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20 anni di MatrimonioOgni riferimento a fatti e personaggi e' puramente... VOLUTO! Angoli di vita
28 gennaio 2009 / 28 gennaio 1989
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Post n°12 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XII L'estate del 1972 Il mio nuovo orologio comincio’ a scandire le ore della lunga estate del 1972. Lunga perche’ le vacanze duravano piu’ di adesso, lunga perche’ quando sei giovanissimo il tempo scorre piu’ lento, lunga perche’ la vissi intensamente. Era appena un anno che abitavo in via Podgora e il cerchio delle amicizie si era allargato ai cortili dei palazzi adiacenti al mio. Provavo gusto a uscire dai confini del mio giardino e a vedere la mia casa da un’angolazione diversa; si incominciava a giocare dal mattino dopo le 9, nascondino, 1…2…3…stella, scambio di figurine, corse in bicicletta, il gioco della bottiglia con annessi i primi baci innocenti o quasi, le prime rivalita’ e gelosie e qualche litigata… ma faceva parte del gioco. Roberta e Lucilla erano le piu’ gettonate, ma i maschietti erano in esubero: Mirco, Umberto, Tiziano, Alessandro, Giorgio, solo per citarne alcuni, e qualcuno rimaneva inevitabilmente a bocca asciutta. All’ora di pranzo i cortili si svuotavano e iniziava una fase di quiete, della durata di circa quattro ore, imposta dalle regole condominiali che vietavano rumori e schiamazzi nel primo pomeriggio. Io non andavo a riposarmi, ma, ligio alle regole, rimanevo in casa a guardare con il proiettore i miei filmini, ad ascoltare la radio o a progettare carrozzerie di automobili. Da quell’anno incominciai ad avere grande passione per il disegno tecnico e inventavo nuovi modelli di cui proponevo la vista anteriore, posteriore e laterale in scala 1:15, partivo sempre dalla versione berlina per poi sviluppare le varie derivate coupe, spider e familiare (ancora non si chiamavano station wagon). Fu anche l’ultima estate in cui giocai con gli automodelli, incominciavo a vergognarmi e lo facevo da solo, di nascosto, in uno dei balconi di casa. E fu anche l’ultima stagione delle costruzioni Lego, di cui avevo accumulato, in circa cinque anni, una moltitudine di mattoncini e pezzi vari.
Un altro passatempo casalingo continuava a essere l’ormai vecchio registratore Geloso G256 di mio padre, con il quale avevo imparato a parlare e a cantare e mi divertivo, gia’ con spirito giornalistico, a fare interviste a mio nonno Antonio, nato nel 1897, ex maresciallo dei Carabinieri, che aveva sempre tutta la sua vita da raccontare, fatta di guerre, trasferimenti, licenze, convalescenze, Istria, Dalmazia, Dannunzio e naturalmente Sardegna, la sua terra d’origine, dalla quale si lasciava coinvolgere anche nel modo di parlare sfociando spesso in espressioni dialettali che mi facevano impazzire e soprattutto rendevano interessanti e un po’ ermetiche le mie interviste di cui ero… Geloso!
In breve arrivavano le 16 ed era tempo di uscire di nuovo all’aperto, certe volte anche dopo cena fino alle 23, ma mai di sabato, perche’ non potevo perdermi “Teatro 10” la fantastica trasmissione che seguivo fino alla fine, perche’ proprio alla fine c’era “Parole Parole” con i fantastici Mina e Alberto Lupo e con un’inquadratura fissa che parlava da sola… altri tempi!
Post n°13 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XIII All'ultimo banco Si spensero i riflettori di Teatro 10 e si riaccesero le luci delle aule scolastiche di Via Garigliano. La seconda media. Una classe che ricordo malvolentieri. La trovai molto piu’ impegnativa della prima e, a posteriori, anche della terza e in piu’ non sopportai molto la retrocessione all’ultimo banco. Non fu una punizione, non fu un castigo, semplicemente l’esigenza da parte di alcuni insegnanti di mescolare le carte e assortire i compagni di banco. A me tocco’ Gerardo Marotta, un bravo ragazzo dal punto di vista umano, ma dallo scarso rendimento scolastico, era stato gia’ bocciato tre volte per cui, visto che io ero un anno piu’ piccolo del normale, c’erano quattro anni di differenza tra me e lui. In fondo all’aula era facile distrarsi e con lui, sebbene tutto sommato mi divertissi, non riuscivo a stare piu’ attento come prima.
Mi raccontava del suo lavoro in tipografia, delle litografie, del metodo offset, era espertissimo, lui dava una mano nella bottega di un suo parente e quindi non aveva molto tempo per studiare. La mia attenzione precaria alle lezioni si ripercuoteva a casa, dove ero costretto a studiare piu’ del dovuto per recuperare il tempo perso a scuola. Un giorno, esasperato dal suo continuo distrarmi, lo richiamai ad alta voce, durante l’ora di italiano con il gia’ noto prof. Galardi, parafrasando il suo cognome Marotta e uscendomene con un sonoro: Marotto! Immaginatevi il boato delle risate dei nostri compagni… Del resto ero esasperato e non sopportavo piu’ il fatto di non poter seguire le lezioni come volevo. Di li’ a poco fui cambiato di posto varie volte riavvicinandomi verso i primi banchi. Ma lui volle rimanere mio amico e spesso veniva a trovarmi vicino casa nel primo pomeriggio, prima che io andassi a fare i compiti: meglio amico che compagno di banco. In quel periodo uscivo di casa dopo pranzo verso le 14 e rientravo alle 15 o alle 15.30 a seconda di quanto lavoro avessi da svolgere per la scuola.
Di solito andavo in giro per marciapiedi con la mia bicicletta da cross e mi soffermavo spesso a guardare una meravigliosa Alfa Spider 2000 grigia metallizzata, parcheggiata nel palazzo accanto al mio, di un certo Roberto Priami, che all’epoca era rappresentante della Star e che spesso si presentava anche con una Fiat 500 L gialla e verde, targata MI L53505, sponsorizzata dalla sua ditta: sembrava un giocattolo, sarei impazzito per averne un modellino in scala. Intanto iniziava il 1973 e ancora mio padre andava avanti con la sua 850, sempre piu’ affannata, piena di acciacchi, con un’ammaccatura nell’angolo posteriore destro, proprio sotto il fanalino rotondo, e ormai non era piu’ riparabile, perche’ era diventata… storica: era li’ da quando frequentavo la quarta elementare, c’eravamo tutti affezionati a quella rientranza della carrozzeria, era come una personalizzazione, potevamo dire “ce l’abbiamo solo noi!”.
Un colpo di scena in famiglia si ebbe nello stesso anno quando mio zio Franco, fratello di mio padre, cambio la sua 500 F grigio topo del 1965, targata FO 118019, con una nuova Fiat 128 bianca, seconda serie, quella con la mascherina nera, targata FO 335038.
Anche mia zia Venilia, quella di Roma con la 850 special rossa, qualche mese prima si era comprata una Fiat 128 Rally, rigorosamente rossa!
Mio zio, come avrete capito dalle targhe, abitava a Forli’, ma era toscanissimo, si trovava in Romagna solo perche’ era maresciallo dei carabinieri, come il padre, e spesso veniva a trovarci con la zia Carla e la figlia Bettina, nata nel 1968. Piu’ di una volta andammo in 128 da Grosseto a Ribolla, dove anche lui aveva vissuto da giovane, e un giorno mi fece guidare la sua nuova Fiat sulla strada VERA, non su quelle sterrate a cui ero abituato io. Fu un’emozione grandissima, la prima volta sull’asfalto, con una 128 nuova, scortato da un maresciallo dei Carabinieri, mi sentii cresciuto in un istante, percorsi quasi meta’ strada del viaggio di ritorno da Ribolla a Grosseto, una quindicina di chilometri carichi di adrenalina pura, e in un tratto rettilineo, la dritta di Montelattaia, effettuai anche il mio primo sorpasso. Da quel momento iniziai a tartassare mio padre per convincerlo a cambiare la vecchia 850, ma l’agonia dell’utilitaria si trascino’ ancora per diversi mesi. Intanto anche mia nonna Ariella stava peggiorando con la salute, il suo cuore era sempre piu’ debole e dal 16 maggio del 1973, dopo frequenti ricoveri in ospedale, si stabili’ definitivamente a casa con noi: la casa di Ribolla non la vide mai piu’.
Post n°14 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XIV Il premio Veritas Il 16 maggio 1973, come gia’ detto, mia nonna si stabili’ definitivamente nella casa di via Podgora, fino alla sua morte, avvenuta dodici anni dopo. Ma quello stesso giorno io non ero presente al suo arrivo, perche’ in gita a Roma, o meglio, alla Citta’ del Vaticano. Nel corso della prima media, infatti, uno dei miei compiti di religione fu insignito del Premio Veritas, che consisteva in una visita al Vaticano per assistere alla Messa officiata dal Papa, al tempo Paolo VI.
Quando arrivo’ a casa la comunicazione della vincita, non credevo ai miei occhi, mi ero quasi completamente dimenticato di quel compito dell’anno prima e non pensavo di averlo svolto cosi’ bene. Era la seconda volta che viaggiavo senza i miei genitori, la prima era stata nel mese di marzo con la gita scolastica ad Ansedonia.
La mattina del 16 maggio, io e altri premiati delle scuole maremmane, partimmo in pullman alla volta della Citta’ Eterna, scortati dalla Fiat 125 Special marrone della Curia Vescovile guidata dal nostro insegnante di religione, Don Roberto.
Dopo una sosta alla Domus Mariae, sull’Aurelia, ci recammo alla basilica di San Pietro per assistere alla Messa col Pontefice che alla fine del rito venne a stringerci la mano personalmente.
Poi fu la volta di Villa D’Este a Tivoli, dove pranzammo al sacco, e dove, armato di Kodak Instamatic 133, scattai un rullino intero da 24 pose, a colori.
Assaporai per la prima volta il senso della liberta, perche’, a differenza della gita scolastica ad Ansedonia dove eravamo sorvegliati a vista dagli insegnanti, qui ci lasciarono molto piu’ liberi, con l’unico vincolo di ritrovarci intorno alle 17 al parcheggio dei pullman per il viaggio di ritorno.
E non fu il primo contatto con la Chiesa. Gia’ da qualche mese infatti collaboravo alle funzioni religiose in una parrocchia di Grosseto in qualita’ di organista e fu li’ che guadagnai i primi soldi, la mia carriera musicale stava incominciando a dare i suoi frutti.
Post n°15 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XV Il piccolo maestro organista Una vecchia canzone che tutti ricordano diceva: “Se potessi avere mille lire al mese…”.
Io nel 1973 percepivo mille lire… a messa, eh gia’, a dodici anni non era poi tanto male e potevano diventare cinquemila in caso di celebrazione di matrimoni. Cominciai cosi’ a mettere a frutto la mia arte musicale nella chiesa moderna di via Papa Giovanni XXIII a Grosseto. Il bello e’ che dal parroco venivo trattato come un adulto a tutti gli effetti, mi chiamava maestro ed esigeva per me il massimo rispetto da quelli del coro che dovevo accompagnare all’organo. Iniziai con un piccolo harmonium con il mantice a pedali ed era peggio di una pedalata in salita, in pratica mentre suonavo facevo la cyclette, per fortuna non risultai positivo al doping.
Dopo poche settimane, vedendomi dimagrire a vista d’occhio sudando i miei soldi, il parroco penso’ bene di sostituire l’harmonium-bike con un bell’organo elettrico a canne, monumentale, affascinante! Ricordo il giorno che lo portarono con un camion dal nord della nostra Penisola, con il collaudatore che mi chiese consigli sulla sistemazione e che poi mi spiego’ le funzioni principali del gigantesco strumento. Fui il primo a suonarlo, che emozione, aveva anche i tasti per i piedi, che finalmente non dovevano piu’ pedalare come forsennati, ma originare dei bei suoni bassi e profondi.
Il periodo del piccolo maestro organista duro’ circa due anni e dette l’avvio a quella che poi divento’ la mia attivita’ principale per ben venti anni, vale a dire il pianista di pianobar. Dovete infatti sapere che alcuni sposi per i quali suonavo l’organo in chiesa mi richiedevano anche per completare il servizio nel ristorante in cui avrebbero consumato il pranzo o la cena di nozze.
In questo modo gli introiti incominciavano ad aumentare, l’unico handicap era il fatto che ancora non possedessi una tastiera portatile, quindi mi affidavo a chi gentilmente me la prestava oppure approfittavo dei locali gia’ muniti di pianoforte per allietare i bei momenti dei novelli sposi. Fu un periodo di intensa attivita’ per me, perche’ non dimentichiamoci che, oltre a tutto cio’, frequentavo la scuola media, studiavo musica e due volte al mese, di domenica, incominciai a prendere lezioni di solfeggio a Roma da un insegnante del Conservatorio di Santa Cecilia, il maestro Armando Badolato, in vista degli esami di teoria e solfeggio che avrei sostenuto poi nel giugno del 1975. Ma che cos’era per me il tempo libero?
Dimenticavo, sapete con quale mezzo venivo accompagnato a Roma dai miei genitori? Ma con la Fiat 850 bianca, ormai vecchia di nove anni, naturalmente!
Post n°16 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XVI Solfeggio romano Frequentavo ormai la terza media e nuovi esami mi aspettavano all’orizzonte. Oltre a quello della scuola stessa mi stavo preparando per la licenza di teoria e solfeggio e per il quinto anno di pianoforte. Per affrontare questi importanti traguardi musicali il mio insegnante di Grosseto, che non era diplomato in pianoforte ma in canto corale, mi consiglio’ di affidarmi a maestri piu’ esperti, maestri di conservatorio, e mi procuro’ il numero telefonico di Armando Badolato a cui aveva gia’ affidato altri allievi. Badolato era insegnante di teoria, solfeggio e armonia presso il conservatorio di Santa Cecilia e sua moglie insegnava pianoforte presso lo stesso istituto. Inizio’ un pellegrinaggio a cadenza quindicinale tra Grosseto e Roma che avveniva sempre di domenica, l’unico giorno della settimana in cui ero libero dagli impegni scolastici. Ogni volta partivamo tra le 8:30 e le 9 del mattino per arrivare a Roma intorno alle 11,30 (con sosta obbligata sull’autostrada tra Civitavecchia e Roma per controllare se le gomme erano calde) in vista delle due ore di lezione dalle 12 alle 14: la prima ora con il maestro, la seconda con la moglie, nella loro abitazione di Via Fabbretti tra Piazza Bologna e Via Ravenna. La colonna sonora del viaggio era la radio. Per tutto il viaggio ci accompagnava “Gran Varieta’”, lo spettacolo condotto da Johnny Dorelli, il mitico programma della Rai che, completamente registrato, dava la sensazione della diretta con tanto di risate e applausi di un pubblico… che non c’era! Ricordo che la prima volta arrivammo in ritardo, perche’ mio padre, non conoscendo ancora la strada piu’ breve, allungo’ di diversi chilometri il percorso, entrando a Roma dalla Via Casilina e impazzendo in prossimita’ dei cantieri di costruzione della Tangenziale Est, che vidi poi completata circa un anno dopo al cinema nel film “Fantozzi” in cui c’e’ la famosa scena dove lo sfortunato ragioniere prende l’autobus al volo buttandosi dal balcone di casa proprio sulla tangenziale, ancora sgombra dal traffico.
Nel traffico di Roma mio padre era tesissimo, esigeva la radio spenta e che nessuno fiatasse, altrimenti si sarebbe distratto, immaginava tamponamenti e scontri continui e diventava una belva quando le macchine che stavano dietro strombazzavano ancor prima che il semaforo diventasse verde. Arrivavamo a casa dei miei insegnanti con lui sudatissimo e visibilmente dimagrito.
Il maestro Badolato era un tipo molto brillante, un vero artista, considerava il solfeggio una forma d’arte, e mi stupi’ la facilita’ con cui leggeva gli spartiti capovolti: lui infatti faceva lezione seduto alla sua scrivania con me di fronte che avevo il libro di solfeggio girato dalla parte mia. Ricordo che alla prima lezione mi riempi’ il quaderno di musica di appunti con una grafia tale che neppure un farmacista avrebbe potuto decifrarla. Ma ben presto mi abituai e mi trovai sempre piu’ a mio agio con il suo metodo. La moglie era invece piu’ tranquilla e seria e riusci’ a dare una svolta tecnica decisiva alla mia impostazione pianistica.
Il viaggio di ritorno si svolgeva con ritmi piu' pacati, non avevamo orari da rispettare e, in alternativa alla Roma-Civitavecchia, percorrevamo l’Aurelia con sosta in campagna tra Aranova e Palidoro per consumare il pranzo al sacco, con gli aerei che ci volavano sopra bassissimi in avvicinamento alla pista di Fiumicino. Colonna sonora del pranzo era il programma radiofonico “L’Altro Suono”, condotto da Anna Melato, che trattava di musica folk e che aveva per sigla “Alturas” degli Inti Illimani.
L’ultima tappa del viaggio, prima del rientro a casa, era il porto di Civitavecchia a cui mio padre era rimasto molto attaccato emotivamente, visto l’innumerevole serie di volte in cui da piccolo vi era partito per la Sardegna, anche in tempo di guerra e spesso in situazioni veramente disagiate: sono ricordi che non si dimenticano.
Post n°17 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XVII Alto Gradimento, Supersonic e... la 127 Nel 1974 mio padre cambio' lavoro passando dalla IGAR alla Elettrolux, poi ribattezzata Elettrocantini in seguito a una vertenza da parte della piu' nota Electrolux che non volle sentir ragioni sul nome. Si occupava della contabilita' di questo grande negozio di elettrodomestici e materiale elettrico. In quel periodo ascoltava per ore e ore la radio, anche durante il lavoro o mentre dipingeva a casa. Incominciai a familiarizzare anch'io con la scatola magica da cui uscivano voci e suoni. Gran Varieta’: capolavoro di arte radiofonica. Ma tra il 1973 e il 1974 c’erano altri due programmi che catturavano la mia attenzione e la mia fantasia: Supersonic e Alto Gradimento. In una Rai ancora paludata erano trasmissioni di rottura col passato. Il primo permetteva di ascoltare musica giovane condotta in maniera moderna dai vari Tonino Ruscitto, Gigi Marziali, Paolo Francisci, Antonio De Robertis, Paolo Testa e Piero Bernacchi. Il nome completo era Supersonic - Dischi a Mach2, alludendo alla velocità del suono e agli aerei supersonici e riferendosi alla velocita’ di conduzione. In onda sul secondo canale di Radio Rai dal 4 luglio 1971 al 16 dicembre 1977, tutte le sere dalle 20.10. La sigla era tratta dalla suite "In A Gadda Da Vida" degli Iron Butterfly con il celebre e trascinante assolo di basso elettrico del bassista Lee Dorman. La voce della sigla era di Luciano Alto. Su un altro versante si era sviluppato l’altro mitico programma: Alto Gradimento, programma ricordato anche per aver introdotto gli annunci e il parlato sulla musica. Alto Gradimento andava in onda tutti i giorni feriali subito dopo pranzo, tra le 13 e le 14 (con una pausa alle 13:30 per il giornale radio), in un orario che consentiva alle centinaia di migliaia di studenti medi e liceali d'Italia di ascoltare la trasmissione, magari durante il pranzo, bisognava soltanto riuscire a tornare a casa in tempo, ricordo le corse per non perdermi l’inizio con la sigla "Rock Around The Clock" nella versione orchestrale di James Last, accompagnata spesso da annunci da parte dei conduttori ("Alto gradimento è un programma di rottura!" e subito si sentiva un rumore di cocci rotti, e altre amenita’ del genere). Renzo Arbore e Gianni Boncompagni avevano un ruolo di spalla e supportavano (e sopportavano) i vari personaggi creati e impersonati da Mario Marenco e Giorgio Bracardi come Vinella, il professore Aristogitone, il generale Damigiani, il comandante Raimundo Navarro, Scarpantibus, Catenacci, Affastellati (Perche’ non sei venuta?), il commendator Ghisletti e la sua segretaria Paola e tanti altri. Diventai un assiduo ascoltatore di questi appuntamenti radiofonici nel corso del 1974 grazie al mio nuovo radioregistratore Superscope con cui mi registravo canzoni e intere porzioni di programmi che ancora oggi conservo gelosamente. Era proprio cambiata la musica, anche in macchina, infatti dopo nove anni mio padre permuto’ la 850 con una Fiat 127 color beige chiaro e finalmente raggiunse gli 80 km/h, visto che il fondoscala del tachimetro segnava 160 (ancora lui osservava la regola di non intaccare la meta’ destra dello strumento!): un bel passo avanti, non c’e’ che dire! La sera di giovedì 24 gennaio 1974 andammo a ritirarla dalla solita concessionaria Tommasini e Perosi di via Aurelia Nord a Grosseto e facemmo un giro di prova nell’allora poco trafficato Viale Europa, dove mio padre me la fece provare: mi emozionarono la ripresa e la prontezza dell’acceleratore, lontani anni luce dalla 850. Due giorni dopo, sabato 26, la prima ammaccatura: nell’effettuare una retromarcia nel parcheggio di Viale della Pace, dove abitavano i miei nonni paterni, mio padre centro’ il tronco di una pianta con il parafango posteriore sinistro. L’ammaccatura non fu mai riparata, fu solo coperta con un po’ di vernice a pennello, e ce la portammo con noi fino al 1981, era diventata, come per la 850, il nostro distintivo…
Post n°18 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XVIII Sardegna '74 Domenica 18 agosto 1974, un anno esatto dopo una gita di un giorno all'Isola d'Elba, ci trovammo di buon mattino al porto di Civitavecchia, eravamo partiti da Grosseto quando era ancora buio e il sole sorse tra Montalto di Castro e Tarquinia. Finalmente il porto che ci aveva visto spesso spettatori, ci vide per la prima volta protagonisti. Attraccata al primo molo trovammo il traghetto Carducci, della Tirrenia, una nave che, insieme alle sue gemelle Boccaccio, Manzoni, Pascoli e Petrarca, ha avuto una lunga storia iniziata nel 1970 e terminata nel 2006, dopo un intervento di ristrutturazione di dubbio gusto avvenuto nel 1991 e dopo la cessione alla Compagnia Saudita di Navigazione El Salam Shipping&Trading, battente bandiera panamense, in seguito alla quale e' stata ribattezzata Al Salam Carducci 92. Per dovere di cronaca occorre dire che una delle sue gemelle, la Al Salam Boccaccio 98, il 2 febbraio 2006 con a bordo 1272 passeggeri e 104 membri dell'equipaggio, mentre navigava tra Arabia Saudita ed Egitto nel Mar Rosso, tra Duba e Safaga, è affondata in seguito ad un incendio, causando circa 1000 tra morti e dispersi. E’ considerato uno dei peggiori disastri marittimi della storia. Come se non bastasse, la Al Salam Petrarca 90 il 22 Giugno 2002 è affondata in seguito ai gravi danni riportati a causa di un incendio scoppiato mentre era in viaggio anch’essa tra Duba e Safaga. Insomma un triste destino che ha visto anche la fine delle tre gemelle superstiti nel 2006 con la loro demolizione effettuata dagli indiani di Alang. Ma torniamo a quando la Carducci era ancora della Tirrenia e aveva solo 4 anni. Fu la mia prima traversata sulla rotta Civitavecchia – Porto Torres, quasi dieci ore di mare che ci videro attraversare le Bocche di Bonifacio, tra Sardegna e Corsica, tra Italia e Francia, con mare forza 9, con i passeggeri che vomitavano ovunque, come prima esperienza niente male! Peccato, perche’ fu una giornata di pieno sole, ma non potei godermi in pieno il passaggio tra le due isole dirimpettaie. Sbarcammo verso sera a Porto Torres e con la 127 ci dirigemmo verso Sassari, la attraversammo da nord a sud uscendone dai suggestivi tornanti di Scala di Giocca per poi arrivare all’ora di cena a Pattada, a casa degli zii di mio padre Rino e Teresina. Fu una settimana intensa per me, di lunghe passeggiate per i campi senza ombra di vipere (la Sardegna e’ infatti l’unica regione italiana in cui questo rettile velenoso e’ assente), riscoprii valori di vita ormai persi in Continente, subii il fascino del dialetto, che in questo caso e’ una vera e propria lingua, visitai alcuni nuraghi, carichi di storia e di mistero, assaporai le bonta’ tipiche della zona, in particolare il pane, le salsicce e i formaggi, trascorsi lunghe e spensierate ore con Maria Giovanna e Franco, i figli di Rino e Teresina, conobbi il piccolo borgo di Bantine che aveva dato i natali ai miei nonni paterni Antonio e Maria. Vidi per la prima volta anche la Costa Smeralda, ma una settimana volo’ via veloce e ci ritrovammo a fine agosto sull’Espresso Livorno della Trans Tirreno Express, con la sua livrea gialla e verde, che assicurava la copertura della traversata in 8 ore, antesignana delle navi veloci moderne. Anche questa nave e’ stata piu’ volte trasformata, cambiando il nome in Espresso Grecia e semplicemente Grecia. Sbarcati a Livorno, dopo una notte in cabina, ci attese la Via Aurelia in direzione sud, destinazione Grosseto. Ma la Sardegna era rimasta dentro di me.
Post n°19 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XIX Il liceale... e la 128 coupe Il primo ottobre del 1974 inizio a frequentare il Liceo Scientifico Guglielmo Marconi in via Bulgaria a Grosseto, a 200 metri da casa. Ma facciamo un piccolo passo indietro. E' il mese di settembre e mi trovo a Ribolla nella casa dei miei nonni materni. A meta' mattinata viene a trovarci un cugino di mia madre, Luigi Comandi, universalmente conosciuto come Gigi. Ha da poco acquistato una Fiat 128 Coupe SL (quella con 4 fari) bianca ed e' come ringiovanito di colpo, dopo oltre un decennio della sua vecchia 500D bianca, targata GR36015, peraltro tenuta benissimo, caratterizzata da una mascherina fuoriserie e dalle borchie copri ruota della Bianchina Quattroposti. Ma adesso si e' evoluto, e' passato a 1300cc, la potenza e' piu' che triplicata e non si regola, e' come un bambino col giocattolo nuovo. Conoscendo la mia passione per le macchine mi invita ad andare con lui a Tatti, un paesino a pochi chilometri da Ribolla, per farmi sentire come va la Coupe. Dopo una tirata di tre chilometri per arrivare all'incrocio della Collacchia, in cui mi fa sentire accelerazione, ripresa e velocita' in un concentrato da Gran Premio, iniziano le curve e i tornanti della stradina per Tatti e qui dallo stile GP passiamo al rally piu' puro, a scapito del mio stomaco che incomincia a lamentarsi dello sconvolgimento inerziale, centrifugo e gravitazionale, ma siamo gia' arrivati al paese e la 128 Coupe viene presentata a parenti e amici come se fosse sua figlia. Poco dopo il ritorno verso Ribolla assume contorni drammatici. Visto quanta benzina aveva consumato in salita, Gigi decide di fare la discesa a motore spento in folle. Gli faccio notare, con la mia saggezza da tredicenne, che la 128, a differenza della 500, ha il blocchetto accensione con annesso bloccasterzo, per cui, a motore spento, potrebbe compromettere la manovrabilita' del volante. Le sue risposte sono della serie "Non ti preoccupare, lo faccio sempre" e altre amenita' del genere. Arrivati al terzo tornante a destra lo sterzo rimane bloccato e terminiamo la corsa in una fossa adiacente alla strada. Da quel momento Gigi invecchia all'improvviso, perde le sue caratteristiche sportive, rimpiange per un attimo la 500D, ma poi si consola pensando che se la curva fosse stata a sinistra, sarebbe stato peggio perche' su qual lato c'e’ uno strapiombo con conseguenze facilmente immaginabili. Ed e' con la mia gia' citata saggezza da tredicenne che affronto sicuro le scuole superiori, un deciso taglio col passato, nuovi insegnanti, uno dei quali molto giovane il prof. di inglese Pierangelo Lenzi, e nuovi compagni, con alcuni dei quali nacque anche una bella amicizia, in particolare con Sebastiano Cacòpardo e Raffaele Loffredo, entrambi residenti a Porto Santo Stefano. Per i primi giorni si usciva verso le 12.30 e a gran velocita' percorrevo i 200 metri che mi separavano da casa per non mancare, alle 12.40, all'inizio di "Alto Gradimento", la trasmissione del momento, come spesso diceva il personaggio Max Vinella, interpretato da Giorgio Bracardi.
In quel periodo la radio la vivevo da ascoltatore accanito, ma stava per succedere qualcosa che me l’avrebbe fatta vivere da protagonista… Prima pero' dovevo liberarmi di due grandi ostacoli: l'esame di teoria e solfeggio e il quinto anno di pianoforte. Riuscii a fare tutto nel giro dell'estate 1975, nel mese di giugno mi presentai al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma come privatista e affrontai un'ottima prova e nel mese di settembre, dopo qualche lezione preparatoria con la moglie del maestro Badolato, superai anche lo scoglio del quinto anno di pianoforte. Ero ormai al giro di boa dei miei studi musicali.
Post n°20 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XX Radio Maremma Toscana I programmi radiofonici da me ascoltati negli anni 70 erano diventati parte integrante della mia vita, al punto che dal 1975 al 1976 mi inventai uno pseudo-studio di trasmissione nella mia cameretta con un microfono e un giradischi "Lesa" che facevano uscire i suoni nell’adiacente cucina, unico ascoltatore mio padre. Questo accrocco duro’ diversi mesi, durante i quali ne parlai con il mio compagno di banco del secondo anno del Liceo Scientifico, Luca Andreini. Il destino volle che suo padre fosse uno dei soci fondatori della neonata Radio Maremma Toscana, RMT, e mi invito’ a provare: non fu una semplice prova, alle 17 di mercoledì 28 luglio 1976 la mia voce incomincio’ a viaggiare nell’etere e da quel momento non ha conosciuto soste. Ricordo bene quel caldo pomeriggio, poco dopo le 14 andai a piedi da Via Podgora, dove abitavo, fino in Via Molise 1, dove abitava Luca, e da li’ partimmo con la Fiat 850 nera del padre Giuliano, caratterizzata da un’antennona del CB sul tetto, erano infatti radioamatori accaniti in famiglia, compresi la madre di Luca, Madera, e il fratello Daniele. Arrivammo nella fattoria di Grancia, dove aveva sede l’emittente, in una ex stalla, in mezzo alla rigogliosa campagna maremmana, a pochi passi dal fiume Ombrone. Erano le 15, ora di inizio delle trasmissioni in quel periodo, assistetti alle prime due ore di trasmissione, condotte proprio da Giuliano e Luca, e verso le 17 mi sentii pronto per iniziare, mi preparai una ventina di dischi e scelsi “Gimme some” di Jimmy Bo Horne come sigla. Durante la mia prima ora di trasmissione andarono in onda canzoni come “Music” di John Miles, “Fly Robin, fly delle Silver Convention, “Canzone d’amore” delle Orme, “Sei bellissima” di Loredana Berte’, “We can’t hide it anymore” di Larry Santos, “Nights of september” di Edward Cliff, "All by myself" di Eric Carmen e altri indimenticabili capolavori. Rimasi stregato dal fascino della radio, dalle telefonate degli ascoltatori che si complimentavano e mi incoraggiavano a continuare. E infatti continuai… e non ho ancora finito. L’estate 1976 mi vide presente ogni mercoledì alle 17 in onda, partendo sempre dallo stesso ritrovo di Via Molise 1 con l’850 nera e poi con la nuova Ford Fiesta azzurra acquistata da Giuliano che passo’ la 850 al figlio maggiore Daniele. L’estate termino’ e iniziai il terzo anno di Liceo Scientifico, la sede della scuola fu momentaneamente spostata in Via Pietro Micca e poi definitivamente nella cittadella scolastica in Via De’ Barberi, il mercoledi’ non potevo piu’ andare a RMT e il mio spazio fu spostato alla domenica pomeriggio, le ore di trasmissione aumentarono, ero oberato di studio, facevo ancora la spola con Roma per le lezioni di musica, ma la radio era ormai irrinunciabile per me. E il tempo libero? Cos’era il tempo libero?
Post n°21 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XXI Sardegna '77 Terminai anche il terzo anno del liceo scientifico, inizio' l'estate e si stavano assommando le ore di trasmissione a RMT, sboccio' anche una breve storia d'amore con Laura, una dj della radio, quattro anni piu' grande di me. Tutto inizio' lunedi 13 giugno, verso le 5 del pomeriggio, assaporai la liberta', mi affrancai dall'essere ragazzino, ricordo le avventure sulla 600 D nera ultima serie e sulla 127 3P celeste, le due macchine di Laura, tutto di nascosto, il gusto del proibito, le campagne maremmane, gli argini dell'Ombrone, Ciro Sebastianelli con "Laura", una delle colonne sonore di quell'estate insieme a "The year of the cat" di Al Stewart. Ma arrivo' agosto, dovevo partire per la Sardegna con i miei genitori, questa pericolosa storia d'amore (a detta loro) doveva finire, un'occasione per troncare. Partimmo da Piombino col traghetto Golfo Paradiso, la mattina del 10 agosto, e arrivammo a Golfo Aranci nel tardo pomeriggio. Verso sera stavamo dagli zii di mio padre a Pattada e conobbi una ragazzina, Maria Vittoria, che mi fece presto dimenticare Laura. Il destino volle pero' rovinarmi la vacanza e la possibile storia d'amore, dopo tre giorni di permanenza in Sardegna apparirono strane eruzioni sulla mia pelle, e di li' a breve capimmo che si trattava di varicella: per me la vacanza era chiusa. Rimanemmo forzatamente a Pattada fino alla fine di agosto, in attesa che scomparissero i segni della malattia, giorni caldi trascorsi a sudare sotto le coperte, mi veniva a trovare anche Maria Vittoria, ma io mi vergognavo a farmi vedere in quelle condizioni. Partimmo a fine mese da con il traghetto Gallura delle Ferrovie dello Stato, destinazione Civitavecchia, io portavo ancora i segni degli esantemi e cercai di camuffarmi indossando gli occhialoni di mia madre con una sciarpa intorno al viso (ad agosto!): il problema era che cosi' conciato, anziche' passare inosservato, ero ancor piu' al centro dell'attenzione dei viaggiatori, chissa' che avranno pensato di me... I primi giorni di settembre eravamo di nuovo a Grosseto, tornai a RMT, rividi Laura, ma lei era fredda, distaccata, aveva giustamente capito che era meglio non riprendere una storia bella, ma pericolosa. Io compresi che era il momento di cambiare ambiente, l'occasione era giusta e matura per passare a un'altra radio, incominciai a interessarmi a quella che stava diventando un'emittente importante e molto ascoltata. A partire da ottobre iniziai a trasmettere dai microfoni di Radio Grosseto International...
Post n°22 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XXII Maestro di 40 allievi e Radio Grosseto International Sedici anni, quarto anno del Liceo Scientifico, impegno ormai fisso alla radio, qualche messa suonata all'organo, lo studio della musica a Grosseto dal maestro Monari e a Roma dal maestro Badolato, tempo libero pressoche' zero, ma dovevo trovare qualcos'altro da fare... e lo trovai. Insieme col maestro Monari e con una sua allieva di chitarra ci inventammo una scuola di musica collettiva per grandi e piccoli che ci vedeva il sabato pomeriggio a Marina di Grosseto in una stanza adiacente la chiesa affittataci dalla parrocchia stessa: il maestro si occupava della teoria e del solfeggio, la ragazza della chitarra e io del pianoforte. Partivamo da casa del maestro a Grosseto con la sua Opel Rekord diesel bianca, appena acquistata dopo aver tenuto per poco tempo una Ford Escort blu, prima di partire me la faceva riscaldare per un quarto d'ora, dopo che ero stato almeno per cinque minuti con la chiave girata per rendere incandescenti le candelette. Una volta partita non la fermava piu' nessuno, un vero mulo con la leva del cambio al volante, una delle ultime di questo tipo, che Monari usava spesso mettere in folle dopo lunghe rincorse e l'auto, avendo una massa notevole e quindi una certa inerzia, percorreva centinaia di metri a basso consumo; non dimentichiamoci che erano anni di risparmio energetico e molti passarono dalla benzina al gasolio, allora c'era un divario di prezzo notevole. Arrivati a Marina di Grosseto la parcheggiavamo e iniziavamo il nostro lavoro di docenti. Quaranta allievi, molti erano piu' grandi di me, di conseguenza mi trovai costretto a costruirmi una maschera di severita' e di credibilita' per farmi rispettare e devo ammettere che tutto cio' forgio' non poco il mio carattere e la mia personalita'. Come una sorta di dottor Jeckill e mister Hide il giorno dopo, la domenica, mi trasformavo da maestro a dj e andavo a trasmettere in Piazza Dante 11 a Grosseto nei nuovissimi studi di Radio Grosseto International. La radio era l'unica valvola di sfogo vera e propria per me, ero coadiuvato alla parte tecnica da ragazzini formidabili, pieni di entusiasmo, maghi del missaggio e voglio citare i piu' bravi che erano Gilberto Ferrari, Luca Magini, detto Luchino, e Carlo Perretta. Il fratello di Gilberto, Antonio, si occupava dei notiziari, all'epoca "rimediati" dai quotidiani, ma tutto sommato redatti con maestria, e poi tutto era bello, oltre l'entusiasmo c'era il gusto pionieristico di svolgere un lavoro che fino a due anni prima sarebbe stato impensabile e impossibile in Italia. Trasmisi per la prima volta nel pomeriggio di domenica 16 ottobre con Carlo Perretta alla parte tecnica e tra le altre canzoni ne passai una appena uscita: "The devil is loose" di Asha Puthly. In breve acquistai sicurezza e stile nel trasmettere e, quando non c'erano i tecnici, imparai a fare tutto da solo, davanti al mixer Tascam della regia, incastonato in un banco a ferro di cavallo rivestito di un bel blu acceso, costruito appositamente per accogliere tutte le apparecchiature di trasmissione, dal trasmettitore giallo, alle piastre a cassetta Nakamichi, ai piatti Lenco e Thorens che facevamo partire liberando il feltrino sotto al disco, e solo chi l'ha provato puo' comprendere in pieno il concetto. I fratelli Parmeggiani e Fabio Mellini erano i cervelloni della radio, quelli che progettavano, costruivano, accomodavano, adattavano, inventavano tutte le diavolerie elettroniche, come lo sfumino automatico che abbassava la musica quando si parlava al microfono. Con loro ci sentivamo protetti, erano una specie di pronto intervento, se qualcosa non funzionava almeno uno dei tre accorreva in tempi brevissimi e il guasto era sempre ripristinato, per passione, solo ed esclusivamente per passione e per amore nei confronti della amata radio che per loro era come una figlia da coccolare e da proteggere.
Post n°23 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Capitolo XXIII L'estate 1978: un capitolo a parte
Perche’ un capitolo a parte? Perche’ e’ stata l’ultima estate veramente spensierata, senza impegni programmati, con la sola voglia di divertirmi e di fare tanta radio. E iniziai subito nel pomeriggio del 7 giugno, ultimo giorno del quarto anno del Liceo Scientifico, insieme a Riccardo Trento, un pazzo scatenato da poco entrato a far parte di RGR, ci inventammo “Radio Bomba”, un’assurda trasmissione con personaggi pazzi di fantasia sulla falsariga di “Alto Gradimento” della Rai.
Il programma ebbe successo e continuammo per tutta l’estate, si affianco’ a noi anche il cantautore Filipponio, prodotto dal Guardiano del Faro, che conduceva con noi e lanciava le sue canzoni, tra cui voglio ricordare “Disamore” e soprattutto “L’avventuriero” che noi presentavamo come: -L’avventuronio, canta Filippiero!- Ma non contento di cosi’ tanto divertimento, mi inventai anche “Radio Tromba”, questa volta con Carlo Frosini (da poco entrato a RGR) e Graziano Caturelli (proveniente da RMT come me).
Con Carlo e Graziano ci vedevamo spesso anche fuori dell’ambiente della radio, andavamo per ristoranti, birrerie e pizzerie ed eravamo tre pazzi bambinoni con tanta infanzia ancora da sfogare. Una volta, era il 20 luglio, andammo a trovare una nostra ascoltatrice di Scarlino Scalo, Roberta. Viaggiammo in treno da Grosseto a Follonica e, dopo una passeggiata di poco piu’ di un chilometro per la cittadina balneare, raggiungemmo via Isola di Cerboli, dove era ubicato il negozio in cui lavorava Roberta. Fu una sorta di colpo di fulmine tra me e lei, Graziano e Carlo incominciarono a guardarsi tra loro, gradatamente si sentivano sempre piu’ di troppo, la situazione stava prendendo una brutta piega… per loro, mentre per me e Roberta le cose si stavano mettendo bene, ci mettemmo insieme… La passeggiata di ritorno verso la stazione di Follonica assunse colori da commedia brillante con me e Roberta a piedi, abbracciati, e Carlo e Graziano in due sul motorino di Roberta che facevano avanti e indietro su Via Isola di Caprera, ammiccando, ridacchiando e forse chiedendosi perche’ tutto cio’ fosse capitato proprio a me. Il saluto alla stazione tra me e Roberta sembrava una scena da film romantico strappalacrime, ma se da un ipotetico regista fossero stati inquadrati i primi piani dei volti di Carlo e Graziano, il film avrebbe assunto toni decisamente piu’ comici! Lasciata Roberta a Follonica, il trio radiofonico si ricompose nel vagone del diretto Follonica – Grosseto e l’argomento di conversazione fu solo uno, immaginate quale! Nei giorni successivi trascorsi una breve vacanza con i miei genitori all’Isola del Giglio, mi sentivo al telefono con Roberta tutti i giorni, rientrato dalla vacanza continuai a frequentarla, io andavo a Follonica, lei veniva a Grosseto, una volta andammo anche al cinema a vedere “Grease”, il successo del momento, e “Hopelessly devoted to you” di Olivia Newton-John divento’ la nostra colonna sonora. L’estate stava per finire e, per essermi vicina, Roberta si segno’ al Liceo Scientifico di Grosseto dove studiavo io. Con l’inizio della scuola pero’ i rapporti pian piano si raffreddarono, lei non aveva voglia di studiare e ben presto la sua intolleranza verso la scuola supero’ l’attaccamento nei miei confronti e ci lasciammo da buoni amici. Non l’ho piu’ vista ne’ sentita. Fa niente, era troppo bello il ricordo dell’estate appena trascorsa, Carlo e Graziano ne erano stati i protagonisti indimenticabili, adesso pero’ dovevo pensare alla scuola, mi attendeva la maturita’.
Post n°24 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°25 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°26 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°27 pubblicato il 27 Marzo 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°28 pubblicato il 20 Maggio 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°29 pubblicato il 20 Maggio 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°30 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da AlessandroDeGerardis
Post n°31 pubblicato il 17 Maggio 2009 da AlessandroDeGerardis
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Inviato da: greenyces
il 17/03/2008 alle 10:24
Inviato da: lupettadellenevi
il 16/03/2008 alle 16:24
Inviato da: greenyces
il 13/03/2008 alle 16:11