ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 17/02/2010

SHAMPOO ALLA CENERE. DALLA TESTA AI PIEDI

Post n°3122 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi. Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.  A percorrerla non bastano i cinquanta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.  Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un «linguaggio a lunga conservazione».  È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: «Convertiti e credi al Vangelo».  Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima Domenica delle Palme. Se no, le allusioni all’impegno per la pace, all’accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione.  Quello «shampoo alla cenere», comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.  Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino. È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l’abbiamo «udita con gli occhi», pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l’offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio. Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate. Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo? «Una tantum» per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni! Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua. La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri. Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi. - don Tonino Bello, Vescovo -

 
 
 

IN TELEVISIONE TUTTO O.K. SE SEI FAVOREVOLE AGLI ABORTI DEI BAMBINI. MA GUAI A CHI TOCCA I GATTI!!!

Post n°3121 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Mai dire gatto, se non ce l’hai nel sacco. Perché, in caso contrario, è il gatto a metterti nel sacco. Ne sa qualcosa il povero Beppe Bigazzi che, per fare il gourmet controcorrente, ci ha lasciato le penne. Bigazzi - l’enogastronomo dai superpoteri culinari della «Prova del cuoco» su Raiuno - mercoledì scorso ha voluto fare il fenomeno a tutti i costi. E così, davanti alle telecamere, ha sfornato una ricetta su come «cucinare il gatto in umido», dispensando non pochi particolari: «È un famoso piatto del Valdarno, io l’ho assaggiato ed è molto più buono di tanti altri animali. Lo si teneva per tre giorni nell’acqua del torrente, per preparare al meglio le sue carnine bianche». Boom. I miagolii di protesta hanno cominciato a levarsi alti, più che nel film «Gli Aristogatti». Gli animalisti che, non appena si toccano le loro bestiole diventano peggio delle belve feroci, con scatto felino si sono avventate su Bigazzi chiedendo la sua testa. Un’esagerazione? Mica tanto, visto che la Rai, con una solerzia da fare invidia a gatto Silvestro, li ha accontentati: Bigazzi è stato sospeso dalla trasmissione di mezzodì più amata dalle massaie. L’algida Elisa Isoardi (che ha ereditato la conduzione della «Prova del cuoco» dalla fin troppo accaldata Antonella Clerici), ieri ha annunciato in diretta il provvedimento blocca-Bigazzi. L’Enpa e i Verdi cantano vittoria e sorridente appare anche il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini prontamente scesa in campo annunciando che «si sarebbe rivolta al Garante e al direttore generale della Rai». Graffia forte la Martini: «È inaudito che in una trasmissione del servizio pubblico si esalti il consumo di carne di gatto. Ai responsabili si potrebbe addirittura contestare il delitto di istigazione a delinquere». Cavolo, vuoi vedere che Bigazzi finisce al fresco per colpa del micio che lui voleva fare in umido? Ma Bigazzi, proprio come i gatti, ha sette vite e di certo saprà risorgere. Del resto l’affetto dei suoi fan non gli manca: non a caso sul suo sito sono arrivati decine di attestati di solidarietà. Chi invece non ci sta a perdonarlo è Cristina Morelli, responsabile per i Verdi dei diritti degli animali: «La decisione di sospendere Beppe Bigazzi era doverosa dal momento che fino ad ora non abbiamo assistito a nessuna dichiarazione di dissociazione da parte dei vertici Rai. Ci auguriamo che Bigazzi e gli autori della trasmissione vogliano tornare sui loro passi e scusarsi con i tanti telespettatori che come noi Verdi si sono indignati di fronte a tale episodio». Morelli inoltre ricorda che il 17 febbraio si celebra in tutto il mondo la festa del gatto e a maggior ragione, invita al rispetto degli animali, dovuto anche e soprattutto da un servizio pubblico qual è la Rai: «La Rai non può e non deve limitarsi a trasmettere saltuari spot contro la violenza sugli animali ma dovrebbe cominciare ad applicare lei stessa alcuni principi universalmente riconosciuti, per esempio eliminando la partecipazione di animali all’interno di programmi di intrattenimento». Anche l’Enpa, che aveva dato mandato ad un avvocato di agire contro la trasmissione per istigazione al maltrattamento di animali, «apprende con soddisfazione dell’avvenuta sospensione di Bigazzi dalla trasmissione “La prova del cuoco”». Il presidente, Carla Rocchi, è implacabile: «Apprezziamo la tempestività con cui l’azienda ha saputo sanzionare un comportamento che riesce a essere al tempo stesso un reato, istigazione al maltrattamento di animali, e una iniziativa di totale povertà di spirito». Tutto giusto, per carità. Ma, cari animalisti, permettete una domanda: siete proprio sicuri che in televisione non si assista, ogni giorno, a cose ben più gravi della gatto-ricetta di Bigazzi? Ma! Anzi, maooooo...
Tratto da un articolo di Nino Materi - miradouro -

 
 
 

IL MEDICO CHE VISITO' ELUANA: LO STATO VEGETATIVO E' VITA, E NON E' QUESTIONE DI FEDE NE' DI DESTRA O DI SINISTRA

Post n°3120 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

«Ci può essere un protocollo su come guarire una polmonite, ma non su come far morire. Eluana è morta soffrendo. Se non ha sofferto era molto sedata e qui i limiti con una eutanasia si confondono».
Questo è il giudizio del professor GIULIANO DOLCE, il medico che nel gennaio del 2008 visitò Eluana Englaro. Riscontrando una serie infinita di contraddizioni in tutta la vicenda che ne decretò la morte per sentenza. Nonostante fosse palese che Eluana fosse viva e che persistesse in lei una «coscienza sommersa». Il professore racconta la sua esperienza e le sue impressioni a ilsussidiario.net

Professor Dolce, ieri ricorreva un anno dalla morte di Eluana Englaro. Cosa ricorda?
Ebbi la possibilità di visitarla. La storia di Eluana è nota; ed è noto che il suo non è stato soltanto una caso clinico. Già poche ore dopo l’incidente il padre si scontrò col primario di rianimazione, perché non voleva che fosse intubata. Naturalmente il primario non poté acconsentire ad una richiesta simile. Da allora Englaro iniziò la sua famosa «battaglia» che si concluse con la tumulazione della figlia.

Lei visitò Eluana con il consenso del padre e trovò che era capace di deglutire. È così?
Esatto. Io ero convinto che Eluana non fosse in stato vegetativo, che di per sé è molto raro. Chiesi al padre il permesso di visitarla, lui me lo concesse e andai a Lecco a visitare Eluana. La trovai in ottime condizioni generali, però era effettivamente in stato vegetativo, anche dopo 17 anni. Ebbi un colloquio con la suora che la accudiva e che le era molto affezionata: mi disse che erano anni che cercava un contatto con lei, ma la ragazza non aveva dato il minimo segno di reazione. Eluana era alimentata e idratata con un sondino naso gastrico. Nei primi anni la madre la alimentava per bocca, ma poi diradò le visite e fu posizionato un sondino. Io però notai che deglutiva ancora la saliva: a volte questi malati lo fanno, a volte no. Questo che cosa poteva cambiare?È un elemento che incontra il problema della sentenza.

Cosa disse la Cassazione? Che per autorizzare l’interruzione dell’alimentazione la condizione di stato vegetativo della paziente avrebbe dovuto essere giudicata clinicamente come irreversibile. Premessa: non si può dare una prova scientifica certa che un paziente non possa risvegliarsi anche dopo lunghissimo tempo. Infatti è accaduto. La sentenza milanese parlava poi di «stato vegetativo permanente». Ma questa espressione è sbagliata altrimenti chi definisce lo stato permanente si arroga il diritto di decretare una prognosi irreversibile e infatti la logica era che siccome Eluana non dava segni di reversibilità cognitiva, si poteva - anzi si «doveva» - farla morire.

Il punto?
Questa condizione irrevocabilmente «permanente» andava verificata ma questo non è stato fatto. Io la visitai in mezz’ora, solo per accertare lo stato vegetativo, ma occorreva che un collegio di tre esperti accertasse lo stato irreversibile. Quando Eluana venne portata a Udine scrissi una lettera al direttore sanitario della clinica dicendo che l’avevo visitata e che avevo riscontrato la deglutizione. E che bisognava fare un esame speciale per capire se la deglutizione naturale era conservata al punto tale da poter mantenere in vita Eluana alimentandola per bocca. Questo perché il tribunale di Milano aveva autorizzato solo la sospensione dell’alimentazione artificiale, ma non fu fatto nulla. Lei mi chiede il punto, ma il punto non è ancora questo.

Si riferisce alla contraddittorietà della sentenza?
Sì. Qui ci si divide tra chi è d’accordo con il fare l’abbandono attivo e chi non è d’accordo, ma resta il fatto che nessun medico al mondo fa qualcosa che produce direttamente la morte del malato. Invece la sentenza autorizzava il tutore a sospendere ogni cura, comprese alimentazione e idratazione, prescrivendo al contempo che non bisognasse far soffrire Eluana, somministrandole le sostanze adatte a eliminare i dolori. Ma Eluana non era malata, era in uno stato di grave disabilità e nella condizione di non potersi alimentare da sola. Alimentazione e idratazione non erano e non sono una terapia, ma ciò di cui una persona in stato vegetativo ha bisogno per vivere, esattamente come accade per noi.

Crede che i suoi colleghi non si siano comportati in modo deontologicamente corretto?
Non lo hanno fatto perché un medico non può adoperarsi per far morire una persona. Sapevano infatti che senza mangiare e senza bere sarebbe morta. Non è ammissibile che in un paese civile come l’Italia una persona venga lasciata morire di sete. Io, medico, per eseguire la sentenza di un tribunale faccio una tortura! Per evitare le sofferenze somministro sedativi e, quindi, «curo» contravvenendo così il dispositivo della sentenza stessa del tribunale. Non ci si può rifugiare in un «protocollo». Ci può essere un protocollo su come guarire una polmonite, ma non su come far morire. Eluana è morta soffrendo. Se non ha sofferto era molto sedata e qui i limiti con una eutanasia si confondono. I pazienti in stato vegetativo, è dimostrato scientificamente, provano dolore.

Tutto quello che lei ha detto finora si basa sul presupposto che lo stato vegetativo sia una vita in senso proprio.
È una vita che non ci manda segnali visibili, e che potremmo ritenere imperscrutabile e da qui - erroneamente - inesistente. Al contrario, è vita vera. Gli studi di Owen e di Laurys, facendo ricorso ad esperimenti molto avanzati, hanno dimostrato che una piccola percentuale di pazienti in stato vegetativo risponde sì-no a stimoli fatti di domande elementari.

Questo dimostra che la coscienza è viva e operante?
Viva e operante no. Piuttosto questi esperimenti dimostrano che c’è attività di coscienza anche in assenza di consapevolezza. Noi stessi nel nostro centro di Crotone (Istituto Sant’Anna, ndr) siamo pervenuti agli stessi risultati ma con altri approcci. Abbiamo verificato che il cervello emette i correlati fisici delle emozioni. È quello che abbiamo chiamato l’«effetto mamma».

In cosa consiste?
Le mamme solitamente affermano che i loro figli le sentono e le capiscono mentre un esterno non vede nulla. Una serie di esperimenti ci hanno dimostrato che quando una madre parla al malato egli effettivamente risponde con riflessi psicogalvanici come quelli che fanno funzionare una macchina della verità. La «misura» delle emozioni è possibile valutarla con il calcolo della variabilità del ritmo cardiaco. Ma se a parlare è un estraneo questi riflessi non ci sono. Tutto questo dice che durante lo stato vegetativo il malato è escluso dal mondo esterno, ma non lo è altrettanto dal mondo interno. C’è un mondo interno che «non si spegne».

La vita in stato vegetativo ha una sua dignità?
Sì. Ho davanti una persona che non esprime volontà di coscienza chiara - si chiama «coscienza sommersa» - ma non è un corpo abbandonato, perché il suo cervello oltre ad essere vivo, lavora. Dorme, sta sveglio, si emoziona. Su cento pazienti in stato vegetativo solo sette rimangono nello stato di Eluana. Gli altri si svegliano, chi dopo uno, due, tre anni. Una percentuale rilevante (80 per cento)di pazienti in stato vegetativo da trauma cranico riprendono l’attività di coscienza. Conosco casi di persone che guidano l’autobus, fanno il tassista, vanno a scuola, sono laureati, sposati, si sono dimenticati di aver avuto questa malattia.

Secondo lei Eluana Englaro è morta invano?
Il mio timore è che non si sia capito che lo stato vegetativo non è di destra o di sinistra. Vorrei invece che fosse la misura della civiltà del nostro popolo. Alla domanda: si può vivere in questo modo?, tutti direbbero di no, ma la loro è vita e non possiamo abbandonarli. Esaurita la fase cronica le cure cessano e il malato è guarito. Può aver perso delle funzionalità e avere disabilità gravi, ma è un disabile, non un ammalato. Non chiede niente e ha bisogno di tutto. Me ne devo fare carico. E mantenerlo fin che muore per vie naturali.

Lei non ne fa dunque una questione di fede.
Non c’entra niente la fede. C’entra che da persona civile accudisco un’altra persona che non può farlo da sé. Costa allo stato cento euro al giorno o 200mila euro l’anno? Si tratterà di fare un uso più razionale delle risorse. Quelle stesse risorse con le quali magari lo stato compra tre elicotteri che costano cinque volte di più. Se uno invece di essere come Eluana è un disoccupato o un emarginato, un «ramo secco» della società, facciamo fuori anche lui? Eluana ha occupato con clamore le cronache nazionali, ma io conosco tremila persone in Italia che accudiscono un familiare in stato vegetativo. Nessuno si lamenta ed i familiari li accudiscono con amore e mi dicono che è meglio avere la loro compagnia che andare al cimitero a portare i fiori.

C’è dibattito sul testamento biologico. Cosa direbbe ai politici?
Uno vuole rinunciare alle cure? Noi medici non lo curiamo. Ma in una situazione di emergenza, in cui non si sa quello che la persona vorrà fare, non la si può lasciar morire. Sappiamo che tutti i testamenti possono essere cambiati da chi fa testamento in un qualsiasi momento. Ma una persona in stato vegetativo non lo può fare. Ecco perché potrà morire per malattia, ma non deve morire per sete. - da il sussidiario -

 
 
 

PREGHIERA NEL GIORNO DEL DIGIUNO

Post n°3119 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Padre, oggi ho deciso di nutrirmi di solo pane per comprendere meglio il valore del Pane celeste: la presenza di tuo Figlio nell'Eucarestia. Fa che attraverso il digiuno crescano in me fede e fiducia!

Padre mi sono deciso per il digiuno perché so che fa crescere in me il desiderio di Te. Attraverso il digiuno desidero ascoltare e vivere con più impegno la tua Paola. Con gioia e gratitudine ripenso alle parole di tuo Figlio: "Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli." Padre rendimi povero davanti a Te. Dammi la grazia di capire per mezzo del digiuno, come Tu mi sei necessario! Fa che mediante il digiuno cresca il mio desiderio per Te, che il mio cuore aneli verso di Te come la cerva anela alle sorgenti d'acqua e il deserto sospira le nuvole cariche di pioggia!

Padre fa che mediante questo digiuno cresca in me la comprensione e la solidarietà verso chi ha fame e sete, verso coloro non hanno beni materiali. Aiutami a capire cosa non mi serve delle cose che possiedo per darle a chi è nel bisogno.
Padre, donami la grazia di comprendere che sono pellegrino su questa terra e che quando passerò all'altro mondo non potrò portare nulla con me se non l'amore e le buone opere! Fa' che pur avendo dei beni io sia consapevole di non avere nulla di mio, ma che tutto ho ricevuto come per esserne un amministratore fedele.

Padre dammi la grazia attraverso questo mio digiuno di diventare più umile e pronto a compiere la tua volontà. Perciò purificami dall'egoismo e dalla superbia, liberami da ogni cattiva abitudine, placa le mie passioni, accresci in me le virtù.
Padre fa' che questo mio digiuno apra la mia anima alla Tua grazia che mi purifica e mi riempie.
Aiutami ad essere simile al Tuo Figlio in ogni tentazione ed in ogni prova, a respingere ogni seduzione del male accogliendo la Tua Parola.

Oh Maria, tu eri completamente libera nel tuo cuore, non eri legata ad alcuna cosa se non alla volontà del Padre: chiedi per me la grazia di fare un digiuno gioioso per cantare con te il cantico della riconoscenza! Fa' che nella mia decisione di digiunare io sia forte e perseverante. La difficoltà e la fame che sentirò oggi le voglio offrire per tutti gli uomini. Maria, prega per me! Per tua intercessione e per la forza della tua protezione si allontanino da me ogni male ed ogni tentazione diabolica. Insegnami, o Maria, a digiunare ed a pregare perché di giorno in giorno divenga sempre più simile a te ed a tuo Figlio Gesù Cristo nello Spirito santo amen. -Slavko Barbaric ofm  [Info da Medju] -

Nel periodo che ci avvicina alla S. Pasqua siamo più portati a meditare a fondo la Passione che il Signore Gesù ha sofferto per noi. Ogni singola piaga, ogni singola goccia di sangue di Gesù ha un valore infinito e quelle sofferenze non si possono classificare. Pensiamo che ogni anima sia in grado di aiutare le altre a scoprire in modo particolare degli aspetti del Sacrificio di Gesù che in fondo non potremo mai meditare abbastanza. Allora quale rinuncia in questa quaresima? Quale obiettivo da raggiungere? La nostra lista si concentrerà in modo particolare alla spiritualità chiedendo a voi tutti di contribuire a creare quell'unione dei cuori tra noi tanto necessaria per il tempo di Quaresima. Ci mettiamo in unione con il Signore Gesù attraverso l'apertura dei cuori con il vero desiderio di conversione quotidiana.

IL DIGIUNO

Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l'astinenza a norma dei canoni che seguono.. La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, a un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi. L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.

Il digiuno e l’astinenza devono essere osservati il Mercoledì delle ceneri (o il primo Venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il Venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo; sono consigliati il Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale. Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato; alla legge dell’astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età. Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute.

Il digiuno puo' essere scelto fra tre forme:

-quella di un solo pasto nell'arco della giornata;

-quella "a pane e acqua";

-quella in cui si attende il tramonto del sole per assumere cibo.

Ricordiamo che la forma che ci consiglia la Madonna a Medjugorje è quella a pane ed acqua. "Nel Vecchio Testamento, si parla spesso di digiuno. I profeti esortavano il Popolo Eletto al digiuno. E possiamo rinvenire due situazioni particolari in cui veniva richiesto il digiuno. Innanzitutto lo si richiedeva nelle situazioni difficili; se incombeva una catastrofe per rimanerne illesi o per sfuggirle. E troviamo, a proposito, le parole dei profeti che dicevano: "Convertitevi, digiunate, solo allora non ci sarà questa sventura!" L’altra situazione era in caso di schiavitù, in cui dicevano: "Pregate, digiunate, e il Padre vi libererà dalla servitù". Nel Nuovo Testamento, Gesù ha parlato del digiuno, lo ha richiesto, ed Egli stesso ha digiunato. Anche gli apostoli hanno digiunato, e sicuramente anche la Madonna. Ella, in quanto figlia del popolo di Israele ancora prima di diventare Madre di Gesù, digiunava due volte la settimana, il lunedì e i! giovedì. Infatti, questo digiuno degli Israeliti ricorre anche nella vicenda della preghiera del fariseo e del pubblicano nel tempio, quando il fariseo disse: "Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo." (Lc18,12). In seguito nella Chiesa si continuò a digiunare sempre due volte la settimana, il mercoledì e il venerdì. Si può così supporre che anche la Madonna, quale buona cristiana, digiunasse in questi due giorni. A tutti è chiaro il motivo per cui si deve digiunare di venerdì. In questo giorno della settimana i cristiani desiderano ricordare, in maniera particolare, la passione e la morte di Gesù. Ma perché digiuniamo il mercoledì? Secondo la tradizione ecclesiastica, il mercoledì della settimana santa, Giuda andò dai farisei per pattuire con loro quando e per quanti soldi avrebbe tradito Gesù. E così, per amore devoto verso Gesù, la Chiesa decise di introdurre anche questo mercoledì. Ai nostri giorni: Attualmente la Chiesa ci fa obbligo di osservare un digiuno stretto due volte l’anno, il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo. La Madonna ci richiede quindi di più rispetto alla Chiesa ufficiale. Questo però non contraddice quanto deciso dalla Chiesa solo perché essa ha ridotto l’obbligo del digiuno a un minimo. La gente ha sfruttato questa libertà limitando il digiuno al minimo richiesto. Ma anche la Madonna sfrutta questa libertà della Chiesa: Ella sa che la Chiesa non ha vietato il digiuno, per cui ci invita a praticano. Si deve però rilevare che si tratta di un invito, e non di una norma come per il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo." (da "Il Digiuno: una via verso la pace" di P.Slavko Barbaric)

LE SACRE CENERI

Le ceneri: segno di conversione

L'origine del Mercoledì delle ceneri è da ricercare nell'antica prassi penitenziale. Originariamente il sacramento della penitenza non era celebrato secondo le modalità attuali. Il liturgista Pelagio Visentin sottolinea che l'evoluzione della disciplina penitenziale è triplice: "da una celebrazione pubblica ad una celebrazione privata; da una riconciliazione con la Chiesa, concessa una sola volta, ad una celebrazione frequente del sacramento, intesa come aiuto-rimedio nella vita del penitente; da una espiazione, previa all'assoluzione, prolungata e rigorosa, ad una soddisfazione, successiva all'assoluzione". La celebrazione delle ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì santo. Nel tempo il gesto dell'imposizione delle ceneri si estende a tutti i fedeli e la riforma liturgica ha ritenuto opportuno conservare l'importanza di questo segno.

La teologia biblica rivela un duplice significato dell'uso delle ceneri.

1 - Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell'uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere..." (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: "Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere" (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell'uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 - Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: "I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere" (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: "Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore" (Gdt 4,11).

La semplice ma coinvolgente liturgia del mercoledì delle ceneri conserva questo duplice significato che è esplicitato nelle formule di imposizione: "Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai" e "Convertitevi, e credete al Vangelo". Adrien Nocent sottolinea che l'antica formula (Ricordati che sei polvere...) è strettamente legata al gesto di versare le ceneri, mentre la nuova formula (Convertitevi...) esprime meglio l'aspetto positivo della quaresima che con questa celebrazione ha il suo inizio. Lo stesso liturgista propone una soluzione rituale molto significativa: "Se la cosa non risultasse troppo lunga, si potrebbe unire insieme l'antica e la nuova formula che, congiuntamente, esprimerebbero certo al meglio il significato della celebrazione: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai; dunque convertiti e credi al Vangelo". Il rito dell'imposizione delle ceneri, pur celebrato dopo l'omelia, sostituisce l'atto penitenziale della messa; inoltre può essere compiuto anche senza la messa attraverso questo schema celebrativo: canto di ingresso, colletta, letture proprie, omelia, imposizione delle ceneri, preghiera dei fedeli, benedizione solenne del tempo di quaresima, congedo. Le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì ma sarà opportuno indicare una celebrazione comunitaria "privilegiata" nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando. - www.lachiesa.it/liturgia

 
 
 

ANTONIO SOCCI: LA NOSTRA CATERINA.....

Post n°3118 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
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In tanti, veramente tanti di voi mi chiedono di Caterina.... Ho difficoltà a spiegare anche perché non posso entrare nei particolari. Diciamo che la sua situazione è sempre molto delicata. Ha bisogno veramente tanto delle nostre preghiere ardenti. E sono certo che ognuna delle vostre preghiere arriva diritta al cuore di Dio, tramite Maria Santissima, nostra Madre. Per questo vi ringrazio ancora di cuore, con tutta l´anima, certo che la Regina della pace riempirà il nostro cuore di meraviglia e di felicità. E dedico a voi, come dedico a Caterina (che quel giorno era a Loreto) queste parole del papa, Benedetto XVI, pronunciate al raduno dei giovani del 2 settembre 2007. Mi sembra il modo migliore di entrare nella Quaresima e trovo che siano parole commoventi per Caterina. Il Papa disse: "In questo momento ci sentiamo come attorniati dalle attese e dalle speranze di milioni di giovani del mondo intero (...). A tutti vorrei giungesse questa mia parola: il Papa vi é vicino, condivide le vostre gioie e le vostre pene, soprattutto condivide le speranze più intime che sono nel vostro animo e per ciascuno chiede al Signore il dono di una vita piena e felice, una vita ricca di senso, una vita vera. Purtroppo oggi, non di rado, un´esistenza piena e felice viene vista da molti giovani come un sogno difficile, e qualche volta quasi irrealizzabile. Tanti vostri coetanei guardano al futuro con apprensione e si pongono non pochi interrogativi. Si chiedono preoccupati: come inserirsi in una società segnata da numerose e gravi ingiustizie e sofferenze? Come reagire all´egoismo e alla violenza che talora sembrano prevalere? Come dare un senso pieno alla vita? Con amore e convinzione ripeto a voi, giovani qui presenti, e attraverso di voi, ai vostri coetanei del mondo intero: Non abbiate timore, Cristo può colmare le aspirazioni più intime del vostro cuore! Ci sono forse sogni irrealizzabili quando a suscitarli e a coltivarli nel cuore è lo Spirito di Dio? C´è qualcosa che può bloccare il nostro entusiasmo quando siamo uniti a Cristo? Nulla e nessuno, direbbe l´apostolo Paolo, potrà mai separarci dall´amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore (Cf Rm 8, 35-39). Lasciate che questa sera io vi ripeta: ciascuno di voi se resta unito a Cristo, può compiere grandi cose. Ecco perché, cari amici, non dovete aver paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene e non dovete lasciarvi scoraggiare dalle difficoltà. Cristo ha fiducia in voi e desidera che possiate realizzare ogni vostro più nobile ed alto sogno di autentica felicità. Niente è impossibile per chi si fida di Dio e si affida a Lui. Guardate alla giovane Maria!". - Antonio Socci -

 
 
 

PEDOFILIA? LONDRA, L'ULTIMA FRONTIERA DEL MARKETING: "BIMBI PROMOTER INGAGGIATI SUL WEB"

Post n°3117 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
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Piccoli promotori crescono. L'ultima frontiera del marketing è reclutare direttamente bambini e ragazzi attraverso i social network, offrendo soldi in cambio di pubblicità. Li chiamano "brand ambassadors", ambasciatori di marchi. I ragazzini devono diffondere un prodotto attraverso il passaparola del web, sfruttando la loro rete di amici e compagni di scuola. Gli esperti hanno calcolato che ogni bambino, oltre a essere un potenziale consumatore, può anche funzionare come un gigantesco moltiplicatore del messaggio pubblicitario: più efficace di tanti spot e manifesti. Il nuovo sito inglese specializzato in questo tipo di marketing si chiama Dubit. In pochi mesi è già diventato una potenza su Internet, provocando proteste di genitori e associazioni che difendono l'infanzia. L'agenzia ha reclutato centinaia di migliaia di bambini dai sette anni in su, con la promessa di regali e di una paghetta fino a 25 sterline (circa 28 euro) a settimana. Il responsabile, Adam Hildreth, precisa che Dubit chiede sempre l'autorizzazione dei genitori, almeno per chi ha meno di 16 anni. Ma si sono verificati molti casi nei quali i bambini sono riusciti ad aggirare il controllo della famiglia, entrando lo stesso nel circuito dell'agenzia. "E' un sistema diabolico" commenta Richard O'Hagan, avvocato per l'infanzia che chiede al governo britannico di approvare con urgenza una normativa. Dubit funziona come una grande comunità di bambini e adolescenti. Basta iscriversi, segnalando gusti e preferenze, per cominciare a ricevere inviti a eventi di promozione, feste con volantinaggio. Gli iscritti possono anche avere a casa campioni gratuiti di alcuni prodotti. Il servizio è stato usato per il momento da grandi multinazionali come Mattel o Coca-Cola. "L'idea di passare per i social networks - osserva O'Hagan - è anche un modo di scavalcare la televisione, un mezzo dove ormai ci sono più controlli e vengono diffusi messaggi salutisti contro il junk food". Secondo l'economista Ed Mayo, autore di un libro sui consumi dell'infanzia, si sono iscritti a Dubit già oltre mezzo milione di piccoli promoter inglesi. I bambini non fanno soltanto pubblicità diretta ma diventano anche una preziosa fonte di informazione: devono rispondere a questionari su mode e nuove tendenze giovanili. Una tattica già usata con successo dalle case discografiche. Il sito dell'agenzia americana in4merz. com, ha creato una comunità di diecimila adolescenti per promuovere cantanti come Lady Gaga e Alexandra Burke. Anche in quel caso i ragazzi sono diventati "brand ambassadors", soldatini inconsapevoli dell'impero pubblicitario. - Isegnideitempi -

 
 
 

LA CHIESA E I BAMBINI: NON C'E' COLLEGAMENTO FRA LA PEDOFILIA E IL CELIBATO

Post n°3116 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
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L'abuso sessuale sui minori da parte di sacerdoti cattolici è un crimine particolarmente ripugnante. Il sacerdote, infatti, ha un ruolo paterno nei confronti del minore e quindi l'atto ha in sé qualcosa d'incestuoso. Rischia così di andare persa la fiducia di base nella credibilità dei rapporti umani, e proprio la Chiesa non può rimanere indifferente quando in questo modo viene distrutta o gravemente scossa anche la fiducia in Dio. Ora, nel 2002 la Conferenza episcopale tedesca ha diffuso delle direttive, in base alle quali tutte le diocesi hanno introdotto una procedura chiara. Sono stati nominati degli interlocutori per le vittime, istituiti gruppi di esperti, chiamati importanti specialisti tedeschi per le perizie. In tutto ciò non ha avuto alcuna importanza l'appartenenza religiosa degli esperti. Due anni fa, poiché erano emerse accuse contro un parroco defunto, l'arcidiocesi di Colonia si è presentata spontaneamente in pubblico per chiedere alle altre vittime di farsi avanti. Con successo. Anche l'apertura nei confronti della stampa, dimostrata ora dal direttore del Kanisiuskolleg a Berlino, segue questa linea. Riducendo all'essenziale l'attuale agitarsi della stampa tedesca, i casi degli anni Settanta e Ottanta di cui si è venuti ora a conoscenza mostrano ancora una volta quanto siano importanti le misure prese alcuni anni fa. Non sono vere novità. Se il clamore pubblico supera ogni confine, vi sono motivi socio-psicologici. Nella nostra "società senza padre", prefigurata da Alexander Mitscherlich, e in cui tutti rifiutano i compiti di dare regole e di introdurre nella storia, compiti che Freud attribuiva al padre, alla Chiesa cattolica spetta un ruolo poco attraente. Nel vuoto lasciato dalla "assenza interna ed esterna di padri", la pubertà e la protesta cadono nel nulla. I sessantottini avevano nel cancelliere federale dell'epoca, Kiesinger, un padre sostitutivo da libro illustrato. Oggi, i politici, sostenuti demoscopicamente, evitano qualsiasi protesta e, se necessario, sarebbero disposti a unirsi a una manifestazione di protesta contro se stessi. Anche il padre Stato non esiste più. Soprattutto, i tedeschi, devoti all'autorità, ai quali sono venuti meno per sempre i loro imperatori e le loro guide, aggirano questo vuoto e hanno trovato nella Chiesa cattolica un oggetto sostitutivo contro il quale rivolgere le proteste. Che a capo di questa Chiesa vi siano degli uomini, e a capo di tutto un Santo Padre, facilita la proiezione di tutti i conflitti non vissuti con il padre, della pubertà recuperata, di tutte le proteste non altrimenti indirizzabili, su una istituzione che riconosce delle norme e che non nega la sua identità storica. Il sesso è il tema preferito della pubertà e, in effetti, quando si tratta di agire contro la Chiesa non di rado appare puberale il contributo ai dibattiti di persone per il resto completamente adulte. Allora, qualcuno per attaccare il celibato non esita perfino a ricorrere alla vecchia tesi macho che "il sesso è necessario". Soprattutto, però, per noi tedeschi la Chiesa cattolica è adattissima a dispensarci dalle nostre responsabilità storiche. Quando Papa Giovanni Paolo ii, allo Yad Vashem, trovò parole commoventi che suscitarono profonda impressione in Israele, ma anche in America, furono soprattutto i tedeschi a criticarlo perché avrebbe dovuto scusarsi in modo più chiaro per la Shoah. Immaginiamo: il Papa polacco, anche lui vittima dell'occupazione tedesca, viene invitato dai tedeschi a scusarsi con maggior vigore per le colpe tedesche! Difficile est satiram non scribere. Nel 1970 il noto sessuologo Eberhard Schorsch durante un intervento al Bundestag, senza essere contestato dichiarò: "Un bambino sano in un ambiente intatto elabora le esperienze sessuali non violente senza che abbiano conseguenze negative durature". L'ambiente di sinistra coccolava i pedofili. Nel 1969, prima di congedarsi per entrare nella Rote Armee Fraktion, Jan Carl Raspe nel suo Kursbuch elogiò la Comune ii, dove gli adulti spinsero i bambini, nonostante la loro resistenza, a tentativi di rapporti sessuali. Tra i Verdi, nel 1985 vi fu la richiesta di decriminalizzare il sesso con i bambini e nel 1989, la celebre casa editrice Deutscher Ärtzteverlag pubblicò un libro che chiedeva apertamente che venissero permessi i contatti pedosessuali. All'epoca si combatteva in particolare la morale sessuale cattolica in quanto ostacolo repressivo alla "emancipazione della sessualità infantile". Solo alla fine degli anni Ottanta soprattutto i consultori femministi hanno giustamente spiegato che non esistono rapporti sessuali non violenti tra bambini e adulti. Tuttavia, non è sempre stato facile trovare una via di mezzo adeguata tra banalizzazione e scandalo. Poi l'ondata investì anche la Chiesa cattolica e molti suoi rappresentanti non riuscirono più a capire il mondo. Se fino a poco prima coloro che avevano sostenuto la decriminalizzazione della pedofilia li avevano messi in ridicolo per la loro morale rigida e del tutto fuori moda, improvvisamente si ritrovavano a essere loro i veri malfattori a causa del loro lassismo. Anche nel dibattito attuale solitamente viene ignorato il contesto sociale e la Chiesa cattolica viene isolata come capro espiatorio di tutti questi sogni anormali e scandalosi del sesso infantile fatti quarant'anni fa in ambienti alternativi. I critici della Chiesa, e anche alcuni suoi rappresentanti, colgono la gradita opportunità per far suonare il solito disco: la colpa è delle strutture ecclesiastiche, della morale sessuale, del celibato. Non è però altro che un aperto abuso degli abusi, ma soprattutto una pericolosa disinformazione che protegge i colpevoli. La verità è che tutte le istituzioni che hanno a che fare con bambini e giovani attirano persone che cercano un contatto illecito con i minori. Ciò vale per le associazioni sportive, per le strutture di assistenza ai giovani e naturalmente anche per le Chiese. Uno dei principali esperti in Germania, Hans-Ludwig Kröber, non trova nessuna indicazione di una maggiore frequenza di casi di pedofilia tra gli insegnanti celibi rispetto agli altri. Purtroppo la scienza non ha ancora saputo sviluppare un metodo di screening che consenta di individuare tali persone. Rimane quindi solo l'osservazione responsabile e la pronta reazione in caso di anomalie. In questo le strutture della Chiesa sono perfino d'aiuto. Essa può reagire in modo più coordinato e professionale rispetto a una associazione sportiva locale. D'altro canto, se del responsabile dei giovani che ha commesso abusi in Bassa Baviera si parla solo nelle pagine della cronaca del giornale locale, quando si tratta di un parroco ci sono titoloni in tutto il Paese. Giustamente, dato che si tratta di un grave reato. Però in questo modo viene creata un'immagine distorta per quanto riguarda la frequenza. Inoltre, la combinazione di sacralità, sessualità e volti di bambini certamente suscita sempre particolare attenzione. Qualunque cosa si possa pensare della morale sessuale cattolica, anche nei tempi della banalizzazione della pedofilia, essa era, per chiunque la rispettava, un baluardo contro l'abuso dei bambini. E citare in questo contesto il celibato è un atto particolarmente irresponsabile. In una conferenza che si è tenuta a Roma nel 2003, i principali esperti internazionali - tutti non cattolici - hanno dichiarato che non esiste un collegamento tra questo fenomeno e il celibato. Certamente il riferimento al celibato non di rado rientra nelle menzognere strategie di discolpa di quanti commettono gli abusi. Naturalmente si favorisce la causa dei colpevoli, anche in modo non intenzionale, se ora si diventa preda di un "furore di autoflagellazione" (Kröber) e si fa rivivere la caricatura del vecchio mito dei gesuiti - segretezza, "trattamento individuale" intensivo - citandola come possibile causa. Ovviamente tutti i contatti a due possono essere strumentalizzati da quanti commettono gli abusi. Il dieci per cento degli psicoterapeuti prima o poi supera il confine dell'abuso. Ma la psicoterapia stessa non è responsabile dell'abuso, proprio come non lo è la cura delle anime ignaziana, anche quella rivolta agli scolari. Occorre sfruttare senza paraocchi le scoperte della scienza, prendere misure protettive e preventive e cercare la trasparenza. Qualsiasi vescovo che oggi volesse ancora nascondere sotto il tappeto una qualunque cosa in questo campo dovrebbe avere perso completamente il senno. A noi tedeschi, però, bisogna augurare di trovare finalmente il coraggio di rinunciare alle solite proiezioni quando si tratta di questo tema serio e di accettare la banalizzazione degli abusi sessuali sui bambini che è stata compiuta per lungo tempo come parte della colpa di tutti noi. Si può prendere esempio da Eberhard Schorsch, che nel 1989 ha preso pubblicamente le distanze dalla sua affermazione sconsiderata del 1970. - Manfred Lütz - Isegnideitempi -

 
 
 

A CHE SERVE PREGARE?

Post n°3115 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
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"Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda"

«"Questo vi dico: ‘Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda’". Una breve catechesi sulla preghiera, che ci sorprende sempre di nuovo. Due volte in questo capitolo 15 il Signore dice "Quanto chiederete vi do" e una volta ancora nel capitolo 16. E noi vorremmo dire: "Ma no, Signore, non è vero". Tante preghiere buone e profonde di mamme che pregano per il figlio che sta morendo e non sono esaudite, tante preghiere perché succeda una cosa buona e il Signore non esaudisce. Che cosa vuol dire questa promessa? Nel capitolo 16 il Signore ci offre la chiave per comprendere: ci dice quanto ci dà, che cosa è questo tutto: la charà, la gioia: se uno ha trovato la gioia ha trovato tutto e vede tutto nella luce dell’amore divino. Come san Francesco, il quale ha composto la grande poesia sul creato in una situazione desolata, eppure proprio lì, vicino al Signore sofferente, ha riscoperto la bellezza dell’essere, la bontà di Dio, e ha composto questa grande poesia. E’ utile ricordare, nello stesso momento, anche alcuni versetti del Vangelo di Luca, dove il Signore, in una parabola, parla della preghiera, dicendo: "Se già voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre nel cielo darà a voi suoi figli lo Spirito Santo". Lo Spirito Santo – nel Vangelo di Luca – è gioia, o in altre parole, da Dio non chiediamo qualche piccola o grande cosa, da Dio invochiamo il dono divino, Dio stesso; questo è il grande dono che Dio ci dà: Dio stesso. In questo senso dobbiamo imparare a pregare, pregare per la grande realtà, per la realtà divina, perché egli ci dia se stesso, ci dia il suo Spirito e così possiamo rispondere alle esigenze della vita e aiutare gli altri nelle loro sofferenze. Naturalmente, il Padre nostro ce lo insegna. Possiamo pregare per tante cose, in tutti i nostri bisogni possiamo pregare: "Aiutami!" Questo è molto umano e Dio è umano, come abbiamo visto: quindi è giusto pregare anche per le piccole cose della nostra vita di ogni giorno. Ma, nello stesso tempo, il pregare è un cammino, direi una scala: dobbiamo imparare sempre più per quali cose possiamo pregare e per quali cose non possiamo pregare, perché sono espressioni del nostro egoismo. Non posso pregare per cose che sono nocive per gli altri, non posso pregare per cose che aiutano il mio egoismo, la mia superbia. Così il pregare, davanti agli occhi di Dio, diventa un processo di purificazione dei nostri pensieri, dei nostri desideri. Come dice il Signore nella parabola della vite: dobbiamo essere potati, purificati, ogni girono; vivere con Cristo, in Cristo, rimanere in Cristo, è un processo di purificazione, e solo in questo processo di lenta purificazione, di liberazione da noi stessi e dalla volontà di avere solo noi stessi, sta il cammino vero della vita, si apre il cammino della gioia.
Tutte queste parole del Signore hanno un sottofondo sacramentale. Il sottofondo fondamentale per la parabola della vite è il Battesimo: siamo impiantati in Cristo; e l’Eucaristia: siamo un pane, un corpo, un sangue, una vite con frutto. E così anche questo processo di purificazione ha un sottofondo sacramentale: il sacramento della Penitenza, della Riconciliazione nel quale questa pedagogia divina che giorno per giorno, lungo una vita, ci purifica e ci fa sempre più veri membri del suo corpo. In questo modo possiamo imparare che Dio risponde alle nostre preghiere, risponde spesso con la sua bontà anche alle preghiere piccole, ma spesso anche le corregge, le trasforma e le guida perché possiamo essere finalmente e realmente rami del suo Figlio, della vite vera, membri del suo Corpo, la Chiesa. Ringraziamo Dio per la grandezza del suo amore, preghiamo perché ci aiuti a crescere nel suo amore, a rimanere realmente nel suo amore» [Benedetto XVI, Lectio Divina al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 12 febbraio 2010]. Il giusto modo di pregare è un processo di purificazione interiore che ci fa capaci per Dio e, proprio così, anche capaci per gli uomini. Nella preghiera l’uomo deve imparare che cosa possa veramente chiedere a Dio – che cosa sia degno di Dio. Deve imparare che non può pregare contro l’altro, che Dio costringa l’altro perché Dio, che è amore, non costringe mai, dal momento che un rapporto costretto non è mai un rapporto di amore, l’unico conforme alla natura di Dio che è Amore. Deve imparare che non può chiedere le cose superficiali e comode che desidera al momento – la piccola speranza sbagliata che lo conduce lontano da Dio o dalla meta della vita veramente vita, vita eterna, cui continuamente tendere. Deve purificare i suoi desideri e le sue speranze. Deve liberarsi dalle menzogne segrete con cui inganna se stesso: Dio le scruta, e il confronto con Dio costringe l’uomo a riconoscerle pure lui. "Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dalle colpe che non vedo", prega il Salmista (19,13). Il non riconoscimento della colpa, l’illusione di innocenza non giustifica e non mi salva, perché l’intorpidimento della coscienza, l’incapacità di riconoscere il male come tale in me, è colpa mia. Se non c’è Dio, devo forse rifugiarmi in tali menzogne, perché non c’è nessuno che possa perdonarmi, nessuno che sia la misura vera. L’incontro invece con Dio nella preghiera risveglia la mia coscienza, perché essa non mi fornisca più un’autogiustificazione, non sia più un riflesso di me stesso e dei comportamenti che mi condizionano, soprattutto della pretesa che Dio faccia quello che voglio io, ma diventi capacità di ascolto del Bene stesso e della sua volontà nella qual soltanto c’è la nostra pace, la nostra gioia. - Oliosi, don Gino - Isegnideitempi .

 
 
 

LA LOTTA INTIMA DELL’UOMO DURANTE LA QUARESIMA

Post n°3114 pubblicato il 17 Febbraio 2010 da diglilaverita
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Con il mercoledì delle ceneri che cade quest’anno il 17 febbraio, inizia la Quaresima del 2010. Per i cristiani la Quaresima è : 1. Tempo di Penitenza, tale parola in genere viene vissuta con un senso negativo di sofferenza, castigo, espiazione. In realtà penitenza significa tempo di convalescenza spirituale in cui ci si sforza di fare meglio del solito e quindi di ristabilirsi e guarire. 2. La Quaresima è anche tempo di conversione, dal latino "convertere", cioè cambiare senso di marcia, percorrere una nuova strada. In Quaresima i cristiani sono invitati, attraverso il sacramento della penitenza o riconciliazione, a fare un esame profondo delle loro scelte esistenziali e, se necessario, intraprendere una nuova via. 3. La Quaresima è anche tempo di ripensamento. Per i Greci, il rinnovamento inizia da un cambiamento positivo dei pensieri, il termine metànoia sta ad indicare la qualità del pensiero che poi ispira l’atteggiamento esterno del comportamento: "Dimmi come e cosa pensi e ti dirò come ti comporti!". Se si hanno pensieri di ira, si sarà sempre irascibili e litigiosi; se si coltivano pensieri impuri, si brucerà dal desiderio lussurioso. Tutti noi abbiamo sperimentato uno strano meccanismo psicologico, tante volte quando siamo frustrati a causa delle delusioni o della solitudine, reagiamo mangiando in modo smodato come forma di compensazione. 4. Anche per questo la Quaresima è tempo di digiuno, cioè non solo di purificazione e di disintossicazione del corpo, ma anche come aiuto alla vigilanza dello spirito. Quando digiuniamo siamo più intuitivi, abbiamo maggiormente gli occhi illuminati a vedere e poi a soccorrere le sofferenze altrui. Il digiuno e l’astinenza dalle carni ci portano all’essenziale della vita: "Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" , dice Gesù. 5. La Quaresima è poi tempo di allenamento, cioè rafforzamento della volontà nella libertà, la famosa "autarchia" dei Greci. Siamo invitati a privarci di qualcosa, per esempio il caffè, o le sigarette, o i dolci o altro, per dimostrare a noi stessi che per stare bene non abbiamo bisogno di tali supporti che sono psicologici ancor prima di essere alimentari. Dopo la Quaresima ritorneremo alla cioccolata o al caffè e certamente li assaporeremo con un gusto nuovo che non sarà solo degustativo della golosità ma soprattutto spirituale. Ed infine la Quaresima è tempo di passione. In tale periodo dell’anno liturgico, in tutte le chiese, almeno una volta alla settimana, si fa la Via Crucis, che è un pio esercizio che commemora, attraverso 14 stazioni, le sofferenze di Gesù. In Quaresima dobbiamo chiederci, liberandoci dalle nostre maschere, qual’è la nostra sofferenza? Ognuno di noi porta una croce: qualcuno è rimasto profondamente deluso dalle scelte e dal comportamento dei propri figli; qualcun altro ha sperimentato il fallimento del proprio matrimonio; qualcun altro ha una malattia incurabile oppure è nato con un carattere difficile da sopportare, che è una sofferenza prima ancora che da parte degli altri, per la persona stessa. In Quaresima non dobbiamo fuggire il dolore ma affrontarlo a viso aperto come ha fatto Cristo salendo la collina del Calvario. Non siamo soli ad affrontare la sofferenza, il Signore è con noi, per cui la Croce, da patibolo diventa trono di gloria e di dignità su questa terra e di merito per il Paradiso. La vita spirituale dell’uomo esige ogni anno il tempo di Quaresima perché la vita cristiana autentica esige il combattimento. Essa non è unicamente lotta. È anche ed essenzialmente amore ed amicizia di Dio. Ma quest’elevazione a Dio dell’uomo non si manterrebbe senza uno sforzo da parte sua, senza una difesa irresistibile contro il male incessantemente aggressivo intorno alla vita ed alla persona umana. San Paolo ha tutta una dottrina sul combattimento spirituale imposto al cristiano. Dapprima egli situa il campo di battaglia e distingue le forze presenti ; enumera anche le risorse ed i pericoli propri ad ognuna. Il campo di battaglia non è esteriore all’uomo, è il suo proprio cuore, la sua vita intima dove s’oppongono e si scontrano desideri contraddittori, quelli della carne e quelli dello spirito, i due veri antagonisti. Lotta all’interno, stato permanente dell’uomo in questo mondo questa sottomissione ad una doppia influenza, a due correnti contrarie e veramente costitutive, l’una e l’altra, dell’uomo reale, della sua vita interiore e profonda. Alla luce di queste riflessioni, la Lettera ai Galati, diventa molto intelligibile e proietta anche a sua volta, sotto una luce splendente, l’insegnamento di San Paolo sulla psicologia dell’animo umano, sulle sue grandezze e le sue miserie di fronte alla doppia forza che l’attrae in sensi differenti, al punto talvolta di sembrar separarli. Ascoltiamo la parola dell’Apostolo : "Tutti sanno quello che produce la carne : fornicazione, impurità, libertinaggine, idolatria, maleficio, inimicizia, discordia, invidia, latrocinio, cabala, dissentimenti, fazioni, gelosie, ubriachezze, orge ed altre cose simili. Io vi avverto, come l’ho già fatto, quelli che vi si dedicano non possederanno il Regno di Dio". Dopo le turpitudini che sono i tristi effetti dei desideri della carne, San Paolo enumera in un pregnante contrasto i frutti dello spirito, che sono "carità, gioia, pace, longanimità, mansuetudine, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza". La conclusione di questo parallelismo è data dall’ultima frase della Lettera : "Quelli che appartengono a Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le loro passioni ed i loro coinvolgimenti". Ecco la lezione del Vangelo della Quaresima. La Croce è il segno e lo strumento di salvezza per la Redenzione del Salvatore. Ma essa permane anche una lezione permanente per i cristiani : "Il discepolo non è dippiù del Maestro". "Quello che vuole camminare al suo seguito deve rinunciare a se stesso, portare la propria croce e seguirlo".
In queste condizioni, la crocifissione dei desideri della carne, secondo l’espressione di San Paolo, è conforme alla linea del Vangelo, ed indispensabile al trionfo dello spirito. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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