Creato da zoeal il 05/02/2008

RASNA

semplice passione

Messaggi di Novembre 2008

LE CRONACHE DI VELIA: ATTO III

Post n°141 pubblicato il 28 Novembre 2008 da zoeal
 

Siamo nell’anno di Roma 458 (*), gli eventi si sono rincorsi con una rapidità sorprendente sia sul fronte d’Etruria che su quello del Sannio. Ma mentre nel primo caso, la batosta inflitta dai due consoli, crea qualche mese di relativa calma, il fronte a sud è ancora in fermento. Gellio Egnazio ( del quale è ammirevole la forza d’animo), riesce a riorganizzare ancora una volta l’esercito nei suoi territori affidando il comando al suo luogotenente Stajo Minacio. Le sue incursioni, spingono Lucio Volumnio a lasciare l’Etruria e a dirigersi nel Sannio dove affronta l’esercito nemico presso il fiume Volturno e riesce a catturare Minacio, il quale sotto minaccia di morte, ordina la resa. Intanto, in Etruria, sotto la spinta dell’instancabile Gellio, la quadruplice alleanza si sta riorganizzando, mentre il mandato consolare di Appio Claudio e di Lucio Volumnio volge al termine. Occorrono dei nuovi consoli e dei comandanti che abbiano esperienza di campagne di Etruria per cui vengono rieletti Quinto Fabio e Decio Mure ai quali sono affiancati i veterani Lucio Scipione (vedi primo atto), Gneo Fulvio e Lucio Postumio Megello. Due legioni sono dislocate presso Chiusi sotto il comando di Lucio Scipione, Megello e Gneo Fulvio sono invece posizionati nei dintorni di Roma per il timore che l’esercito della quadruplice alleanza, potesse tentare una mossa a sorpresa cercando di invadere direttamente Roma.  Lucio Scipione, però, nel corso di un’imboscata, vede il suo esercito distrutto da una divisone di Galli.

(*295 a.C.)

 
 
 

LE CRONACHE DI VELIA

Post n°140 pubblicato il 27 Novembre 2008 da zoeal
 

SECONDO ATTO

Ad un certo punto la mia gente ha un po’ di respiro. Siamo nell'anno di Roma 457 (*)i Romani, infatti, sono costretti ad allentare la tensione su queste zone ed a  concentrarsi su un territorio che nel frattempo, si era fatto “caldissimo”: il Sannio. Dopotutto le spie, confermano al vecchio generale Quinto Fabio Massimo Ruliano, che il mio popolo non ha nessuna intenzione per il momento, di appoggiare militarmente i Sanniti, che nel frattempo hanno invaso i territori Lucani. I Lucani stessi, contemporaneamente, minacciano di rompere la pace con i Romani, se questi non li aiutano a liberarsi degli invasori. Così, la repubblica romana concentra i suoi eserciti ed i suoi condottieri più famosi, nel Sannio, dove riportano numerose vittorie costringendo il capo supremo dei Sanniti, Gellio Egnazio, ben lungi però dal considerarsi sconfitto, a fuggire e a rifugiarsi in Etruria; per sopravvivere ma anche per convincerci a collaborare militarmente con lui. Il clima che trova Gellio Egnazio, al suo arrivo in Etruria, è estremamente depresso, anzi capita proprio nel periodo in cui, si sta svolgendo una riunione tra tutti i capi delle città etrusche al fine di decidere la sottomissione definitiva a Roma, considerata come male minore. Tuttavia, non è dato sapere quali argomenti di convincimento possa aver utilizzato il condottiero sannita, fatto sta, che la lega etrusca ritorna sui propri passi e in men che non si dica viene messo su un possente esercito che raccoglie Etruschi, Sanniti, Umbri e Galli, nella cosiddetta “quadruplice lega”. In quel momento, Roma ha in Etruria solo una divisione, comandata dal console Appio Claudio, poco pratico in strategie militari. Roma decide di affiancargli così, Lucio Volumnio, più giovane e battagliero, ma i due entrano in conflitto tra loro, perché questa mancanza di fiducia, fa offendere Appio Claudio e la disputa personale, finisce per favorire, almeno in una fase iniziale, il nostro esercito coalizzato, che riporta numerose vittorie. Ma questo sembra avere un improvviso effetto psicologico tra i due generali romani, e la non collaborazione si trasforma in una specie di sfida per non perdere la faccia; sfida, che ironia della sorte, li rende più temerari. Così sfruttando un momento favorevole, in cui l’esercito della quadruplice alleanza è momentanemente indebolito, perché sguarnito di alcune divisioni che sono andate a cercare vettovagliamenti, sferrano un attacco a sorpresa che lascia sul campo più di settemila morti e duemila prigionieri. Per noi Etruschi è un duro colpo militare; ci ritroviamo a non avere quasi più soldati di mestiere e adesso, anche per difenderci, siamo costretti a ricorrere in massa alla leva di guerra di tutti i cittadini abili che però in quanto tali, sono male armati, privi di addestramento e della necessaria volontà di combattere, volontà che comincia a mancare anche nei soldati veri e propri, in un clima di generale sfiducia e spossatezza.

 (*297 a.C)

 
 
 

LE CRONACHE DI VELIA:PRIMO ATTO 

Post n°139 pubblicato il 26 Novembre 2008 da zoeal
 

Mi presento, sono Velia Pulena, Rasna di Rusel, figlia di Larth e di Marthia Sehianti. Ho potuto seguire nel periodo più critico della nostra storia, mio padre, che in qualità di zilath itinerante, era incaricato di intrattenere il coordinamento tra i purth e gli altri zilath delle nostre città. Scrivo di nascosto nella mia stanza, a Roma, che ci ha accolto come ospiti quando tutto è volto al termine, concedendoci di vivere dignitosamente a patto di rinunciare alla nostra identità di stirpe,  nella speranza che degli ultimi anni di vita del mio popolo, sia data testimonianza.

 Corre l’anno di Roma 455 (*) l’Etruria è insidiata dalle legioni repubblicane di Roma e impegnata a difendere i propri confini; i Galli, che condividono parte del territorio etrusco, sono arretrati verso nord, qui spinti dall’esercito di Valerio, ma gli Etruschi, già da tempo cercano di assoldarli nelle loro file. Anche Umbri e Marsi, aspettano l’occasione per insorgere contro i conquistatori romani. C’è da dire che gli Etruschi, sono già profondamente in crisi, il che rende le loro città più disunite di quanto mai fosse stato. Già Volterra, si era arresa senza neppur combattere qualche tempo prima. Forti della consapevolezza, che gli Etruschi  sono ormai il ricordo dei valorosi combattenti di Porsenna, i Romani, comandati da Lucio Cornelio Scipione tentano la conquista dell’Etruria meridionale, credendo che sia  una facile missione. Ma la loro certezza è disattesa; inaspettatamente si ritrovano a fronteggiare, sempre vicino a Volterra, che aveva tradito il suo popolo solo un anno prima, un esercito frutto di una coalizione tra le più grandi città etrusche, che sembra aver ritrovato la forza e la gloria di un tempo; forti di una strategia militare praticamente perfetta, messa in atto dai propri comandanti, infliggono alle legioni di Scipione, che pur potevano contare sulla superiorità numerica, gravi perdite, poi esausti riescono a rintanarsi nelle nostre città fortificate. Scipione, non attrezzato per compiere assedi e con l’esercito decimato, retrocede verso Faleria, entro i confini già controllati da Roma, senza prima però aver messo a ferro e fuoco le campagne e seminato morte e distruzione al suo passaggio. E' una sconfitta di Roma, è vero, però l'Etruria è comuque duramente colpita nelle sue fonti di approvvigionamento. Infatti a causa dei saccheggi, le campagne si spopolano e si assiste ad un massiccio aumento della popolazione all'interno delle città fortificate, che possono  garantire più protezione, ma a fronte di  un generale peggioramento delle condizioni di vita. La conseguente incuria dei campi e dei canali di irrigazione, porta, specie nelle zone costiere, a insalubri impaludamenti. La nostra ricca civiltà, conosce in tempi brevissimi due cose con le quali poco ha avuto a che fare: la miseria e le malattie.

 (* 299 a.C.)

 
 
 

Post N° 137

Post n°137 pubblicato il 25 Novembre 2008 da zoeal
 

voglia di pensare solo a quello che mi solleva....ma neanche poi tanto...non lo so...confusione...desideri e sogni...determinazione...progetti

SONO PAZZAAAAAAAA!!!!!!!! AHAHAHAHAHAH

ALPHAVILLE - A VICTORY OF LOVE

questa sarà una parte della colonna sonora del film che sarà tratto dal romanzo che sto scrivendo.....muhamuahahahahahahah.....ma quanto è bello sognare!

 
 
 

Post N° 135

Post n°135 pubblicato il 24 Novembre 2008 da zoeal
 

OGGI SI FANNO LE BOLLE PRIMA SI FACEVAN LE GUERRE….O LE SI FANNO ANCHE OGGI, PER LO STESSO MOTIVO?

L’ordinamento politico estrusco post Cuma.

 Sappiamo che fino a circa ilVI secolo a.c, le città etrusche erano rette da un monarca che accentrava in sé i poteri di magistrato e sommo sacerdote; esse erano alleate tra loro nella cosiddetta “Lega Etrusca” composta, a seconda dei periodi, da 12 fino a 15 città. Tale alleanza aveva motivi più religiosi che politici; a capo di essa, in occasione del raduno annuale delle genti etrusche, che si svolgeva presso il Santuario di Voltumna, veniva eletto il coordinatore di tale alleanza, il Lucumone, probabilmente scelto tra uno dei capi della confederazione. Che, il potere di tale capo fosse più religioso, piuttosto che politico, si capisce dal fatto che, raramente, in caso di necessità, le altre città inviavano il proprio supporto militare alle altre.

La perdita del controllo di quelle che adesso sono le coste e i porti della Campania, con la disfatta perpretrata dai Greci nel 474 a.c., segnò inesorabilmente il declino della potenza etrusca. Per l’elite aristocratica, che aveva fondato la sua ricchezza e quindi il suo potere economico e politico, sul commercio, la perdita di porti e dell’egemonia sulle rotte mercantili, fu una vera e propria catastrofe finanziaria. (PEGGIO DELLA BOLLA SUI MUTUI SUB PRIME…^__^). E’ questo ad esempio il periodo, in cui l’alta borghesia commerciale etrusca è costretta, per fronteggiare la crisi a spezzettare le grandi proprietà terriere, attraverso la loro lottizzazione e vendita a tanti piccoli proprietari (né è un esempio il contratto di vendita, denominato Tavola Cortonensis) ma le cronache ci raccontano anche che in alcune zone, i contadini (che lavoravano per il padrone secondo un sistema che assomigliava molto a quello feudale), forse particolarmente vessati, approfittarono dell’indebolimento anche militare della famiglia dominante per prendersi le terre con la forza, favorendo la cacciata degli aristocratici e la conseguente caduta della città, sotto il dominio della Roma Repubblicana. Dal IV secolo a.c,  si assiste anche ad un mutamento degli assetti politici; la crisi economica e i venti Repubblicani provenienti dalla capitale Latina, crearono malumori nel popolo cosicchè la monarchia assoluta fu sostituita da un governo collegiale, di cui presumibilmente facevano parte gli esponenti delle famiglie più in vista, con poteri simili a quelli del Senato Romano. L’organizzazione (sempre con il beneficio del dubbio, perché le notizie sugli etruschi tali ci arrivano), prevedeva la presenza di un Purth ( per intenderci una specie di Presidente del Consiglio), di vari Zilath o Zilac corrispondenti ai “pretori” romani (cioè dei ministri), ciascuno dei quali si occupava di una particolare materia, c’era ad esempio quello preposto al controllo dei territori (simile al ministro della difesa e che comandava l’esercito), il ministro che si occupava del commercio e i magistrati preposti alla giustizia, poi c’erano i Maru (una specie di pubblici ufficiali che tra i diversi compiti avevano anche quello di adempiere alle cerimonie sacre). Ma se nella Roma Repubblicana, il Senato era anche la voce del popolo, questa prima forma arcaica di democrazia, in Etruria non decollò; il governo collegiale, infatti, si trasformò fin da subito in una forma di oligarchia ed il popolo continuò a non aver voce. Indeboliti, dalla crisi economica, dalle lotte intestine tra famiglie dominanti e da sommosse popolari, lasciarono porte aperte all’avanzata di Roma fino a che intorno al 280 a.c., tutti gli Etruschi delle grandi città della Toscana centro-meridionale, non erano più un popolo e dopo qualche tempo furono  inseriti nella cosiddetta Tribù Arnensis, cittadini romani a tutti gli effetti.

 
 
 

Post N° 134

Post n°134 pubblicato il 24 Novembre 2008 da zoeal
 
Tag: lunedì

Mi è presa la fissa per questa canzone, l'ho ascoltata e ballata per tutto il week end, vediamo adesso se aiuta ad iniziare questo lunedì!

 
 
 

INQUIETANTE!

Post n°133 pubblicato il 20 Novembre 2008 da zoeal
 

PULIZIA ETNICA?

Leggendo alcune pubblicazioni sugli Etruschi, come faccio sempre, sono incappata in due teorie sulla loro scomparsa che mi hanno fatto riflettere.

La prima teoria, parte dagli studi compiuti sul DNA degli Etruschi, che come sappiamo è di ceppo Turco-Anatolico, e di quello degli attuali Toscani. Lo studioso in questione, di cui adesso non mi rammento il nome, pensa che sia strano, come una civiltà che si è insediata per un millennio in un vasto territorio compreso tra l’attuale Emilia Romagna e la Campania, abbia lasciato solo modestissime tracce nel dna dei suoi odierni abitanti. Sembra che oltre alla loro cultura, si sia polverizzato anche il loro patrimonio genetico. La spiegazione che lui dà, è che ciò che si è sempre creduto, e cioè che, la civiltà etrusca finì per essere inglobata in quella romana salvo casi documentati di città ribelli che furono rase al suolo, è completamente falso. Secondo lui, i Romani praticarono una vera e propria pulizia etnica, capace, nell’arco di una manciata di anni di disperdere e cancellare una razza. Questo genocidio fu compiuto passando per le armi e per il fuoco, gli abitanti di intere zone e rendendo schiavi i superstiti, che in quanto tali, non essendo considerati uomini, non avevano una vita diversa da quella che il padrone aveva pensato per loro, ivi compresa la capacità di sposarsi ed avere dei figli liberamente. La presenza di Etruschi, tra i patrizi della Roma antica, la spiega con il fatto, che alcune famiglie ricche, si romanizzarono per non essere sterminate e per mantenere i loro privilegi e le loro ricchezze, Roma li accettò insieme a tutti i loro averi poichè pagavano in tasse consistenti la loro sopravvivenza. D’altronde, l’opinione pubblica degli Etruschi romanizzati era mantenuta quieta, un po’ per la loro stessa ipocrisia ma soprattutto perché le notizie che pervenivano loro dalle vicende d’Etruria erano abilmente filtrate dai racconti degli storici latini, che detenevano il compito di riportare le cronache rigorosamente in forma propagandistica.

La seconda teoria, si basa sul fatto che questo è stato rilevato solo su ossa appartenute a persone ricche e importanti, perché le sepolture dei poveri sono scomparse mentre le tombe monumentali dei ceti nobiliari no. Per questo studioso, solo la classe dirigente etrusca era di provenienza Turco-Anatolica; arrivati via mare nelle nostre terre, si imposero facilmente come capi delle popolazioni italiche preesistenti e meno progredite. Nobili e poveri non si mischiarono tra loro, per cui il dna della maggior parte della popolazione rimase autoctono. Con tutto il rispetto, questa ultima teoria mi pare un po’ strana, quanti nobili etruschi sarebbero dovuti approdare nei nostri lidi per governare un territorio, mano a mano sempre più vasto?

DICANO QUEL CHE PARE A LORO, IO…I GENI ETRUSCHI CE LI HO E LO SO ANCHE SENZA ANALISI…BASTA GUARDARMI…...........oppure...non saranno mica stati i Saraceni...mamma li Turchiiiiiiiii!!!!!!

 

 

 
 
 

NOTIZIE SPARSE

Post n°132 pubblicato il 19 Novembre 2008 da zoeal
 

IL SISTEMA “FEUDALE” ETRUSCO, IL VILLAGGIO DI GHIACCIO FORTE

La località di Ghiaccio Forte si trova nel comune di Scansano, provincia di Grosseto. Grazie a campagne di scavo condotte da un ‘Università degli Stati Uniti (e te pareva…), è stato riportato alla luce un insediamento etrusco, rimasto vitale dal VII secolo a.C fino a circa il 280 a.C, data in cui questa parte dell’Etruria fu messa a ferro e fuoco dalla Roma Repubblicana, sotto il console Lucio Postumio Megello. Non era una grande città, dopotutto la lucumonia già era localizzata nella vicina Roselle, ma piuttosto un ricco villaggio fortificato che traeva la sua ricchezza dalla sua vocazione agricola, visto le numerose offerte votive a sfondo agreste che sono state ritrovate presso il santuario. Della cinta muraria rimane di particolare interesse la porta di accesso, ovvero una “doppia porta” studiata così per ragioni di maggior sicurezza, praticamente chi entrava, doveva stazionare all’interno fino a che, se gradito, non si apriva la seconda porta (un po’ come gli ingressi delle nostre banche). Situato in una posizione strategica, su una collina dalla quale si poteva controllare la costa e il fiume Albegna, che scorre poco più sotto e che a quei tempi era navigabile, si sa con certezza che l’attività principale fu la  produzione di vino, tanto che una specie di vitigno selvatico, cresce ancora spontaneo sulle rive del fiume e dei suoi affluenti. Dall’esame del Dna del vitigno, si è avuta la certezza che in epoche remote erano stati fatti innesti per la sua addomesticazione. All’interno della cinta muraria sono presenti i resti della villa padronale, la cui caratteristica è di avere una stanza attrezzata a bagno, con una specie di lavabo, e delle abitazioni più modeste degli altri abitanti. Del signorotto del villaggio, si sa anche il nome, Setie, perché ritrovato scritto su stoviglie e armi. Questi probabilmente era il padrone delle terre che faceva coltivare ai suoi contadini ed in cambio forniva loro protezione con il suo piccolo esercito. Un vero e proprio feudo.

 

 
 
 

QUANDO IL DESTINO...

Post n°131 pubblicato il 18 Novembre 2008 da zoeal
 

IN OGNI EVENTO DELLA STORIA, L’ETRUSCO…C’E’

 

L’aruspice etrusco Spurinna (che non era quello bello, ma un omonimo poi magari era belloccio pure lui, comunque NON LO SAPREMO MAI), qualche tempo prima avvertì Giulio Cesare di un pericolo che si sarebbe verificato entro le idi di marzo, ma lui, essendo scettico, non se ne preoccupò. Così, il giorno in questione, Cesare si avvia verso il destino che tutti conosciamo, un suo schiavo superstizioso tenta inutilmente di trattenerlo a casa; durante il tragitto, acclamato come sempre tra due ali di folla, uno sconosciuto pone nelle mani di Cesare una pergamena, in cui vi era scritto l’avvertimento dell’imminente congiura, Cesare la prende ma non la legge. Lo avvicina anche l’aruspice Spurinna e gli ricorda: “ guardati dai pericoli!” e Cesare gli risponde anche un po’ scocciato: “hai detto che mi sarebbe successo qualcosa entro le Idi di marzo, ma come vedi sono le idi e non mi è capitato niente” al che Spurinna replica: “si ma il giorno non si è ancora concluso, non andare”. Cesare fa spallucce e si avvia al suo destino. SFIGA, TEMERARIETA’, DESTINO, MEDITATO SUICIDIO?...una cosa è certa, l’etrusco ci aveva azzeccato….

 

Per sapere l’idea che si è fatto degli eventi Valerio Massimo Manfredi, appena avrò finito due libri che ho in programma di leggere, acquisterò il suo nuovo “Idi di Marzo”.

 
 
 

IN CUCINA

Post n°130 pubblicato il 17 Novembre 2008 da zoeal
 

L’arte culinaria dagli Etruschi ai nostri giorni: le tradizioni che ancora sopravvivono nei sapori.

IL PAN DE' SANTI O PAN DE' MORTI

Si chiama così perché è tradizione prepararlo per queste ricorrenze, chissà se anche per gli Etruschi era una pietanza legata al culto degli antenati. E’ una ricetta che si trova per lo più in Toscana e nell’Alto Lazio, con lievi varianti a seconda delle zone.

Prendete della pasta di pane lievitata, oppure preparatela voi stessi con 400 grammi di farina, lievito di birra e acqua, e impastatela assieme ai seguenti ingredienti:

- 3 cucchiai d'olio
- 1 cucchiaiata di miele sciolto a bagnomaria
- alcuni fichi secchi e datteri tagliuzzati
- pinoli
- uva passa
- 100 grammi di noci a pezzetti fatta tostare in padella con un po’ d’olio.

(nel Grossetano si aggiunge anche un pizzico di pepe nero).

Date al pane una forma rotonda e fatelo lievitare ancora per una mezz'ora abbondante con un taglio a croce nel centro. Porre in forno caldo, avendo cura di spennellarne prima la superficie con altro olio.

TORTA AL TESTO

Più che una torta è una focaccia salata ed è tipica dell’Umbria, Est e Nord Toscana con alcune varianti a seconda delle zone, in alcuni luoghi infatti viene aggiunto nell’impasto dello strutto o del formaggio. E’ un pane azzimo che si cuoce con il “testo” cioè una piastra di pietra refrattaria scaldata ad alta temperatura, ma per i nostri tempi moderni va bene anche una padella antiaderente .

Setacciare della farina, aggiungere sale, olio d’oliva, acqua ed amalgamare fino ad ottenere un impasto ben omogeneo, che lascerete riposare per un quarto d’ora.
Scaldare la piastra del testo sul fuoco (avrà raggiunto la giusta temperatura quando versandovi un pizzico di farina, questa tosterà senza annerire); per chi usa la padella preriscaldarla.
Con il mattarello stendere l’impasto in un disco alto un dito del diametro della spanna di una mano; passarlo sul testo, bucherellarlo con i rebbi della forchetta e cuocerlo per venti minuti a fuoco lento, girandolo ogni tanto.
Tagliare la torta al testo a spicchi e farcirle a piacere con stracchino e rucola, o salsicce ed erba, o prosciutto e formaggio, ma è buona anche da sola come sostituto del pane.

 

 
 
 

MISTERI ETRUSCHI-TERZA PARTE

Post n°129 pubblicato il 14 Novembre 2008 da zoeal
 

I COLOMBARI

Nell’Etruria di Tufo (Farnese, Pitigliano, Sovana, Sorano, dintorni del Lago di Bolsena, Orvietano) è facile imbattersi in cartelli turistici che indicano la visita dei cosiddetti “colombari”. Si tratta di vere e proprie grotte scavate nel tufo, con una finestrella che sbuca su un’alta rupe tufacea oppure una serie di nicchie scavate su una parete verticale. Spesso, all'interno delle grotte è scavato il solito cunicolo, stavolta di pochi metri che porta poi alla finestrella citata sopra e che si  affaccia a strapiombo sul precipizio. Come al solito, la funzione di questa struttura  è stata spiegata per anni, semplicisticamente come un luogo per l’allevamento dei colombi. I buchi quadrangolari nella parete erano le celle, la finestrella e il tunnel servivano per l’accesso e l’uscita dei volatili. Caspiterina, come li trattavano bene questi Etruschi i loro animali da allevamento! Il soffitto di alcuni colombari è scolpito a cassettoni e al cunicolo si accede tramite un’elegante scala ricavata nella roccia tufacea!  E'possibile quindi che questi luoghi siano stati adibiti a colombari in epoche successive, di sicuro nel Medioevo, ma a mio parere la teoria più accettabile sul relativo vero scopo, è quella che attribuisce loro la funzione di cimitero per le classi non abbienti; nelle celle veniva posto il recipiente con le ceneri del defunto, il cunicolo rituale portava all’apertura nel vuoto, forse parte delle ceneri venivano sparse al vento? Una cosa è certa, un popolo con un culto dei morti molto sentito, come era quello Etrusco, non poteva dimenticarsi di onorare e facilitare l’accesso all’altra vita, secondo le loro credenze, a tutti quelli (ed erano i più) che non potevano permettersi grandi mausolei di famiglia! Per cui si erano inventati dignitosissimi cimiteri popolari!

DEGLI ETRUSCHI PURTROPPO SAPPIAMO MOLTO DI CIO' CHE RIGUARDAVA LA MORTE E POCHISSIMO DELLA LORO VITA, SE NO PER QUALCHE BRUTTO PETTEGOLEZZO DEGLI ANTICHI AUTORI INVIDIOSI.

 
 
 

MISTERI ETRUSCHI

Post n°128 pubblicato il 13 Novembre 2008 da zoeal
 

I CUNICOLI

Un altro mistero irrisolto per quanto riguarda gli Etruschi è l’uso dei cunicoli. Se si ritrovano spesso intrecci di cuniculi tali da formare un labirinto, sono altrettanto diffusi i cuniculi fini a se stessi. La loro lunghezza varia da pochi metri a centinaia di metri ma la cosa sconcertante è che le loro misure sono pressochè identiche in ogni luogo dove è stato possibile ritrovarli: larghezza 70 cm. altezza 175 cm., cioè tali da far passare un uomo in posizione eretta (tanto gli spilungoni a quell’epoca erano rari). L’esempio più eclatante lo si trova presso la Tomba della Regina a Tuscania. Questa tomba, scavata naturalmente nel sottosuolo, ha una camera sepolcrale rotonda e qui riposava un personaggio femminile di gran rango forse di nome Hosa. Fin qui niente di strano se non che, dalla camera si diramano svariati cunicoli (forse decine) che si perdono nei meandri del sottosuolo, tranne due, che sappiamo dove portano. Il primo parte e finisce nella stessa camera sepolcrale ed è lungo solo pochi metri, il secondo è lunghissimo e porta addirittura alla cripta di una Chiesa Cristiana costruita alla sommità di una collinetta vicina. Gli archeologi si sono scervellati per anni per capire l’utilità o il significato di tali gallerie. Alcuni hanno formulato l’ipotesi che servissero per deflusso delle infiltrazioni piovane, per preservare nel tempo la tomba (ma si può obiettare che sarebbe stato un lavoro tanto certosino quanto inutile) altri pensano che siano cunicoli scavati da tombaroli (che sarebbero stati molto perseveranti visto che alcuni cunicoli finiscono chissà dove e sono lunghi centinaia di metri o forse chilometri). Altri pensano semplicemente che fossero gallerie rituali, per favorire il contatto del defunto con la madre terra, Dea della vita e dell’oltretomba, dalla quale tutto nasce e alla quale tutto ritorna.

  • Giacobbo, direbbe invece, ci scommetto, che sono opera di alieni, giganti o chupa cabra…..ma tanto la verità non la sapremo MAI.

 

 
 
 

MISTERI ETRUSCHI

Post n°127 pubblicato il 12 Novembre 2008 da zoeal
 

I LABIRINTI

Racconta Plinio il Vecchio che il mausoleo di Porsenna avesse una base quadrangolare di circa 90 metri di lato, all’interno della quale vi era un labirinto così intricato che occorreva dotarsi di un filo per ritrovare l’uscita, sopra la base erano collocate quindici piramidi disposte su tre piani sormontate da una cupola di bronzo che dava l’impressione di essere un grande cappello. Il tutto approssimativamente alto 45 metri. Forse Plinio aveva esagerato un po’, tuttavia, labirinti simili, scavati nella profondità della nuda roccia si ritrovano in varie località dell’Etruria rupestre. Il labirinto è un simbolo ricorrente nelle civiltà del passato e lo è anche nel mondo etrusco forse testimonianza del culto di Arianna o di riti di iniziazione; percorrere il labirinto come simbolo del viaggio nei meandri della vita, punto di collegamento e di percorrenza obbligata tra due mete, quella iniziale della nascita e quella finale della morte, che porta ad un’altra esistenza,quella che può fare a meno del corpo.  Naturalmente sono solo ipotesi, l'unica cosa certa è una sola: trovandoti nel labirinto della vita, qualsiasi strada tu scegli, l'uscita è una sola........

 
 
 

COSI' E' SE VI PARE

Post n°126 pubblicato il 10 Novembre 2008 da zoeal
 

Tutti si sono chiesti sempre la stessa domanda: ma gli Etruschi, che razza di popolo erano? Cioè erano evoluti oppure no? erano cafoncelli superstiziosi oppure avevano la loro cultura? Ebbene per decenni gli studiosi hanno relegato il glorioso popolo Etrusco ad una razza primitiva, per cui alla domanda: ma gli etruschi avevano una cultura scritta? La risposta era quasi sempre: no, la scrittura era dominio di pochi sacerdoti e riguardava formule magiche o riti propiziatori. Il motivo della risposta, lo sappiamo bene ed è da ricercarsi nel fatto che i documenti scritti originali etruschi sono rari e sono quelli scritti su materiali non deperibili (roccia, metalli). Ultimamente gli studiosi si sono occupati in modo meno superficiale del fenomeno poiché vale la pena rispondere ad una doverosa domanda: ma è possibile che un popolo che ormai sappiamo, progredito e ricco, conoscitore delle vicende eroiche greche, che hanno riprodotto esattamente nelle pitture di alcune loro tombe, di loro non abbiamo lasciato, niente, ma proprio niente di scritto? Ebbene, il patrimonio letterario etrusco è andato completamente perduto ma il trascorrere del tempo non è il motivo principale. Studio recenti hanno trovato la prova che a Roma esisteva una biblioteca etrusca, che nel corso dei secoli si sono praticate distruzioni e roghi sia a causa di saccheggi ma anche e soprattuto dal II secolo dopo Cristo in poi per mano di Imperatori cristiani prima, Papi e Inquisizioni poi, tutti hanno avuto di che bruciare per un millennio ed ecco la risposta, su che fine ha fatto il pratimonio letterario etrusco: è andato letteralmente in fumo! Perché? Perché erano pagani; ma qualcuno potrebbe obiettare: tutti prima dell’avvento del cristianesimo erano “pagani” tuttavia i poemi greci e latini sono stati tramandati. Perché quelli etruschi no? La risposta è altrettanto semplice, le pratiche religiose e rituali etrusche, per molto tempo sono state dure a morire, si sono inglobate all’interno dei riti magici e delle superstizioni popolari e sono state viste come minacce dalla Chiesa. E’ stato ritrovato un documento del VII secolo D.C. in cui si esorta di debellare i riti etruschi ancora troppo presenti nella vita popolare. Così è stato e così si ripete ogni volta, anche ai nostri giorni, quando si vuole debellare la memoria di un popolo.

 
 
 

ETRUMEDIA

Post n°125 pubblicato il 03 Novembre 2008 da zoeal
 

IL PIU’ NOTO RE ETRUSCO: PORSENNA

Lars Porsenna re, o meglio lucumone, etrusco della città di Chiusi passato alla storia per il suo intervento militare contro Roma, secondo la tradizione in supporto del re di Roma Tarquinio il Superbo che era stato estromesso dal potere dalla proclamazione della repubblica. Non esistono date certe per il suo regno ma la tradizione romana lo pone intorno alla fine del VI secolo a.C.

Guerre contro Roma

In quel periodo Roma si trovava in una fase di transizione verso la repubblica, Tarquinio il Superbo era stato cacciato dalla popolazione a causa dei continui abusi di potere, violenze e cattiva amministrazione. Esiliato, chiese appoggio a Porsenna che non esitò a muovere guerra contro Roma.
Secondo la
leggenda romana, assediò Roma, ma, pieno di ammirazione per gli atti di valore di Orazio Coclite, di Muzio Scevola e di Clelia, desistette dal conquistarla, ritornando a Chiusi. La leggenda è stata probabilmente creata ad arte dagli storici romani dell'età imperiale, Tito Livio e Tacito, per nascondere la disfatta romana contro gli etruschi di Porsenna; infatti secondo un'altra versione, più attendibile, egli invece occupò Roma e la dominò a lungo, secondo molti storiografi, il lucumone etrusco, pur non infierendo, costrinse la città a scendere a patti e non riconsegnò il trono a Tarquinio. Da Plutarco veniamo a sapere che a Porsenna fu eretta una statua di rame in prossimità del senato e che la città dovette pagare decime per molti anni. Anche Plinio il Vecchio lascia intendere, in Historia Naturalis XXXIV (“… in foedere quod expulsis regibus populo romano dedit Porsena, nominatium comprehensum invenimus, ne ferro nisi in agro culturam uterentur.”), che Porsenna proibì ai romani l’uso del ferro se non in agricoltura.
Gli accordi di pace furono in ogni modo molto favorevoli alla città, che poté mantenere il suo ordinamento repubblicano, ottenere la liberazione degli ostaggi e del
Gianicolo in precedenza occupato dalle truppe etrusche.
Nonostante la tradizione ci presenti Porsenna come re di Chiusi, ci sono, però, elementi che portano a ritenere che quest’ultimo probabilmente agì anche per conto di altre città etrusche alleate o sottomesse: ciò del resto renderebbe più facilmente conto del perché Tarquinio il Superbo, dopo il vano tentativo di riconquista del trono della città capitolina con l’aiuto di
Veio e Tarquinia, si sia rivolto a Porsenna e quest’ultimo sia invece riuscito a sconfiggere e a dominare Roma per lungo tempo.
Le parole di Livio “Mai prima il Senato aveva provato un panico simile, tante erano allora la potenza di Chiusi e la fama di Porsenna”, in effetti, farebbero pensare ad un esercito particolarmente numeroso e ben armato del quale dovevano far parte, oltre alle truppe di Chiusi, anche soldati provenienti da altre città etrusche. Livio, inoltre, ci riferisce che Porsenna, con il trattato di pace, ottenne dai romani che fosse restituito il territorio che era stato preso ai Veienti.
Plinio il Vecchio, nel descriverci il leggendario mausoleo del sovrano chiama Porsenna non re di Chiusi ma “Re d’Etruria” (Nat. Hist. XXXVI) ed, infine, nel riportare una storia etrusca secondo la quale un fulmine fu evocato da Porsenna per distruggere il mostro Olta che minacciava la città di
Volsinii, indica Porsenna come re di Volsinii (Nat. Hist. II).
Anche l’
epigrafia sembrerebbe suggerire un rapporto tra Porsenna e Volsinii. E’ stato infatti evidenziato da Giovanni Colonna che il nomen del re, ricostruibile come Pursenas o Purzenas, è un nome finora non attestato e che solo a Volsinii riscontriamo in età arcaica l’antroponimo Purze dal quale esso è stato derivato, con l’intervento del suffisso aggettivale –na, normale formatore di patronimici.

La Morte

Tra tradizione e leggenda si narrano storie del Re. Plinio in Naturalis Historia XXXVI, narra: "... fu sepolto sotto la città di Chiusi ... dentro questa base quadrata un labirinto inestricabile nel quale se qualcuno entrava, non poteva trovare l'uscita senza un gomitolo di filo ..."

Le tradizioni Toscane parlano del potente lucumone che, sentendo la morte arrivare, aveva fatto costruire un cocchio trainato da 12 cavalli tutto d'oro, così come una chioccia con cinquemila pulcini, anch'essi d'oro.
Le interpretazioni sono tante, anche se alcune hanno più credito di altre. I pulcini e la chioccia rappresentano la sua armata e le famiglie nobiliari che acquisivano il diritto di essere sepolti vicino al loro Re.
Chiusi, che negli anni ha preso nomi come Clusium Vetus, Clusini Veteres, Clusium Novum, Clusini Novi, visti i ritrovamenti effettuati, è in effetti oltre che una città, una necropoli di grande interesse, in cui le tombe più ricche ed importanti sono state ritrovate in un'area circolare molto ristretta, al contrario di altre, la cui dignitosità è inversamente proporzionale ad un ipotetico ipocentro dove, secondo la speranza di alcuni studiosi ed appassionati, avrebbe dimora eterna il Re Porsenna.

HO UN IDEA, O PERCHE' UN SI VA TUTTI A CHIUSI A CERCAR IL CARRO D'ORO DI PORSENNA E LA SUA GALLINA D'ORO...UN L'HANNO MAI TROVATI MA CHISSA' LA FORTUNA DEI PRINCIPIANTI A VOLTE...MA NO, MEGLIO LASCIARLO PERDERE, METTI CHE POI S'ARRABBIA!!!!!

 

 
 
 

GIOCO LETTERARIO

Ho partecipato al gioco letterario promosso da Writer

INCIPIT

 clicca su IL FOLLE se vuoi leggere il mio racconto

ho scritto anche:

 LA FINE E L'INIZIO

e per la serie RACCONTI BREVI:

HIRUMINA IL PERUGINO

DEUXIPPO (prima parte)

DEUXIPPO (seconda parte)

DEUXIPPO (terza parte)

DEUXIPPO (ultima parte)

L'INFAME (prima parte)

L'INFAME (ultima parte)


 

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"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)

"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato

 

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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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