Non canto i cavalier, l’armi, gli onori,
come un dì fece il grande Ludovico.
Le guerre infami, i sanguinanti allori;
di tutto questo non mi importa un fico.
Ma i lavoranti, l’ape, i campi, i fiori;
le cose grandi solamente, dico.
(Morbello Vergari)
Probabile portatrice di geni etruschi.......vediamo se la passione è contagiosa
e sono graditi pure interventi, puntualizzazioni e domande e mi raccomando di non essere troppo duri con me per eventuali strafalcioni...sono solo una dilettante!
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« Un commento che merita un post | TIPOLOGIE DI NAVIGAZIONE E ROTTE » |
Gli Etruschi fin dalle origini assidui naviganti nel Tirreno accanto a Greci e Fenici di Giulia pettena
Il territorio abitato dagli Etruschi, le attuali Toscana e Lazio settentrionale, fu raggiunto già intorno al 1200 a.C. da naviganti micenei e, sulle stesse rotte, circa tre secoli dopo da mercanti fenici e greci d'Eubea attratti dalle risorse minerarie e dalla ricchezza grazie alle quali prosperò per quasi tutto il primo millennio avanti Cristo la civiltà etrusca.
I precoci contatti con esploratori, naviganti e mercanti del bacino orientale del Mediterraneo stimolarono le genti d'Etruria allo scambio extraterritoriale e all'espansione via mare. La navigazione fu dunque attività fondamentale per lo sviluppo e la successiva potenza della nazione etrusca. Lo scambio sui mari con Fenici, Greci e Sardi, modificò lo stile di vita delle genti villanoviane e aiutò lo sviluppo della società e dell'economia.
E' dimostrato che già le popolazioni d'epoca villanoviana, che vissero in Etruria fra il 900 e il 700 a.C. circa, si spostassero piuttosto frequentemente via mare, ad esempio verso la fertilissima pianura dello sbocco del Sele e i facili approdi del Golfo di Napoli, sia alla ricerca di nuove terre, sia per scambi commerciali.
Alla fine del IX sec. a.C. le comunità di Populonia, Vetulonia, Vulci, Tarquinia e Cerveteri, le più importanti del periodo, erano in contatto fra loro via terra ma anche, e soprattutto, via mare: navigavano lungo costa, con rotte di cabotaggio, vale a dire a piccole tappe.
I materiali rinvenuti in Sardegna e in alcune importanti tombe etrusche [1] indicano l'esistenza di rapporti e di scambi con la Sardegna fin dall'800 a.C. circa, e sembra che negli stessi anni le navi dei Tirreni - come gli abitanti dell'Etruria venivano chiamati dai Greci - si spingessero già fino in Corsica e oltre lo Stretto di Messina prima dell'inizio della fondazione delle colonie greche. Si può dunque ragionevolmente affermare che nel periodo più antico della loro storia gli Etruschi fossero il gruppo più 'dinamico' del Tirreno.
All'inizio dell'VIII sec. a.C. cominciano poi a giungere nel Tirreno i Fenici ed i Greci d'Eubea.
I Fenici, dopo la fondazione di Cartagine nell'814 a.C., erano soprattutto interessati alle coste occidentali della Sardegna, mentre i Greci, dopo una primo periodo di esplorazioni, fondarono una base per il commercio ad Ischia (l'antica Pithecusa) verso il 775 a.C., e si stabilirono a Cuma, sulla costa della Campania.
Sulle coste nacquero dunque numerosi centri di approdo e, grazie ai contatti con genti straniere, vennero introdotte nuove tecniche, tanto nell'agricoltura [2] quanto nella realizzazione, da parte di artigiani specializzati, di oggetti soprattutto di lusso, dalle ceramiche alle oreficerie, e nel VII sec. a.C. giunsero nelle comunità etrusche dal Mediterraneo orientale anche elementi culturali di fondamentale importanza come l'alfabeto.
Gli Etruschi raggiunsero via mare anche terre molto lontane, alla ricerca di nuovi territori da conquistare e di scali commerciali da controllare, come testimoniano gli autori greci o latini che narrano di azioni o tentativi di conquista e occupazione in Campania, Corsica, Sardegna, Spagna, nelle Baleari e addirittura nelle Canarie.
Il fatto che gli scrittori greci, fin dal VI sec. a.C., parlino dei "pirati" Tirreni, testimonia quanto famosi e potenti fossero gli abitanti dell'Etruria per le loro imprese sul mare [3]. Anche allo storico latino Tito Livio, vissuto fra il 59 a.C. e il 17 d.C., giunse l'eco delle imprese etrusche sui mari, tanto che nelle sue Storie (V, 33, 7-8) egli afferma che "La potenza degli Etruschi prima del dominio di Roma era assai estesa, per terra e per mare." e che "I popoli d'Italia chiamavano un mare Etrusco, l'altro Adriatico, da Adria, colonia degli Etruschi; i Greci li chiamarono Tirreno e Adriatico.".
Note
[1] Fra le quali senz'altro la più nota è quella detta "dei bronzetti sardi" a Vulci.
[2] Fondamentale è per esempio l'introduzione nel corso dell'VIII sec. a.C. della coltura della Vitis vinifera finalizzata alla produzione di vino.
[3] Tucidide (I,5), il celebre storico greco vissuto nel V sec. a.C., spiega che in tempi più antichi rispetto ai suoi (ad esempio ai tempi degli avvenimenti narrati nell'Odissea) la "pirateria" era un'attività normale e molto diffusa che rendeva rispettabile e potente chi la praticava. Si trattava, infatti, di una forma di commercio spesso esercitato dagli aristocratici proprietari di navi.
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LA LETTURA NOBILITA LA MENTE
"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)
"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)
"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)
"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)
"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)
" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.
"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato
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POETA ESTEMPORANEO
In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco
Il reperto archeologico
Riuniti insieme, un gruppo di signori
stavano discutendo di un oggetto
un giorno appartenuto ai padri etruschi.
Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:
-La mia giovane eta', non mi consente
di pronunciarmi il primo e francamente
ammetto che non ci capisco molto.
Il dottor Caio esprime il suo parere
dicendo-Per me, questo è un utensile
che usavano gli etruschi,
per servire vivande sulla mensa
D'altro parere il professor Sempronio
e in questo modo dice il suo giudizio:
Questo per me, è un vaso da ornamento
che serviva su un mobile di lusso
a contenere fiori profumati.
Infine il professor Tal dei Tali:
Con questo afferma usavano gli antichi
nelle grandi e solenni cerimonie
offrire a gli dei superi d'Olimpo
e il loro sacerdote in pompa magna,
libava e alzava questo vaso al cielo;
quindi spruzzava santamente l'ara,
del vin pregiato in esso contenuto.
-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-
la Sua tesi convince, professore.
Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi
in permesso quassu' dai Campi Elisi.
Si fermarono ad osservar la scena.
-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno
quelle persone riunite insieme?
-Non so',non saprei dirti veramente;
non riesco a comprendere il dialetto,ma
quel che sembra un tantinello strano
è, che stan discutendo con passione,
tenendo un nostro orinalaccio in mano.