Non canto i cavalier, l’armi, gli onori,
come un dì fece il grande Ludovico.
Le guerre infami, i sanguinanti allori;
di tutto questo non mi importa un fico.
Ma i lavoranti, l’ape, i campi, i fiori;
le cose grandi solamente, dico.
(Morbello Vergari)
Probabile portatrice di geni etruschi.......vediamo se la passione è contagiosa
e sono graditi pure interventi, puntualizzazioni e domande e mi raccomando di non essere troppo duri con me per eventuali strafalcioni...sono solo una dilettante!
molte immagini sono state prese da internet, se i proprietari non fossero d'accordo lo facciano presente e saranno tempestivamente rimosse
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IL BLOG DI RIEVOCAZIONE ETRUSCA
(mech Rasna tsui ame!)
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Messaggi di Dicembre 2008
Post n°154 pubblicato il 29 Dicembre 2008 da zoeal
Non è il titolo di un romanzo noir e neanche di un film d'avventura. Non è il titolo del nuovo libro di Valerio Massimo Manfredi. Non c'entrano nulla i cow boy e gli indiani americani, non è una località del Gran Canyon. Non siamo sulle Alpi e a dir la verità neanche in alta montagna. Ma allora a cosa si riferisce questo titolo accattivante? Vi svelo l'arcano. Chiunque conosce Montalcino...e chi non c'è mai stato avrà assaggiato il famoso "Brunello", vino d'élite di invidiabile valore....e costo. il passo del Lume Spento è una località attraverso la quale passa la strada che congiunge la Maremma a Montalcino...è, come dice la parola "un passo" attraverso i monti, non come quelli alpini ma molto più dolce, dal quale si può ammirare una vista stupenda che, nelle giornate terse, spazia sui boschi e sulla piana fin da poter arrivare al mare e alle isole dell'arcipelago toscano. Un posto bellissimo, circondato da boschi e da vigneti d'oro. Questo passaggio è sempre esistito ed esisteva anche al tempo degli etruschi. La NOTIZIONA, di questi giorni è che dopo 50 anni di scavi (si avete capito bene...50 anni) è stato reso noto, per Natale, che all'interno di un bosco al passo del Lume Spento, è stata riportata alla luce una città etrusca, o meglio è stata riportata alla luce parte della cinta muraria e istituito un antiquarium dei reperti ritrovati a Montalcino. La domanda sorge spontanea: chissà in 50 anni di silenzi quante cose hanno infrattato di nascosto. Dicono che trovandosi dentro ad un bosco, gli scavi sono portati avanti con difficoltà eccetera e bla bla e bla bla. Fatto sta che la città perduta del Lume Spento non era affatto una piccola città. Controllava il passo e questo significa che controllava anche tutte le merci che passavano di lì, aveva una posizione strategica invidiabile ed era una città molto ricca: altrimenti uno sperduto villaggio di montagna cosa se ne faceva di una triplice cinta muraria di altezza crescente a modello di quella di alcune città fortificate Hittite? L'ultima cinta, quella più grande aveva una larghezza di 4 metri e mezzo, significa che sopra potevano passare comodamente dei carri. Questo non è bastato a fermare le distruzioni romane e pare, che tanto per cambiare, la fortezza etrusca del Lume Spento, abbia cessato di esistere intorno al III secolo avanti Cristo. C'è da pensare che le città Etrusche della Maremma e del suo entroterra, abbiano utilizzato una politica di resistenza anti-romana più intensa rispetto alle altre, altrimenti non si spiega perchè tutte, ma proprio tutte sono state distrutte e rase al suolo anzichè essere sottomesse e colonizzate, come è stato il destino di quasi tutta l'Etruria. |
Siamo a Tarquinia (VT), lo sguardo spazia sulle colline che accoglievano il vecchio e glorioso centro abitato Etrusco e l'Acropoli. Poco distante la stupefacente necropoli con le tombe affrescate, di cui potete vedere un assaggio nell'immagine che ho scelto per rappresentare il mio blog. Dei ricordi di vita, invece, non rimane nulla, eccetto il tempio, detto l'Ara della Regina che si staglia sulla sommittà di una breve collinetta. Ne rimane la base, la scalinata, la via pedonale che lo circondava, una splendida vasca rituale di pietra. Intorno i resti spezzettati delle offerte votive, soprattutto gusci di conchiglia (a poca distanza c'è il mare). Il resto è perduto, gli Etruschi usavano costruire in legno, anche i loro templi salvo abbellire i portali con splendide sculture in pietra o più frequentemente in terracotta, come testimoniano i resti del Frontone del Tempio di Talamonaccio (GR), l'Apollo di Veio e i Cavalli Alati di Tarquinia. Buona visione. |
Questa è l'immagine da satellite scaricata da Google, della collina sulla quale era edificata l'antica città etrusca di Roselle, la città di Velia. La spianata più chiara è quella che racchiudeva il centro abitato, equivalente al perimetro della cerchia muraria di cui rimangono visibili imponenti e lunghi tratti. La parte riportata alla luce è solo quella del Foro di età romana, alcune botteghe, i resti di una villa etrusca e l'anfiteatro, che nella foto appaiono in basso di colore più chiaro. La Rusel etrusca, ricordo, fu rasa al suolo dalle legioni del Console Lucio Postumio Megello nel 294 a.C. e quel che ne rimaneva bruciato intorno al 90 a.C. perchè per qualche motivo si trovò coinvolta nelle distruzioni operate da Silla nell'ambito della guerra civile romana. Probabilemnte non essendovi rimasto più nulla o quasi, solo dopo un centinaio d'anni fu resa colonia ma il maggior splendore lo si ebbe in età imperiale augustea con l'insediamento di due famiglie patrizie quella dei Bassi e dei Vicirii; rimane a testimonianza di ciò la bella villa con mosaici pregevoli e la collezione di statue marmoree attualmente conservate presso il museo di Grosseto e l'anfiteatro. Fu poi progressivamente abbandonata forse a causa delle epidemie malariche a favore della vicina colonia di Cosa. Fu abitata di nuovo in età longobarda, fino a che la sede vescovile non fu trasferita definitavemente nella nuova città di Grossetum. |
Post n°151 pubblicato il 18 Dicembre 2008 da zoeal
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UNA CIVILTA’ CON LA DATA DI SCADENZA Nei libri sacri etruschi, in special modo nei libri cosiddetti 'Fatales', che contenevano le norme riguardanti la divisione del tempo e la durata della vita degli uomini e dei popoli, era scritto che al popolo etrusco venivano assegnati dieci 'secoli' di vita, ognuno dei quali, però, di durata particolare, non fissa; la fine di un 'secolo' e quindi l'inizio di quello successivo venivano segnalati da eventi straordinari, così, ad esempio, quando un giorno dell'anno 88 a.C. si udì un misterioso e lugubre suono di tromba, quell'evento fu interpretato come l'annuncio della fine di un secolo, e lo stesso avvenne nel 44 a.C. quando si verificò un altro prodigio quale l'apparizione di una cometa, che effettivamente sappiamo essere avvenuta nel giorno stesso dell'uccisione di Cesare, evento che segnalò la fine e quindi l'inizio di un nuovo 'secolo'. Ogni anno i re-sacerdoti etruschi (Lukmnes), si riunivano a Volsinii (in etrusco Velznani, l'odierna Bolsena) sul lago di Bolsena, centro morale, religioso e politico di tutta l'Etruria, capitale della confederazione delle dodici città-stato etrusche (in ordine alfabetico seguito dal nome etrusco: Arezzo/Artinia, Caere/Kysra, Chiusi/Kamars o Clevsi, Cortona/Kurthyn, Perugia/Arunia, Roselle/Rusna o Rusel Tarquinia/Tarkhnas, Veio/Veji, Vetulonia/Vethluni o Vatl, Volsinii/Velznani, Volterra/Velathri, Vulci/Velx), e lì piantavano un chiodo di bronzo; in tutto troviamo 961 chiodi pari a 961 anni, cioè l'intera 'vita' assegnata al popolo etrusco e così suddivisa:
Gli Etruschi avevano un rapporto molto stretto con il 'magico', e lo studiavano e lo decodificavano grazie a norme e principi tratti da discipline come ad esempio la numerologia e l'astrologia. Se leggiamo la tabella relativa ai 'secoli' utilizzando la numerologia notiamo delle cose molto interessanti: sommando infatti le cifre che compongono gli anni di inizio e di fine di un 'secolo' notiamo, per quanto riguarda il 1° 'secolo', i seguenti numeri: 9 + 0 + 7 = 16 e 8 + 0 + 8 = 16: l'inizio della vita assegnata al popolo etrusco parte con il numero 16, che ebbe una enorme importanza nella loro disciplina astrale. Con lo stesso criterio notiamo che i 'secoli' successivi hanno una cadenza numerologica lineare, durando infatti cento anni precisi, così che il secondo secolo ha come numero 'magico' il 15, il terzo il 14 e il quarto il 13; quest'ultimo numero era però considerato negativo e indicava che il 'secolo' successivo avrebbe significato l'inizio del tramonto per la civiltà e l'anima etrusca: pensiamo alla sconfitta navale di Cuma del 474 a.C., oppure alla guerra di Roma contro Veio, iniziata con piccole scaramucce già nel 438 a.C. e finita con la capitolazione della città nel 396 a.C., eventi che segnarono il declino dell'Etruria. Dal 5° secolo in poi, sempre numerologicamente parlando, la linearità si rompe, avendo numeri diversi per l'inizio e per la fine di un 'secolo': così, ad esempio, per l'inizio del 5° secolo abbiamo 5 + 0 + 7 = 12, mentre per la fine troviamo 3 + 8 + 5 = 16, come a dire che è iniziato il declino (12) dell'intera vita (16), oppure che le dodici città-stato (12) si avviano al declino della loro sacralità (16). D'altronde il 16 era per gli Etruschi un numero sacro (ma lo erano anche il 4, l'8 e il 64), un numero divino, legato alla vita (e se sommiamo gli anni 'destinati' alla nazione etrusca abbiamo 9 + 6 + 1 = 16), così che anche il tempo e lo spazio venivano divisi in 'sedicesimi', e si pensa che anche la giornata fosse composta da 16 ore (di 90 minuti l'una), 8 ore per il giorno e 8 ore per la notte. Lo stesso criterio veniva usato per dividere lo 'spazio dei segni divini', cioè il cielo (e la terra), in 'sedici regioni di influenza', otto positive e otto negative. Questa suddivisione dello spazio era di enorme importanza per leggere correttamente i segnali del cielo, in special modo la direzione dalla quale provenivano le folgori celesti, evento che opportunamente letto secondo le regole magiche permetteva di capire gli eventi futuri. QUINDI PER GLI ETRUSCHI IL NUMERO DODICI, SIGNIFICAVA “FINE DI UN’EPOCA”…FURONO ANNIENTATI DAI ROMANI NEL LORO 6° SECOLO, CORRISPONDENTE ALL'ANNO ETRUSCO 642 LA CUI SOMMA FA ESATTAMENTE 12, LE ANTICHE PROFEZIE FANNO RISALIRE IL DILUVIO A 12.000 ANNI FA, IL 21.12.2012 E’ LA PROFETICA DATA DEL CAMBIAMENTO. IL 13 ERA UN NUMERO FUNESTO PER GLI ETRUSCHI, SECONDO LA NOSTRA SUPERSTIZIONE ESSERE IN 13 A TAVOLA PORTA MALE, SECONDO ALTRI IL MARTEDI’ 13 è UN GIORNO IN CUI SI DEVE STARE GUARDINGHI. QUINDI LE NOSTRE PAURE E LE NOSTRE SUPERSTIZIONI HANNO ORIGINI ANTICHISSIME…MEDITATE GENTE MEDITATE…
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Non è del tutto corretto dire che tutto ciò che ci rimane degli Etruschi, sono solo le iscrizioni funebri. Esistono testimonianze infinitesimali di qualcosa che rigurada la loro vita; di una di queste scrive il poeta Aulo Persio Flacco, Etrusco trapiantato a Roma, che nelle sue Satire (2, 37-38), ci tramanda (quasi per caso) questo pezzo di ninna nanna: “Che il re e la regina lo scelgano come genero, che le fanciulle se lo contendano, che dove posa il piede nasca una rosa”
UN PO’ DI NOTIZIE SULLO STOICO AULO
Aulo Persio Flacco nacque a Volterra il 4 dicembre del 34 d.C. da una ricca famiglia equestre etrusca. Dopo aver perso il padre in tenera eta', a 12 anni la madre volle mandarlo a Roma a studiare grammatica (sotto la guida di Remmio Palemone), retorica (con Virgilio Flavo) e filosofia, di cui gli fu maestro lo stoico Anneo Cornuto, che il giovane ammiro' moltissimo e del quale divenne amico, condividendone la dottrina stoica. Conobbe e frequento' i poeti Cesio Basso e Anneo Lucano, nonche' il senatore stoico Trasea Peto, vittima di Nerone: Persio scrisse dei versi di elogio per l'eroica Arria Maggiore, la suocera di Trasea Peto che nell'anno 42 a.C. aveva convinto a darsi la morte il marito Cecina Peto, trafiggendosi il petto prima di lui e offrendogli poi il pugnale con le celebri parole "Paete, non dolet!" ( " Peto, non fa male! "CHI SI AZZARDA A FARE COMMENTI MALIZIOSI LO LINCIO! NON E’ COLPA MIA SE SI CHIAMAVA COSI’). Persio visse la sua breve vita tutto dedito agli studi; morì a Roma, in una sua villa sulla via Appia, ancor prima di compiere i 28 anni, il 24 novembre del 62 d.C., forse per una malattia allo stomaco. Ebbe un vero culto per i libri, come dimostra la notizia pervenutaci che egli possedeva tutte le 700 opere del filosofo cinico Crisippo, che lascio' in eredita' al maestro Cornuto. Gli mancarono invece, a quanto sembra, significative occasioni di esperienze e di incontri diretti con la societa' romana, di cui egli, fondamentalmente di carattere introverso, ne critico' aspramente i costumi nelle sue satire, sulla base di una sterminata cultura libresca e di una rigida visione stoica del mondo, e se proprio volete leggervi le sue Satire cliccate QUI |
Post n°145 pubblicato il 05 Dicembre 2008 da zoeal
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E SON MAREMMANACCIA….E CHI SA SE I RASENNA SU CERTI TERMINI HANNO LE LORO COLPE Di solito ci si sofferma sulle parole toscanacce dei Fiorentini, degli Aretini o dei Senesi, ma mai su quelle dei parenti “poveri”, i maremmani. Ebbene vi aggiorno subito. MERIA: l’ombra, ad esempio per dire sto all’ombra dell’albero: sto alla meria dell’albero CACIO: formaggio ma questo è toscano schietto CUDERA: dicesi di formica, quelle piccole sono i CUDERINI SCIUGNA: il grasso del maiale, sugna. TANTO TONO’ CHE PIOVVE: si dice di una cosa tanto attesa che finalmente è arrivata oppure di una cosa riuscita dopo vari tentativi. SORREGGINO: la cinta dei pantaloni OH TE! MA CHE FAI COME’L CIUCO DI MELESECCHE?: il ciuco di melesecche, secondo la storia, era un ciuchino che aveva un padrone talmente taccagno che lo voleva abituare a star senza mangiare, così, ogni giorno gli riduceva le razioni di fieno, fino a che per tre giorni non gliene dette più. Il quarto giorno il ciuco morì di stenti e il Melesecche: “ma guarda te che iella, proprio ora che s’era abiutato a stà senza mangià, m’è morto!”. Si dice di persone disappetenti che deperiscono velocemente ma si usa anche a quelli che invitati a pranzo o a cena, fanno i complimenti e mangiano pochino. SCIMICCO: dicesi di persona che è di bocca scelta, di quelli che son tutti: “questo non mi piace, questo nemmeno”. PEZZOLA: cencio, benda, straccio, fazzoletto. MAMMEGLIO!: ma figurati, macchè, ma neanche per sogno!. LEVARE IL VIN DA’ FIASCHI: prendere una decisione drastica e definitiva. STRULLO: tra lo stupido e il citrullo. COL SUSSI!: col cavolo! CONIGLIOLO: coniglio LA COLTELLA: coltello lungo da pane o da prosciutto. LA GAZZERA: gazza LA DATA DEL LEPRE: la cacca della lepre, chi va a caccia sa valutare da quanto tempo la lepre è passata di là e ha lasciato il ricordino. C'HO LA LALLA: mi sento fiacco, assonnato. ALCUNE SI USANO FORSE ANCHE DA ALTRE PARTI DELLA TOSCANA, SEGNALATE GENTE SEGNALATE!
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Post n°143 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da zoeal
Una caratteristica degli Etruschi, in un’ epoca in cui, nel resto del mondo conosciuto, si andava prevalentemente a piedi nudi o protetti con semplici sandali di cuoio, era la raffinatezza e la ricercatezza delle loro scarpe; i calzolai locali erano molto richiesti anche nella Roma antica e le calzature finirono per far parte dei prodotti artigianali d’elite perché non erano solo dei mezzi per proteggere il piede, ma con gli Etruschi, che per quanto riguarda gli agi, nel loro periodo migliore non si privarono proprio di nulla, diventarono un accessorio, da sfoggiare in diversi colori, forme o tipo a seconda delle stagioni. Paradossalmente, la calzatura, fu anche un loro punto di forza militare almeno fino a che non fu imitata: i guerrieri Etruschi, oltre alle consuete armi, erano dotati di calzari di ordinanza di cuoio robusto, che arrivavano fin sotto il ginocchio, con una suola di legno spessa un paio di centimetri, che accompagnava il movimento del piede perché non era rigida ma composta da due parti mobili tenute insieme da appositi ganci e rinforzata sotto con tacchetti di metallo; questi antenati degli “anfibi” non solo permettevano di marciare speditamente su terreni accidentati e di non scivolare sul fondo fangoso dei campi di battaglia, ma immaginatevi l’impatto sull’avversario di un calcione sferrato da un cavaliere dotato di un’arma aggiuntiva così pesante. Ma in termini più prettamente modaioli e pacifici, le calzolerie etrusche sfornavano dalle semplici ciabattine infradito, a una specie di babucce di morbida pelle con la punta rialzata che andavano bene sia per gli uomini che per le donne (in una tomba ne sono stati trovati dei resti che presentavano ancora la colorazione rossa), a dei mocassini leggeri con allacciatura che arrivava alla caviglia costituiti da un intreccio di lacci di cuoio, sicuramente portabili nella bella stagione, fino a mocassini chiusi (somiglianti alle nostre “polacche”) o a stivaletti al polpaccio a punta, comodissimi in caso di freddo o di pioggia. |
GIOCO LETTERARIO
Ho partecipato al gioco letterario promosso da Writer
clicca su IL FOLLE se vuoi leggere il mio racconto
ho scritto anche:
e per la serie RACCONTI BREVI:
DEUXIPPO (prima parte)
DEUXIPPO (seconda parte)
DEUXIPPO (terza parte)
DEUXIPPO (ultima parte)
L'INFAME (prima parte)
L'INFAME (ultima parte)
E SFOTTIAMIOLI UN PO' STI RUMACH!
MAGIA DEL PHOTOPAINT
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Nickname: zoeal
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Sesso: F Età: 53 Prov: GR |
LA LETTURA NOBILITA LA MENTE
"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)
"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)
"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)
"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)
"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)
" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.
"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato
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POETA ESTEMPORANEO
In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco
Il reperto archeologico
Riuniti insieme, un gruppo di signori
stavano discutendo di un oggetto
un giorno appartenuto ai padri etruschi.
Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:
-La mia giovane eta', non mi consente
di pronunciarmi il primo e francamente
ammetto che non ci capisco molto.
Il dottor Caio esprime il suo parere
dicendo-Per me, questo è un utensile
che usavano gli etruschi,
per servire vivande sulla mensa
D'altro parere il professor Sempronio
e in questo modo dice il suo giudizio:
Questo per me, è un vaso da ornamento
che serviva su un mobile di lusso
a contenere fiori profumati.
Infine il professor Tal dei Tali:
Con questo afferma usavano gli antichi
nelle grandi e solenni cerimonie
offrire a gli dei superi d'Olimpo
e il loro sacerdote in pompa magna,
libava e alzava questo vaso al cielo;
quindi spruzzava santamente l'ara,
del vin pregiato in esso contenuto.
-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-
la Sua tesi convince, professore.
Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi
in permesso quassu' dai Campi Elisi.
Si fermarono ad osservar la scena.
-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno
quelle persone riunite insieme?
-Non so',non saprei dirti veramente;
non riesco a comprendere il dialetto,ma
quel che sembra un tantinello strano
è, che stan discutendo con passione,
tenendo un nostro orinalaccio in mano.
Inviato da: Corrado Barontini
il 24/01/2018 alle 12:17
Inviato da: Camillo Coppola
il 22/12/2015 alle 19:28
Inviato da: flora
il 08/10/2013 alle 17:45
Inviato da: zoeal
il 20/05/2013 alle 15:08
Inviato da: ninograg1
il 20/05/2013 alle 08:03