Creato da: chinasky2006 il 01/08/2007
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In the death car

 

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NON SE NE PUO' PIU'

Post n°231 pubblicato il 22 Maggio 2012 da chinasky2006
 




Non se ne può più di periodici e vili sciacallaggi dei sentimenti. Di dover ascoltare telegiornali e leggere giornali che si riempiono di ridondanti parole di cordoglio, in barba allo stupro dei pudori personali. Non si regge più questo inverecondo spettacolo di intime lacerazione in piazza. Non se ne può più di discorsi afflitti e costernati, ma inconsciamente compiaciuti.
Non se ne può più dell’immonda retorica di finti giornalisti/giornalai da portineria. Non se ne può più di dover, nostro malgrado, ascoltare lo strazio spettacolarizzato in prima o seconda serata. Non tollero più i nomi di giovani vittime usati per il proprio disgustoso mercimonio di audience e mondezze. Non se ne può più di sentir dire “era una bella ragazza”, come se la bellezza fosse la tragica aggravante che fa presa sul pubblico. Non se ne può più di filmati amatoriali delle giovani vittime durante la prima comunione, con struggente sottofondo.
Non se ne può più del bovino Salvo Sottile, dei plastici o di Matrix che ci parlano di delitti, omicidi, stupri e sgozzamenti, come fossero un pacchetto di chewingum alla menta. Morbosi racconti che fanno diventare morbose le menti dello spettatore. Non se ne può più di questo indegno modo di fare televisione e giornalismo. Giornalismo che ha dimenticato d’essere indagine, e non ammorbante retorica strappalacrime, sempre più confuso con show di commossa cartapesta. Basta con le lacrime da De Filippi che hanno abituato massaie spettatrici e cantanti svitate all’automatico frignare, facendo scordare il dramma di lacrime vere. Basta con vuote parole che riempiono bocche lerce e marce di pseudo criminologi malati con l’orrenda testa a forma di ovetto e gli occhi da latenti squilibrati, sulla pelle di giovani vittime.
Non se ne può più, e non si riesce a capire come tutto sia diventato orrenda fiction. Banalizzazioni e normalizzazioni che fanno presa su menti malate, incentivandoli a commettere crimini mostruosi, in nome di quella quasi fiction-normalità del crimine spettacolarizzato. Basta con le bancarelle di sentimenti e dolore, venduti al mercato della tv. Non se ne può più delle mancate censure di questi barbari abomini che offendono il mio pudore, senza un bollino rosso. Perché chi lo ha deciso che io debba sentirmi offeso da un normale rapporto sessuale esplicito di un film, e farmi invece passare come normale questa ripugnante mercificazione di sentimenti dolorosi?
Non se ne può più di funerali in diretta pieni di applausi vuoti. Non se ne può più di esequie pubbliche e politici che fanno la loro passerella. Non se ne può più di morbosi primi piani a genitori devastati, per cogliere quella lacrima che fa impennare lo share. Non se ne può più di ricostruzioni malate, che rendono la morte una fittizia scena da film, cellulosa o plastico.
Non se ne può più di ripugnanti politici che dopo cinque minuti parlano di terrorismo. Islam. Brigate rosse. Non se ne può più che chi decise di ammazzare Moro continui a riempirsi la bocca con le brigate rosse.
Non se ne può più che politicanti calvi parlino di mafia, senza sapere niente. L’idea di essere soltanto dei miserabili vermi nemmeno li sfiora. Non se ne può più che questi fantocci di sterco si servano del nome di Falcone e Borsellino definendoli eroi, quando si ha l’indecenza di essere segretari di un partito fondato da Dell’Utri. Non se ne può più che eroi antimafia si diventi solo da morti, e chi li osanna ora come martiri defunti, quand’erano in vita e combattevano la mafia dentro lo stato, li definiva con sprezzo “esibizionisti comunisti con manie di protagonismo”. Non se ne può più di sentire il nome di eroi della patria sporcati dalle lerce bocche di chi considera il pluriomicida mafioso Mangano un eroe. Non se ne può più che questa gente continui a insozzare anche il ricordo, dopo aver ucciso la vita.
Non se ne può più che aspettino la prima funerea occasione per esibirsi nello sport che più li affascina: la retorica demagogia del niente. Frasi di circostanza. Parole vuote, frasi di circostanza, formali e fintamente prostrati cordogli, prestampate frasi utili alla bisogna.
Non se ne può più, semplicemente.



 
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DRACULA E FRANKENSTEIN NELL'EREMO DEL MONARCA

Post n°230 pubblicato il 18 Maggio 2012 da chinasky2006
 





Foto di chinasky2006




L’umile dimora del Monarca è ancora avvolta da un nebbione raggelante e gli striduli versi delle fiere selvatiche ghiacciano il sangue nelle vene, quando Dracula Monti ed il fido Frankenstein giungono a corte per un fondamentale summit di raffinatissima politica.
Superati abilmente i controlli di Dell’Utri e due capimafia al cancello, arrivano sulla soglia dell’eremo. Li accoglie un affannato maggiordomo Bruno Vespa, intento a costruire un plastico, notte tempo. Un po’ infastidito, e con doppietta in mano, il servitore: “Via, sciò buoni  a nulla. Trovatevi in lavoro serio invece di importunare la gente con le vostre vendite porta a porta. Lo sa che qui abita il padrone dell’Itaglia intiera? Voi venite e vendere vibratori a casa del Messia? Lui non ne ha bisogno, tra l’altro…”. Dracula Monti è un poco sorpreso. “Scusi messere, io sono il presidente del consiglio tecnico. Mi hanno chiamato per aggiustare i dann… mi hanno nominato per proseguire le riforme del precedente esecutivo, e lui è il tecnico dei tecnici: i
l taglieggiatore Bondi-Frankenstein…”. Il maggiordomo emette un risolino isterico, poi fa entrare i viandanti stipandoli nella sala d’aspetto. Tra aquile impagliate, bare, loculi ancora da riempire in cui sono da giorni Santanquì, Bernini, Gelmini e Carfagna per studiare la parte in vista di "Ballarò". “Avverto il Messia. Non ha ancora dormito un minuto, e solo per il benessere delle genti umane.".
Congedate ventitré esotiche battone scosciate agghindate come semafori di notte, il messia abbandona, un poco stremato, la stanza dei lavori sommi e si reca nella sala del dolce sospiro. In quel luogo rarefatto, le muse gli dettano un sonetto d’amor struggente. Vespa irrompe, concitato: “Santità ci sarebbero Dracula Monti assieme ad un orrendo scimmione, che chiedono di vederla…”.
“E chicazzo sono? Che vorranno? Altra gente che batte cassa? Notizie brutte? Quanto vogliono? Hanno arrestato un altro dei nostri per stupro di gruppo e affiliazione a 12 mafie? Il nostro consenso è sceso allo 0,2% da quando mi sono defilato? Le bimbe nei loculi non vogliono imparare la parte per le trasmissioni settimanali? Dica, tristo leccaculo, dica…”.
“Veramente questo Dracula sarebbe il nuovo premier…almeno così dicono, ma io lo so che è ancora lei il vero premierissimo, non volevo risultare avventato…”.
“Via, ignobile essere, che oggi sono di buon umore, ma lo poteva dire che sono a busta paga. Ed ora vada a lavarsi che pare unto di sugna e puzza in modo indegno…”.
Il Messia, aiutato dall’ex maggiordomo Emilio Fede declassato a ruolo di perpetua addetta all’azionamento della pompetta dell’amore, passa al rituale della vestizione pontificia. Per l’occasione calza un papale vestaglione d’oro zecchino di 72 kg tempestato di zaffiri, diademi e peli di topa. Fa due o tre piegamenti sulle gambe e si lancia in un sorriso smagliante, “Si spicci fedele sguattero, che voglio fare un bel discorsetto a questi sedicenti tecnici. Che tra l'altro lavorano per noi. Sapesse, vecchia ciabatta, stasera ne ho mandate storte 19. Che culi, che zinne! Ah, che fusto che sono! Che fusto! Malgrado ormai abbia compiuto ventisette anni!”.
L’anziana perpetua china il capo: “Lo so Sire, lo so…ero io ad azionare lo strumento di piacere, con i miei dolori ed i reumi che ho alla spalla…”.
“Se ne lamenta, forse?”.
“Ma cosa va a pensare, santità, è un piacere. Posso baciarle un alluce?”.
Il sultano, sorretto dalle ancelle martiri Santanquì, Bernini, Gelmini e Carfagna, in pausa studio, entra nella stanza. Dracula prontamente s’inchina e bacia le nocche dell’onnipotente. Frankesnstein emette degli orrendi versi di saluto (uh-uh). L’incontro è cordiale, nella piena giovialità. Il messia satiriaco chiede ai viandanti se gradiscano del caffè o un paio di escort per gingillarli a dovere durante la visita. Il vampiro declina, perché tiene una certa premura. Dopo una nottata di espropri emofiliaci ai cenciosi, deve battere in ritirata nella sua bara prima che il sole si levi alto. Il sultano entra dunque nel vivo del dibattimento politico.
“La vedo un poco emaciato, quei capelli bianchi poi…si fidi di uno che ha governato questo paese per vent’anni quasi, e che sarà ricordato come il più grande statista italiano della storia: Dia una bella pennellata a quei capelli…”
Dracula cela a stento un sorrisetto di contrita timidezza, ma il guitto insiste. “Si fidi, anziano buon uomo, sarà pure un tecnico…ma senza quella chioma canuta guadagnerebbe consenso. La plebe deve vedere giovinezza nel suo adorato tiranno…”.
“Ha ragione eminenza, ma sa, ormai sono anni che ce li ho. Poi io sono solo un tecnico, non voglio fare la politica…”.
“Ah, sì…sì. Mi hanno parlato bene di lei. E’ un bocconiano, nevvero? C’è bisogno di bocconiani per risolvere i problemi del paese. Sicuramente conoscerà le sue colleghe, tecniche e super-bocconiane anch'esse: Sara Tommasi che avevo proposto alle Finanze e Nicole Minetti agli esteri, visto le sue abilità linguistiche, ma sa…le invidie, i processi, hanno impedito che potessi fare anche io quello che sta provando a fare lei…”
.
“Ecco Santità, prima che albeggi del tutto, proprio di questo vorrei parlarle, la maggioranza. Io tengo bisogno dei voti della Pdl. Dovete sostenermi, altrimenti è la fine…”.
“Ma via buon uomo, e sorrida ogni tanto, che ci vuole lo ottimismo. O sarà mica malato di  comunismo, lei?”.

“Ma percaritadiddio, Dio me ne scampi…stiamo tirando il sangue dalle vene dei cenciosi coi pidocchi lasciando intatti i privilegi delle illustri personalità abbienti del paese, le sembro comunista?Io ammiro Superciuk, santità: Rubo ai poveri per dare ai ricchi!”.
“E allora, con la sua faccia di anziano rassicurante per l’ombroso bolscevico e le mie idee illuminanti, con le chiappe coperte dalle banche, potremmo fare grandi cose.”.

“Sono pronto, Sua immortale divinità, mi dichi, mi dichi. Facci pure.”.
“Bene, pensavo che lei dovrebbe proseguire la nostra magnifica ed imponente opera di ammodernamento, interrotta dalle invidie. Ci sono affari di un’importanza stringente. Saprà della piaga intercettazioni, nevvero? E poi, nemmeno voglio fare accenno alla questione giustizia…che disastro! Noi, Popolo delle Libertà, garantiamo la sopravvivenza di questo esecutivo arrabattato solo previo tempestivo intervento. Dica ai sudditi che l’Europa ci chiede un piccolo interventino: L’abolizione del reato di concussione se non legato alla vil moneta annesso dimezzamento di tempi di prescrizione…ed avrà il nostro sostegno eterno.”.
“Ma, ma…è mica quel reato per cui lei è imputato a Milano, nel caso Ruby?”.

Il messia si abbandona ad un largo sorriso. “Coincidenza, mio caro sottoposto, coincidenza…e poi che fa, anche lei inizia a pensare che quando, casualmente, una riforma riguarda il sottoscritto non è buona?"
Il presidente tecnicissimo Dracula Monti china il capo ed annuisce, con gran dignità inferiore. Prima di congedarsi porge una lettera scritta di suo pugno con stilografica del '22, come scuse per il fraintendimenti circa alcune frasi mal interpretate, riguardanti le colpe del precedente governo sulla crisi.
L'unto è visibilmente soddisfatto per la produttiva mediazione politica: "Ah, quasi me ne dimenticavo…e quel decreto anti corruzione che volevate proporre? Via, smettiamola con queste provocazioni infantili…”.


 
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INZAGHI, E QUELL'ORGASMO LUNGO UN GOAL

Post n°229 pubblicato il 14 Maggio 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

La folla, le masse che si coalizzano come un tutt’uno demente. Ed acuiscono un “milanismo” ormai annacquato. La più grande delusione, in quel 3-0 gettato in pasto ai demoni del Bosforo, e la rivincita contro gli stessi inglesi sbeffeggianti. Poi la storia già scritta in vangeli pagani del calcio, con le due perle del magnifico ed irrazionale centravanti nella città degli Dei Greci. La sfera che dopo una beffarda carambola sul totemico centrattacco smilzo devoto del gol, lemme lemme, ricade in rete. O il lento ed ansiogeno aggiramento del portiere, nei cinque apprensivi secondi che sembrano cinque ore, per il goal della sicurezza.
L’irrazionale normalità di Pippo Inzaghi, senza i piedi e la classe del cigno di Utrecht divinità rossonera di riferimento. Non ha il fisico da marcantonio che ti attendi dal centrattacco di sfondamento tipo John Charles, ma un po’ di pelle attaccata alle ossa, ricoperte da fasci di nervi e muscoli saettanti. E guizza tra le linee come un totano esagitato.
Contro ogni bibbia del calcio e credenze antiche, questo ragazzo dal fisico normale ha amoreggiato per anni col goal. Senza la lascivia languidezza del preliminare, ma con un virile sussulto da amplesso animalesco. Vivido, implacabile. Quello tra Inzaghi, il pallone, la linea del fuorigioco e la rete che complice amante si gonfia, è stata un’orgia simbiotica. Compulsivo orgasmo che quasi si prende beffe del calcio raccontato da scienziati giornalai con l’edonismo sbottante dalle loro cataratte. Un rapporto morboso, magico, delirante. Come un impeto folle, che con la mente annebbiata altro non gli fa vedere se non quei tre legni e la rete scossa dal vento, col quasi erotico tarlo-desiderio di gonfiarla. Sempre e comunque. In Inzaghi tutto è stato emozione e frenesia. Elettrica intuizione superiore. Perché non aveva mica il velluto dentro le scarpe di un Van Basten, Pippo. Solo due piedi sbilenchi e una tecnica approssimativa o normale, al più. Ma dove non arrivi con i mirabolanti tecnicismi che tanto fanno erigere gli animi degli esteti, puoi comunque abbrancarlo con qualcos’altro. Uno straccio di esaltata furia che raccogli dove nemmeno si capisce.
Talvolta esasperante, persino affascinante nella cruda e tremendamente umana passione che trasecola nel morbo: Pippo vive per il goal. Ed il goal si lascia sedurre, abbandonando ogni riserva di virginale difesa. Un rapporto forse unico, simile all’amore primordiale. Vedi un match, ed osservi, incuriosito, i frenetici movimenti di questo ragazzo. Te ne accorgi subito che è lui. Non sta mai fermo, una zanzara folle che si muove sulla linea magineaux del fuorigioco. Eccola la faina appostata, all'ombra dei due colossi di difesa, pronta a colpire di banditesca rapina. Sguscia via come un satrapo, tutto nervi elettrizzati. Scuote la zazzera, chiama la palla, quasi la invoca intimamente, e quella, manco a dirlo, gli arriva sul piede. Anzi è il ginocchio, forse rotula, o magari tibia, petto, e lui la spinge di solo istinto e senza nemmeno saper come, nel rettangolo magico
.
Pippo juventino, Pippo milanista o Pippo ragazzino nel Piacenza. Le liti con Del Piero (paradossalmente uniti anche in questo addio, i gemelli diversi), l’egoista, scarso tecnicamente, quello dei “goal alla Inzaghi” ad indicare una specie di fortuna, laddove invece la fortuna, corteggiata, soccombeva di fronte alla tenacia e furbizia di chi vuole solo buttarla dentro, come non importa.  Scudetti, Champions, Mundial, Coppe Intercontinentali, ma più di tutto è il goal ad appartenere come una seconda pelle a questo centravanti bandito. Perché se non segnava, la vittoria piaceva meno. E lui segnava, sempre.
Te ne accorgi ieri, che quello con la rete è stato un rapporto che va oltre il razionale. Il mister, una specie di Big Jim rachitico e con pochi capelli, gli concede gli ultimi 10/15 minuti di passerella. Non sta mica bene Inzaghi, è quasi zoppo. Eppure ha lavorato sodo negli ultimi giorni per poter esserci. Ma non basta esserci, occorre fare qualche minuto in modo dignitoso. Entra e si piazza sulla quella linea vitale dove ha svernato per vent’anni, la sua. Sta lì, invoca la sfera e ancora una volta gli dei, affascinati da tanto maniacale ardore sciancato, gliela calamitano addosso. Lui non crede ai suoi spiritati occhi, si porta la sfera all’esterno e poi ad occhi chiusi nella porta sguarnita, per quella che è la degna conclusione di una affascinante storia al limite dell'incomprensibile. Prima dell’ennesima corsa d'esultanza, con le tante cicatrici a segnare un volto da vecchio ragazzino che veleggia verso i trentanove anni. Tradito ed abbandonato amante, che rifiutò persino uno sterile flirt in provincia, pochi mesi fa.
Piaceva Inzaghi, anche a chi ha fatto del talento un credo imprescindibile. Piaceva e piace perché rappresentava la normalità che diviene eccellenza, grazie ad un patto divino o demoniaco con gli dei del calcio. Lo ammiravi perché donava la chiara sensazione di vivere per questo sport, di amare visceralmente il calcio e quella sturbante sensazione del goal. Un brivido d’orgasmo lungo quei secondi di folle esultanza a bocca spalancata. Piace ancora di più a chi come me ha smesso di seguire questo sport ormai offensivo e crudele, quella sera del 2007, quando il cerchio si chiuse e Pippo mi aiutò ad ammazzare il tarlo. L’incuranza verso il calcio si rafforza osservando le tristi immagini di addii indotti. Inzaghi come Del Piero, quasi umiliati dallo sterile conteggio dei ragionieri con la gotta o inetti allenatori fantocci della Standa. Dove non c'è più spazio per il sentimento. Del Piero come Inzaghi, fino alla fine. Cancellati nella loro voglia di continuare ancora, in uno calcio che non esiste più da quando il cerchio si chiuse magnificamente. Dal 2007, grazie a Pippo.

 
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MINETTI, FALETTI E VECCHI MERLETTI

Post n°228 pubblicato il 10 Maggio 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Ieri, quasi per caso, m’imbatto in un articolo de “Ilfattoquotidiano”, giornale di rossi comunisti avvezzi a lessare bambini e piluccarli per hobby.
Insomma, questi pericolosi sovversivi hanno pubblicato un’intercettazione del caso Ruby. Grottesca e comica come mille altre, ma solo più patetica. Esemplificativa di tutto quello che è stato il “berlusconismo” e di come abbia ostentato con fierezza lo sventramento della morale. Ah, la morale. La tiri in ballo, e sembri un prete bacchettone. Una specie di Buttiglione che limona con la teodema Binetti. Perché è questo il gran capolavoro del berlusconismo: Capovolgere tutto. Non sei d’accordo con le sue follie che fanno ridere il mondo intero? Sei comunista. Ritieni che qualcuno accusato di mafia debba sottoporsi addirittura ai processi?  Diventi un vergognoso forcaiolo. Ti viene un naturale sentimento di sbocco guardando delle sgualdrine senza intelletto ed ignoranti come capre, fare carriera solo perché buone fellatrici del sultano? Divieni un bacchettone moralista. Anzi, odi le donne perché le definisci puttane. Il berlusconismo ha usato le armi dei peggiori regimi, soprattutto comunisti, per sovvertire la verità. Ricorrenti paradossi dell’orrore.
Ma bene, divagazioni a parte, eccomi all’intercettazione. E’ intrisa di pornografia mentale e lessicale, oltre che fisica. Fatta anche molto male. Ragazze che sbadigliano e si stiracchiano, dandosi allegramente delle “puttane”. Dicono d’essere intente negli studi bocconiani, stravolte dalla stanchezza perché la sera prima, vestite da poliziotte, hanno titillato il sultano. Guadagnano 12mila euro al mese per una presunta attività politica, ma leggono solo Eva3000, Vanity Fair o Chi. E ne ridono.
La squillante consigliera regionale parla col padre. Lo rende edotto delle sue stancanti attività da puttan-tour: party, cene, Saint-Tropez. Il babbo, apprensivo, annuisce soddisfatto. Chiede delle cose serie. No, no, nessuna domanda sulla maglia della salute, o raccomandazione di non correre troppo con la macchina. Il genitore, una specie di vitellone di romagna, chiede alla pargola coi labbroni deturpati e la sesta innaturale, se sta sentendo LUI. Dove LUI è il gran capo occulto. Il mangiafuoco deviato che regge i fili dell’ignominiosa giostra di potere marcio e depravazione. Lei lo tranquillizza: “sì, sì…”. Il nostro babbo di consigliera fellante tira un sospirone di sollievo. Deve vigilare, assicurandosi che la passera delle figlia sia venduta a peso d’oro. Con eleganza, in ambienti chic, ove il potere si palpa e sforna lingotti a forma di priapo dal buco del culo. Gli altri, quelli che mandano le figlie a battere su una strada o le vendono ai trafficanti di organi, rimangono dei mostri orrendi. Per cui magari, gli stessi vati della prostituzione-bene, auspicano la reintroduzione della pena di morte.
Poi la pargola prosegue a raccontare dei suoi impegni. L’incresciosa e casuale conoscenza, in un party meneghino, di un ombroso scrittore. Tale Giorgio Falett
i. La poveretta è ancora sconvolta. “Non ti dico, un comunista testa di cazzo…”. Il babbo sembra sobbalzare, ci tiene alla salute della sua passerotta d’oro. Teme che il comunista possa averle fatto del male, magari abituandola al triste pensiero: “Oh, cazzo!”, esclama. La bocconiana non nasconde il turbamento interiore per quell’incontro sconcio. “Non ti dico, mi fa: lo sai che in Italia c’è un regime?”. Ma pensa te. Il babbetto sbuffa, quasi quasi vorrebbe chiamare lo scrittore per cantargliene quattro. Lei però ridimensiona: “Massì, sarà anche uno scrittore famoso, ha successo…però è comunista, sai  come sono no?”. E certo, l’invidiosa insoddisfazione del comunista pensante, che scompare e diviene mero sfigatello al cospetto della politica da boccaglio al messia-sultano. “Sì, sì”, fa il babbo, che però freme dal sapere a chi la sua figliola elargirà uno o tutti i pertugi, quella sera.
Nicole ci riserva in coda il lampo di autoironica comicità surreale: “Sai che mi ha chiesto con che partito fossi? E poi fa: Mi stanno sulle balle quelle che fanno le campagne elettorali facendo pompini…cioè…io sono stata zitta tutta la sera.”. Chiaro, specifica che, non conoscendola, non poteva avercela con lei. In tutto questo, so che Faletti ha venduto milioni di libri, ma non ho mai letto mezza sua riga. Al più lo ricordo come “Catozzo”. Ma confidare alla Minetti quanto gli stiano sul cazzo le pompinare arriviste in politica, rasenta l’assoluto genio. Ed in definitiva, non corrucciatevi. A questa bella e procace ragazza per metà silicone, continuiamo ad elargire 12mila euro mensili, per le seguitissime sfilate in consiglio regionale. Un giorno in pelliccia da battona, l’altro seminuda.

 
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AMMINISTRATIVE 2012: "MEGLIO DEL PREVISTO"

Post n°227 pubblicato il 08 Maggio 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

L’Italia prossima alla terza repubblica si sveglia con risultati delle consultazioni amministrative simbolicamente significativi: Il Pdl è morto, spazzato via con indolenza neanche fosse nauseabondo sterco di cane morto. La lega ladrona pare una banca del sangue dove è passato Dracula. Terzo polo evaporato come piscio di topi. Mentre il vero trionfatore della tornata elettorale è Beppe Grillo.
Interessante è però vedere i vaniloquenti giudizi dei protagonisti, nel post partita. Lividi, pesti e tramortiti, ma sempre con quella innata capacità di supercazzola menzognera con scappellamento a destra. Nella bruma notte padana, Salvini ci spiega come la lega, malgrado tutto, ha tenuto. E continuerà a pensare agli interessi della sua gente. Però un po’ deve sentirsi più pirla di quello che è, nel continuare a farsi promotore del tiro di schioppo al senegalese clandestino con due lauree. Specie se  i
l proprio capetto va a comprarsi un mezzo diploma in Albania spendendo 160mila euro pubblici. Un po’ più pirla, soltanto un poco. Vince solo Tosi, quello che avevano fatto fuori. Perché lo sappiamo, quelli capiscono tutto.
A margine, giunge l’autodichiarazione di vittoria del PD. Vogliamo anche negare questa gioia a Bersani/Bindi/Finocchiaro? No, ed allora caliamo quel velo di silenzio tombale che tanto fa pendant con la loro politica. Vince, stravince il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Un non-partito creato dal niente. Una slavina orrenda di accuse, ad ogni livello. Hanno paura dell'antipolitica. Le fecce della politica che puzza di merda. L'ex partigiano a salvaguardia di quel che resta dell'immondezzaio, in primis. E' nei ruoli. E’ solo un comico, Grillo. Un demagogo. Sfrutta il malumore della piazza disgustata dagli scandali giudiziari degli altri partiti. Sa solo distruggere, e non costruire. Non saprebbe minimamente cosa fare, una volta al potere. Pensateci sei secondi: Tutto riconducibile a Grillo, ma soprattutto a Berlusconi (tranne che per il “comico”. Grillo lo è per davvero, e non involontario). Forse è vero, non sapranno governare e la natura onesta dell’uomo non è altro che una mera illusione travestita da cazzata, che spesso non coincide col potere. Ma così, su due piedi e pistola alla tempia, preferirei l’incapacità demagogica di un trentenne senza esperienza, al tanfo di verza marcia mescolato ad accuse di mafia o accertate appartenenze alla massoneria, dei vari Schifani o Cicchitto. Per dirne due. Ne scriverò in separata sede, perché altrimenti il discorso si fa lungo.
Vorrei invece conchiudere in gloria, con gli sconfitti conclamati. Geniali, folli, surreali asserviti alla cazzata scientifica, in un mortale abbraccio dal tanfo pestilenziale. I numeri parlano di una catastrofe assoluta abbattutasi sul Pdl del dopo Berlusconi, capo carismatico factotum ormai in fuga da se stesso. Riescono a stare di poco avanti al Partito dei pensionati (con la gotta, un partito scissionista del vecchio partito dei pensionati senza denti). Amara presa di coscienza del segretario ombra Alfano, che a farsi passare come chi non conosce le tabelline del due, non ci sta: “Una netta sconfitta”. La Russa stigmatizza: “Voto non attendibile.”. L’altro piccolo colonnello camerata Gasparri: “E’ il solito gioco della sinistra che vuole prendersi le vittorie quando non ci sono. Se abbiamo perso noi, hanno perso anche loro.”. La Santanché risponde con un bestemmione di sei minuti e facendo il gesto dell’ombrello. Cicchitto il saggio, predica una massonica prudenza: “Attendiamo i risultati definitivi”.  Feltri e Sallusti celebrano la morte della Lega una volta divisa dal Pdl, che invece tiene. Ah, sì. Lapidario Quagliariello: “E’ la evidente sconfitta di Monti”. Monti? Formigoni, sorpreso alla sfilata di uno stilista daltonico appena fuggito da Sing Sing, fa la faccia dello stizzito sgomento: “Elezioni, quando? Ma siete fuori? Basta voialtri, imparate a fare i giornalisti. Io non mi ricordo, lo dice lei questo.”. Lupi recita una messa cantata. Fede, in vestaglia e ciabatte, innanzi al camino, piazza tristi bandiere azzurro-libertà. E poi singhiozza.
Il Messia divino Silvio Berlusconi si è invece recato, per una visita di svago lavoro, in una delle 1236 dacie di Vladimiro Putin. Ultimo amico rimastogli, oltre al cane sclerotico di Giorgio Bush. I due, come Totò e Peppino, si danno prima alla famigerata caccia all’orso, a bordo di una slitta. Dei fucilieri ottomani accoppano orsi protetti dal wwf e loro poi, sorridenti, si fanno fotografare al fianco della bestia abbattuta. Una volta al caldo tepore della casa di Vladimiro, Silvio è incontenibile, fremente ed a suo agio. In crisi d’astinenza da passera, finalmente può scalmanarsi, lontano da occhi indiscreti ed invidie di sorta. Tra esondanti effluvi di passera, calici di sciampagna, kalinke di gruppo ed orgioni galattici, pieno come un’otre di viagra artigianale estratto da dai testicoli di ippopotamo con devianze sessuali, non si tiene.
Via interfono gli vengono comunicate le news del belpaese: Il Milan ha perso lo scudetto, ed il Pdl ha ottenuto percentuali che nemmeno il Partito di Tabacci-Rutelli/Palombelli. Lui, lucidissimo, balza in piedi e propone un brindisi di vittoria: “Molto benissimo, è andata bene! Meglio di quello che pensavamo…”. Lui che appena sente notizie dall'Italia teme sempre arresti coatti, giudici rosso fiamma e grigie stanze d'isolamento a san Vittore. E via, pensando a come tornare sugli scudi. Il cambio di nome, in primis. Fondamentale maquillage. Poi qualche promessa illuminata, come la sconfitta della morte terrena entro due anni al massimo.

 
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TU LO CONOSCI, SILVIO?

Post n°226 pubblicato il 03 Maggio 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Alla tv una rusticana battaglia all’ultima bassezza tra Sarkozy e Hollande. Sul pc un pornetto esistenzialista degli anni ’90, con nella finestrella un vietnamita torneo di tennis. In sottofondo, amalgamano questo affresco dell’orrore, le leggiadre note di Stravinsky. E’ una serata intensa la mia, insomma. No, dite? Pensate che potrei essere morto, e vi apparirà intensa. 
Ma bene. Mi concentro sull’ultimo arroventato confronto tra i due candidati per l'Eliseo, prima del decisivo ballottaggio. Con tanto di dibattito televisivo. Me lo gusto tutto, alla faccia del campionato di calcio italiano. Sarkò, malgrado gli stornelli narcolettici della moglie Carlà, è battagliero. Deciso a provare l’improbabile rimonta verso il lanciatissimo avversario socialista, trovando un casuale coupe de theatre. Anche le ultime dichiarazioni della signorina Le Pen, che un poco confondo con una delle protagoniste del filmetto intente a mugolare per un rapporto contro natura, non gli lasciano molte speranze. La bionda figlia di cotanto padre ha infatti invitato il suo elettorato neonazista alla “scheda bianca”, senza cedere alle voglia di sostegno a quella destra moderata.
In questo, da derelitto italiano “pizza, baffetti neri, mandolino e bungabunga”, intravvedo una certa qual coerenza, pur nell’orrore di fondo. Anche oltralpe v’è un partito di minoranza razzista, ultranazionalista e xenofobo. Ma dignità, casualità o rispetto per le elementari basi democratiche vogliono che non arrivino mai al potere. Non possono. Malgrado quei voti risultino fondamentali. Vi viene forse in mente una specie di clown che sdoganò i neri missini? A lui si devono i fieri picchiatori giovanili al governo. Sindaci, ministri, tutti conclamati bombaroli neri, con precedenti e fermi della questura. Pensate ancora alla parodia di statista satiriaco che pur di mantenere il potere ha lanciato al governo del paese quei quattro avvinazzati, ladri e barbari razzisti che vaneggiavano all’indipendenza padana? Sarà il caso, o il semplice rifiuto della Le Pen, ma questa aberrante situazione tipica del bel paese, in Francia non la vedranno. Bontà loro, bontà di uno stato con tante contraddizioni, ma che ci risparmia l’indecenza politica, almeno.
Molto benissimo, allora. Il dibattito si fa intenso. Arriva all’acme. Io non capisco un cazzo di niente. Volgo l’attenzione al torneo di tennis in Vietnam tra due rachitici nani del circo, poi giro al pornetto con Moana Pozzi. Sto scrivendo la biografia non autorizzata di Moana, vuoi che non debba approfondire? Quelle foreste pluviali e tundre inguinali, mi fanno pensare ad una teoria filosofica. Poi torno alla rusticana battaglia politica francese. I due non si risparmiano accuse, ingiurie, offese irripetibili, in un delirio alfanumerico. “Tu vuoi meno ricchi”, parte Sarkò a testa bassa. “Tu invece vuoi più poveri”, risponde Hollande. Sembra una lite al giardino d’infanzia. Colpe future ed ipotetici disastri. I due si danno in modo assai galante del “monsieur”, e poi partono a testa bassa: si va dalle accuse di inettitudine, corruzione, incapacità, classismo, inefficienza, ruberie, Hitler, Castro, gassazioni, omicidi, depravazioni equine, stupri di gruppo, cannibalismo, saprofagia. Incassano con garbo la qualsivoglia accusa nefanda, accennando un risolino accompagnato da una specie di pernacchietta.
Poi ecco l’insostenibile, quando Hollande arriva a proferire la frase: “Tu eri amico di Silvio Berlusconi, che ha portato al fallimento l’Italia…”. L’altro sbianca. E’ pallido come un cencio, livoroso e furente. Questo è davvero troppo. La cosa proprio non si può sopportare perché travalica la minima decenza e rispetto dell’avversario. "No, no...quello lì è amico tuo, visto che tifa per te.", risponde l'altro. Passi per l’accusa di stupro di gruppo su ragazzini armeni o le devianze sessuali di origine ittica, ma AMICO DI SILVIO MAI. A tutto c’è un limite.

 
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NANI, BALLERINE, PUTTANE E DOMATORI

Post n°225 pubblicato il 21 Aprile 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

E’ ormai entrato nel vivo il processo Ruby. E lo show, attesissimo dal pubblico sulle gradinate e dai giornalisti accorsi da tutto il mondo, non ha deluso. Chi poteva perdersi il grottesco e patetico spettacolo dell’ex potente nudo messo alla mondiale berlina? Solo, di fronte alla triste realtà di una malata follia delirante che lo ha fatto sprofondare nel grottesco patetico. In altri paesi istituiscono dei tribunali per giudicare i crimini dei loro dittatori. Noi siamo italiani, abbiamo parodie di dittatori, e caricature di processi.
Il grande monarca spodestato è circondato dai bodyguard e sotto il solerte sguardo di Emilio Fede, ormai senza impegni giornalistici e libero di dedicarsi all’attività di pettineuse. Prima di entrare, il despota si ferma al bar per sorseggiare un buon caffè alle erbe mediche e consumare il solito, vezzoso e giovanilistico, lecca-lecca al lampone. Ne approfitta per fare un bagno di folla, e constatare l’immutato calore e consenso della gente comune. Appena partono le prime salve di fischi, pernacchie, cori d’insulto e sputi terrificanti, i galoppini si prodigano alacremente. Belpietro, Sallusti, il pensatore smilzo Ferrara ed il solerte Minzolini vestito da schiava egizia, aprono i teloni protettivi in due secondi netti. Quindi sparano a palla, da due casse gigantesche, melodiosi applausi di consenso ed il coro “Silvio! Silvio!”. Il sire, ancora convinto d’essere al governo, saluta estasiato e felice per l’immutato amore dell’adorante plebe. Un cronista vuole chiedergli qualcosa sul Milan, ma interviene prontamente Ferrara a bloccare l’insolenza. L’adiposo elefante si sovrappone al giornalista e tuona: “Propaganda veterocomunista a parte, il Milan ha 26 punti di vantaggio e trionferà grazie alla illuminata guida tecnica del nostro divino presidente. Questa è la verità. Poi i giudici dicano ciò che vogliono” . E copre pietosamente le orecchie al vecchio rabbì. “Via maestà, che domani dobbiamo presenziare ad un vertice mondiale.”. Il vertice ci sarà, maldestramente recitato da figuranti scartati dal gf e da forum che impersoneranno i presidenti  delle varie nazioni europee.
Si arriva al fine in aula. Ed il dibattimento delude un po’ le aspettative. Per carità, ci sarà tempo, ma non si sono viste tutte-tutte le figure che ben dipingono il ventennio appena trascorso, come un affresco dell’orrore, in un’orgia di marcio e disgustoso potere: Domatori d'elefanti, leggiadre troie con grosse tette, vecchi giornalisti rincoglioniti, scimmie marsupiali, puttane bocconiane dalle grandi labbra rifatte e quinta di reggipetto, affaristi con la gotta, piccoli delinquenti cocainomani, impresari con volti da suino, magnaccia, latitanti, trapezisti bulgari, mezze-veline smutandate, mafiosi integerrimi, Moira Orfei, escort mulatte, africane, marocchine, nord europee, slave, lapponi, criminali semplici e serial killer cannibali, massoni, figuranti di mediaset, troniste, ex comparse del Gf, attori di Hollywood in cerca di scritturazione in Italia, submentali aspiranti meteorine, nani da giardino, preti omosessuali, cartoni animati, tigri del bengala. Insomma, tutto quel contorno, la ricotta di un penoso potere delirante. Proprio nei giorni in cui si rende noto come quelle frotte di testimoni, smaniose escort aspiranti starlette, (o starlette aspiranti escort  o escort aspiranti un ministero a caso. E' uguale) assieme ai propri magnaccia, siano stati ancora finanziati mensilmente, con puntualità svizzera. Il vecchio sultano paga tutto e tutti. Li stipendia con l’equità del buon padre di famiglia, per tenere in piedi quel che resta del regno di sterco secco. E che sarà mai. E' come pagare il mensile ad un altro migliaio di modesti calciatori del Milan.
L'anziano despota si adagia, un poco annoiato. Tra le centinaia di ragazze a sua disposizione, un paio hanno avuto l’ardire di testimoniare l’effettiva ed estrema eleganza di quelle festicciole. Se ne sono sentite diverse, negli ultimi giorni. La bene evidente sanità mentale dell’uomo che governava il paese si evidenzia in modo cristallino, mentre vengono snocciolati gustosi e assai goliardici episodi: Pare ello gradisse ammirare le pulzellette bocconiane stipendiate coi soldi pubblici, travestite da suore. La cosa lo mandava in estasi narcolettica. Si sentiva anche Gesù Cristo. L’overdose di viagra thailandese iniziava a fare il suo bell’effetto e lui prendeva a mungersi quell’infinitesimale nervetto di 3,5 centimetri. La consigliera comunale a 12 mila euro al mese, spogliatasi degli abiti sacri, rimaneva in reggipetto e perizoma, mostrando il crocefisso al suo pigmalione. Lui dopo averle toccato il culo le impartiva una sommaria benedizione urbi et orbi, emettendo un gemito d’eccitazione fantozziano.
I racconti si susseguono, ma l’imputato rimane impassibile, a tratti dorme. Anche quando viene stabilito come il commissario di polizia ben sapesse che Ruby non fosse affatto la nipote di Mubarak. Anzi, la cosa era così ridicola e surreale, che tutti ne ridevano della grossa. A crederlo rimangono solo circa 400 parlamentari della Repubblica italiana, capeggiati dall’irreprensibile stoccafisso Paniz, un garantista estremo della stronzata. Quella votazione è una cosa che rimarrà, nei secoli, come vanto della repubblica parlamentare nell’era berlusconiana.
Col vitreo occhietto a fessura, l'ex rais prova ad incutere timore nella tremula testimone, una delle poche che se la stanno cantando. Nessun gazzosino, crodino analcolico, mozzarella di bufala e proiezioni intellettuali. Ma una esplosione di depravazione inarrestabile. Un vero trattato sulla senile devianza mentale. Narra, la ragazza, di altri gustosi travestimenti. Una mulatta travestita da Ronaldinho. Ed è qui che l’eccitazione dell’anziano dittatore raggiungeva l’acme irrefrenabile. Andava in visibilio. Un bravo psichiatra potrebbe lasciarlo a piede libero? Nella stessa persona che si dimena sul palco, può vedere le sue uniche passioni: la passera, il futbal ed un mare di delinquenza circostante. Tutto intorno è un rutilar di schiamazzi ed applausi. Si vedono devote ed apprensive reclutatrici-parlamentari dalle grandi tette, assai giulive. Felici che il loro sultano si stia divertendo. Ci saranno premi e scatti di carriera anche per loro, se le mignotte reclutate si riveleranno capaci d’eccitare l’anfitrione. E’ l’eden, per il malato di mente.
Al centro un Ronaldinho con le tette, che sculetta e si dimena, intorno è un’esplosione di spettacolini residuali, sempre all’insegna di grande eleganza ed estrema sobrietà costumi. Quasi una scuola spirituale, oserei: un trionfo di balletti ed allusioni fellatrici con l’ausilio di priapi dal gigantesco pene e sbluffi di apparente borotalco che tutti sniffano sinistramente. Le più sfigate rimangono sui pali di lap-dance periferici. Tapine, riceveranno un simbolico gettone di duemila euro, qualche monile in oro zecchino disegnato dall'artista S.B., un cd di Apicella scritto dal cantautore S.B, ed un orologio del  Milan, squadra di S.B. Ma difficilmente rientreranno nelle dodici che il lucidissimo sultano sceglierà per allietargli la notte.
Il tutto mentre fuori imperversa la più grande crisi economica della storia italiana. Ma lui cosa ne può sapere. I ristoranti sono pieni, le troie lo fanno gioire come un putto nella bambagia, quei quattro miserabili venduti di politici gli fanno leggi per l’impunità assoluta ed i cerebrolesi elettori continuano a venerarlo. Il resto lo compra. Tutto in ordine, nel suo mondo.
Il monarca malato si dirige all’uscita. Ancora abbottato dal sonno, farfuglia qualcosa ai cronisti. E’ l’ennesimo delirio senza vergogna. Nella sua testa da comunicatore ormai andato via di melone, deve prendersi le telecamere per girare il processo mediatico. Perché lui sa come incantare i serpenti. Ha sempre amoreggiato con la telecamera, è diventato addirittura premier a furia di frescacce. Manca Salvo Sottile, però. Non escludo abbia richiesto d’esser ospitato. Et voilà, il genio all'opera: Ci fa diventare il procacciatore di mignotte pagato per stare zitto, il padre di una bisognosa famiglia cui garantire un decente tenore da 20mila euro al mese, più premio partita di 500mila. Le testimoni chiave lautamente foraggiate per mantenere il riserbo su quelle feste eleganti? Ma diamine, solo delle spaurite fanciulle che deve mantenere, perché rovinate dai processi. Le poverette non avranno più un fidanzato, forse nemmeno un lavoro…E un poco singhiozza. Quindi il virtuoso colpo di classe. Gli spogliarelli? Ma via con queste ficziòn dei giudici, si trattava di innocenti gare di burlesque...
Attorno qualcuno ride per l’ennesimo autogol, frutto della deviata convinzione che chi ascolta abbia l’intelligenza di una medusa morta. Altri provano una gran pietà per questo anziano miliardario affetto da gravi malattie fisiche e mentali, ormai incapace di capire quando la decenza ed il rispetto delle altrui intelligenze, venga tristemente calpestata da somme stronzate. Qualcuno, a mezza voce, si domanda a cosa serva processarlo per queste cose. Sarebbero, al più, accessoria pena da scontare in un centro d’igiene mentale.

 
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GLI IDOLI CHE DIVENNERO FETICCI MALATI

Post n°224 pubblicato il 17 Aprile 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Che poi uno prova a guardarli in faccia e rifletterci su, il tempo di una grattata sotto le ascelle.
Ma com’è mai possibile che due uomini dalla lampante e ben evidente sanità fisica e mentale, non siano più al timone del paese? Io insisto: guardateli bene. Individuate la lucidità estrema di questi due anziani, ma ancora brillanti e vivaci uomini d’esperienza.
Lo spread? La crisi economica? La riforma del lavoro? Crisi economica? Manovra economica? Frotte d’ingrigiti tecnici si affannano, senza costrutto, per risolvere i problemi del paese. Questi due, con uno schiocco delle dita, rispondevano a tutto.
Osservate bene-bene il divino megapresidente di Arcore. Lui risolveva ogni cosa, quasi rivestito di un’invincibile aura d’onnipotenza. Efficienza estrema. Compra tutto e tutti: Ronaldinho, diritti, frequenze televisive, appalti, onorevoli, processi. E solo gli invidiosi non riescono a digerire questo libertario e liberista modo di agire che premia la meritocrazia. Tutto il resto è comunismo dell’essere abietto e meschino. Provi a chiedergli quale sia la sua medicina per far fronte alla disoccupazione della suburra, e quello ti risponde giulivo: “Ma sposate mio figlio, no?”. Un altro gli domanda come vorrebbe far fronte alla crisi economica del paese e lui afferma, facendosi serioso, che ha intenzione di costruire due casinò ed un campo da golf a Lampedusa. Così risolve anche la triste questione degli sbarchi clandestini. E’ geniale, quest’ominide di un metro e sessantatrè. A chi gli chiede della crisi internazionale, lui fa spallucce. Prende il telefono e chiama sedici escort minorenni moldave, per un summit al vertice. E se ne va, con una passera gigante che fluttua in una mente ormai divorata dalla malattia.
Ma poi guardate l’altro protagonista indiscusso di questo ventennio. L’Umbert. Il senatùr. Colui che creò dal nulla un partito che mirava all’indipendenza del nord e a cui per quasi vent’anni è stato consentito di governare il paese intero, sempre con quella magnifica idea d’indipendenza. Un uomo rozzo ma retto, corretto, e di lucidissima lungimiranza politica. Per anni ha lanciato strali ed invettive sulle ruberie della politica e della Roma ladrona. Poi si scopre a rotolarsi nel guano, al centro di raccapriccianti truffe degne del mercato rionale di Forcella che nemmeno dei maldestri scugnizzi (rincoglioniti e di settant'anni), soldi pubblici sguaiatamente arraffati, diamanti, soldi a Cipro, in Tanzania. Cosa si pretende da un uomo, e la foto lo testimonia, mentalmente provatissimo: la malattia, il coccolone del 2004 gli ha levato il 75% delle facoltà mentali (lo ammettono solo ora che l’inconsapevolezza nel negare i latrocini potrebbe fare comodo, ma va bene). Guardatelo. Questo non sa nemmeno chi è. Perché sta al mondo e cos’è il mondo. Ma governava il paese. Lui, neuroleso inconsapevole e l’altro, il malato mentale distrutto dalla mania d’onnipotenza e devastato dal viagra.
Scoprono tutti, anche i loro elettori, che i due simulacri del secondo ventennio, sono solo due poveri pazzi. Così accade a chi venera delle quasi divinità. Ripone in loro ogni speranza. Poi, quelle divinità, d'un botto, diventano tristi simulacri, feticci grotteschi da bruciare, per salvare il salvabile.

 
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SE BASAGLIA E LA MERLIN POTESSERO VEDERE

Post n°223 pubblicato il 14 Aprile 2012 da chinasky2006

Foto di chinasky2006

Eravamo in crisi d'astinenza.
Complice il clima di tecnici che come automi proseguono per la loro strada senza lasciarsi sedurre dai salotti tv, quasi avevamo dimenticato le immonde e ripugnanti scenette di qualche mese fa. Una serie di personaggi emblema della nuova repubblica televisiva sempre più simile al "Grande Fratello", sguazzavano giulivi ed impuniti nella loro merdosa filippica propagandista. Il politico che appare, smania, cerca il consenso, prova a sedurre lo strumento televisivo e l'idiota spettatore che non capisce nulla. Talvolta, spesso, il sinistro personaggio congegnato nelle segrete stanze di Arcore da scienziati nazisti, si spingeva in rutilanti frasi sensazionalistiche che lasciavano lo spettatore-elettore a bocca aperta, inebetito da quel nulla arricciato. Altre volte si lanciava in artate zuffe, liti e schiamazzi, cui anche gli altri partiti si sono orridamente adeguati, perdendo in partenza, ovvio, perché l'orrore originale trionfa sempre. Sempre secondo il manuale del buon politico scritto nel pensatoio di Arcore dal messia in persona, il buon politico-ospite-giuocatore deve dare del distaccato "lei" all'interlocutore, non familiarizzare mai con l'avversario politico, sorridere alla camera in modo da tranquillizzare lo spettatore, scuotere il capo mentre parla l'oppositore politico...ed altre gemme che nemmeno si aveva il buon gusto di negare. La tv ok...ma la nuova repubblica arcorina in parlamento? Ogni tanto ci andavano anche. Diciamo una volta su dieci. Quando si doveva votare per salvare un colluso con sei/sette mafie, un cannibale o un depravato ittico.
Possibile che si è vissuto tutto ciò? Sì, purtroppo. I luridi e striscianti lombrichi, potrebbero tornare alla carica, prima o poi. Ora, per qualche mese sono congelati. Paralizzati nel ruolo di parlamentari assenteisti ed in crisi d'astinenza da telecamera. Chiamano in modo concitato il loro agente per capire quante possibilità ci sono di apparire. Qualcuno è fregato perché la sua immagine era curata da Lele Mora ora al gabbio (Già, Lele Mora. Tutto torna in questa repubblica di banane, fard, sterco e tv). Non si danno pace. Qualcuno accetta anche a presenziare all'inaugurazione di una pizzeria al taglio, sperando nella furtiva zoomata di una telecamera amatoriale. Cominciano anche ad aprirsi comunità di recupero per politici in crisi d'astinenza, utili alla bisogna.
Proprio come un disperato concorrente da reality che teme di tornare nel dimenticatoio dopo la sovraesposizione mediatica, ci pensa la Saltamiquì a far parlare di sé, con una trovata geniale. Tranquilli, nessun bestemmione o insulto a Maometto, nemmeno un inno alla pena di morte per gli stupratori clandestini (agli italiani basta un ergastolo, perché legittimi cittadini), alcun richiamo alla necessità di ripulire le strade dal degrado delle puttane nigeriane. Ci risparmia, la politica da "billionaire", anche le proverbiali e stordenti difese del sultano, manco fosse una vedova dei martiri di ad acta. Quei violenti strali contro le invidie degli impotenti comunisti che non possono permettersi una escort di lusso da ripagare con un posto in parlamento, appartengono al passato. Questa volta la valente politica di caucciù tende a stupire l'uditorio parlando di raccomandazioni: Non è un male, raccomandare una valente nipote. E' negativo raccomandare il trota invece, perché il poveretto è un pirla. E allora uno è tentato anche di rivalutarlo, il trota, considerandolo meritevole di un qualche Nobel ittico. Ci fa ripensare all'affare Vendola, indagato perché reo di aver raccomandato uno dei migliori specialisti nei traumi al torace. Pirla autentico, lui.
Poi la Saltamiquì, sempre mantenendo l'aplombe e la classe tipica, alza il sopracciglio posticcio, l'acconciatura anni trenta si alza come un gatto in calore, gonfia la jugulare e gli zigomi ripieni di cera ponga sembra debbano esplodere. E' lei, è lei: E' sul punto di dire la cazzata consapevole. Il labbro leporino si torce come vittima di un ictus, spalanca la fornace e parte a testa bassa: Si parla tanto della Minetti, dice, ma anche Nilde Iotti fu amante di Togliatti.
Ecco mancava l'accostamento Minetti-Iotti, al campionario di nefandezze senza fine che questa gente indegna continua a proferire, indisturbata, stuprando il decoro. Possibile che non si possa fare niente, per ricondurre il paese alla decenza? Quale immane colpa deve ancora scontare la nazione di Dante e Leonardo, per sopportare in silenzio tutto ciò? Su 50mila elettori disadattati che inconsapevolmente l'avranno mandata in Parlamento, milioni di cittadini la reputano indegna di proferire quelle bestemmie insultanti. Ecco, un referendum ci vorrebbe. Perché non allargare questo strumento anche alle persone? Almeno venti milioni di cittadini la leverebbero dallo scranno, mandandola a fare qualcosa di socialmente utile per questo paese: pulire la bava alla bocca dei detenuti, drogati in crisi d'astinenza, clandestini, neri e comunisti.

 
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CACCIA ALLE STREGHE

Post n°222 pubblicato il 11 Aprile 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Sono strani, questi leghisti.
Differenti, diciamo. Si dimettono, fanno mea culpa. Uno stenta a crederlo. Poi vanno avanti due minuti, ed ecco l'immantinente inganno dell'indecenza: Una sciente operazione di smacchiamento lampo.
Col purgante primo step, si issano ad esempio morale. Avranno anche rubato ok, ma col gesto delle dimissioni tornano d'un colpo sulle vette di una moralità incensata. S'è fatto da parte il cerebroleso figlio della dinastia, il Renzo "trota" travolto dagli scandali di una vita al massimo: Soldi pubblici scialati in macchine di lusso, ristoranti personali, mezze veline, titoli di studio comperati in discount esteri. Come il babbo neuroleso, con le dimissioni entra nell'olimpo della quasi santità. Lo sottolinea, fiero: "Ho voluto dare l'esempio". E quale esempio potrà mai dare ad un operaio cassintegrato o ad un ultratrentenne ricercatore precario che vive con 600 euro al mese, il trota? Cosa imparerà da un ragazzetto figlio di papà, ignorante ed incapace come una capra morta, che dopo aver rubato 12mila euro al mese di stipendio arrotondati da ruberie indecenti, si fa da parte? Potrà, al limite, far sorgere il desiderio di vederlo appeso in pubblica piazza. Impalato o legato a testa in giù. Non avverrà, purtroppo, ma lasciamo perdere gli esempi. Morali.
Ma non si esaurisce mica qui la vis del partito del nord. Dopo le scuse e l'ascensore per il paradiso delle dimissioni, ecco che iniziano a lavorare con l'ingegno operoso tipico del nordista puro, al secondo step: prendere le distanze. Ok, Belsito avrà fatto quelle mascalzonate invereconde. Ma lo ha fatto solo lui e qualche cialtrone di contorno. I leghisti puri, chi comanda ma anche l'attivista del popolo, non c'entra nulla. Uno, spinto dall'alcol, può addirittura crederci. Ma se davvero gli alti vertici padani non sono in grado di conoscere e sapere dell'intima natura ladra e farabutta di chi riveste un ruolo così delicato (salvo improvvisi vuoti di memoria, nominati da essi stessi), siamo di fronte ad una inettitudine clamorosa. Incapacità da guinnes. La stessa di chi ha fallito in ogni cosa che ha provato a fare: investimenti, federalismo fiscale, banche, moneta padana e chi più ne ha.
Dopo la sdegnata, ed anche un po' piccata, presa di distanza, si giunge all'altra metamorfosi della larva leghista. Terzo step: tornare fustigatori dei costumi. Presi in castagna, con le mani nella marmellata, farfugliano ancora vaneggianti teorie forcaiole. "Pulizia, dobbiano fare pulizia all'interno". Si scagliano violentemente contro quelle poche mele marce. Rispolverano il cappio, non più contro i democristiani o "romaladrona" ma verso quei vigliacchi infiltrati che offuscano la specchiata onestà leghista. Echeccazzo. Come fate a non crederci? Sono più indignati loro del normale cittadino. Hanno congegnato una nuova forma di responsabuilità che rifugge quella oggettiva e soggettiva: la responsabilità fluttuante.
L'operazione smacchiamento delle coscienze si sublima in un vortice di nefanda meschinità. Finte scuse, esempio morale, poi eliminazione delle mele marce, quindi nuovamente cappio ed infine rutilanti e fantasiose teorie complottiste. Potrebbe bastare, no? Fa già abbastanza ridere così. Invece il leghista che si differenzia dalla massa, indice una riunione fiume a Bergamo. Tutti insieme, i vertici del partito arringano folle color verde bile, dal palco. Tra rinnovati cappi, canti da avvinazzati ultrà e slogan razzisti. Solo alla lega avviene questo. Perché al di là delle dimissioni, questi non conoscono vergogna. Come e peggio degli altri. I militanti non hanno alternativa al verbo lega-Bossi. Non posseggono altro pensiero, sanno solo brucare devotamente.
Al limite, ed è qui lo step finale: trovano un capro espiatorio da sacrificare su una pira incandescente. Bossi farfuglia qualcosa, nessuno naturalmente lo capisce. Ci pensa Bobo Maroni, finalmente sdoganato da ruoli istituzionali. Lui, ovviamente, non sapeva niente di quello cha avveniva. Cosa può mai sapere il Ministro dell'Interno? Ora spetazza tutta la sua indecente verve populista, con toni da affiliato a qualche cosca di cannibali. Ha bene in mente il nome della strega da sacrificare sull'altare. Rosa Angela Mauro, detta Rosy "la nera" per quella innaturale chioma pennellata di color nero pece. Per intenderci, la stessa che in senato si rese protagonista di una leggendaria votazione record "acazzosuo" degli emendamenti alla legge Gelmini. La "donna con le palle", come l'aveva definita
 uno sbiascicante Senatùr, nelle indagini risulta aver rivestito una parte influente nello smistamento di danari. Si sarebbe impegnata nella compera di qualche titolo di studio acquistato al mercato delle pulci. Per lei e per il presunto compagno, un poliziotto suo bodyguard (già, quella ha un bodyguard) guitto cantante da balera cui si deve un immortale capolavoro "kooly noody". Lei, "la nera", al cui impegno si deve la creazione di un sindacato padano con 7mila (o 700mila, che differenza fa) iscritti. Basta che sia finanziato dal partito. Grazie a feroci interventi antimeridionalisti s'era guadagnata l'amore incondizionato del leghista medio al pascolo, facendo dimenticare quella ignobile ed inquietante macchia originaria: Rosa Anna, è nata a San Pietro Vernotico. Vicino Avetrana, a pochi km da Zio Miché. Vicino a quella Cellino San Marco che diede i natali ad Al Bano.
A Berghèm invece, in un trionfo di scopetti col simbolo padano, Maroni fa esplicito riferimento alla, ormai, vigliacca Rosy Mauro, novella stregaccia di Eastweeck che si ostina non volersi dimettere da vice presidente del senato. Sarà anche una farabutta, ma in un parlamento per metà inquisito, la tizia non è ancora indagata. "Se non si dimette, la dimettiamo noi", aizza la folla indemoniata. Iniziano il dileggio alla vile negra, una volta beniamina e pupilla contro la terronia, ora terrona ladra, magari infiltrata dai servizi segreti. Fanno presto a cambiare idea, ci vuol poco alle bestie senza intelletto. Basta il segnale del capo. Pensateci, qualce migliore capro espiatorio? Del sud, scura, con la faccia da strega, e simpatica come un riccio sugli zebedei. Per diventare più puliti, e leghisti.

 
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LA FACCIA COME IL CULO

Post n°221 pubblicato il 06 Aprile 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

In questa pasqua di morte e resurrezione, me ne sto appollaiato, provando un gaudioso fremito d'estasi che parte dall'ipotalamo e giunge fino al coccige. E' quasi un brivido di godimento, vedere il cadavere del nemico che ancora esala rantoli di rigor mortis. Osservare l'indegno verro che si rotola nel guano, racchiude in sé sensazioni di mistico benessere. Grugnisce, l'indegna bestia, s'agita scomposta ed in visibile imbarazzo, prova la via della capriola, del salto carpiato.
Spicca di propria luce, in questo bailamme di scandali e rivelazioni ogni ora più gravi verso gli esponenti della "legaladrona", Matteo Salvini. Giovane e rampante leva del carroccio di seconda generazione, ritagliatosi un ruolo di primaria importanza nel partito grazie ad indimenticabili battaglie sul campo: Rutilanti felpe del Milan e t-shirt inneggianti alla liberazione padana in primis, poi più sobri e poetici richiami al sud. Indimenticabile quel coro contro i napoletani "colerosi e puzzolenti" che, sempre testualmente, avrebbero dovuto essere inghiottiti dal Vesuvio. Il giovane politico ne uscì elegantemente, dichiarando che era solo un goliardico canto da stadio. E nemmeno aveva inteso il significato delle parole. Quella dichiarazione d'inconsapevolezza, gli valse parecchi punti nella particolare scala della rozza ignoranza caprina, tipica del leghista. Evidentemente, gli alti vertici padani (tutti con copricapo unno) riuniti notte tempo alla foce del Po, avranno deciso che il suo faccione da pomodoro sanmarzano marcio, andava ben speso nelle varie tv. 
Sempre meno smilzo, pappagorgia ad indicarne turpi scenari di gozzovigli a base di ghiande e lo sguardo di demenza inquietante, il giovane leghista non s'è risparmiato. Non ha lesinato accorate e commoventi difese al limite del surreale. Ed eccolo, come in un folle tour, per tutte le piazze televisive. Una specie di tragicomica e patetica via crucis per sepolcri televisivi. Dal Tg3 al tg7 di Mentana, poi dalla Gruber, quindi il guizzo da istrione: Fa in tempo a comparire dal leccapiedi Vespa, poi per strada a Matrix. Non contento, eccolo portare l'orgoglio leghista da Marzullo, Amicidimariadefilippi ed irrompere anche durante le lezioni di fisica nucleare di un ignaro professore, alle 4,15 di mattina. Prontissimo per Uno Mattina, la prova del cuoco e le televendite di Mastrota, tra una pentola a pressione e l'altra.
E che minchia avrà potuto inventarsi, questo "utile idiota" designato al ruolo di indefesso difensore dell'indifendibile? Al confronto, impallidiscono persino le accorate difese delle vedove di Arcore. E' umanamente imbarazzante, il rampante politico leghista. Prova in ogni modo a nascondere imbarazzo e vergogna. Si agita, balla la rumba sulla seggiola. Ma invece di difendersi passa all'attacco. Chiaro, sto Belsito sembra colpevole. Ma che sarà mai? Sta mettendo in mezzo tutto l'apparato leghista, ma va bene. Arriva la delicata elegia di Bossi, romantico capo carismatico che per il bene del partito si dimette da segretario. Il Salvini prova a fingere una lagrima asciutta. Sono diventati bravi politici questi leghisti, tocca ammetterlo. Dei veteropoliticanti di stampo anni '80, solo più pirla e maldestri. Oltre a rubare come bestie fameliche, conoscono l'importanza del gettare fumo negli occhi per distogliere l'attenzione dallo scandalo.
Ecco allora questa commossa beatificazione dell'anziano leader malato ed inconsapevole a sè stesso. Che dopo aver perso la salute, per amor di Lega abbandona. Un gesto coraggioso, ah sì. Il venerdì lascia da segretario, la domenica risorge da presidente. In tempi di berlusconismo impunito e senza vergogna, si arriva a trasformare un gesto normale ed utilitaristico, in atto di eroismo.
L'assenza di vergogna (ora è ufficiale) sta invece nella prosopopea di questo novello baluardo leghista, che prosegue, sfidando decenza, decoro e buon gusto. Non si difende, ma attacca. Questa lega avrebbe uomini più capaci del governo Monti. Ma certo, fate mente locale: Rosy Mauro al Lavoro, "il trota" alla cultura, Belsito alle finanze e Borghezio agli interni. Che roba ragazzi, meglio di una comica di Stanlio e Ollio. Poi la gemma: "Lo sai lei che cosa ci sarà mercoledì? e si informi, allora. Una grande riunione del popolo leghista". Certo, vent'anni fa si riunivano per celebrare la loro pulizia ed invocare la pena di morte ai politici ladri. Ora si radunano per celebrare l'orgoglio ladro. 

 
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CE L'AVEVANO DURO E PROFUMATO

Post n°220 pubblicato il 04 Aprile 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Nascita, vita e patetica morte di un gruppo di squilibrati in camice verde, che da grandi volevano solo imparare ad essere bravi ladri.
Truffa, finanziamento illecito dei partiti, soldi della lega per affari privati della famiglia Bossi, milioni che viaggiano sull'asse Varese-Tanzania-Cipro-Brugherio, soldi pubblici per i porche, riciclaggio di denaro sporco, mazzette in casse di whiskey come i gangster di Chicago, rapporti con la ‘ndrangheta. Sembra la banda della magliana. La segretaria di Bossi se la suona e se la canta, con un violoncello roboante. Clamore terrificante per la grande rivelazione assoluta: Anche i puristi e "celoduristi" di incontaminata razza Padana, sono dei normali, vili ed ignobili manigoldi. Come un Craxi qualsiasi. O uno Scajola piccolo, goffo e maldestro. Ci vuole il garantismo, dirà qualche Sgarbi improvvisato. Certo, garantismo questo par di coglioni. Io sono garantista verso un povero cristo, non con la mondezza di potere. Quelli che furono i forcaioli della prima ora e che grazie al cappio sventolato, acquisirono consenso limonando la demagogia.
In principio fu quel gran ladrone socialista, lapidato e sbeffeggiato dagli strali del neopartito del nord. Quelli senza macchia, che ce lo avevano sempre duro e non tolleravano le bassezze di una latrocinante politica fatta di truffaldine ruberie. Via, una marea di verdi padani alla foce del Po’, a dissetarsi delle cristallline acque mefitiche. Tra invocazioni per la purgante “se-ces-sio-ne”, corna degli Unni, camici verdi e rituali celtici nelle loro leggendarie adunanze fiume. Ma ce n’è anche per Berlusconi, in quell’effluvio di barbara rivoluzione iniziale. L’anelito di purezza spinge il senatùr a scagliarsi contro il Cavaliere nero, testualmente definito “mafioso piduista”. Ad ora, le uniche parole di verità uscite da quella maleodorante cloaca. Ma è solo illusione, dirà che s’era confuso.
Il Messia è l’unico a poter garantire loro addirittura il potere, il governo dell’Italia. Se la compra innanzi ai notai e riesce nel miracolo di sdoganarne le xenofobe radici, il dileggio e continuo vilipendio della patria, facendogliela governare addirittura, quella patria. Ditemi se non è un genio folle, il nostro Erasmo da Arcore in miniatura. Riduce il tutto a mero folklore da cabaret. Loro ed i ripuliti nipotini del duce, cristallini e profumati come putti, a braccetto con l’illuminato dittatorino di Arcore, si accingono alla rivoluzione liberale. Oggi le comiche? No, è storia. Chi la studierà tra cent’anni, questa storia, ne riderà. Ma è lì, la triste storia. Anni di orride ed imbarazzanti scelte politiche governative, il mantra del federalismo come panacea di ogni male, nel bel mezzo delle solite trovate di aberrazione verde: Il parlamento del nord, i "nègher fora da i ball", i "terùn che non si lavano", la moneta padana, gli spari ai battelli dei profughi. Oscenità razziste miste ad immani cazzate, oltre ogni decoro e decenza. Trovate ridicole e grottesche, sinistramente mesciate ad incapacità assoluta. Il peggio del peggio, di ciò che può esistere. Possono governare l’Italia, ci si chiedeva, questi razzisti vittime di evidente malattia mentale? “Via, scherzano, poi con quel presidente del consiglio che avete, loro sono normale sterco di contorno...”, mi diceva un amico francese. Ed allora facciamoli sfogare in un qualsiasi cabaret a San Vittore, rispondevo.
Spiccano ed emergono, in questo periodo storico, figure di grande levatura. Ecco Maroni, il super ministro dell’interno. Guai ad alludere a possibili infiltrazioni mafiose nel puro Nord, che quello pretende ed ottiene di intervenire in una trasmissione tv, contro tale falsità. Chissà ora cosa chiederà, visto che a dirlo sono dei Pm. Ma come dimenticare il padre del “porcellum”, Calderoli. Una enorme vescica di lardo purulento con gli occhi sbarrati, il volto da suino avvinazzato ed una manciata di denti marci in bocca. Riesce a fare una legge elettorale, ed a definirla “una porcata”. E ride, avvenente. E a tutti va bene che un figuro di simile, barbara, idiozia, possa diventare “Ministro della semplificazione”. Poi, dal fieramente neonazista Borghezio fino al “trota”, figlio di cerebrolesa stirpe Bossi e disegnato a raccogliere degnamente lo scettro.
I padani sono bravi. Qualcosa però inizia a mutare in seno al carroccio. Il senatùr, colpito da ictus, ormai ha perduto il polso della situazione e connessione con la realtà. Sbiascica e rantola nefandezze a gettito continuo. Governa così, tra una pernacchia, un dito medio ed una parolaccia. Il ministro delle riforme. Lo zoccolo duro sembra però aver maturato una coscienza di governo. Adesso vivono a Roma e provano a farsi le escort del sud. Hanno imparato l’arte del gozzoviglio cerchiobottesco. Si riempiono i pancioni rigonfi come angurie marce nella capitale, poi puliscono le bocche ancora unte di lardo e sugo, ed inveiscono contro “Roma ladrona”. Quindi ruttano. Rimangono, fedeli come cani, al fianco del loro mentore sdoganatore di Arcore, passando sopra ogni umana decenza intellettuale ed evidenza: Anche per loro il Cav era convinto che Ruby fosse la maggiorenne nipote di Mubarak. E Craxi? E le monetine? La pulizia morale garantita col cappio? Vacilla, un poco.
Si giunge alla clamorosa caduta del governo, per volere dell’Europa che ci libera. Mancano solo le camionette americane. Arriva il governo d’emergenza: Monti chiamato a riparare i terrificanti danni fatti dal governo Berlusconi-lega. Involontariamente coerenti, i leghisti sono l’unica forza in parlamento ad opporsi. Vanno contro il partito delle banche, difendono la bontà della loro politica. Loro che? Ah, il federalismo. Gli artefici principali della crisi di un paese in ginocchio, nel giro di una sembrano aver dimenticato anni di ignobile orgia di governo. Calderoli, di nuovo lui in tutto il suo splendore, arriva ad invocare scenari in stile Piazza Loreto. Certo, vedono il loro potere vacillare, i posti occupati saltare, e non rimane che tornare nella piazze. Rifarsi una verginità anale, in vista delle future elezioni. Ah-ssì. Ne sanno una più del diavolo, questi beceri politicanti
Ora la gran notizia, i pm, le irruzioni nella sede. Il tesoriere che continua a cantare come melodioso usignolo. Il trota singhiozzando dichiara: “Non è niente che vero, i soldi del partito io non li usavo. Anche la fuoriserie brum-brum, me la sono comperata coi soldi delle paghette di papà”. Il super-ministro antimafie Maroni, saputo della ‘ndrangheta, ammette come ora si debba fare pulizia. Prima però, magari chiedere scusa a Fazio e Saviano per quella piccata ed indegna figura da pirla, sarebbe cosa buona. E Bossi. Il pover’uomo neuroleso, non intende bene. La badante gli spiega lentamente. Lui rantola qualcosa, bofonchia un lamento. Un gestaccio. Poi la pernacchia, come massima forma di pensiero dominante accompagnata da una nota: “Denuncerò chiunque abbia usato i soldi della lega per ristrutturarmi la casa”.
Ecco, sono finiti così. Forse si chiude in questo modo tragicomico, la storia di un immondo gruppo di xenofobi, ignoranti ed inetti esseri che volevano l'esecuzione sommaria per i turpi ladri della politica. Un nugulo di bestie caprine, arrivate addirittura a governare il paese per colpa dello scellerato patto con lo squilibrato di Arcore. Riusciranno ad uscirne fuori ricostruendosi in altra “cosa” anche questa volta? Può essere, del resto l’arte della politica l’hanno capita. Altrimenti finiranno sotto i colpi dei giudici, come un Craxi qualsiasi, un berlusconiano colluso con la mafia, uno Scajola che vaneggia sull’assoluta incosapevolevolissimevolmente estraneità alla cosa.
La triste fine di apprendisti ladri, diventati maldestri ladri. 

 
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EMILIO FEDE, IL SALUTO DELL'OTTUAGENARIO MAGGIORDOMO

Post n°219 pubblicato il 30 Marzo 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006 su Libero.it

L’anziano maggiordomo se ne stava sotto una pianta tropicale del gigantesco soggiorno, intento a rammendare un calzino presidenziale e a studiare l’edizione serale del suo tg. Il pezzo forte è un dotto servizio sulle abitudini degli italiani post Silvio. Fa più bene essere nottambuli o vivere di giorno? Insomma, meglio gufi o allodole? Poi un atroce rumore ecclesiastico, simile al suono delle campane della basilica di San Paolo: il violento richiamo del megapresidente.
Emilio indossa la sciarpa rossonera e tutto ingobbito, con le ossa minate dalla gotta che scricchiolano in modo sinistro, si precipita nella stanza ove il monarca riposa ed ha ormai smesso il sonno dei giusti. Con l’affanno ed un fil di voce, esordisce: “Santità, ha forse chiamato? Ho sentito come un lieve scampanellar di richiamo. Vuole che l’accompagni allo stadio? Ha già fatto la formazione, che chiamo a quel cialtronaccio di allenatore? Lo licenziamo, che dice? Mi sembra comunista ed ha anche bisogno di un trapianto di capelli…”.  Il Divino lo guarda severamente, scuote il capo, sbuffa. “Ma si guardi un po’, vecchia ciabatta...fa davvero pena, viscido leccapiedi. Per anni mi sono vergognato delle sue azioni ignobili, frutto di una crapuloneria indegna. Ora basta, basta. Anche la mia benevolenza superiore ha un limite. Si consideri licenziato, le troveremo un’altra occupazione…”.
L’ottuagenario maggiordomo ha un mancamento. Dopo ventitré anni di indefesso ed instancabile lavoro come fedele cane da riporto ed estatica venerazione del sovrano padrone, non vuole credere al licenziamento. Barcolla, finge un pietoso malore. S’accascia lanciando uno straziante urlo di lacerazione interiore. Inizia a larmare, inconsolabile: “Santità, mia luce ultraterrena…mi dica…ove ho mancato? Cosa ho fatto? E’ forse andata in onda una sua foto dove appare poco avvenente? Non è colpa mia, ma di una redazione che sta cospirando...”. Silvio l'augusto ora inizia a spazientirsi, perché non vuole tardare alla mattutina poppata con la diciannovenne badante bielorussa. “La smetta vecchio cialtrone, prepari le sue miserabili cose e se ne vada, non possiamo permetterci un telegiornale simile…si guardi allo specchio, cade a pezzi. Non si tiene in piedi. Ha mancamenti in diretta, non ha più voce, dice somme stronzate in diretta. La nostra azienda deve dare allo esterno la immagine di freschezza e gioventù del suo presidente! Hop-hop!”, accompagnando le parole con due flessioni sulle gambe. 
Il lustrascarpe barcolla nuovamente. D’un colpo ritornano tutte le rughe. Dimostra 186 anni. Il ciuffo di capelli posticci, scomposto. Il pianto inconsolabile gli lacera i punti di sutura del recente lifting al volto da bacucco stirato. Proprio non vuole credere che tutto finisca. Niente più venerazione divina, governo, Silvio, Milan in tribuna vip, festini e meteorine da provinare. Lo attende una grigia vita da normale ottantunenne in pensione: Pronipotini, giardinetti, al limite bocciofila. Puttane nigeriane e Juventus davanti al televisore: “Maestà mi dia un’altra opportunità. Dica quello che devo fare e lo farò. Se vuole mi ferisco a morte in diretta, m’imbavaglio o mi do fuoco in sua difesa!”, lo scongiura ormai steso in terra a pelle di leone. “La smetta cialtrone, si rassegni e riprenda un po' di dignità. Ha fatto il suo tempo, è obsoleto, totalmente rincoglionito…ci vuole freschezza, gioventù. Il giornalismo è cambiato, abbiamo bisogno della rete della intenètte, di gente che conosce gogòl, tuiters, faisebò-hok. Lei è ormai buono per la bocciofila…levatemi questo cencio anziano dalla vista!”. Schiocca le dita in direzione dei due guardiaspalle con occhiali da sole, Sallusti e Belpietro.
Ma il devoto maggiordomo proprio non riesce a spiegarsi dove ha mancato verso il suo padreterno. Ora pensa a trame, congiure di palazzo, quelle quisquilie giudiziarie di cui è vittima, la prostituzione, la valigetta con venti milioni diretta in Svizzera. “La scongiuro, mio sire, un’altra opportunità…una sola. Lo so, le ultime ragazze che le ho portato erano solo battone camuffate ad escort di lusso, reclutate sulla Cristoforo Colombo, ma c’è la crisi. Chi c’è dietro? Salvo Sottile? Lo so che è lui, è un ambizioso giovinastro del cazzo. Mi metterò anche io a trattare di morti, ammazzamenti, stupri di bambini, sgozzamenti omicidiari, uxoricidi efferati, se me lo chiede Lei. O sarà mica colpa di quella valigetta di soldi? E’ una meschinità, tutto falso. Una congiura delle toghe rosse per mettere zizzania tra di noi. Io l’amo, santità. L’ho sempre amata. Anche sessualmente provo…beh…lasciamo perdere – e scoppia in fragoroso pianto –. Le porto due escort diciottenni, sono mulatte, due troioni che se li vedesse mio Sire…organizzo un bungabunga per questa sera e le iniziamo alla libertà…”.
Il messia è stanco, scocciato dall’insolenza dell’ottantunenne rammendatore-giornalista che, tutto ingobbito ed afflitto, viene accompagnato all’uscita dai guardiaspalla. A braccia. Malmenato e scalciato. L’ultimo, feroce calcione in pancia, che romba orrendamente in tutta la stanza, lo sferra il messia in persona. E il maggiordomo rotola via come un pupazzo morto, sugli scalini della villa. Il sultano, mosso a compassione, dà le nuove direttive editoriali. “Non ammazzatelo, è un povero cristo, in fondo. Che non si metta mai in dubbio la mia magnanimità. E’ impresentabile ormai come giornalista, in vista delle elezioni, ma vedremo di trovargli qualcosa. Una trasmissione di ricette, che quella ci manca. Un programma che vada alle 2,30 di notte stile ‘colpo grosso’, il posto da vice apprendista magazziniere del Milan, o al limite un seggio in parlamento…intanto chiamatemi Rudy Zerbi o Salvo Sottile che è giovine, spigliato, elegante, piacione, piace ai mammalucchi della rete ove ben si destreggia e fa ascolti incredibili. Portatelo a me, gli offrirò uno scatto di carriera, da vice maitre di sala a maggiordomo unico.”.

 
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AGONIA DI UNA SINISTRA MORTA

Post n°218 pubblicato il 28 Marzo 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Il mega presidentissimo divino, nella sala trucco e parrucco di Arcore ripassa il discorso da tenere durante il vertice di governo. Agita le braccia con l’enfasi del gran condottiero: “La giustizia…le toghe rosse…i comunisti in ogni ganglo vitale…la crisi invenzione dei pessimisti di sinistra…l’equo processo prescrittivo…no-intercettazioni, sì-libertà!”. Fede e Confalonieri lo guardano estasiati, ma non sanno come comunicargli che all’incontro andrà Angiolino Alfano. Il vecchio anchorman prende la situazione in pugno: “Sire, è un incontro da poco, pensi alle cose importanti. C’è il Milan che gioca un’amichevole con Pizzighettone, deve incoraggiare la squadra conducendola alla suprema vittoria…”. Quello gonfia il petto, e si convince. Prontamente informato sulla situazione dello squadrone rossonero, non manca d’elargire qualche gemma d’onniscienza, anche medico-sportiva: “Troppi infortuni cribbio! Che massa d’incompetenti…me li distruggete, con quello che costano. Basta allenamenti, per vincere non bisogna allenarsi…”. Silenzio tombale. A qualcuno ricorda il governare senza fare leggi. Lui se ne va, diretto al campo d’allenamento, accompagnato dalla pettoruta badante vincitrice del casting, Mariarosaria Rossi. 
L’erede al trono di marzapane, Alfano, è invece prontissimo al vertice. Gli hanno piazzato due microcip nel cervelletto ed un auricolare nell’orecchio, pietosamente celato da un riportone posticcio degno di uno Strippoli d’antologia. Grazie allo strumento e tramite il coordinatore Cicchitto, potrà essere in contatto coi massimi vertici di massonerie, servizi segreti, sette sataniche, mafie ed organizzazioni criminali no profit. 
Angiolino, Casini e (l'ultimo ad arrivar fu Cacasenno) Bersani giungono sorridenti nella spartana dimora del nuovo presidente del consiglio Monti-Fiorello che, come l'orrido cabarettista, a tutti piace. E’ la purga bipartisan dopo la suicida sbornia tirannica. Siamo italiani, del resto. Dopo la pilucca, c’è l’aspirina. Lui li accoglie con uno slancio accalorato. Muove persino le braccia, e gli parte un draculesco e metallico “beeeeene. Evviva”. Nessuna musica, ballerine in perizoma e champagne a fiumi, come nei vertici del precedente esecutivo delle libertà. Regna invece gran morigeratezza di costumi e sobrietà, imposti dal momento. Monti chiama la baffuta badante coi capelli color topo: “Porti un bel bicchierone d’acqua di rubinetto per tutti!”. Il più contento dei tre appare Casini. Il pretone emiliano non sta nelle mutande per aver riportato la Dc al potere. E senza nemmeno dover vincere le elezioni. La sua politica cerchiobottista paga, in un momento di crisi. Alfano mostra buona sicumera. Ogni tanto scuote il riportone posticcio, per ascoltare meglio le direttive dei sommi vertici tramite l’auricolare. Bersani ha il cipiglio di chi mica vuol farsi prendere per allocco, giammai. Lui nel governo conta. Eccome, se conta. Porterà dentro le pretese della sinistra italiana, anzichenò. Casini è così spetazzante dall’emozione che giunge addirittura a scattare una tragicomica foto a testimonianza dell’evento. Un autoscatto, che posterà su twitter. Già, perché questi sono giovani. Conoscono gogòl, sanno che sul pc si scrive senza biro ed usano anche twitter. Poi uno guarda cosa  e come scrivono, ed appaiono più sobrie e profonde le riflessioni di Boldi o Lino Banfi. 
Monti-Fiorello parte come un treno sulla galattica riforma del presunto lavoro, quando ancora c’è. Taglieggiamenti, borseggiamenti, autoemotrasfusioni, stupri di gruppo, licenziamenti violenti, fino alle forme estreme di crocifissione e lapidazione verso chi oppone resistenza, volendo lavorare. Il neo premier imbalsamato, non esclude l’utilizzo di sanguisughe. Espone poi un abbozzo di nuova legge elettorale: Grosso modo, non si dovrebbe votare più. Potrebbe conservare diritto di voto solo chi lavora e guadagna più di 6mila euri al mese. Alfano finge di scuotere il capo e gli cade l’auricolare, quindi continua a braccio. Accetta tutto, purché vengano salvati i diritti di mafiosi, corruttori ed evasori miliardari. Considera anche una situazione d’emergenza: l’abolizione del lavoro. Casini fa scattare un’altra foto all’usciere, poi fa la faccia rabbuiata di chi si appresta al sacrificio superiore: “Ebbene, è il paese reale a chiedere questo…e poi, che saranno duecento euri in meno in busta paga?”. “Ah, per me niente – gli fa eco Angiolino – li guadagno in un’oretta. Per i miei elettori, piuttosto…essi dovranno ridurre di mezz’ora la prenotazione dei campi da golf, comprare una bottiglia di champagnino in meno al mese ed altri dddolooorosi sacrifici…”. I due sono però contenti, come soddisfatti sono gli obiettivi dei rispettivi partiti. Il primo, far dimenticare gli anni del malato di mente e fingersi protagonista di una politica di destra, finalmente. Perché la loro era soltanto cipria al sapor di sterco. L’altro, il democristiano, di governare col 2,5% di voti. 
E Bersani membro sostenitore del più feroce governo di destra della storia? S’assopisce nell’acme del discorso del Premier Fiorello. Quelli sanciscono lo squartamento dei diritti dei lavoratori e lui dorme sulla sedia, emettendo un sibilo orrendo. Gli vengono alla mente immagini atroci: Bandiere rosse, Togliatti, Berlinguer, operai in piazza che gridano i loro diritti. Poi, come in un incubo di morte di ogni parvenza di sinistra, egli appaiono la madre badessa Bindi, Veltroni, Finocchiaro...E balza in piedi, svegliato di soprassalto. Guarda Monti che gli sorride benevolo, come il duca conte con Fantozzi. “Su, Bambocci, non ci facci perdere tempo. Gli elettori di sinistra le saranno grati…”. Quello vorrebbe fantozzianamente alzarsi in piedi e gridare ai quattro venti il suo disappunto. E’ tormentato…. Filini-Casini: “E andiamo Fantocci, si decidi, perdio!”. Calboni-Alfano: “Firmi o no, Puccettone? E lo sapevo che questo è proprio una merdaccia…”. Quindi il duca conte: “Andiamo, sottoposto, andiamo, me la dii quest’approvazione.”. Quello annuisce con un tragico sorriso, si genuflette e gli bacia le nocche con devozione, mentre nel cervello continuano a ronzare immagini stecchite di bandiere rosse, scioperi, operai dell’italsider…

 
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LA TERZA REPUBBLICA DI SCILIPOTI, SAYA E TOMMASI

Post n°217 pubblicato il 20 Marzo 2012 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Uno di quegli epocali eventi destinati a cambiare le sorti della storia. In un confortevole albergo due stelle di Giardini Naxos, si tiene un gran confronto tra menti superiori. Geniali luminari di medicina, politologia, scienze della prostituzione di lusso, astrologia, finanza applicata alle stelle, padri dell'economia anale e di ogni materia dello scibile umano, si ritrovano faccia a faccia, per dare esaurienti e rivoluzionarie risposte alle domande che affliggono i cittadini del globo terra. Una su tutte: "Il sesso anale è davvero contro natura?".
Gioviale anfitrione e prodigo organizzatori dell'incontro tra menti sfuggite al Nobel solo per mera invidia o congiura comunista, Domenico Scilipoti. Per i devoti e riconoscenti amici, "Mimmo".
L'ex dipietrista che ha visto la luce, rinascendo ad immagine e somiglianza rimpicciolita del Dio Silvio per salvare le sorti della patria, non sta nelle mutande dalla contentezza. Gli invitati giungono alla spicciolata nell'albergo-pensione adibito a cinema porno o sala convegni del neo movimento libertario creato dal politico siciliano. Troneggiano gigantografie del mentore di Arcore, poi quadri del duce, foto a grandezza naturale del Fuhrer che si mescolano a scollacciati poster di film hard anni '70. Il nostro Mimmo, pur deluso e con luttuosa fascia al braccio dopo la caduta del governo Berlusconi, non s'è perso d'animo. Non manca l'inventiva al logorroico e geniale scienziato di medicina alternativa che anzi sembra voler ricalcare fedelmente le orme dell'unto squilibrato, conducendo il paese alla terza Repubblica. Lui, stretto in un fantozziano cappottino, dall'altro del suo metro e ventidue centimetri fa spallucce e si schernisce: "Via, non esageriamo, un Berlusconi piccolo, al limite...". Ma in realtà sembra davvero riportare alla luce gli aspetti salienti della tirannide masso-mignottesca appena sollevata. Il nocciuolo vitale del quasi ventennio appena trascorso, pur con mezzi economici infinitamente minori.
I convenuti, malgrado la gotta, s'alzano in piedi di slancio e cantano l'inno del partito, scritto e cantato dai Cugini di Campagna, con collaborazione dello stesso Scilipoti (che è anche cantautore, piccolo). Mancano i potentissimi piduisti, ma arrivano una dozzina di ottuagenari economisti vestiti da piccoli balilla. Poi un drappello di cacciatori con doppietta a tracolla reclutati all'ultimo momento, mentre nelle prime file si assiepano una trentina di ultra sessantenni bagascioni rastrellati in tangenziale. Si nota un recruiting più spartano rispetto a quello certosino posto in atto dalla triade: Mora/Fede/Minetti.
Ovvio che rispetto ai cardini del berlusconismo, v'è anche qualche altra piccola differenza: Nessuna alleanza con le Lega nord xenofoba, ad esempio. La fa invece da padrone tal Gaetano Saya, capo delle milizie della Guardia nazionale. I patrioti ultranazionalisti cingono la sala. Controllano con piglio severo, garantendo l'ordine e la disciplina. Petto in fuori, sguardo di demente fierezza, baffetto hitleriano, cappello e bastone che rimandano al Terzo Reich in un trionfo di stilemi del nazionalfascismo, simboli esoterici, aquile naziste e quant'altro, il Saya arringa la folla con veemenza. Pochi, e ben chiari concetti. Inizia col tema che tanto sta a cuore all'elettorato: I negri e gli invasori in genere. Essi, secondo le dotte disquisizioni del Saya, andrebbero rimpatriati. Gli altri, respinti con l'uso delle armi. Comprese donne pregne di vil prole straniera ed infanti. Un colpo a bordo, un colpo a prua. La democrazia è semplice, a volte. Ma guai a chiamarlo fascista. Arriva quindi a toccare lo spinoso tema dei "recchioni". Che lui la parola gay non la conosce. Questi, secondo lui, sono malati gravi. Il bubbone della società sana ed operosa. V'è però incertezza sul rimedio alla frociaggine. Curare, condurre in campi recintati da filo spinato, o sopprimere. Pare che Giovanardi abbia ricevuto la tessera d'onore del movimento.
Esaurito l'applauditissimo intervento del politico nazionalfascista (ma non diteglielo, che si emozionerebbe troppo), ecco che Mimmo introduce la Dottoressa Sara Tommasi, economista di scuola Bocconiana. Stessa scuola di Monti, insomma. Solo che rispetto alla mummia, è giovane, ci ha una bella presenza ed una patonza assai disponibile. La prodiga bocconiana, senza la malvagia e persecutoria campagna antiberlusconiana degli invidiosi e tristi comunisti, ora occuperebbe qualche poltrona importante. Ha lo sguardo fisso ed inquietante, vaneggia, straparla, non riesce a concludere una frase di senso compiuto. Poi ride. Schiamazza. Piange, ride di nuovo e si dà feroci pugni in testa. E' il quadro della sanità mentale. Ma anche istantanea della lucidità. Secondo pettegole voci del gossip e qualche indegna intercettazione vilmente pubblicata, pare abbia sopito i bollenti spiriti di diversi anziani, decrepiti e potenti, con le sue indubbie doti da provetta Bocconiana. Provateci voi a farvi schiappettare da quei nauseabondi e maleodoranti esseri dalle carni avvizzite e marce, imbottiti di viagra come tossici. Due alternative: O vi drogate come cammelli subsahariani o andate fuori di melone. Quella ha fatto entrambe le cose. Se non Ministra della Economia, il sultano non avrebbe lesinato, almeno, un sottosegretariato alla Dottoressa, così abile nelle lingue. Un sottosegretariato val bene una dozzina di boccagli elargiti a chi si prodiga per il bene della patria. Lo sappiamo. Mica occorre scandalizzarsi o sembrare moralisti.
Ecco che l’insigne Dottoressa Tommasi ammalia gli astanti con lucidissime teorie di stretta economia. Da vera bocconiana doc: "La passera mi si asciuga...ihihihi...huhuhu...bu...bu...bu...bleahhhh....hehehe...oh-oh-oh...". "Dottoressa, dottoressa, e lei come lo risolverebbe il problema del lavoro?", le chiede una giornalista di telepadrepio. "Ihihih...il lavoro è importante, io voglio diventare ricca, riccaaa...ricchissimissimaaaa....uhaihaiiiiihhh...". Risponde quella, che sfilate le mutande per concentrarsi maggiormente, conchiude l'illuminante soluzione per uscire dalla crisi: "Bisogna abolire tutte le tasse.". Applausi incontenibili e cori di giubilo. La dottoressa raccoglie anche qualche prenotazione per visite a domicilio, da parte di estasiati ottantenni con bava alla bocca.
Insomma, l'incontro è un vero trionfo. Ma come ogni convegno che si rispetti, ecco la degna chiosa del padrone di casa che torna allo spinoso tema iniziale: "Rapporto anale, che fare? E' contro natura o no?". Mimmo sentenzia: "E certo che è contro natura...". "Anche quello tra uomini e donne?", chiede uno dalle prime file. E lui, con sorriso conturbante, da Berlusconi piccolo: "Eh, non ho detto quello, eh...".
Applausi scroscianti, e la terza repubblica che nasce sotto i migliori auspici. Ma un filo di magone ci coglie, nel pensare a come questa gente ci avrebbe condotto fuori dalla crisi.
Se poi pensate che invento cazzate:

 
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