTOTREDICIMILAMILACINQUECENTO. Una cittadina all'anno. Via. Spazzata dall'Italia. Una media di 310 persone al giorno. Ogni giorno, chiaro? Lutti, dolori, difficoltà di tirare avanti per chi resta e costi sanitari e sociali infiniti. E a fronte di questa strage continua e progressiva c'è ogni tanto uno spot blando contro il fumo, un servizio su un incidente (chissà poi perché ne scelgono alcuni e altri no), e sull'alcol una tiratina d'orecchi appiccicosa come il miele. Praticamente il silenzio. Fa molta più notizia un singolo delitto morboso, con Rai e Mediaset che vanno in brodo di giuggiole per le oceaniche trasmissioni che ci tirano su. Già, si dirà, ma i 113.500 son matti, sfortunati ma colpevoli. Han fumato troppo, viaggiato troppo veloci, bevuto troppo. E' un troppo legato a una scelta personale. Uhmm, non è proprio così. Il fumo, ad esempio, dà dipendenza e si tende a fumare un numero sempre maggiore di sigarette. Per questo si fanno cause alle aziende produttrici e si vincono. Dunque non sono colpevoli i soli consumatori. E gli incidenti d'auto? Teniamo a mente i limiti massimi di velocità, che sono 130 in autostrada e guardiamo le pubblicità delle auto: mezzi scattanti, che con grinta mordono la strada. Alcune sono enormi e fanno paura. Se la velocità fosse contenuta entro i 130 all'ora perderebbero il loro charme. Si ritornerebbe alla cinquecento con le porte a vento da non cambiare mai. Dunque c'è un invito implicito ma chiarissimo che mi rivolgono: fregatene dei limiti di velocità e comprati questa super-macchina. Io me la compro, e sono un automobilista tutto sommato modello. Mi limito. Ma, tutti lo sanno, al momento opportuno, quando magari sei un po' su di giri e per strada non c'è traffico, ti dici che la macchina “soffre” e arriva puntale quel momento. Si affonda il piede sull'acceleratore. Che figata. Si fa, si fa. Si è complici. Insomma, si fabbricano cose sapendo che è impossibile evitarne l'abuso. Anzi, si fa finta di ignorare che l'abuso sia parte delle motivazioni più profonde che portano all'acquisto. Motivazioni sollecitate in via subliminale, come dimostra il fatto che si costruiscono auto che vanno a trecento all'ora nonostante il limite di velocità massimo sia di 130, sapendo che solo la possibilità di superare quel limite potrà determinarne l'acquisto. E come dimostra il fatto che si vendono pacchetti di sigarette da venti unità o, bontà loro, da dieci, e non da due o tre. E come dimostra il fatto che si vendono superalcolici a litrate e sono out le bottigliette da un goccetto “giusto per”. Ma consoliamoci: sul pacchetto di sigarette ci avvisano che il fumo uccide, così ogni volta che fumiamo e restiamo vivi ci convinciamo d'essere immuni e fumiamo ancora di più. E' il messaggio iniziale che è ambivalente, schizoide. Ti dicono contemporaneamente sia che una cosa non si fa e non si deve fare (viaggiare veloci o fumare o bere troppo) e sia che viaggiare veloci o fumare molto o ubriacarsi è bellissimo. A questo messaggio, puntualmente, si risponde nello stesso modo schizoide, e cioè ripromettendoci che quella cosa non la dobbiamo fare per poi puntualmente farla. Morale? Quella “macro”, di carattere sociale, è che va riconosciuto che, tranne rari casi che non possono far testo, purtroppo le umane capacità di autodeterminazione sono messe talmente a dura prova dalle sollecitazioni subliminali che forse un bel periodo di proibizionismo potrebbe far maturare un diverso atteggiamento verso ciò che è bello ma fa male. Naturalmente non accadrà mai. Troppo forti gli interessi economici che gravitano attorno ai 310 morti al giorno. Ogni morto avrà fruttato a chi produce e vende, Stato compreso, un bel po' di danaro. Pronti ad abbracciare quello che lo soppianterà. Chi potrebbe aver mai interesse vero a debellare il fenomeno dell'abuso? La morale “micro”, di carattere personale, è che nella decisione di smettere di fumare ho scoperto completamente la mia debolezza. Si, la mia debolezza. Perché tanto mi sarebbe piaciuto essere così forte da impormi di fumare due, tre sigarette al giorno, dopo un caffè, o dopo i pasti, e gustarmi in pace e senza rischi estremi un così morigerato e perciò dolce vizio (tanto non averne non ti fa vivere eternamente e senza malattie). Ma le alchimie per realizzare questo obiettivo sono miseramente naufragate. E' stato più facile smettere completamente. I primi giorni a guaire, ma poi, il tempo, ha distrutto persino il vizio. Non resiste nulla, al tempo. Nemmeno il nulla. Forse nemmeno il tempo. Il tempo distrugge il tempo? Mah, meglio non approfondire. Vi saluto. Vado a dormire. Spero di sognare d'essere un tabaccaio. Nick. |
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L'INCIPIT DI BACIAMI ANCORA
Nonostante la minaccia di un imminente temporale, alle sette del mattino i primi ambulanti, mestamente, collocavano le loro mercanzie lungo il Viale dei Fori Imperiali. Era Novembre e faceva freddo. Athor era giunto da poco a Roma a bordo del suo vecchio ma ben tenuto furgone westfalia rosso, allestito come un mini camper. Lo parcheggiò alla meno peggio nei pressi della Domus Aurea. Tentò di avviare la piccola stufa a gas, sfregandosi le mani, ma l'aggeggio stentò a partire. Provò ancora mentre intonava:
Nei cieli bigi vedo fumar dai mille comignoli
Parigi, e penso a quel poltrone di un vecchio
caminetto ingannatore,
che vive in ozio come un gran signore.
Proveniva da Sorrento. Le prime ore della notte le aveva trascorse guidando. In autostrada si era fermato un paio di volte presso gli autogrill a bere caffè per restare sveglio. Per esibirsi preferiva giungere sul posto con molto anticipo, così da avere il tempo per il disbrigo delle formalità e riposarsi prima di lavorare. Gli piaceva viaggiare di notte. A notte fonda, quando accedeva nei punti di ristoro delle stazioni di servizio più piccole, un po' stordito dalla musica e dalle vibrazioni della vettura, viveva come in un sogno l'atmosfera piatta che aleggiava nei bar quasi deserti dove i clienti consumavano piano, in silenzio, le loro bevande. Si sentiva come un personaggio del quadro di Edward Hopper più noto: Nighthawaks.
Restò nel camper circa una mezz'ora. Poi scese e raggiunse il Viale. - Qui potrebbe andare bene. - si disse strisciando il piede sulle basole per liberare la zona che aveva scelto dalle cicche.
La presenza del Colosseo garantiva un via vai sufficiente di turisti e la muraglia ad una trentina di metri dinanzi a sé avrebbe consentito un effetto acustico accettabile. Lo spazio era ampio abbastanza per farvi sostare chiunque avesse voluto farlo. Quel posto era proprio l'ideale per ciò che doveva fare Athor.
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