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Post N° 111

Post n°111 pubblicato il 19 Giugno 2007 da NewDealNow
 

Buongiorno a tutti!

Mi è tornata voglia di scrivere, dopo questi mesi così strani, profondamente strani, mi è tornata voglia di scrivere. Parto dalle sensazioni. Gli ultimi quattro mesi non li ricordo benissimo, nonostante io abbia una memoria, come si dice, da elefante, gli ultimi quattro mesi sono trascorsi in maniera del tutto anomala, surreale, paradossale e con quella che definirei una contrazione temporale. Questo periodo discretamente lungo è contratto come in un solo e lunghissimo giorno dentro di me, ho pochi ricordi, tante sensazioni e l'impressione di essermi risvegliato da un sortilegio. Ho la sensazione come di essermi riappropriato, o meglio, riconciliato con me stesso, con il senso delle cose.

Come ho scritto precedentemente, a partire dal gennaio scorso mio padre ha iniziato ad avere piccoli problemini, un formicolio stranissimo, all'inizio di marzo la fatale sentenza... tumore al cervello di alto grado di malignità, inoperabile, incurabile. Non c'era più nulla da fare, gli rimanevano, hanno detto i dottori, tra i quattro e i sei mesi di vita, metà dei quali li avrebbe trascorsi paralizzato in un letto. Questo accadeva nella prima decade di marzo e ha dato il via a un'escalation di eventi e sensazioni che hanno, nel bene e nel male, rivoluzionato e sconvolto la mia vita modificandola radicalmente, nella valutazione del passato, nel presente e nei progetti per il futuro. Si dice che un amico lo si vede nel momento del bisogno, lo si dice forse perché non è dato affatto per scontato che un amico sappia tenderti la mano nel momento più buio e la difficoltà diventa un modo per capire chi ti sta intorno. Lo si dice degli amici ma non vi è analogo detto per fidanzati o fidanzate, compagni o compagne, mogli o mariti. In un certo senso lo si da per scontato ma, ahi me, ho potuto constatare che non è affatto così. Le difficoltà spaventano. Terrorizza molte persone l'idea di dover cedere qualcosa di sé avendo come sola motivazione l'amore.

La malattia di mio papà e la fine del mio rapporto con quella che chiamerò “La Iena” hanno corso su due binari paralleli. Le due cose si sono intrecciate, le prospettive di difficoltà hanno minato alla base (una base d'argilla) il gigante che era diventato la mia vita di coppia.

Nell'arco di questi mesi, se da un lato tutte le mie risorse e i miei pensieri erano rivolti a mio padre, dall'altro diventavo sempre più conscio che con la iena le cose non sarebbero potute continuare a lungo o, per meglio dire, ho iniziato a pensare che quel periodo così duro per me, avrebbe dato inizio a una nuova stagione di stima, rispetto, fiducia e amore o avrebbe decretato la fine del nostro rapporto. Quest'ultima via è stata, alla fine, percorsa. Ma andiamo per ordine.

Che mio padre sarebbe morto da lì a quattro mesi me lo dissero un lunedì mattina, lo stesso giorno la iena mi disse “Però ricordati che ci sono anch'io”; qualche giorno dopo il problema non era più esclusivamente il presente ma bensì lo diventava anche il futuro in quanto per la iena la prospettiva di una madre sola (che non era la sua) alla quale stare vicino dopo che mio padre fosse morto era una prospettiva assai soffocante. Allora... prima per il lavoro... poi per il padre malato... poi anche la madre... e no!?! E' veramente troppo!!!! Così il malcontento è salito ma veniva ben ben celato dalla iena che covava e covava... non dava molto a vedere quella che era la scelta che stava in lei maturando sempre di più, quelle che erano le convinzioni che si stavano sempre più artificialmente costruendo dentro di lei... non mi sono accorto che dormivo sereno, pensandomi al sicuro, accanto a una iena. Del resto la iena era scesa giù giù infondo alle mie priorità e questo un po' per il suo atteggiamento sempre seccato per il tempo dedicato a mio padre e un po' perché proprio mio padre era il fulcro delle mie preoccupazioni e dei miei pensieri. Mi hanno detto che mio padre ha quattro mesi di vita solo qualche giorno fa e tu mi metti i musi perché non usciamo? Perché non andiamo al cinema? Perché, dopo che dedico il sabato a mio papà per cercare di prendere tutto da questo ultimo periodo passato con lui e per cercare di farlo stare il meglio possibile, son troppo stanco per uscire? “Ma devi dedicare proprio tutti i sabati a tuo papà?” - aggiustando poi il tiro - “Sì, ma dopo potremmo uscire”. È vero, avrei potuto non dedicare tutto il tempo che gli ho dedicato ma poi sarei riuscito mai a perdonarmi? Avrei potuto non fare tutto il possibile per cercare di farlo stare il meglio possibile ma sarebbe stata giusto fare così dopo che lui per me ha fatto tantissimo? No. Non potevo e non volevo mettere nessun interesse personale e tanto meno un'altra persona davanti a mio padre. Non si merita di essere trattato con tanto egoismo e cinico calcolo. Dalle ore 8:00 alle ore 12:00 papà... dalle 14:00 in avanti iena. Questo mi diceva “bisogna trovare tempo per tutto” - “c'è anche un dopo”. Mio padre era evidentemente cambiato, parlava con difficoltà, era sempre stanco, scoppiava in pianti disperati (sintomo della malattia) rendendosi conto di essere malato e sentendosi un peso per tutti. Io avrei dovuto andare poi al cinema. Ore 18:00 pacche sulla spalla a papà a seguito pianto disperato, ore 20:00 cinema. “È questione di indole” mi ha detto la iena “Io voglio una vita più sociale, non voglio fare una vita da sessantenne a 30anni!” - caspita, ma non ero il tuo amore per sempre sino a pochi mesi fa? - “Prima per il lavoro, poi per tuo padre... hai sempre qualche problema che ti rende depresso” - è vero, tendo alla depressione. Tendo alla depressione quando faccio cose che il mio animo più profondo considera sbagliate, considera errori. La iena è stata un errore, per far tacere le miei insicurezze ho accettato, sbagliando clamorosamente, una situazione che dentro di me creava un conflitto profondo e infinito.

Pian pianino mio padre è tornato a stare benino anche se non è più tornato quello di prima ma, viste le prospettive illustrateci, è stato tutto oro, ogni minuto, ogni ora, ogni suo sorriso, ogni sua risatona, ogni suo consiglio li ho iniziati a sentire come un qualcosa che mi veniva donato in più e non come un qualcosa che mi veniva ogni giorno sottratto. Ogni cosa non era qualcosa in meno (un furto) ma bensì era qualcosa in più (un regalo).

Le tante sedute di radioterapia al centro tumori del ricco nord est erano un qualcosa di sconvolgente, bambini malati di tumore che piangevano, tante, tante persone malate e, lì in un angolo, mio padre ad aspettare il suo turno. È stato un lunghissimo periodo vissuto nel timore che la terapia finisse, come avevano sinistramente detto, col peggiorare la situazione togliendo ancora tempo al già poco tempo disponibile e poi come avrebbe reagito? Sarebbe riuscito ancora a parlare, a uscire dopo? Ma avrei dovuto saper gestire meglio le mie emozioni e pensare anche al dopo, avrei dovuto portare mio padre a fare la radioterapia e poi parcheggiarlo a casa trotterellando felice verso la multisala più vicina. Radioterapia e poi al sabato portarlo a fare una piccolissima passeggiata? Troppo! Uscire dal lavoro e andare a trovarlo tutte le sere? Ma neanche la spesa facevo più, non facevo nulla in casa tornando per le 20:00 magari anche stanco morto. Ma sei matto a svegliarti tutti i santi giorni alle 6:30, sabato e domenica compresi, da 5 mesi a questa parte? Se si fa così poi non resta tempo per fare altro!?!

Altro... avrei dovuto pensare ad altro... mi sarei dovuto dire “E va bé, tanto mio padre oramai è andato, diamogli un calcio nel sedere, paghiamo qualcuno per sbrigare le cose pratiche e tuffiamoci in un bel mare di cazzi nostri!?!” - o avrei potuto dire - “tanto c'è mia madre, ci pensa lei, io devo costruirmi un futuro e non posso sacrificare la mia vita per stare qualche ora con un malato”. Avrei potuto dire così, avrei potuto comportarmi così e forse qualcuno (la iena sicuramente) lo avrebbe considerato normale ma io non sono fatto così. Mio padre mi ha dato tutto quello che poteva, ha fatto del suo meglio, è sempre stato un padre presente e affettuoso, la mia famiglia è sempre stata una famiglia presente e affettuosa, non potevo voltarmi e farmi, anche solo in parte, i fatti miei. Era un dolore, un sacrificio che dovevo, volevo vivere sino infondo e poi, io sono tutto cuore e niente cervello, quando c'è da combattere io salto in groppa al mio cavallo bianco, sguaino la spada e parto al galoppo verso il nemico anche se vado incontro al massacro. Non sono uno stratega. Non so pianificare, gestire e incanalare le emozioni; da esse mi faccio travolgere in un impeto di sensazioni e parto all'attacco. All'attacco di tutto, della malattia di mio padre, del tempo che non basta mai, del sonno e della stanchezza, dei discorsi del cazzo, dei piccoli e grandi gesti di egoismo, delle iene. Lo scontro idealistico quasi a voler dimostrare sino infondo che io mi spezzo ma non mi piego! Non arretro di un passo! Radicale forse, sbagliato probabilmente ma una tigre messa all'angolo reagisce violentemente, molto violentemente. La mia violenza è stata, ovviamente non negli atti, non ho mai alzato un dito sulla iena e mai ho pensato di farlo, per carità, sono una persona a modo io. La mia violenza non è stata neanche verbale con attacchi fatti di urla, offese e umiliazioni inflitte. Niente di tutto questo, la mia violenza, il mio reagire violentemente è stato, ed è, solo un modo estremamente forte di sentire le cose, le mie convinzioni e di prendere decisioni. Proprio come l'impeto di un cavaliere che lancia al galoppo il suo destriero e avanza verso l'esercito nemico con cotanta convinzione e senza dubbio alcuno da sembrare inarrestabile. Ecco, io sono un po' questo, non che non abbia paure, non che non abbia tristezze, non che non abbia dolori è solo un profondo senso del dovere, di spirito di sacrificio a riempirmi d'impeto il cuore. Sicuramente mio padre è anche immenso affetto e riconoscenza, è la bontà d'animo che in lui si sintetizza, non che sia un santo, di sbagli ne ha fatti, incazzare mi ha fatto incazzare parecchie volte ma non vuol dir niente, di base se ha sbagliato lo ha fatto a fin di bene, lui è un buono, un buono vero: “omnia munda mundis” - tutto è puro per i puri.

Ma arriviamo agli ultimi giorni della iena... venerdì arriva a casa con un bel dvd nuovo, ha comprato un film, sabato “normale”, lo dedico a mio papà, la iena non manifesta particolari fastiti, domenica mattina la iena mi porta la colazione a letto... domenica sera la iena mi dice che torna da sua madre. Non una litigata, non una discussione ma bensì la calma da svariate settimane. È uscita dalla porta e non mi ha più voluto parlare “devo stare un po' da sola per far riordinare le idee” - le idee? - “il problema non è l'amore, io ti voglio bene, il problema è lo stile di vita” - stile di vita? - “è la tua indole il problema?” - la mia indole? I primi giorni, nonostante tutto, mi mancava molto, ho provato a chiamarla ma non mi voleva parlare, ho provato a cercarla ma non mi voleva vedere. Volevo riprovare a far funzionare le cose, troppo radicale quella scelta fatta così di botto. Allora ha lavato e stirato le sue cose e le ho riposte per benino nell'armadio “quando torna vedrà che possiamo risistemare le cose, per lo meno riprovarci” - pensavo. Passavano i gironi e lei non tornava, non chiamava. Era sparita, scappata. Dopo dieci giorni dalla sua repentina fuga sono capitato a casa per puro caso e davanti ai miei occhi si è presentata una scena che mai avrei immaginato di vedere... la iena, quella strega di sua madre e una squadra di traslocatori che stavano portando via la roba. Non si è sentita in dovere di farmi neanche una telefonata per dirmi “Guarda è finita, domani vengo a prendere la mia roba” - nulla. La mia relazione con lei è terminata come, infondo, è vissuta, nel nulla. Non l'ho più sentita. D'improvviso è sparita dalla mia vita come, per l'appunto, fosse stata il frutto di un sortilegio.


Sono passati due giorni della fuga della iena e mi arrivano aumento e passaggio di livello, ne passano tre e dalla risonanza magnetica risulta che, non solo la radioterapia ha bloccato il tumore, ma addirittura, contro ogni previsione lo ha fatto un pochino regredire rendendo ora realistica un'aspettativa di vita che potrebbe arrivare a 1 anno.


È strano tutto quanto mi sta capitando... tutto molto surreale.


Il numero 3 ricorre sempre nelle date che corrispondono agli eventi di questi ultimi mesi


Nei giorni immediatamente precedenti alla botta inflittami dalla iena mi è tornata alla mente la prima canzone che ho imparato, la prima canzone della quale ho memoria e che si perde nei lontani anni della mia infanzia... è una vecchia canzone non famosa di Gigliola Cinquetti, si intitola “Gira L'Amore (Caro Bebè)”


Mi disse: "Non pensarci, bambina.

La vita è una speranza che cammina

nel cuore ti ho lasciato una stella

cammina che la strada si fa bella!"

 
 
 
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