ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 15/02/2010

SESSO USA E GETTA

Post n°3108 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Così come ciò che viviamo fa parte di noi, nelle nostre memorie, nella nostra cultura, nei nostri hobby…proprio allo stesso modo il rapporto sessuale. Ma quest’ultimo va inteso nel senso pieno del suo esistere: fa parte di me, mi edifica, mi fa crescere, alimenta la mia vita. Impossibile negare che viviamo nella società del “perbenismo imitativo”: devo avere quella marca di zaino perché tutti lo usano; mamma comprami quelle scarpe, le hanno tutti!; sabato pomeriggio tutti in disco… in cos’altro siamo facili a imitare i nostri amici? Non sarà anche il nostro corpo oggetto d’imitazione, usato per comportarci come fanno gli altri? Se già lo è nel vestire, nel modo di muoversi, perché non anche nei rapporti sessuali? “I miei amici lo fanno, perché io no?” “Alla mia età è un’esperienza che hanno fatto tutti!” “Va di moda..” “Il mio ragazzo/a vuole, mi ama così tanto…
” Imitazione…? Intesa in questi termini, direi piuttosto banalizzazione, quindi perbenismo imitativo corporeo è banalizzazione del sesso.

Ma possiamo fare sesso allo stesso modo con cui compriamo e buttiamo le Hogan o i RayBan a moda conclusa? Come usiamo l’Eastpack e lo buttiamo quando le scritte sono troppe e ne vogliamo uno nuovo perché i nuovi amici ci lascino il segno?
Mi chiedo: il nostro corpo è usa e getta tanto quanto questi trend?
Ciò che coinvolge il corpo, lascia segno. Come una ferita lascia la cicatrice, così un’operazione che mi salva la vita ve ne lascia una. Nel bene e nel male. Anche il rapporto sessuale, una volta compiuto, è scritto in me, corpo e anima, e ne porterò i segni per sempre. Tutto ciò che faccio rimane in me. Non leggiamo forse nel volto di un uomo tante cose? Dalle sue rughe il tempo che è passato, dalle espressioni il modo in cui ha vissuto, lo sguardo con cui ha amato, dal sorriso la tristezza o la gioia che lo hanno accompagnato…
Non posso correre il rischio di condividere la mia corporeità col ragazzo/a che amo e fare un passo falso. Quanti alla mia età hanno già vissuto quest’esperienza e sono rimasti scottati, e tornare indietro non si può, perchè “non va più via l’odore del sesso che hai addosso”.
Perché un passo falso in questo lascia il vuoto: tutto ciò che non è stato completato da un amore vero, sincero, pieno. Colmo a tal punto da far straripare il fiume in piena del nostro cuore per irrigare i campi attorno e poter contribuire a generare qualcosa di nuovo, l’altro. Perché parte essenziale del rapporto sessuale è la capacità di unirsi per generare una nuova persona, un figlio.
Posso allora usare del sesso per me stesso? Non è forse il sesso l’emblema del vivere per? Per l’altro – perché è un rapporto a due – e l’altro, colui che diviene persona dopo l’unione dei due.
Faccio sesso usa e getta? Interessante. Ma non potrò mai lavar via i segni d’usato. E come potrò ridare il mio corpo quando usato? Chi vuole qualcosa di usato, di seconda mano? Non è forse la seconda mano fuori moda?
Il sesso è amare con l’intera persona. Se lo ‘uso’ e ‘uso’ il mio corpo, sto spersonalizzando me stesso, sia pure per un amore che mi sembra quello di tutta la vita. Prima di farlo devo chiedermi seriamente: è per tutta la vita? Quanto è facile crederlo quando si hanno 14 anni, ma a 16 c’è un nuovo amore (anche questo per tutta la vita) che probabilmente verrà rimpiazzato da un nuovo amore (no, questo davvero è per tutta la vita!) verso i 19…
L’amore per tutta la vita si promette. Si promette di fronte a tutti, di amare e rispettare nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia… lì diventa eterno, per tutta la vita, qualsiasi vita ci aspetti. Perché non siamo più ‘io e te’, ma ‘noi’.
L’io viene meno: l’amore vero – quello seriamente per tutta la vita – non è egoistico, ma altruista; non è una forza centripeta, ma centrifuga, quasi a voler fuggire, correre verso l’altro senza sosta, senza posa e senza perdere la propria identità: io amo te e decido di imparare a farlo sempre meglio, al massimo delle mie capacità.
Vi ho svelato il segreto, la verità dell’Amore con la maiuscola. La verità dell’amare l’altro perché lo si riconosce degno d’essere amato.
“Punto”, aggiungerebbe Jovanotti – che tuttavia continua a non riuscire a far tornar bianca la pagina per scriverci “ti amo”, perché quel che vi ha scritto prima è indelebile…
Cos’è allora la sessualità vissuta secondo la verità dell’Amore? È essere, manifestarsi, comunicare, sentire, esprimere, vivere.
Cos’è l’Amore, con la maiuscola, quello vero, eterno, quello che parla di “noi” e non “io e te”? L’Amore: essere, manifestarsi, comunicare, sentire, esprimere, vivere.
Così come ciò che viviamo fa parte di noi, nelle nostre memorie, nella nostra cultura, nei nostri hobby…proprio allo stesso modo il rapporto sessuale. Ma quest’ultimo va inteso nel senso pieno del suo esistere: fa parte di me, mi edifica, mi fa crescere, alimenta la mia vita. La sessualità mi arricchisce nell’anima, se non mi spersonalizza. La sessualità mi fa vivere. E non solo il mio corpo ne trae beneficio, ma anche la mia anima. Così come amo con le sensazioni e le emozioni che ‘sento’ nel corpo, allo stesso modo vivo la sessualità in corpo e anima e questo mi arricchisce, e arricchisce il ‘noi-per-sempre’, non ‘io e te, per ora…’.
Il mio corpo non è una cosa: non sono usa e getta. - donboscoland -

 
 
 

STORIE DI SPERANZA E DI DOLORE ALL'OSTELLO CARITAS DI ROMA

Post n°3107 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Una città in cui un solo uomo soffre meno è una città migliore”: questa frase di don Luigi Di Liegro risaltava sulla parete alle spalle di Benedetto XVI durante la sua visita ai servizi della Caritas di Roma, presso la stazione Termini, che ha inaugurato ieri gli eventi dell’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale. A questo ideale di servizio sono dedicati la mensa sociale, l’Ostello e il Poliambulatorio “Don Luigi Di Liegro” e i circa 300 volontari che vi operano e che hanno accolto il Santo Padre con grande entusiasmo e commozione. Salvatore Sardo ha approfittato del pensionamento dall’impiego presso le Ferrovie dello Stato per dare seguito a un desiderio di condivisione solidale che avvertiva da tempo e da quattro anni, due volte alla settimana, presta servizio alla mensa. “Lo so che può sembrare una frase fatta – afferma – ma io ricevo da questa esperienza molto più di quanto riesca a dare”. In questi anni “mi è capitato di constatare da vicino il progressivo impoverimento della nostra società. Oggi vedo molti più italiani in fila di quando ho cominciato. Si tratta di persone molto dignitose nell’abbigliamento e nel modo di parlare che sicuramente in precedenza non avrebbero mai immaginato di doversi rivolgere alla Caritas un giorno”. “L’episodio che mi ha colpito di più? – risponde alla mia domanda -. Quello di un ragazzo somalo con una vecchia ferita agli occhi. Aveva timore di recarsi in ospedale a causa degli accertamenti sugli immigrati e a questo timore preferiva la sofferenza. Ho provato un acuto disagio rispetto al nostro sistema sociale e politico e mi ha fatto riflettere molto sulla legislazione riguardo agli immigrati”.

Aiutare chi non vuole?

Il servizio di mensa serale di via Marsala offre ogni giorno 500 pasti caldi a uomini e donne muniti di una tessera rilasciata dai Centri di ascolto diocesani o dai Municipi di appartenenza. Carlo Virtù è l’operatore che da due anni ne ha la responsabilità, ma ha cominciato da volontario dieci anni fa. “Ho compiuto tutto il cursus honorum – sorride – dal servizio al cancello al guardaroba alle pulizie della mensa…Mi ha aiutato moltissimo a maturare la capacità di relazionarsi con ogni persona”. Lo aspetto mentre spiega l’evento dell’arrivo del Papa ad Antonio, uno degli ospiti venuto a verificare l’insolita animazione che circonda la mensa prima di andare al lavoro che si è inventato aiutando gli automobilisti a trovare posto in un parcheggio non lontano. L’aspetto più difficile, spiega, è “aiutare le persone che non vogliono essere aiutate”. “Il nostro servizio – chiarisce - non è dare qualcosa da mangiare, ma accogliere in un luogo da cui ripartire per riprendere in mano se stessi. Occorre il coraggio di dire un 'no' a chi, per esempio, continua a presentarsi ubriaco. Alcuni vanno via e non li vediamo più, ma altri accettano di entrare in un percorso per ritrovare quella parte di sé che avevano smarrito nelle vicende della vita”.

Dentro e fuori

In 23 anni di esistenza l’Ostello Caritas ha offerto 1.200.000 pernottamenti “tanti quanti sono gli abitanti di Napoli più quelli di Firenze, il doppio dei cittadini di Palermo e il quadruplo dei residenti di Bologna”, fa notare la brochure pubblicata in occasione della visita di Benedetto XVI. “Si tratta di uno straordinario campo di osservazione della nostra società – afferma Daniela Lombardi che dopo aver svolto qui il tirocinio previsto dalla Facoltà di antropologia dell’Università La Sapienza ha scelto di continuare come volontaria -. In questo luogo ci sono le stesse categorie di persone che troviamo anche fuori: i divorziati che non hanno più una casa dove stare e che non possono permettersi un altro alloggio perché le loro risorse sono impiegate nel pagare gli alimenti o le ragazze in difficoltà o gli alcolisti o gli anziani che non possono accedere a una casa di riposo. Questa è una delle spiagge cui approdare quando la rete familiare intorno a loro si è dissolta e mancano le risorse economiche”. “Ognuno ha la sua storia – prosegue Lombardi – che qui si cerca di aiutare a rielaborare per trovare una soluzione. Alcune hanno buon esito: molto dipende dalla voglia delle persone di affrontare i propri problemi”. Tuttavia l’Ostello non è solo un luogo di problemi e dolore: “Una volta al mese – racconta Lombardi – si festeggiano insieme tutti i compleanni delle persone che sono nate in quel mese e c’è tanta allegria: sono donne e uomini con un disagio, ma restano persone, con una grande voglia di sorridere”.

Gli “ultimissimi”

In quale giorno della settimana cadeva il 16 maggio 1990? “Mercoledì”, non ha dubbi Daniela Pezzi, che da quel giorno in poi ha dedicato ogni mercoledì alla problematica della salute mentale, dapprima nella Caritas della sua parrocchia e poi nel Progetto di salute mentale del Poliambulatorio di via Marsala. “Noi ci occupiamo degli ‘ultimissimi’ della società: disagio mentale, alcolisti, sieropositivi, senza lavoro e senza famiglia. Alcuni finiscono in carcere o nei manicomi giudiziari, anche se i malati di mente non sono necessariamente criminali”. “Il nostro ruolo – aggiunge – è fare da ponte con il servizio pubblico che è l’unico che può prendere in carico questo tipo di malati 24 ore su 24. Li accompagniamo e vigiliamo dall’esterno affinché ricevano le cure di cui hanno diritto”. La Caritas di Roma, con quella italiana, è diventata un punto di riferimento sul problema della salute mentale e partecipa a diversi tavoli istituzionali affermando il principio della inclusione sociale e della cura di questi malati ad opera dei servizi territoriali. “Un altro dei nostri compiti – aggiunge – è il supporto alle famiglie, dove ci sono, per aiutarle a fronteggiare la situazione: più strumenti si mettono in campo, più è alta la possibilità di guarire”. Recentemente si constata come “la povertà economica incida sugli stati depressivi, determinando una mancanza di fiducia nel futuro amplificata dalla difficoltà del servizio pubblico di intervenire a causa della scarsità di risorse”. “Ci sono storie di dolore profondo – conclude Pezzi – di emarginazione, di solitudine rispetto alle quali cerchiamo di far intravedere la possibilità di un aiuto e di un miglioramento”.

Tante storie

Migliaia le storie che la mensa, l’ostello e il poliambulatorio potrebbero raccontare. “Quella di chi stava sempre solo – ha ricordato Giovanna Cataldo a Benedetto XVI -, di chi dipingeva, di chi non aveva talento se non quello di rimanerti per sempre nel cuore”. Anche Giovanna Cataldo, un’ospite dell’ostello, ha talento - per le parole almeno -, forse perché, come mi spiega “amo tanto leggere”. “La mia storia mi aveva cambiato e qui sono cambiata ancora”, ha detto ancora al Papa sintetizzando il percorso di tanti che sono approdati all’ostello incontrando un’esperienza di accoglienza e amicizia. “Noi pregheremo perché Dio le dia forza per essere sereno come noi – ha assicurato a un Benedetto XVI visibilmente commosso – e lei non pensi a noi, ma anche a noi”. “Da che parte stiamo noi, quali valori ci guidano?”, ha chiesto il cardinale Agostino Vallini, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, ai sacerdoti, volontari, operatori riuniti per la celebrazione eucaristica seguita alla visita del Papa. “Troppo spesso nel nostro mondo – ha aggiunto – la prospettiva dell’uomo riuscito è quella dell’uomo sufficiente a se stesso, ma le Beatitudini ci invitano a confidare nel Signore. E’ la fede in Gesù che è Dio e non solo un brav’uomo, un campione di solidarietà, che rende autentico e dà senso a ciò che facciamo”. Anche se il momento storico presenta tante difficoltà “siamo ottimisti! – ha concluso Vallini – La gran parte dell’umanità è buona e fa il bene. Abbiamo bisogno di diffondere questo messaggio di fiducia e speranza”. - Chiara Santomiero - Zenit -

 
 
 

L'UOMO E' UN BAMBINO SBADATO

Post n°3106 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai,quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». - (Vangelo di Luca 6,17.20-26) -


Apre la bocca e insegna la felicità. Sai, l’uomo è un bambino sbadato, è uno spensierato superficiale finchè il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai,quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». - (Vangelo di Luca 6,17.20-26)
Una crociera è da sogno nei depliant, ma per gustarla occorre compierla.
Una Porche fa bella figura in garage, ma altra cosa è accenderla e darle gas.
Bella cosa è il progetto di una casa, ma tutt’altra soddisfazione vederlo realizzato.
Pensa che potenza se ne sta nascosta in un computer, ma lo si deve accendere per poterlo apprezzare.
Se hai fame, che sorriso quando vedi arrivare il cibo sul tavolo, ma devi muovere le dita e metterlo in bocca per gustarne la prelibatezza.
Che gioia un collier d’oro. Ma se non l’indossi rimane anonimo nella scatola.
Una crociera va intrapresa, un Porche va accesa, un progetto va realizzato, un cibo va ingoiato, un collier va indossato. In caso contrario, dove sta la loro preziosità?
 “Tutta la moltitudine cercava di toccarlo”. Una folla gigantesca: radunati tutti assieme hanno un solo bisogno, una sola curiosità. Quale sia l’interrogativo che vogliono porre a Gesù essi stessi lo ignorano. Ma Lui lo sa bene. Molto bene. E oggi risponderà. Essi vogliono sapere della felicità: se esiste, cos’è, per chi è. Perché la covano talmente dentro i loro pensieri, che si deve fare di tutto per raggiungerla. Allora Gesù si pone a sedere, non fa miracoli su quelle gambe ciondolanti ma tenta il miracolo sui destini di questi poveri uomini aggomitolatisi attorno.
Apre la bocca e insegna la felicità. Sai, l’uomo è un bambino sbadato, è uno spensierato superficiale finchè il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. L’uomo dice di voler la felicità, poi s’addormenta nella contentezza. Sogna le vette ma s’innamora della palude. Grida l’eterno ma affitta lo spazio. “Beati!”. Beati chi? Si parla già di gente felice? Non ci sono grandi discorsi, commoventi introduzioni, un po’ di preambolo? No, Costui parte subito. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (...) Beati i mansueti perché possederanno la terra”.
Poveri in spirito? Cioè? Penso siano quelli che non credono in se stessi, i prigionieri di una timidezza invincibile, gli uomini che non hanno fantasia per progettare il loro domani, che non possiedono personalità per realizzarlo. Sono solamente signori della speranza, ma di una speranza che non sono capaci di agganciare a nessuna scadenza. Sono i silenziosi che vivono senza toccare nulla, guardano il cielo perché sanno che è l’unica cosa che non si contende a nessuno. I cieli a loro, la terra ai mansueti. I miti non sono dei tonti, ma coloro che difendono i diritti senza ricorrere alla violenza.
“Beati coloro che piangono, perché saranno consolati (...) Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”. Incredibile: piangere è già una beatitudine. Il pianto ci rende misericordiosi, ci fa provare pietà di noi stessi e degli altri. E quando siamo misericordia, finalmente si spacca il confine che separa l’uomo dal suo Creatore.
E’ facile essere generosi e disinteressati un giorno si e l’altro no. E’ facile essere schietti e leali qualche volta. E’ facile essere giusti a giorni alterni, o dove il rischio non è troppo alto. E’ facile perdonare quando non ce l’hanno fatta troppo grossa. E’ facile tifare per la pace quando nessuno ci da fastidio. Così come è facile studiare quando ce ne va, fare sportfinchè non diventa impegnativo, coltivare l’amicizia con le persone simpatiche. Ma non si diventa campioni allenandosi quando ce ne va, quando non si ha niente altro da fare. Così si diventa solo schiappe. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (...) Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”.
Almeno il cuore resti puro, visto che la carne tante volte si contamina facilmente passeggiando in questo mondo. Se Dio non lo potremo abbracciare perché le nostre mani non sono pure, almeno il cuore si salvi in una innocenza generosa per poter vedere il suo volto. Sono le persone leali, schiette, sincere, limpide. Sono quelli che non dicono una cosa e ne pensano un’altra. Quelli che non ti fanno lo sgambetto appena ti distrai, quelli che non ti fanno il sorrisetto davanti per pugnalarti alle spalle. E se vorremmo essere chiamati figli di Dio, allora dobbiamo arruolarci nell’esercito dei pacifici: che è una durissima milizia e tutto vuol dire fuorché vivere in pace e disertare la lotta, ma battersi con tutti gli Abele della storia.
E “beati coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli (...) Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e vi perseguiteranno, e rigetteranno il vostro nome. E diranno ogni male di voi per causa mia”. E chi non soffre per l’ingiustizia? Eppure anche questi “beati”. Ma come, quando? Subito. Sempre. Già oggi, non domani. E’ un avvertimento, un incoraggiamento da parte di Gesù: guardate che se vi comportate così non avrete vita facile! Ma la vostra ricompensa è grande nei cieli. E’! Non: sarà. La vita di costoro è beata, bella, felice, costruttiva fin d’adesso. E se sarà splendida la loro eternità, di morire quasi quasi non s’accorgeranno. Quante volte ci siamo illusi pensando: “Copio gli altri e diventerò qualcuno anch’io”.
Abbiamo copiato, scopiazzato, ricopiato e siamo s-coppiati! Ma non abbiamo imparato la lezione: copiamo, copiamo, copiamo e ci scopriamo mezze cartucce. E allora? “Perché vivere?” – ti chiedi? Sbagli, secondo me. Devi chiederti: “Per chi vivere!”. E’ meglio. Se vivo per qualcosa guardo sempre e solo a me. Se vivo per qualcuno esco da me. Ma allora viviamo per qualcuno o per Qualcuno? Con la lettera maiuscola o minuscola? Attenzione: perché la vita dipende da una maiuscola o da una minuscola. La stragrande maggioranza sceglie “qualcuno”. Sai perché? Perché “Qualcuno” con la Q maiuscola fa uscire dal branco, richiede coraggio per camminare da soli, per camminare contro utti, per incontrare, stringere, abbracciare.
Capisci perché su quella pianura oggi è un giorno speciale. Bisognava fare qualcosa di grande e d’immediato per quella sterminata turba di gente che soffre per rincorrere la felicità. Bisognava capovolgere il mondo, metterlo come un carro di fieno a ruote per aria. E poi quei guai!
Un bambino è malato. La madre chiama il medico e il medico dice: “Per guarire occorre digiuno assoluto”. Il piccolo piange, strilla, supplica, sembra languire. La mamma, pietosa sempre, unisce i suoi lamenti a quelli del figlio. Le pare durezza quello che il medico ha prescritto. Ma il medico non cambia terapia e dice: “Signora, io so. Lei non sa. Vuole perdere il bambino o lo vuole salvo?”. La madre urla: “Voglio che egli viva!”.”E allora – dice il medico – non può magiare. Sarebbe la morte”. Forse anche noi un giorno giungeremo a dire: “Signore, grazie di non aver ascoltato la mia stoltezza”. - don Marco Pozza - sullastradadiemmaus -

 
 
 

LE SCOPERTE SUGLI STATI VEGETATIVI SMASCHERANO LE FALSE CERTEZZE. LE AMMISSIONI A DENTI STRETTI

Post n°3105 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quando si parla di neuroscienze si pensa alla complessità della mente umana e agli studi che ne possono aumentare la comprensione, magari migliorandone le prestazioni. Difficilmente nell’opinione pubblica queste discipline affascinanti si associano alla possibilità di studiare la situazione di persone profondamente disabili, come quelle in stato vegetativo. Non possiamo quindi che essere d’accordo con Carlo Alberto Defanti, il neurologo che ha seguito Eluana Englaro, quando – in un suo intervento sull’Unità – si augura che, proseguendo la ricerca, diventi possibile formulare prognosi più attendibili e indicare percorsi di cura più idonei per le persone in questa condizione.
Il fatto che alcuni pazienti in stato vegetativo potessero in qualche modo entrare in relazione con l’ambiente esterno, come indicato dalle ricerche dell’équipe di Steven Laureys all’Università di Liegi rese note nei giorni scorsi dal New England Journal of Medicine, non è del tutto nuovo, come ricorda correttamente Defanti: i lettori di Avvenire lo sanno bene, visto che sono stati i primi in Italia già nel 2008 a leggere i risultati dei lavori pionieristici di Adrian Owen all’Università di Cambridge, e per molto tempo pareva dovessero restare gli unici a esserne a conoscenza, visto che nessun altro ne parlava. Sui cosiddetti 'grandi giornali' si continuava – e si prosegue tuttora – a parlare dei pazienti in stato Vegetativo come 'non-morti', inerti vegetali. Speriamo che oggi Defanti condivida almeno l’idea che si tratta, invece, di persone vive.
Il neurologo parla di «illazioni tendenziose » riferendosi alla domanda – che avevo posto in un editoriale pubblicato domenica in questa stessa pagina – su cosa sarebbe accaduto se Eluana fosse stata sottoposta alle indagini di risonanza magnetica funzionale utilizzate da Laureys e Owen. E richiamando i risultati dell’autopsia sul corpo della giovane ribadisce l’irreversibilità del suo stato. Ma quell’autopsia non può dirci niente sul livello dello stato di coscienza di Eluana nei 17 anni di stato vegetativo: nessuno è in grado di correlare le condizioni cerebrali rilevate nell’autopsia di Eluana con il suo livello di coscienza. Non esistono studi che mostrino un legame fra la gravità del grado di atrofia e il potenziale di reversibilità del disturbo di coscienza. Non c’è specialista al mondo che possa dare certezze in un senso o nell’altro, in casi come questo, né sapremo mai quale risposta ci sarebbe stata nel cervello di Eluana se fosse stata sottoposta ad accertamenti con tecniche d’avanguardia, che pure erano disponibili ben prima di un anno fa.
Non sappiamo neppure se Eluana avrebbe veramente voluto morire così, disidratata e lontana dai suoi cari. Quello che sappiamo l’abbiamo dovuto leggere sulla relazione di consulenza tecnica medico-legale redatta dopo la sua morte su richiesta della Procura di Udine, perché prima nessuno ci aveva raccontato che in seguito all’incidente Eluana «saltuariamente esegue ordini semplici su comando della madre», che alle 4 del mattino del 15 ottobre 1993, «stimolata a dire la parola 'mamma' è riuscita a dirla due volte, in modo comprensibile», che «a tratti fissa e sembra contattabile», e che «considerata la giovane età della paziente e la continua evoluzione anche se lenta, si consiglia il prosieguo del trattamento riabilitativo». Lo si legge nelle cartelle cliniche riportate dalla relazione, l’ha riferito solamente Avvenire citando il documento. Forse tutto questo non significava nulla, o forse no: ma perché non ce l’hanno raccontato prima? Sappiamo di non sapere, o di saperne ben poco. Ma a un anno di distanza ci chiediamo ancora da dove siano venute tutte quelle certezze con cui Eluana è stata accompagnata alla morte. - di Assuntina Morresi - ISegnideiTempi -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Febbraio 2010 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
 
 
 

ARTICOLI DI FEDE MOLTO BELLI

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963