Creato da zoeal il 05/02/2008

RASNA

semplice passione

 

DUE ETRUSCHI A ROMA

Post n°220 pubblicato il 20 Aprile 2009 da zoeal
 

IN OCCASIONE DEL COMPLEANNO DELL'URBE (....facciamo loro credere ancora alla leggenda di Romolo...occultiamo la cruda verità....)

Legionario bagnato...legionario fortunato...

anche gli Etruschi hanno apprezzato il coraggio...

panem et circenses...anzi pizza cum patatinem

ed il pomeriggio ci siam riparati dalla pioggia visitando il Museo Nazionale Romano e visto la magnificienza dell'autocelebrazione (noi eravamo un pò più modesti forse è per questo che abbiamo perso?)

il riposo eterno del generale accompagnato dalle gesta gloriose della campagna contro i germanici...(particolare)

foto:maritodizoe

 
 
 

THE TIRSENO'S SONG

Post n°219 pubblicato il 17 Aprile 2009 da zoeal
 

Volevo scrivere di Cosa, della Tagliata Etrusca o di un'altra teoria sulla provenienza degli Etruschi che ho letto proprio ieri sera, ma non ho voglia. Stamani mi sono svegliata con in testa la melodia dell'"Isola di Wight" e cosi....

Sai cos'è l'isola di Lemno
e' per noi l'isola di chi
ha negli occhi il blu
della gioventù
di chi canta Rasna, Rasnal

Per mare un dì
mi trovai così
e cercar qui e là
e non sapevo dove andar

Fra onde blu
e occhi tristi intorno a me
ho visto te
oasi di salvezza essa è

Sai cos'e' l'isola di Lemno
e' per noi l'isola di chi
ha negli occhi il blu
della gioventù
di chi ama Rasna, Rasnal

Senza più terra e voi con me
siam partiti un brutto dì
per approdare fino a qui

Lidi deserti intorno a noi
terra fertile fosti tu
nessuno ci ha fermato più

Sai cos'è l'isola di Lemno
e' per noi il primo scalo che
ha tracciato la via
verso l’Etruria mia
di chi canta Rasna, Rasnal

Sai cos'e' l'isola di Lemno
e' per noi l'isola di chi
ha negli occhi il blu
della gioventù
e da li non ci siam fermati più

poi, quando mi sarà passata la "strullaia" spiegherò, ad uso di chi non lo sapesse ancora, cosa è l'Isola di Lemno...

 
 
 

L'AVEVAMO CAPITO PRIMA DI PIRANDELLO

Post n°218 pubblicato il 16 Aprile 2009 da zoeal
 

Secondo la religione etrusca, l’uomo era costituito dalla somma di due entità: il corpo fisico ed il doppio. Il doppio a sua volta poteva essere distinto in “ombra” ed in “demone”.

 

Al momento della morte, le entità spirituali si dividevano dal corpo fisico il quale, ritornava alla terra. Il cosiddetto “doppio” era definito anche “persona” o “phersu” secondo una concezione inaspettatamente pirandelliana del tutto: lo spirito umano ha un duplice aspetto, quello “che appare” e quello “che è”, il bene ed il male, il razionale e l’irrazionale, lo spirito ed il demone. Non a caso il personaggio che partecipava al rito del “phersu” (quello dell’uomo che alla cieca doveva cercare di difendersi da un cane rabbioso che gli veniva aizzato contro), era incappucciato, indossava cioè una maschera a significato del doppio che alberga in tutti gli esseri umani e presumibilmente il combattimento rituale aveva lo scopo di liberarsi dal lato apparente in modo che la vera essenza potesse trionfare.

Dopo la dipartita, l’ombra era destinata a rimanere tale oppure a rigenerarsi in altro essere umano dopo aver bevuto alla fonte dell’oblio secondo il concetto che ogni cosa essendo parte dell’universo alla fine ci ritorna. Il modo per non reincarnarsi e di ricevere il dono dell’immortalità che permette all’anima di vivere al cospetto e alla pari degli Dei e degli Eroi, era quello di riconoscere in vita la parte demoniaca dell’”io” e di trascenderla.

 

 

 
 
 

PRIMAVERA VIEN DANZANDO...

Post n°217 pubblicato il 15 Aprile 2009 da zoeal
 

 

 

E’ vero, questo post è terribilmente tardivo ma d’altra parte sono in periodo di bilanci (non di vita vissuta ma proprio bilanci in senso stretto del termine). Primavera per gli Etruschi ( e per tutti) significava “rinascita”: gli uccellini cinguettano, i fiorellini si schiudono, le piante germogliano, il clima è mite, c’è il tiepido solicello, gli esseri umani (se non sono stressati terribilmente dal lavoro) hanno tutti gli ormoni in circolo e quindi c’è più voglia di fare biiiipppp ecc…ecc… In primavera per i miei progenitori, rinasceva Phersipnai (Persephone) condannata nei mesi invernali a presiedere il regno dei morti insieme ad Aita, mentre in primavera rinasceva a godere della vita sulla terra. Così nell’equinozio di primavera si celebravano riti festosi per accoglierla di nuovo tra gli umani e in quello di autunno invece si facevano riti più tristi per celebrarne il saluto. La festa di primavera consisteva in fiaccolate notturne che avevano lo scopo di andare a cercare la Dea ed illuminarle la strada del ritorno terreno. Non a caso in alcuni paesi del centro Italia, si celebrano ancora in questo periodo dei riti religiosi di derivazione pagana che implicano processioni notturne e chissà, potrebbero essere rielaborazione delle celebrazioni etrusche! Fatto sta che la fiaccolata era condotta da Menadi, da prostitute sacre ( il cui mestiere era considerato onorevole dagli Etruschi poiché riconoscevano la loro “funzione sociale” rivolta ai vecchi e ai malati), da una sacerdotessa ed un sacerdote nominati allo scopo. Trovata una radura sacra veniva celebrato il matrimonio simbolico tra i due, veniva dato inizio alle danze, alle gran bevute di vino magari mescolato con sostanze afrodisiache ed in breve tempo tutto sfociava (ebbene si!) nel rito degli accoppiamenti. Bella scusa per festeggiare la rinascita primaverile ( e le nascite dopo nove mesi!).

Per chi ritenesse fondata la teoria che le donne etrusche fossero tutte prostitute, tengo a precisare che in linea di massima, alle donne sposate e alle fanciulle era proibito partecipare a questi riti orgiastici a cui prendevano parte prostitute ma anche donne adulte non maritate…( per il rito della rinascita di Adone avveniva la stessa cosa),ho i miei dubbi per quanto riguarda gli uomini…secondo me di loro, non mancava nessuno!

BRICCONCELLI

 
 
 

IMPERO DI QUA IMPERO DI LA...NOI QUAE NOI LAE...UFFA!

Post n°216 pubblicato il 14 Aprile 2009 da zoeal
 

DA "IMPERIUM" SULLE INVENZIONI DEGLI ETRUSCHI: riporto paro paro…

"E ti pareva che non avevano inventato pure il pesce d'aprile!
Pochi sanno che gli etruschi hanno inventato anche tante altre ricorrenze pagane.
Di seguito alcuni esempi:
- Halloween
- Carnevale di Rio
- Columbus Day
- Sagra della porchetta di Ariccia
- Sagra del vino di Marino
- Sagra del Panetùn di Trezzano sul Naviglio
- Festa della macchina di Santa Rosa di Viterbo
- FIFA World Cup di calcio "

VERO ED INFATTI:

Halloween e Carnevale di Rio:  vero abbiamo inventato le mascherate e le maschere.

Columbus Day: si chiamava Enea Day e tutte le lucumonie lo festeggiavano una volta all'anno riunendosi nel luogo sacro dell'antico primo stanziamento degli esuli (forse Voltumnia e il Lago di Bolsena) poi ve siete convinti che i discendenti eravate voi e ci avete massacrato perchè non rivelassimo la verità....

Sagra della Porchetta di Ariccia: non solo abbiamo inventato la porchetta ma pure "il porco" di cinta Senese.

Sagra del vino di Marino: prima che vi insegnassimo a farlo non lo bevevate!

Sagra del panetun: l'antenato si chiama "pan de' morti" ed è la focaccia rituale per i banchetti funebri etruschi, invece dei canditi ci sono i fichi secchi e le noci, spezie e tutto un'altro miscuglio di ingredienti.

Festa della macchina di Santa Rosa: è una specie di torre e le torri le abbiamo inventate noi! Tirreni-Tirseni: secondo alcuni significa "popolo delle torri".

Fifa world cup: al santuario di Voltumnia si giocava sempre a pallone! avemo inventato pure le partite scapoli/ammogliati dopo che si era provato con patrizi/plebei ma ciò creava problemi di ordine pubblico.

A CIO' SI AGGIUNGONO:

la lambada: vedere post sulle danze e la musica

l'hypnotic music: vedi post sulle danze e la musica (pure lo sballo...ma questo no no no è cosa cattiva e non si fa!)

la corsa con i sacchi

la rotola dei formaggi

la corsa sulle giare

Giochi senza frontiere

la pentolaccia

l'altalena

la tela cerata

l'ombrello

le pirofile da forno

i forni a tenuta stagna

la tintura per i capelli

la crema antirughe

le dentiere

la ribollita fiorentina

le scarpe con la zeppa

le scarpe a punta

la stanza da bagno in casa

il mattarello e la spianatoia e da qui si deduce: pure le tagliatelle!

ma si abbondiamo: la crema antiemorroidi (preparazione H significa preparazione Haetrusca!), la crema depilatoria, le pinzette per le ciglia, l’orologio solare.

INOLTRE COSA IMPORTANTISSIMA CHE ABBIAMO CREATO NOI…

R O M A

(ma poi ci siamo pentiti....)

TIE'!!!!!  

 

 

 
 
 

LETTERA AD AVILE TITE

Post n°215 pubblicato il 14 Aprile 2009 da zoeal
 

Valoroso Avile Tite, meno male che ci rimani tu, coraggioso guerriero a tenere alto l’orgoglio del museo Guarnacci di Volterra! Questo perché sei tu che rappresenti la potenza etrusca nel suo maggior splendore, quando nel V-VI secolo a.C eri un soldato forte ed ammirato tanto che sei stato ritratto per i posteri affinchè la tua immagine, fiera, il tuo portamento elegante, le tue trecce che spuntano dall'elmo, le tue armi in bella mostra e la tua accurata e robusta corazza, mostrassero per sempre la gloria che in battaglia tu dimostrasti! Questo di certo non toglie che la collezione di urne cinerarie più grande del mondo sia un patrimonio bellissimo ed inestimabile, tuttavia esse risalgono al III-I secolo a.C. ed il tutto era già ampliamente romanizzato (ai giorni nostri diremmo che è tutto Coca Cola e noccioline). Tutta colpa dei Kaiknas, ( o forse merito, visto che Volterra non fu distrutta?) i signoroni del luogo che ci tenevano a farsi accettare nelle alte sfere della società romana e ci riuscirono pure, visto che piazzarono diversi senatori provenienti dalla loro famiglia, il cui nomen andò progressivamente latinizzandosi, diventando Kekina ed infine Cecina, dando il nome al fiume che passa da quelle parti e poi alla nota località della costa livornese.

Poi c’è la famosissima ombra della sera ed il sarcofago degli sposi anzianotti, l’unico fatto con lo stile etrusco: quella famiglia doveva essere irriducibile!

 

Per carità, tutto bello ed emozionante, però visto il patrimonio inestimabile esposto ed i visitatori che giungono ad ammirarlo da tutte le parti del mondo, mi sarebbe piaciuto non vedere così tanta polvere negli espositori di vetro e poi quella mosca morta accanto ad una statuetta votiva caduta fra l'altro dal suo piedistallo e che nessuno ha tempestivamente raccolto,  non mi pareva poprio un pezzo da museo! Inoltre la puzza di chiuso e di una qualche sostanza chimica nauseadonda il cui scopo ignoro (nonostante le tante finestre che potevano essere socchiuse) rendeva l'aria irrespirabile. Non vorrei infierire ancora ma i cartellini con le descrizioni dei reperti in carta ingiallita e tenuti su con il nastro adesivo? sono anche quelli un pezzo da museo? no perchè mi pare che le macchine da scrivere siano state soppiantate da parecchio tempo dai moderni computer...ma forse mi sbaglio, l'effetto amarcord era voluto!.

Belli anche i cartelli scritti a biro su carta di quaderno a quadretti che indicavano che il vaso mancante nella teca era attualmenente in restauro! fa molto folk.

Che dici Avile, gliela facciamo una bella rinfanfera alla direzione? perchè mi sa proprio che non ci portano tanto rispetto!

Un saluto Avile Tite e se torni in licenza dai Campi Elisi e ti fai una passeggiata all'interno del museo Guarnacci, ricordati di dare una tiratina d'orecchio a chi di dovere anche da parte mia! 

(ps: ieri per Pasquetta, ad occhio e croce il museo avrà avuto circa un migliaio di visitatori, speriamo che non abbiano avuto tutti l'occhio allenato ai percorsi museali come me!)

 

 
 
 

VENERDI' SANTO, VENERDI' DI DOLORE

Post n°214 pubblicato il 09 Aprile 2009 da zoeal
 

Che il Signore Vi accolga e conforti i vostri cari e tutti i superstiti del terremoto in Abruzzo perchè sono loro, adesso che stanno portando la Croce

AMEN

Che questa Pasqua sia un nuovo inizio per tutti, anche per quelli che in questo momento si sentono arrivati alla fine.

PREGHIERA DALLA VIA CRUCIS DI MARIO LUZI 1999

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo
.

 
 
 

SO' BALTO!

Post n°213 pubblicato il 08 Aprile 2009 da zoeal

RESIDUATI ETRUSCHI LESSICALI? Notare punto interrogativo

 

Polesse: può essere

Polesse che andìa …: puo essere che vada …(al presente: io ando, tu andi, egli anda, noi andemo, voi andete, essi andano ….ovvio voce del verbo andare!)

Fenno: fecero

Andonno: andarono

Semo: siamo

Amo: abbiamo

Se avessete, se facessete

Apis: lapis (così si fa prima)

So balto: sono caduto

Briaho: ubriaco

Ohimene!= ahimè!

Arivederlo= arrivederci

Luha: Luca

Haminare: camminare

 Espressioni tipiche:

Oh te! Ondo vai? = ehi tu! Dove stai andando? (nel primo caso è molto più breve e anche più diretto, ondo permette di sintetizzare benissimo il dove con l'andando!)

Te se’ stato gattivo!= tu sei stato cattivo (ma il gatto che c’entra?)

papà: in Toscana si dice correntemente "Babbo" in turco si dice "Baba"...della serie facciamo un misto!

ma pur non essendo lessicalmente capaci, in Maremma c'è pure qualche "merihano" che si ostina a dare la sua approvazione dicendo OHEI!

 
 
 

CATASTROFE

Post n°211 pubblicato il 07 Aprile 2009 da zoeal

PREGHIERA NEL SILENZIO

 

Molte croci

Trascinate

Da troppi.

Ora,

Nella settimana

Del dolore

Supremo,

Camminano con Te o Dio.

Quelle dei Vivi

E quelle dei morti.

Sostieni ed accompagna,

Solleva ed accogli,

Consola e dai forza.

Siamo solo uomini

sono solo uomini

O Dio,

sono solo umanità,

siamo solo umanità.

Troppo pesante

adesso è la Croce.

 
 
 

RESIDUATI ETRUSCHI

Post n°210 pubblicato il 06 Aprile 2009 da zoeal
 

L'OLIVO DELLA STREGA

Siamo nel magnifico paese di Magliano in Toscana (GR), che già, per la bellezza delle sue mura senesi, per la bellissima campagna, per la vicinanza dell'Argentario, per l'Abbazia di San Bruzio e per i reperti etruschi che si trovano nei dintorni (siamo nel territorio di Kalousion - vedi post), merita una visita. Qui, però si trova un reperto etrusco molto particolare ... particolare perchè è ancora "vivo" e, testimonio perchè l'ho visto ieri con i miei occhi, anche vegeto! E' "L'OLIVO DELLA STREGA":

Questo olivo, molto famoso in zona (e segnalato anche da un cartello turistico) si trova all'interno di un oliveto anch'esso secolare ed aperto al pubblico. Tuttavia questo olivo è il nonno se non il bisnonno degli altri perchè il tronco originario ha la veneranda età di 3000 anni! Il ceppo base, morto di vecchiaia ha fatto da madre per un nuovo albero che ha "solo" duecento anni. Prende il suo nome da una leggenda, in quanto si dice che una strega lo utilizzava per le sue danze infernali, poi trasformandosi in gatto, si poneva tra i suoi rami a guardia. La circonferenza della base è di nove metri!.

L'olio di Kalousion ....

 
 
 

IL GIOCO ACCATTIVANTE DELLE ASSONANZE

Post n°209 pubblicato il 02 Aprile 2009 da zoeal
 

Se lo legge il Prof. Di Mario mi rimprovera … perché da studioso della lingua etrusca sostiene, a ragione, che le assonanze ingannano per interpretare una lingua antica, tuttavia mi sono divertita a cercarle ed il risultato è sconcertante.

 Partiamo dai luoghi degli Etruschi di Maremma:

 IL FIUME OMBRONE: “Umbro” per i Latini, ai tempi degli Etruschi era navigabile per gran parte dei suoi 161 km ed era una via di accesso strategica di collegamento con le altre città etrusche dell’entroterra toscano. Sfociava, in passato, nel Lago Prile probabilmente in un delta paludoso (adesso è un estuario ma è paludoso ugualmente). Lo sapete come si dice in lingua sumera “PALUDE”?  no? Ve lo dico io: “AMBAR”. Se gli etruschi provenivano dall’Anatolia tutto vien da sé…

 IL FIUME ALBEGNA: bagnava le città etrusche di Caletra, di Kalousion, scorreva nei pressi della città di Ghiaccio Forte. Sapete come si dice corso d’acqua in sumero? Si dice “HALBIA”.

 RUSEL: la città del mio cuore etrusco; prima che il lago Prile si prosciugasse, si estendeva su un promotorio che guardava lo specchio d’acqua. Ecco come si dice “promontorio, altura, capo” in diverse lingue antiche medio-orientali:

accadico: RASUM

cananeo: RAS

ebraico: ROS

fenicio: RUSNALK

bretone e antico irlandese: ROS (anche i Celti quindi….)

Ma allora anche RASNA e RASENNA, come si definivano gli etruschi, poteva significare il “POPOLO DEI CAPI”.

 

QUANTO MI GASANO QUESTE COSE!

 

 
 
 

DIVINITA' E DEMONI ETRUSCHI: CALU

Post n°208 pubblicato il 02 Aprile 2009 da zoeal
 

E IL DILEMMA "ITO" E "LAPIS" .... (che in realtà mi pongo solo io...)

Il Piombo di Magliano, rinvenuto nel territorio di Vulci, reca una prescrizione sacrificale riferita a Calu. Questi era, dunque, un dio della morte, ed il suo animale corrispondente era il lupo.
In Etruria non si hanno raffigurazioni certe di Calu, che viene rappresentato assieme a dèmoni piuttosto che singolarmente. Calu era una divinità legata alla morte intesa come avvenimento, non come stato, e la mentalità etrusca, come è noto, riservava maggiore attenzione proprio al momento del passaggio dalla vita alla morte.

Aita, con il capo coperto da una pelle di lupo, e Phersipnai sono la coppia che domina il banchetto perenne nell'aldilà (Tomba dell'Orco, Tarquinia). Calu era un dio della morte, ma, a differenza di Aita, era anche un dio di culto. 

Considerazioni personali: molti Toscani moderni, non parlano volentieri dei loro antenati; molti avvertono la sensazione atavica di disconoscerli, di far finta che la civiltà etrusca non sia mai esistita. Questo per alcuni motivi: per il ricordo "genetico" dell'annientamento; per secoli e secoli di lucido programma di cancellazione della memoria di un popolo; perchè ritenuti, a torto, gente triste che pensava solamente alla morte, ossessionata dalla paura dei demoni che albergavano nell'oltretomba e dai riti praticati per ingraziarseli. La realtà è stata ben diversa: la civiltà etrusca amava la vita e tutti i suoi aspetti piacevoli più di qualunque altra tanto da desiderarli anche nell'aldilà; consapevoli che la vita terrena finisce, ricercavano per il breve spazio temporale dell'esistenza, di godere di tutto ciò che la natura e la vita stessa offre. Tutto il resto è stata squallida propaganda antietrusca, che non a caso si è prolungata, specie in Toscana, ben oltre la caduta dell'Impero Romano, dato che alcuni riti e superstizioni di etrusca memoria, osteggiati e combatutti dal cristianesimo, hanno continuato a sussistere in molti luoghi anche oltre il Medioevo.

E chissà se il modo di dire dalle mie parti: "se n'è ito" che sta a significare "se n'è andato" ma anche "è morto" deriva da "Aita" il Dio del "trapasso" dal quale si è coniato il termine latino "ire-itus"...chissà chissà...

VI PONGO A TUTTI UNA DOMANDA: secondo voi....in Maremma e non so se anche in tutta la Toscana, la matita con la punta di grafite, quella grigia con cui si disegna in pratica, la chiamiamo LAPIS. Io penso che derivi da una reminiscenza latina "Lapis - lapideo, relativo alla roccia" forse riferito alla mina interna con cui si scrive...SAPETE DARMI UN'ALTRA SPIEGAZIONE? e perchè in quasi tutto il resto d'Italia, si chiama semplicemente "matita"? eppure il latino lo parlavano ovunque ...

 
 
 

PORSENNA A SARTEANO?

Post n°207 pubblicato il 01 Aprile 2009 da zoeal
 

 

VISITATE IL SITO DELL'UOMO CHE PARLA CON PORSENNA CLICCA THUI

INVECE SE VOLETE VEDERE UNO SPECIALE DI STARGATE CON UNO SPLENDIDO FILMATO CLICCATE SU

LA QUADRIGA INFERNALE

 
 
 

ULTIME NOTIZIE!

Post n°206 pubblicato il 31 Marzo 2009 da zoeal
 

SU SEGNALAZIONE DELLA SORELLA DI STIRPE TIU VEIO:

SARTEANO. Nella famosa necropoli etrusca delle Pianacce, quella della tomba della “Quadriga Infernale” - considerata una delle più importanti scoperte del mondo dell’archeologia degli ultimi anni - sono state rinvenute delle fondamenta etrusche risalenti con molta probabilità al IV secolo a.C., l'epoca del grande re etruscoPorsenna.
La cosa "interessante" è che queste fondamenta sono state ritrovate - ancora una volta - proprio sul punto esatto dove, Stefano Romagnoli (l'Indiana Jones toscano tante volte richiamato dalla cronaca non solo locale), 13 anni or sono, aveva dichiarato alla Prefettura (nella persona del Procuratore Longobardo) e all’attuale direttore del Museo di Chianciano, Giulio Paolucci (allora responsabile onorario dei Beni Archeologici della Toscana), di aver individuato senza dubbio l'ubicazione del mausoleo della “mitica” tomba del Re Porsenna.
Esiste un poderoso dossier con fotografie negli atti della Procura di Montepulciano inerenti ad un “famoso” sopralluogo fatto dal magistrato in compagnia del Soprintendente e dello stesso Romagnoli.
La cosa certa, per adesso - se non si vuole credere alla possibilità del mausoleo di Porsenna - è che un secondo importantissimo ritrovamento è stato fatto alle Pianacce. Dopo il clamoroso ritrovamento della "Quadriga Infernale" che risale al 2001, le ipotesi di una importantissima necropoli, degna del mausoleo di Porsenna, si fanno sempre più concrete.
La "posizione" delle Pianacce, del resto, è già un indizio, come sosteneva Stefano Romagnoli.
L'appassionato sarteanese di archeologia, per ritrovare la tomba di Porsenna, era partito dalle parole del Varrone ( storico romano): “Sepultus est, inquit, sub Clusio… fra il Lago di Chiusi e la Solaia, in un luogo dove si vede sia Chiusi che Roma…”. Romagnoli aveva tradotto il "sub Clusium" come "davanti a Chiusi" e non come "sotto Chiusi": traduzione, quest'ultima, sostenuta dagli studiosi.
Che si tratti o no della tomba di Porsenna, il fatto strano è che, una scoperta che appare come importante e che potrebbe svelarsi importantissima sia taciuta, e che, pur scavando da oltre un anno - non senza risultati - tutto taccia. 
Eppure, a pensarci, l'annuncio di una nuova, importante scoperta proprio a due passi dalla tanto famosa tomba della Quadriga Infernale, non potrebbe fare che bene al turismo sarteanese e, perchè no, agli studi degli archeologi! 
Che la scoperta non sia irrilevante lo dicono le dimensioni delle fondamenta: una struttura circolare che,  per datazione e forma, potrebbe essere proprio il basamento del mausoleo del mitico Lucumone di Chiusi (della cui esistenza si dice certo anche il celebre professore Angelo Vittorio Mira Bonomi). Quelle fondamenta, del resto, sono da oltre un anno l’unico argomento di discussione dell’intera comunità sarteanese. Una comunità che, nella sua quasi totalità, è convinta che, in quel punto, già indicato da Stefano Romagnoli, davvero si ergeva il mausoleo in onore di Porsenna. E, siccome in prossimità del mausoleo deve per forza esserci anche il sepolcro del Re Porsenna (la mitica tomba con la chioccia e i suoi 5.000 pulcini ed una carrozza trainata da cavalli, tutto a grandezza naturale ed in oro zecchino), la cittadinanza non solo è disorientata, dalla “strana” censura mediatica fatta su questo caso, ma comincia anche a preoccuparsi del fatto che il sito sia lasciato, addirittura, incustodito ed alla mercè dei numerosi tombaroli che a questa fantastica storia ci credono eccome!

 

altre foto e articolo THUI: http://www.ilcittadinoonline.it/index.php?id=9055

LA TOMBA DELLA QUADRIGA INFERNALE

IV secolo a.C: unica nel suo genere per la conservazione dei colori delle pitture

E' senza confronti, sia in ambito pittorico che ceramografico, la figura del demone che conduce su un carro una quadriga formata da due leoni e due grifi, rivolto verso l’esterno della tomba dopo aver lasciato il defunto al limite dell’Ade. Si tratta di una versione del tutto innovativa di Charun, il demone dell’immaginario funerario etrusco che accompagna il defunto nell’Oltretomba. Figura singolare e inquietante che diventa così uno dei più suggestivi e particolari “ritratti” dell’arte etrusca. Il limite dell’Ade è simboleggiato da una porta dorica dipinta che incornicia una nicchia. Al di là di questa una consueta scena di banchetto, sicuramente ambientato nell’Aldilà, con due personaggi maschili sopra una kline che si rivolgono una straordinario e unico gesto di affetto: si tratta o di una coppia di amanti o di una coppia parentale come avviene sulle coeve tombe orvietane, dipinte quasi sicuramente dalle stesse maestranze che hanno operato a Sarteano. Poi, sempre sulla sinistra, nella camera di fondo, è dipinto un grande serpente a tre teste, simbolo dei mostri che  dovevano popolare l’interno dell’Ade secondo le credenze etrusche. Anche l’ippocampo sul frontone di fondo, pur essendo elemento consueto nella pittura parietale, ha dimensioni eccezionali ed accentua l’ambientazione della camera stessa come recesso dell’Oltretomba. Sotto il frontone, si erge l’imponente sarcofago di alabastro grigio con il defunto disteso sul coperchio, ultima dimora del proprietario della tomba.

 

 

 
 
 

TINIA TUONA ...

Post n°205 pubblicato il 31 Marzo 2009 da zoeal

ed io devo uscire per andare dal dentista e non ho preso l'ombrello ...

Tutti coalizzati contro di me!

Merthis patrono etrusco delle giornate di cacca, vedi 'n pò di parlà co' Tinia e di digli di smettela! 'A hapito? sennò un te li do più i fegatini di pollo!

 
 
 

LA MUSICA E LA DANZA

Post n°204 pubblicato il 30 Marzo 2009 da zoeal
 

Gli strumenti (e di conseguenza anche il ritmo, l'armonia, le disposizioni melodiche) sono manifestamente gli stessi che troviamo nel mondo musicale dei Greci: una identità che non sorprende, se si tien conto degli stretti rapporti di dipendenza che legano le città etrusche alla civiltà ellenica per tanti altri aspetti.

Fra gli strumenti a corda, rappresentati o ricordati, sono la cetra, la lira, il barbiton; fra gli strumenti a fiato, il doppio flauto (tibiae) e la tromba diritta (salpinx, tuba) o ricurva (cornu); fra quelli a percussione, i crotali delle danzatrici. Il duo del suonatore di cetra (o lira, o barbiton) e del suonatore di doppio flauto costituisce, come in Grecia, un accoppiamento normale: lo vediamo rappresentato con particolare frequenza nelle scene di banchetto o di danza delle pitture funerarie. Eppure, nell'ambito di una comune civiltà musicale l'Etruria deve aver avuto, così nei generi come nella pratica, certe sue particolari tendenze e tradizioni. Non può trascurarsi l'insistenza con la quale gli scrittori antichi parlano dell'impiego del doppio flauto presso gli Etruschi, quasi di uno strumento nazionale derivato dalla Lidia e poi trasmesso dagli Etruschi ai Romani: il flautista o auleta si chiamava a Roma, con nome derivato dall'etrusco, subulo. In verità l'auletica è un genere largamente diffuso in Grecia, ma attribuito originariamente ai Frigi ed ai Lidi: esso risponde ad un gusto musicale per il patetico e per l' orgiastico.

Anche in questo caso, come in altre manifestazioni della civiltà artistica, gli Etruschi avrebbero accolto dalla complessa esperienza ellenica certi elementi più vicini alla loro sensibilità, orientandosi specialmente verso le forme elaborate nelle città greco-orientali dell'Asia Minore. Logicamente dobbiamo supporre che la musica etrusca preferisse quei «modi» che i teorici greci definivano lidio, ipolidio, frigio e ipofrigio, con i relativi sistemi tonali, in contrapposizione con la grave e solenne musica dorica. D'altro canto la tradizione greca, antica e concorde (Eschilo, Eumen., 567 sgg.; Sofocle, Aiace, 17; Euripide, Fen., 1377 sgg., ecc.), attribuisce agli Etruschi la tromba: salpinx. Pur non significando che questo antico strumento sia stato inventato realmente in Etruria, ciò vuol dire che esso era caratteristico delle costumanze militari e forse anche religiose etrusche, ed eventualmente fabbricato ed esportato da botteghe di bronzisti etruschi (ma i monumenti figurati rappresentano di preferenza la tromba ricurva, il corno, o diritta con la sua estremità ricurva come il lituo). In ogni caso il favore accordato agli strumenti a fiato corrisponde ad un notevole sviluppo delle pratiche musicali distaccate dal canto.

La musica non soltanto si collega con la danza e con la mimica nelle grandi celebrazioni religiose e nelle manifestazioni sceniche, ma sovente accompagna singoli momenti del rito ed azioni della vita pubblica e privata, come le gare sportive, la caccia, la preparazione dei banchetti e persino la fustigazione degli schiavi. Questo rapporto della musica piuttosto con il gesto che con la parola trova il suo parallelo nelle forme peculiari degli spettacoli scenici etruschi, che avevano, per quanto sappiamo (Livio, VII, 2, 4 sgg.), carattere di mimo ed erano rappresentati da attori-danzatori mascherati (histriones o ludiones), talvolta anche con allusioni buffonesche e satiriche. Ciò non esclude la possibilità di vere azioni drammatiche dialogate, certamente favorite, a partire dal IV secolo, dall'influsso delle forme del teatro greco (come attestano i frequenti modellini di maschere comiche trovati nelle tombe etrusche).

La danza ci è nota soprattutto dalle figurazioni funerarie del VI e del V secolo. Sembra di regola eseguita da ballerini professionali: danzatrici singole accompagnate da un suonatore di doppio flauto; danzatori a coppia; ma soprattutto cori di uomini e donne procedenti in fila distaccati e con movimenti individuali, guidati da musici (suonatori di cetra o lira e flautisti) forse in funzione di corifei. I musici partecipano ai passi della danza. Qualche volta si colgono nell'atto di ballare anche personaggi della classe gentilizia alla quale apparteneva la famiglia del defunto. I movimenti saltellanti delle gambe e i gesti accentuati e presumibilmente rapidi delle braccia e della testa rivelano un genere di danza fortemente scandito, agitato se non addirittura orgiastico, che si ispira presumibilmente alla greca sikinnis di origine dionisiaca. Ma i documenti limitati nel tempo e nell'ambito dell'arte funeraria non sono sufficienti a provare che questo genere sia stato il solo coltivato in Etruria. Esso, comunque, si accorda con i «modi» musicali che abbiamo supposto dominanti nel mondo etrusco.

 fonte THUI

 
 
 

ODISSEO

Post n°203 pubblicato il 26 Marzo 2009 da zoeal

Vorrei respirare aria fresca volando a pelo d’acqua, il blu sotto di me. Come un gabbiano riposarmi sull’albero più alto della nave più grande che solca l’immensità delle acque.

Volgere lo sguardo verso la riva che si allontana e volare via, ancora, cercando un altro luogo sul quale appollaiarmi.

Lontano dalla eco del mondo, lontano dagli schiamazzi degli uomini … vorrei essere con l’altra parte della mia vita; solo noi due, gabbiani che scrutano dall’alto il regno di Nettuno.

 
 
 

IL LAGO PRILE

Post n°202 pubblicato il 25 Marzo 2009 da zoeal
 

In età preistorica la pianura grossetana era occupata da un grande golfo in cui sfociavano il fiume Ombrone e il torrente Bruna.

In epoca etrusca l’insenatura marina andò gradualmente trasformandosi in un'ampia laguna (il cosiddetto Lago Prile), comunicante con il mare. Due erano le città etrusche che si affacciavano su questo specchio d’acqua: Roselle e Vetulonia.

(il lago Prile ai tempi degli Etruschi)

In età romana il paesaggio acquistò una conformazione diversa: l’occlusione o il restringimento dello sbocco al mare, provocati dalla deiezione fluviale, trasformarono il Lago Prile in un bacino chiuso; il fiume Ombrone non sfociava più in questo specchio d’acqua, ma al di fuori di esso, più a sud. Nel I secolo a.C. questo doveva essere un luogo ameno, ambito da molti personaggi di rilievo, come è confermato da un’orazione di Cicerone (Pro Milone), in cui Clodio, tribuno della plebe e contestatore dell'oligarchia romana, viene denunciato per avere eretto una villa nell'isoletta, oggi chiamata Badiola al Fango, pur non essendo il proprietario del terreno.

(il lago Prile ai tempi dei Romani)

La fine dell'impero romano determinò il degrado anche di questo territorio: vennero a mancare i sistemi di drenaggio e di regolazione delle acque e la via costiera, probabilmente, non fu più utilizzabile. Nel V secolo d.C., infatti, Rutilio Namaziano (autore del poemetto De Reditu Suo) nel suo viaggio verso la Gallia preferì aggirare questa zona degradata viaggiando per mare.

In breve tempo il bacino diventò un immenso e malsano padule e nella zona imperversò per secoli la malaria. Adesso, quel che rimane del Prile è la riserva faunistica della Diaccia Botrona, presso Castiglione della Pescaia, un'oasi faunistica di estrema bellezza per le specie di uccelli migratori che vi soggiornano.

 

 
 
 

STESSA EPOCA, MENTALITA' OPPOSTE

Post n°201 pubblicato il 23 Marzo 2009 da zoeal
 

LE SEI RAGIONI PER CUI  I ROMANI CONSIDERAVANO LE DONNE ETRUSCHE “POCO SERIE”

 

(Mater Matuta - museo di Chiusi - V sec. A C.)

Le etrusche

 

  1. Presenziavano ai banchetti sdraiandosi sui letti triclinari insieme al marito, o se nubili accanto all’uomo che le accompagnava o ovunque ritenessero (quindi dove pareva loro ….).
  2. Durante i banchetti bevevano vino e mangiavano in quantità (ohhhhhhhhh!!!!!!)
  3. Uscivano da sole, montavano a cavallo e guidavano il carro (anche oggi qualche ometto ce l’ha con le donne al volante ….)
  4. Intrattenevano conversazione con gli uomini talvolta rivolgendo loro parola per prime (Ohhhhhhh!!!)
  5. Spesso si sceglievano il marito corteggiando spudoratamente l’oggetto dei desideri ( ma magari qualcuna timida c’era pure tra di loro …).Almeno nei ceti alti, raramente i matrimoni venivano imposti e se ciò avveniva era comunque la madre e non il padre a scegliere la moglie o il marito per la propria prole (core de mamma!) eh si le suocere etrusche erano un po’ “armeggione”.
  6. anche dopo il matrimonio la donna manteneva il suo patrimonio del quale poteva disporre a suo piacimento.

 Le romane

 

  1. In epoca Repubblicana non presenziavano ai banchetti nella stanza insieme agli uomini oppure se lo facevano erano relegate a star sedute da una parte, guai a sdraiarsi sul letto triclinare!
  2. Non dovevano bere vino ai banchetti ma anche in privato, si racconta di severi paterfamilias che la sera tornando a casa passavano in rassegna le donne di famiglia odorandogli l’alito per capire se avevano trincato …(vivevano maluccio sti romani!)
  3. Guai ad uscire da sole, di cavalli non se ne parla figuriamoci di guidare carri!
  4. La fanciulla romana doveva tenere gli occhi bassi e non parlare ad un uomo se non dopo essere autorizzata dal paterfamilias.
  5. se non potevano parlare con gli uomini salvo autorizzazione, figuriamoci se potevano scegliersi il marito! I matrimoni erano combinati tutti dal paterfamilias (ma questo avveniva anche per i figli maschi almeno che non optassero per la fuitina e volessero essere cacciati dalla famiglia); questo è uno dei motivi dei fallimenti matrimoniali nell’antica Roma ed anche purtroppo dei numerosi parricidi che vi si praticavano.
  6. In epoca Repubblicana, i matrimoni erano “cum manu”, cioè il marito diventava il “padrone” della moglie e del suo patrimonio sostituendosi al padre e assumendosi il diritto di uccidere la moglie per adulterio o se avesse bevuto vino (pensa un po’!). Solo in epoca imperiale presero campo i matrimoni “sine manu” in cui la potestà sulla figlia rimaneva al padre anche dopo il matrimonio e questo sanciva anche la divisione dei patrimoni tra le due famiglie.

 Erano un pò esagerati 'sti romani ...

 
 
 

QUELLI CHE NEL 294 A.C ....

Post n°200 pubblicato il 17 Marzo 2009 da zoeal
 

RIMASERO A GUARDARE .... I VETULONIESI

 

Fu Isidoro Falchi, medico originario di Montopoli Valdarno ed ispettore agli scavi ed ai monumenti della zona, che, sentendo i contadini parlare di armi, monete e collane che spuntavano dalla terra durante i lavori agricoli, si convinse che il territorio circostante l’abitato di Colonna di Buriano doveva nascondere i resti di un’importante città antica. E gli scavi subito avviati gli diedero ragione. Fu però solo nel 1894 che il mondo dell’archeologia ufficiale convalidò la corretta identificazione del Falchi e lo insignì del premio reale per l’archeologia. In dubbio viene messa anche la vocazione marinara per la distanza dal mare: ma  il lago Prile, che giungeva fin quasi a Vetulonia ed a Roselle, era navigabile fino al Rinascimento e conduceva direttamente al mare, laddove oggi si trova la palude di Castiglione, ed il porto poteva trovarsi in zona Casa Galera.
Fu un importante centro di produzione bronzistica, soprattutto per quel che riguarda incensieri, candelieri usati per appendere vasi di piccole dimensioni e tripodi a bacile emisferico; di oreficerie, famose nel mondo per le tecnologie utilizzate, la filigrana, lo sbalzo ed il pulviscolo, minuscoli granelli d’oro saldati ad una lamina dello stesso materiale per dar vita ad immagini uniche al mondo. Poi la scultura di grandi dimensioni, i cui più famosi esempi sono le otto statue a grandezza naturale, quattro maschili e quattro femminili, rinvenute all’interno del tumulo della Pietrera, una tomba monumentale con un tamburo di circa 60 m di diametro e 210 di circonferenza, corridoio di accesso a cielo aperto lungo 22 m: all’interno un vestibolo lungo e stretto, con due camere laterali e camera centrale con copertura a tholos composta da blocchi di pietra regolari aggettanti impostata su pennacchi angolari, un pilastro centrale di sostegno, in cima era probabilmente collocato un cippo monumentale, come rinvenuto in altri esempi della zona. Curiosa la sua storia costruttiva: fu edificata una prima volta, distrutta e ricostruita nello stesso punto nel giro di appena cinquant’anni! La prima struttura può essere datata al 650-625 a.C. Le sue sculture sono considerate il primo esempio di scultura a tutto tondo in pietra dell’Etruria e d’Italia. L’aspetto attuale è dovuto ad una serie di restauri che hanno teso a ricostruirne l’aspetto originale con una spesa totale di 1 miliardo e 470 milioni delle vecchie lire. E’ cosa recente quindi la sua riapertura con annessa area attrezzata per la sosta. Sono poi visitabili nella stessa zona altre tre tombe, quella del Belvedere, del Diavolino II e della Fibula d’Oro: la prima ha una camera quadrangolare ed un corto dromos di accesso; la tomba del Diavolino II ha anch’essa un lungo dromos con camera quadrangolare, pilastro centrale e soffitto a pseudocupola ed è databile alla seconda metà del VII secolo a.C., nonostante all’interno sia stato rinvenuto il corredo di un defunto databile alla prima metà del V secolo.
Vetulonia lavorava anche l’ambra, importata dal nord Europa allo stato grezzo, e le mani di esperti artigiani realizzavano opere di straordinaria fattura. Ma quando la scoperta dei bacini metalliferi aveva portato nuova fortuna alla città, improvvisamente questa sembra decadere, forse per contrasti con le città vicine. Comunque nel VI secolo quasi sparisce, viene rinominata in età repubblicana per sparire nuovamente in età imperiale.
La città antica sorgeva sulla collina dell’acropoli, vicino a quello che fu l’abitato di Colonna di Buriano, poi rinominata Vetulonia nel 1887 dal re Umberto I: gli scavi hanno individuato una fortificazione di tipo italico con aggere, o terrapieno, sorretto da mura; verso nord-est si trova la zona necropolare esplorata da Isidoro Falchi, con tombe sia a pozzetto per incinerati, sia a camera per gli inumati, spesso comprese entro circoli detti “interrotti” di pietre conficcate nel terreno ad una distanza media le une dalle altre di circa 1 m. Poi i tumuli già citati e quelle a circolo continuo, a volte di circa 70 m di diametro, del VII secolo.
La visita può proseguire in paese, dove sono conservati i resti di due cinte murarie, una più antica che cingeva l’arx, in parte visibile nel bastione del castello medievale, ed una più bassa di IV-III secolo. Da via Garibaldi si giunge all’ingresso delle aree archeologiche di Costa del Lippi e di Costa Murata, con una strada lastricata, tratti di mura, ambienti di una domus di II-I secolo ed una probabile area sacra. Verso Poggiarello Renzetti, o zona “scavi città”, con i resti di un quartiere di abitazioni e botteghe, una cisterna ed una probabile area sacra.
Merita una sosta il Museo Civico  Archeologico Isidoro Falchi, intitolato allo scopritore di Vetulonia e delle sue necropoli: è sito in paese, nelle vecchie scuole su piazza Vetluna, antico nome etrusco della città. All’interno di sette sale si passa dalle fasi villanoviana ed orientalizzante dei reperti del Circolo dei Leoncini d’argento e delle statue della Pietrera alle fasi arcaica e classica con una città che sembra ripiegarsi su se stessa mentre il territorio vede una crescita notevole, terminando con i reperti del deposito votivo di Costa Murata. Poi le età ellenistica e romana con una diffusa attività edilizia che ne denota una nuova importanza, testimoniata dalla monetazione in argento e bronzo con la legenda VATL: sono quindi qui esposti i materiali provenienti da Poggiarello Renzetti. Da quest’ultima zona provengono i reperti di recente scavati ed attribuiti alla Domus di Medea, casa del II sec. a.C., con terrecotte architettoniche che narrano la vicenda degli Argonauti e di Medea. Fra il III ed il II sec. a.C. la monetazione romana soppianta definitivamente quella locale e sono quindi esposte monete dell’epoca, di cui una sola di Vetulonia, e corredi di tombe precedenti riutilizzate.
La grande fortuna di Vetulonia furono sicuramente la scoperta di bacini metalliferi, la maestria dei suoi artigiani ed il conseguente sviluppo del commercio, con materie prime preziose ed oggetti già lavorati che ivi affluivano da tutto il bacino del Mediterraneo ed oltre.
Da vedere, nonostante la zona delle necropoli monumentali e degli scavi della città lascino un po’ a desiderare quanto a pulizia, sterpaglie e le indicazioni e le informazioni succinte; il museo è nuovo e con un allestimento gradevole riesce a proporre anche ad un pubblico non esperto materiali altrimenti di difficile comprensione. Ed il paesaggio del grossetano vale senza dubbio una passeggiata.

Museo Archeologico Isidoro Falchi

Indirizzo: Piazza Vetluna – 58040 Vetulonia (Gr)
Tel. 0564-948058

Apertura
ottobre-febbraio: 10,00-13,00; 14,00-17,00
marzo-maggio:: 10,00-13,00; 15,00-18,00
giugno-settembre: 10,00-13,00; 16,00-21,00

Chiusura: ottobre-maggio i lunedì non festivi


Ingresso:
€ 4,50 intero; € 2,50 ridotto e gruppi sup. a 20
€ 1,00 scolaresche (tariffe ed orari del Museo possono essere soggetti a lievi variazioni.
Si consiglia di telefonare al numero sopra indicato.

Chissà cosa avevano contro Roselle tanto da desiderarne l'eliminazione? la risposta è semplice ed il motivo è sempre quello: lo sporco denaro. Nel IV secolo Vetulonia entrò in crisi, probabilmente offuscata dalla più potente Roselle; le due città erano talmente divise da possedere due porti distinti pur essendo distanti solo una ventina di chilometri; si spiega perchè osservarono la distruzione della rivale senza muovere un dito, secondo alcuni misero addirittura a disposizione la città alle truppe romane fungendo da punto d'appoggio .... la verità non la sapremo mai! Una cosa è certa, Vetulonia, seppur romanizzata, dopo la scomparsa di Roselle, rifiorì.

 

 
 
 

GIOCO LETTERARIO

Ho partecipato al gioco letterario promosso da Writer

INCIPIT

 clicca su IL FOLLE se vuoi leggere il mio racconto

ho scritto anche:

 LA FINE E L'INIZIO

e per la serie RACCONTI BREVI:

HIRUMINA IL PERUGINO

DEUXIPPO (prima parte)

DEUXIPPO (seconda parte)

DEUXIPPO (terza parte)

DEUXIPPO (ultima parte)

L'INFAME (prima parte)

L'INFAME (ultima parte)


 

E SFOTTIAMIOLI UN PO' STI RUMACH!

 

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"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)

"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato

 

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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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